(27/1/2016) – Bentornata Renault, fine della storia Lotus in F1. A giorni, la Regie convocherà l’annunciato incontro di febbraio a Parigi per chiarire ogni aspetto del suo ritorno in veste di costruttore. Al momento è stato nominato un nuovo CdA con Jerome Stoll Presidente e Cyril Abiteboul AD e si sa che tornerà predominante il colore giallo. Di contro, questo significherà la sparizione della nera Lotus che va a far compagnia a Brabham, Tyrrell, Ligier, BRM e altre blasonate squadre di tempi gloriosi oggi in sonno. Certo, attualmente si trattava di realtà ben differente dalla creatura plasmata e resa celebre (e pluri-vittoriosa) dall’ex pilota RAF Colin Chapman. Come si ricorderà, a fine 2009 la Renault stessa cedette il 75% del Team alla Genii Capital di Gerard Lopez che per il campionato 2011 si avvalse della sponsorizzazione della malese Lotus Cars assumendo la denominazione di Lotus Renault GP. La citazione della Casa francese evaporò definitivamente dal 2012 come pure lo sponsor che però concesse l’uso del nome Lotus. A ingarbugliare le acque ci pensò Tony Fernandes che nel 2010 fece debuttare il proprio team prima battezzato Lotus Racing (anche qui autorizzato da Lotus Cars) e poi Team Lotus, con successive diatribe legali e infine la trasformazione in Catheram.
Tra i tanti gioielli Lotus, 45 anni fa fece il suo debutto anche uno degli “azzardi” di Chapman: la 56 B a Turbina (Pratt & Whitney). Una monoposto innovativa (troppo?) ideata per Indianapolis 1968 con l’apporto del mitico Andy Granatelli, patron STP. Doveva essere il nuovo asso nella manica di Clark che però perì ad aprile e stessa sorte toccò, un mese dopo, al povero Mike Spence proprio mentre la provava. Sul catino americano scesero allora Graham Hill, Leonard (pole) e Pollard ma la scarsa affidabilità troncò ogni pur evidente potenzialità.
Il progetto venne però ripreso per la F1, con ingenti investimenti, nel 1971. Solo tre gare, per la verità, con Emerson Fittipaldi che ancora recrimina per la perdita di tempo e risorse che gli fecero sfumare la possibilità di competere per il titolo. Al GP d’Olanda l’occasione più ghiotta del “colpaccio”: sotto la pioggia il giovane australiano Dave Walker era nettamente avvantaggiato dalla trazione integrale e dagli speciali pneumatici Firestone ma finì fuori pista e fu licenziato in tronco, tra gli improperi di Chapman. Al GP di Gran Bretagna ci provò Reine Wisell e a Monza lo stesso Fittipaldi, però solo ottavo. Il brasiliano la portò al secondo posto in una gara di F5000 a Hockenheim che però fu il suo canto del cigno. Tecnologicamente avanzata, dalle linee innovative e penetranti ma pesante nonostante il telaio in leghe leggere e soprattutto di complicata guidabilità, il progetto venne abbandonato. Con la performante 72D, l’anno dopo Emerson divenne il più giovane campione del mondo.