(30/5/2015) – Domani 31 maggio saranno passati 50 anni esatti dalla fantastica vittoria di Jim Clark alla 500 Miglia di Indianapolis, primo pilota europeo a riuscire nell’impresa dal 1916. Un successo fortemente desiderato e centrato grazie alla sua immensa classe e alla innovativa Lotus del genio Colin Chapman. Ma non fu affatto facile: lo scozzese entrò così nella leggenda, ma al terzo tentativo. Il “progetto Indianapolis” fu cullato infatti fin dal 1962 quando, in partnership con la Ford , fu già effettuato un test sul catino dell’Indiana. E nel 1963 il trinomio Clark-Lotus 29-Ford era regolarmente al via della mitica cavalcata americana, anzi era in pole! Il rookie Clark fu primo per 28 giri e sembrava essere in grado di cogliere la clamorosa affermazione ma la girandola dei pit stop finì per favorire Parnelli Jones che vinse nonostante la pressante richiesta di Chapman ai Giudici di gara affinché la sua auto fosse fermata per una perdita di olio e altre infrazioni. La bruciante sconfitta doveva essere vendicata. L’anno seguente, Clark fece una sorta di prova generale alla 200 Miglia di Milwaukee da lui dominata con la sua Lotus leggera e maneggevole rispetto alle altre Indy-cars, doppiando perfino il compagno di team Dan Gurney. Per la 500 Miglia si pensò però di passare dagli pneumatici Firestone ai Dunlop.
La decisione forse frettolosa fece sì che le coperture prodotte non fossero perfette e infatti in gara Clark, sulla Lotus 34, dovette ritirarsi per il cedimento di uno pneumatico posteriore. L’operazione Indianapolis conobbe quindi un terzo atto, sotto la stretta egida della Ford che non voleva assolutamente più fallire (per i cambi gomme fu predisposta addirittura una squadra al box composta da americani esperti). E questa volta non si fallì: Clark, su Lotus 39, era in testa già alla prima curva e vinse la concorrenza acerrima di AJ Foyt (attardato ai box) e di Parnelli Jones (a corto di benzina) tagliando il traguardo con due minuti di vantaggio a 242 Km/h di media davanti ad un pubblico di 200mila persone. Ma non finì lì: Clark, evidentemente stregato da Indy, ci provò ancora nel 1966, su un’auto di Andy Granatelli, ma a vincere fu Graham Hill nonostante le accuse alla direzione gara di aver calcolato male i giri effettuati. E nel 1968 c’era la concreta prospettiva di portare in gara un motore turbo. Non ve ne fu, però, la possibilità: il due volte campione del mondo di F1 morì nell’aprile di quell’anno in un incidente a Hockenheim durante una gara di F2.