(19/1/2018) – Per la serie date storiche della F1, eccone una da celebrare oggi: cosa successe il 19 gennaio del 1958, 60 anni fa? Il Gran Premio di Argentina, gara inaugurale della stagione, fu vinto da Stirling Moss su Cooper ma, soprattutto, a bordo di una monoposto per la prima volta spinta da un motore posteriore (schierata inoltre da un team privato, quello di Rob Walker). Una novità sensazionale. Era la sola in pista ad aver adottato questa inedita soluzione, un’intuizione epocale che infatti avrebbe cambiato nel giro di pochi anni la filosofia costruttrice di tutte le Case in lizza, fino ai giorni nostri. Anche Enzo Ferrari, autore della celeberrima affermazione “Non ho mai visto i buoi dietro al carro”, tre anni dopo dovette convertirsi al motore dietro alle spalle del pilota con lo “squalo” di Carlo Chiti. La singolarità del successo in terra argentina della scuderia inglese fondata da John Cooper e dal padre Charles, stava anche nella motorizzazione Coventry-Climax, ancora agli albori ma che, anch’essa, avrebbe contribuito a far scrivere pagine leggendarie.
Quella domenica, in Argentina, la stagione si avviava sulla base di nuovi regolamenti – e moli Team non erano pronti – e il pilota, Moss, libero da impegni con la Vanwall, era stato ingaggiato solo per l’occasione. Ebbene, la rivoluzionaria Cooper 2000 a motore posteriore sbaragliò le Ferrari di Musso e Hawthorn, futuro campione del mondo 1958, e una pletora di Maserati. La stessa monoposto, con Trintignant al volante, tagliò il traguardo per prima anche a Montecarlo. Come detto, una sberla a tanta blasonata concorrenza che, gioco forza, si vide progressivamente costretta a considerare e abbracciare l’idea. Il propulsore posteriore, infatti, garantiva una ottimale distribuzione dei pesi, una maggiore penetrazione aerodinamica e faceva risparmiare molti chili per la riduzione del volume di diversi pezzi meccanici (albero di trasmissione, per esempio). Ci fu un pilota che intuì immediatamente l’efficacia di una simile soluzione, che l’altro prevedeva la posizione sdraiata del pilota stesso, e fu Jack Brabham. Nel 1959 e 1960 l’australiano accomunò il suo nome a questa splendida realtà e per due volte si laureò campione del mondo. Il giovane ingegnere della scuderia, tal Colin Chapman, fece in seguito tesoro di tanta innovazione e dai primi anni ’60 sarà la sua Lotus a dominare la scena.