(20/3/2020) – Domani 21 marzo Ayrton Senna avrebbe compiuto 60 anni. A quasi 26 ani dalla sua morte a Imola, è bello pensare a cosa starebbe facendo oggi il campione brasiliano. Molti non hanno dubbi sul fatto che, se l’1 maggio 1994 non fosse successo niente, Ayrton avrebbe continuato a vincere ancora per un po’ di tempo, pur duellando aspramente con l’astro nascente Schumacher. Nel fatidico 1994 arrivò a giocarsi il titolo all’ultima gara perfino il suo compagno di squadra Damon Hill, figuriamoci lui. Poi, chissà, avrebbe coronato quello che era il suo ultimo sogno: correre e vincere con la Ferrari (ci era andato vicinissimo 2 volte). O forse avrebbe mantenuto una vecchia ma seria promessa fatta a Giancarlo Minardi e cioè quella di concludere la carriera proprio con la Minardi! Alla fine, praticamente alle soglie dei 40 anni, avrebbe appeso il casco al chiodo una volta esaurita la sua enorme carica agonistica, la sua sete di prevalere, il bisogno di assecondare il senso della sua esistenza, la voglia di provare, come diceva lui, quella sensazione così intensa che la vittoria di un Gran Premio di F1 gli donava.
LA FONDAZIONE PER AIUTARE I BAMBINI – Ok, e poi, tenuto che conto che Senna era anche un abile uomo d’affari? Da ragazzo aveva frequentato una scuola a indirizzo commerciale, ma ormai ricco, con tutta probabilità si sarebbe concentrato maggiormente sul suo amatissimo Brasile per aiutare i bambini poveri e più bisognosi di istruzione e per offrire delle chances ai giovani sprovvisti di mezzi. Era il suo intimo obiettivo e già lo faceva. Al culmine della celebrità per i suoi eccezionali successi nella massima formula riceveva tantissime richieste di aiuto alle quali non si sottraeva ma anziché soggiacervi in maniera estemporanea sentiva forte l’intenzione di organizzare meglio e quindi più diffusamente il suo sostegno. L’intenzione si è concretizzata dopo la morte, grazie alla Fondazione Ayrton Senna, con sede a San Paolo, oggi seguita in primis dalla sorella Viviane e che persegue una meritoria opera di assistenza a migliaia e migliaia di bambini, dalla fondamentale nutrizione e cura della salute fino alla pratica dell’attività sportiva. Difficile dire se Ayrton sarebbe altresì rimasto nell’ambiente motorsport. Penso di sì ma non con un team – anche se l’idea di un Team F1 brasiliano già cullata dal suo mentore Fittipaldi (la Copersucar) lo avrebbe affascinato – bensì in veste di maturo manager di giovani piccoli Senna in erba. E sicuramente molti avrebbero fatto a gara per averlo quale ambasciatore del marchio, Honda soprattutto. Un ruolo che gli sarebbe piaciuto perché lui e l’auto erano una cosa sola.