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PARLA MICK SCHUMACHER: “SONO PRONTO”

(29/1/2020) – Mick Schumacher è tornato questa mattina a Fiorano al volante della Ferrari SF71H del 2018. Il tedesco, figlio del sette volte campione del mondo Michael e quest’anno in Formula 1 con l’Haas F1 Team, ha completato un’altra cinquantina di giri del circuito di Fiorano portando a termine il programma messo a punto con gli ingegneri di Maranello. Mick, attesissimo all’esordio, nello scorso mese di dicembre ha rilasciato un’intervista che è stata inclusa nel volume Racing Activities che è appena stato pubblicato e che la Scuderia Ferrari ha diffuso: eccola.

Che anno è stato per te il 2020?

La gente che lavora nelle corse tende a vivere nel futuro e a non guardare mai indietro: lo stesso vale per me. È un fatto di mentalità, perché in un ambiente così competitivo si cerca sempre di pensare a cosa si può ottenere in più e a come fare meglio. Forse però in questo caso si può fare un’eccezione e non soltanto per ragioni personali. La pandemia ha toccato profondamente la vita di ognuno di noi e ha creato a tante persone dei problemi molto seri. Per questo qualche volta mi sembra quasi ingiusto essere felice per quello che il 2020 mi ha dato perché, ad essere onesti, è stato il miglior anno nella mia vita sportiva, quello in cui il sogno che avevo sin da bambino è diventato realtà. Ora posso dire di essere pronto per la Formula 1 (continua)

Eppure a un certo punto sembrava che il 2020 potesse essere un anno senza corse.

Vero, all’inizio della pandemia, quando in tanti Paesi c’era un lockdown quasi totale, lo sport non era, giustamente, una priorità. Temevo che la mia seconda stagione in Formula 2 sarebbe stata rinviata di un anno e, con essa, il mio sogno di arrivare in Formula 1. Poi abbiamo iniziato a gareggiare in Austria, anche se il via del campionato è stato terribile per me: ho fatto due volte lo stesso errore, con il risultato di raccogliere pochissimi punti nelle prime due tappe.

Qual è stato il momento decisivo della stagione?

Non ce n’è stato nessuno in particolare. La realtà è che dopo quel brutto inizio non ci siamo persi d’animo perché sapevamo di aver lavorato bene con Prema, la mia squadra: non abbiamo mai perso la fiducia di poter vincere e così è stato. Siamo rimasti concentrati e uniti, lavorando duramente per recuperare, passo dopo passo. Impegno, fiducia in noi stessi, lavoro di squadra e divertimento: questi gli elementi che ci hanno permesso di risalire la classifica e, alla fine, di vincere il titolo, grazie soprattutto alla costanza di risultati.

Quanto è stato gratificante essere stato scelto per correre con Haas F1 Team nel 2021?

È stato importante vedere che l’approccio e i risultati che abbiamo avuto siano stati così ricompensati e posso soltanto ringraziare la Ferrari Driver Academy per avermi dimostrato fiducia, tanto da prendere questa decisione prima ancora che si arrivasse alle fasi decisive del campionato. Per me è stato importante poter avere il supporto della FDA, poter guidare delle vetture di Formula 1, parlare con persone di grandissima esperienza o, semplicemente, sentirmi come in una famiglia.

La conquista del titolo è stata la conclusione perfetta di una stagione così particolare.

Anche se sapevo che avrei corso in Formula 1, volevo assolutamente conquistare il titolo: è normale, no? Se corri, vuoi vincere. Non ho mai perso la fiducia di poterci riuscire. Anche se le ultime gare non sono andate come avremmo voluto, desideravo con tutte le mie forze essere campione: per me e per la squadra. Quando ho tagliato il traguardo dell’ultima gara, in tutta sincerità non ero del tutto certo che ce l’avevamo fatta e una parte di me non osava festeggiare: probabilmente sono stati i momenti più intensi della mia carriera, tanto che, quando sono arrivato al parco chiuso e ho visto la mia squadra gioire, ho avuto bisogno di qualche momento per realizzare cosa fosse successo.

Archiviato il 2020 con il tuo secondo titolo, c’è da pensare alla nuova stagione.

Sembra passato già tanto tempo da quel giorno, soprattutto perché non vedo l’ora che inizi la nuova stagione, di essere sulla griglia di partenza della mia prima gara insieme ai migliori piloti del mondo. Fino ad allora cercherò di godermi ogni istante e di dare il massimo per arrivare preparato a quel momento: poi, quando i semafori si accederanno, sarà un momento molto emozionante.

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LA SPAGNA GIOISCE PER SAINZ FERRARISTA E PIANGE ADRIAN CAMPOS

(28/1/2021) – Carlos Sainz stamattina è di nuovo impegnato a Fiorano al volante della Ferrari SF71H con la quale ieri ha ufficialmente iniziato la sua avventura a Maranello. Una nuova giornata intensa, sulla quale pesa però la notizia triste e improvvisa della morte di Adrian Campos che lo scorso 17 giugno aveva compiuto 60 anni (vedi post). 


https://motor-chicche.blogspot.com/2020/06/adrian-campos-60-anni-F1.html


Carlos dovrà comunque concentrarsi dopo gli oltre cento giri effettuati, prima vera interrelazione con i tecnici, ingegneri e meccanici che diventeranno il suo mondo.Il madrileno è il quinto pilota spagnolo a far parte della Scuderia. Prima di lui Fernando Alonso, che ha gareggiato per cinque stagioni disputando 96 Gran Premi e vincendone 11, e il nobiluomo Alfonso de Portago, che con la Ferrari ha corso 5 GP ottenendo un secondo posto nel Gran Premio di Gran Bretagna del 1956. Al loro fianco anche due collaudatori: Pedro de la Rosa e Marc Gené, ancora legato al Cavallino Rampante come ambassador e tutor per i piloti degli esclusivi Programmi XX e F1 Clienti. Il test ha avuto vasta eco in Spagna.

IL TEST SUI QUOTIDIANI SPORTIVI SPAGNOLI – Vediamo infatti come hanno titolato in prima pagina i maggiori quotidiani sportivi iberici che quest’anno potranno raccontare le gesta del nuovo ferrarista quanto quelle di Fernando Alonso al rientro:

MARCA: Carlos: E’ stata una giornata che non dimenticherò mai quando ho visto la mia macchina con il numero 55

MUNDO DEPORTIVO: Carlos Sainz, so cosa si prova a guidare una Ferrari

AS: Carlos gira in rosso. Il pilota spagnolo completa con successo il suo primo giorno di test con la Ferrari del 2018


LE PRIME SENSAZIONI DI CARLOS – Ieri, ad assistere ai primi giri di Carlos, oltre a un buon numero di tifosi e giornalisti presenti sul cavalcavia della strada che porta a Maranello – è comparso anche uno striscione con scritto “Vamos Carlos!” –, c’erano il padre, il celebre rallysta Carlos Sainz senior, il compagno di squadra Charles Leclerc e il Direttore della Ferrari Driver Academy, Marco Matassa, che con lo spagnolo ha lavorato a stretto contatto per tre anni ai tempi della Scuderia Toro Rosso, squadra nella quale Sainz ha militato dal 2015 al 2017. Ma ecco le sue parole: “Credo che non dimenticherò mai la giornata. La sveglia è suonata all’alba perché avevamo delle riunioni molto presto prima di cominciare a girare. Quando sono arrivato in pista e ho visto la Ferrari con il mio numero 55 mi sono molto emozionato lo stesso è accaduto durante il primo giro.

Poi abbiamo iniziato il lavoro e devo dire che sono molto soddisfatto, perché siamo riusciti a completare il programma e per me è stato possibile familiarizzare con tutto: dai tecnici ai meccanici, dal volante alle procedure che sono ovviamente un po’ diverse rispetto alle vetture che ho guidato sin qui.
È stato molto bello poter avere a fianco mio padre in un momento così importante per me e per aver reso possibile tutto questo ringrazio Mattia, Laurent e tutta la Ferrari. Sono molto contento, meglio di così non potevamo cominciare.

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ANDREA MONTERMINI: VI RACCONTO LA MIA PRIMA VOLTA CON LA FERRARI A FIORANO

(26/1/2021) – Carlos Sainz come Andrea Montermini. In che senso? Per entrambi la prima volta su una Ferrari, a Fiorano, ha il comune denominatore del mese: gennaio, il mese della ripartenza. Sullo storico circuito privato della Scuderia di Maranello, il nuovo pilota spagnolo del Cavallino proverà l’iniziale ebbrezza di essere al volante di una Rossa domani 27 gennaio (e poi il 28); l’emiliano Montermini cominciò la sua avventura di pilota collaudatore il 24 gennaio 1991, trent’anni fa.  Andò poi molto, molto vicino a condurre in gara la Ferrari ma, come vedremo, gli eventi preclusero questa ghiotta opportunità che rimase unica. Montermini è tra i protagonisti del mio libro “Quasi ferraristi” (Ultra Sport) in uscita il 28 gennaio (mese che vale anche per me…). Intanto abbiamo fatto una chiacchierata.

Allora Andrea, come entrasti nell’orbita Ferrari?

Nell’estate 1990 avevo fatto un test a Monza con la Dallara della Scuderia Italia e fui messo sotto contratto come pilota collaudatore. Poi nel mese di novembre mi contattò Cesare Fiorio, allora Direttore Sportivo, che mi propose la possibilità di lavorare in Ferrari. Che dire, io toccai il cielo con un dito! Mi disse che avrebbero trovato loro un accordo con la Scuderia Italia e così fu, passai in prestito a Maranello, ferrarista di fatto. 

Dimmi del tuo approccio al mondo e ai metodi Ferrari

Guarda, dopo il contatto che ti ho detto trascorsero settimane fin troppo tranquille, tanto che fui assalito da qualche dubbio, finché lessi la notizia sul Televideo. Allora era proprio vero! 

Un incarico di grande responsabilità dato che avresti avuto a che fare con soluzioni mai viste prima

Era la Ferrari con il cambio al volante, una vera novità che destava in un certo senso terrore per quelli come me abituati al cambio sequenziale o ad H, insomma con la leva. Prost stesso diceva che non era facile abituarsi, né a quel tempo esistevano i simulatori. Ma io trovai il modo per arrivare preparato da questo punto di vista.

Come?

Senti un po’: io abitavo a Roteglia e in una sala giochi c’era un macchinario dedicato alla Formula 1. Il volante aveva le palette per cambiare marce: passai ore e ore lì a impratichirmi! Un vero allenamento che tra l’altro mi fece rendere conto di quanto fosse molto più facile del previsto! Un simulatore degli anni ’90!

Poi finalmente in pista, a Fiorano, che ricordo hai del primo giro da ferrarista?

Fui convocato per il test 24 ore prima, ma si trattava di una sessione dedicata a me, per farmi prendere confidenza. La notte precedente comunque non chiusi occhio. Pieno inverno, pianura padana: un freddo atomico, massimo un paio di gradi. L’ingegnere di pista era Gianfranco Fantuzzi, un amico, che mi spedì in pista senza prima aver usato le termocoperte per gli pneumatici. “Sono gomme usate”, mi disse. Allora salii in macchina, felice e reverente per quel Cavallino che campeggiava al centro del volante, al quale davo del Lei. Inserii progressivamente le marce, grip zero, ma alla prima staccata invece della quarta misi la sesta! Feci un giro e mi fermai. 

E’ stato solo il primo chilometro dei 13mila che poi hai complessivamente percorso, testando di tutto e di più

Sì, siamo passati presto a provare traction control e molto altro. La maggior parte del tempo è stato dedicato allo sviluppo delle sospensioni attive che per Fiorio erano il futuro della F1. Sono stato anche al Mugello e a Imola al volante della terza Ferrari, insieme a Prost e Alesi, durante i test collettivi. Peccato che quel giorno piovve e si potè fare poco. Nel mese di giugno a Fiorano portai per la prima volta in pista la 643 a muso alto. Un lavoro gratificante, con la possibilità tra l’altro di imparare molto da un mostro sacro come Prost. 

Peccato che l’ambiente Ferrari, all’epoca, visse un momento di grave tensione sfociato nell’addio di Cesare Fiorio

Fiorio voleva vincere e per riuscirci capì che doveva avvalersi di Senna. Ma il tentativo di arrivare al brasiliano creò astio con Prost. Tra le conseguenze, poi, anche lo stop al programma sospensioni attive. Prost non ne era entusiasta, forse aveva un atteggiamento di chiusura mentale o non si fidava, ma dovette adattarsi anche perchè io facevo segnare tempi migliori. In un test a Imola, presenti solo io e Damon Hill su Williams, ce la giocammo sul filo dei centesimi. Erano progetti diversi ma eravamo in linea. Poi loro hanno dominato nel 1992 con la Ferrari che invece aveva abbandonato quella strada. Il perché non lo so: al tempo c’era l’ingegner Lombardi, forse qualcuno ha ritenuto non fosse il futuro.

In tutto questo caos hai “corso il rischio” di debuttare con la Ferrari!

Sì, mi chiamarono a Barcellona per il Gran Premio olimpico al Montmelo. Avevano deciso di sostituire Prost e io mi preparai, ero già pronto per le verifiche. Poi vidi che il mio nome era sparito dalla carrozzeria e capii che l’opportunità era sfumata. Con Prost la rottura arrivò successivamente e l’occasione si ripropose ma per me era impossibile raggiungere l’Australia in tempo utile e subentrò Morbidelli, che tra l’altro fu molto bravo. (Leggi intervista del 2014: https://motor-chicche.blogspot.com/2014/05/montermini-50-anni-in-pista-da-campione.html  )

Poi arrivò Montezemolo, nessuna chance per te?

A Maranello cambiò un po’ tutto e poi io avevo le mie mire, non volevo fare solo collaudi, io volevo correre e ho fatto la mia strada. 

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HAPPY BIRTHDAY, LUCA BADOER 50 ANNI, DOPO LA FERRARI E’ IL MOMENTO DEL FIGLIO BRANDO



(25/1/2021) – Oggi Luca Badoer compie 50 anni, buon compleanno! La classica età per un bilancio sostanziale anche delle proprie performances nel mondo del motorsport. Il pilota di Montebelluna si è certamente guadagnato meritato rispetto per la vittoria in Formula 3000 nel 1992 e per gli anni di indefessa attività in veste di collaudatore della Ferrari dal 1998 al 2010. E’ stato parte integrante – va sottolineato –  della leggendaria striscia vincente del Cavallino con Michael Schumacher. Nello stesso tempo, esiste e persiste il rammarico per le chances perdute proprio nella massima formula. 

Luca Badoer con il figlio Brando, kartista in carriera

LA CARRIERA, QUANTE OCCASIONI MANCATE – Beh, arriviamo subito al nocciolo. Per effetto di alcune scelte e di una determinata congiuntura, le cose non sono andate proprio bene e il fatto che il trevigiano risulti il pilota con più gran premi alle spalle senza aver conseguito punti iridati ne è chiara evidenza. Il talento c’era. Sui kart si è distinto subito e in F3 ha conquistato diverse vittorie, per poi affermarsi nel campionato intercontinentale di F3000 al volante della Reynard della Crypton Engineering al termine di un lungo duello con Andrea Montermini (in quella stagione c’erano anche Barrichello, Coulthard, Panis). Allora per il campione della serie che aveva preso il posto della F2 era scontato il passaggio in F1. Badoer poteva andare alla Tyrrell ma prevalse il sentimento tricolore e si accasò alla Scuderia Italia. Errore: la debole Lola del team bresciano non permise alcun exploit (neanche al compagno di squadra Alboreto) e l’anno successivo tentò l’esperimento della fusione con la Minardi, con Luca in panchina. Esperienza non fruttifera tanto che le squadre ripresero le proprie strade con Badoer ufficiale Minardi 1996 ma per poco, visto che per poter andare avanti la scuderia di Faenza dovette far posto a Pedro Lamy, con Luca riparato alla Forti Corse, anche qui senza gioie. Una, poteva prendersela sempre con la Minardi nel 1999, gran premio d’Europa al Nurburgring, ma il motore in fumo gli impedì di cogliere un bel quarto posto. Una vera disdetta, tanto che perfino il mite e composto Badoer scagliò lontano il volante, per poi abbandonarsi a cocenti lacrime di delusione.

L’ESPERIENZA FERRARI – Ma ovviamente è stata l’esperienza in Ferrari ad aver avuto peso nella carriera di Badoer. E’ stato Jean Todt a chiamarlo a Maranello dal 1998. Chilometri e chilometri di test (compreso un brutto spavento a Barcellona nel 2001, fuori pista a oltre 230 Km/h) ma già nel 1999 ebbe una concreta possibilità di subentrare ad uno dei piloti titolari: è l’anno del famoso incidente di Schumacher a Silverstone. Il tedesco, gamba rotta, dovette ovviamente assentarsi e a tutti parve naturale mettere al suo posto il buon Luca mentre la corsa al titolo passava nelle mani di Eddie Irvine. Il Presidente Montezemolo, però, gli diede una delusione pescando dal mazzo la carta Mika Salo e affermando di averlo escluso a priori per non sottoporlo alla prevedibile pressione. Magari avrebbe dovuto prima parlarne con lui… L’occasione, comunque, si presentò di nuovo nel 2009, dopo l’incredibile incidente che in Ungheria tolse di scena Felipe Massa, operato alla testa per la collisione con una molla persa dal retrotreno della Brown di Barrichello. Credo che Badoer abbia ancora gli incubi: a Valencia, GP d’Europa, e in Belgio il pilota veneto si accorse sulla sua pelle quanto la rarefazione dei test e la sofisticazione delle monoposto avevano minato le sue sicurezze e la sua bravura.  Costantemente nelle retrovie, impacciato e confuso, fu gioco forza sostituirlo a partire da Monza con il neo-reclutato Fisichella. Per la verità anche il romano penò non poco con la F60 e anche lui, sebbene più in palla, non portò punti alla causa rossa. La debacle non è stata più assorbita, né sportivamente né, forse, umanamente tanto che nel 2010 le strade si sono separate, con Luca dedito alla famiglia e oggi alla carriera del figlio Brando, 14 anni, kartista, nuova grande speranza tricolore. Badoer, sia chiaro, è parte della famiglia Ferrari e il suo apporto, oltre alle sue qualità umane, vengono riconosciute da tutti. E’ uno dei pochissimi, inoltre, ad avere facoltà di incontrare l’amico Michael Schumacher. Grazie Luca per quello che hai dato e per come lo hai dato: con abnegazione, serietà e compostezza.

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LEGGENDA ALPINE, 50 ANNI FA IL TRIONFO AL RALLY DI MONTECARLO

(20/1/2021) – Alpine, Alpine…che nome magico nel mondo dei motori, dell’auto. Mentre la celebre marca transalpina si accinge a debuttare in Formula 1 con rinnovata energia e fondate ambizioni è il caso di ricordare i fasti di 50 anni fa, quando la mitica A110 dominò letteralmente il Rally di Montecarlo 1971. Un dominio: sul podio, con l’equipaggio vincente composto da Ove Andersson (già Saab, Lancia e Ford e poi manager Toyota) e l’inglese Stone, salirono anche Jean Luc Thérier – Marcel Callewaert, secondi. Furono in tutto 10 le agili ed equilibrate vetture azzurre che partirono da Marrakesch: lo squadrone piazzò alla fine cinque equipaggi nelle prime nove piazze della prima, celebre ed ambita prova di quel campionato Mondiale Marche dei rally (allora non c’era il titolo piloti).

RALLY MONTECARLO 1971, DOMINIO ALPINE – Un trionfo che fa parte della leggenda Alpine e che quest’anno trova il suo anniversario nell’anno dello sbarco in F1, come da volere del neo CEO del Gruppo Renault Luca De Meo, sopraffino studioso dei palmares e dei “semi” capaci di generare senso e consenso. Quel Montecarlo di 50 anni fa (22-30 gennaio 1971), tra tempeste di neve, non ebbe praticamente storia e la concorrenza venne annichilita. Parliamo dello squadrone Lancia presente con cinque HF 1600, sempre ottime ma a fine carriera, tra cui gli equipaggi Munari-Mannucci e Balestrieri-Bernacchini. Per i torinesi fu debacle meccanica. Parliamo della Porsche con al volante un mostro sacro come Valdegaard ma la nuova 914S si dimostrò inferiore e dovette “accontentarsi” del terzo posto. L’Alpine a110 sfruttò a dovere i suoi punti di forza: leggerezza, rapporto peso-potenza ideale, motore posteriore a sbalzo, ideale sulle strade innevate del rally monegasco. Questi gli equipaggi in gara: Andersson-Stone, Thérier-Callewaert, Andruet-Vial (terzi a pari tempo), Darniche-Robertet (ottavi), Vinatier-Genin (noni), Nicolas-Roure. Una vittoria rimasta nell’immaginario collettivo di tanti ex giovani appassionati di allora e che ancora oggi riverbera i suoi effetti tra nostalgica memoria ed entusiasmo per il futuro. Torna la “febbre azzurra”?

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PERCHE’ HAMILTON NON FIRMA?

(16/1/2021) – Passano i giorni e, francamente, la situazione sta assumendo i caratteri di una telenovela. Perché Lewis Hamilton non firma il contratto che lo legherà ancora alla Mercedes? Guardate che la cosa è piuttosto paradossale: è uno dei binomi più vincenti e redditizi di tutti i tempi, le parti si sono sprecate in dichiarazioni di rispetto, amore e dedizione eterni eppure la realtà è che il sette volte campione del mondo al momento è senza un’auto per il 2021. Quindi torna la domanda: perché? Sul web impazzano le ipotesi.

HAMILTON-MERCEDES LA FIRMA NON ARRIVA – E’ abbastanza accertato che esiste un divario economico tra le richieste del pilota e la disponibilità del team. Non parliamo di un abisso e semmai sembra ci sia da discutere sulle dinamiche e modalità del ruolo di ambassador del marchio, al quale Lewis sembra tenere particolarmente. Quindi non pare in questi punti il nodo da sciogliere, nè sono tali da meritare un tale, misterioso prolungamento delle trattative che, a livello di immagine per entrambi, non sono proprio una panacea. Infatti si evoca sempre più spesso il duro e polemico testa-a-testa che ebbe luogo tra Ayrton Senna e la McLaren per il rinnovo del contratto a fine 1992. Il brasiliano, scottato dal dominio Williams super elettronica e dal clamoroso annuncio del ritiro della Honda che gettava oscuri presagi di sicura sconfitta anche nel 1993, si arroccò nella sua San Paolo deluso e arrabbiato sulla poca lungimiranza di patron Ron Dennis, senza concedere la sua ambita firma. Poi si accordò gara per gara, anche piuttosto bene a livello economico (1 milione di dollari a gran premio), ma fu l’ultima stagione prima del passaggio alla Williams-Renault stessa. 

RUSSELL HA CAMBIATO LA PERCEZIONE DEL FUTURO MERCEDES – In casa Mercedes i toni sono concilianti, la stima nei confronti del pilota assolutamente ribadita e Toto Wolff può vantare nei suoi confronti un grado di confidenza e amicizia cementate da anni meravigliosi, imprese sportive che garantiranno ad entrambi un posto d’onore nella leggenda della F1. E allora? Il team principal austriaco, non mette fretta e assicura rispetto per la scelta del suo pupillo ma tenete presente che si è appena legato contrattualmente con la Casa di Stoccarda fino al 2023, aumentando inoltre il suo pacchetto azionario del Team al 33,33%.  “Questa squadra è come una famiglia”, ha detto. Appunto: Toto ha fatto la sua scelta. Come dire, si è sposato e la moglie viene prima di tutto. La Mercedes resta, Hamilton prima o poi passerà. Il punto forse è proprio questo. Hamilton è un tipetto molto esigente, sicuro del suo apporto decisivo, che reclama la massima attenzione (è uno di quelli che pretende di essere seguito costantemente via radio, a differenza di altri che dicono “non mi parlate”). Altro punto è che il grado di attenzione di cui certamente gode è un attimo calato dopo il Gran Premio di Shakir, quello dove il giovane Russell chiamato da un giorno all’altro a sostituirlo per la nota infezione da coronavirus, ha dimostrato di essere immediatamente competitivo. Ha condotto la gara e surclassato Bottas, proprio come Lewis che poi si è affrettato a rientrare quando non era chiaramente ancora a posto. Quella sera in Barhain tutti hanno capito che la Mercedes ha pronto un brillante dopo-Hamilton (che tra l’altro costa molto meno). Anche l’età conta: Lewis ha compiuto 36 anni, Russell ne ha 22. Mister Ratcliffe, il boss Ineos neo comproprietario del Team, in una recente dichiarazione di stima nei confronti del campione del mondo in carica ha però sottolineato “…nonostante abbia 36 anni”. 

LE NUOVE SFIDE DI LEWIS – Hamilton, tuttavia, ha voglia di continuare. Lo ha ripetuto più volte. Ci sono i record di Michael Schumacher, lì a portata di mano, da battere. Nel 2022 arriva una nuova intrigante sfida con le monoposto ad effetto suolo. Gli imputano di vincere perché la Mercedes è imbattibile, quella è l’occasione per sfidare tutti su una nuova base, uguale per tutti. C’è, come inoltre ci tiene a precisare, un ruolo a cui tiene moltissimo che un palcoscenico mondiale come la F1 gli garantisce di poter interpretare al meglio e cioè quello di agente del cambiamento. Nel 2020 la sua posizione sul razzismo è stata tra l’altro sposata in pieno dalla Mercedes che ha adottato una livrea nera (confermata anche per il 2021). Quindi, a conti fatti, le parti possono solo incontrarsi, di nuovo, anche se entrambe con in testa altre idee e con un pizzico di vicinanza in meno. La telenovela attuale è una prefigurazione di addio. Così è la F1, così è la vita. E se proprio Hamilton vuole imitare il suo idolo Senna, prima o poi potrebbe andare lui alla Williams e fare come il campione brasiliano che promise a Giancarlo Minardi di concludere la carriera con lui per portare in alto la piccola ma dinamica squadra romagnola.

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RENAULUTION, ALPINE IN PRIMA FILA

(14/1/2021) – E’ stato illustrato oggi “Renaulution”, il nuovo piano strategico che intende riorientare la strategia del Gruppo Renault capitanato da Luca De Meo per passare “dalla corsa ai volumi alla creazione di valore”. L’attesa Alpine, marchio che quest’anno vedremo in F1, ha annunciato i suoi progetti di crescita a lungo termine come Marca del Gruppo Renault dedicata alle auto sportive innovative, autentiche ed esclusive.  E’ stata svelata inoltre la livrea, prima manifestazione della nuova identità della scuderia Alpine F1 Team. Non è certo definitiva, come ha precisato Antony Villain, direttore del desIgn Alpine: “Alcuni elementi grafici strutturanti rimarranno sulla livrea delle auto da corsa, mentre altri evolveranno. Il blu, il bianco e il rosso fanno riferimento ai colori delle bandiere francese e inglese, fatto molto importante dal nostro punto di vista. Ci saranno ancora tante declinazioni su tutte le attività relative alle competizioni. 

RENAULUTION – Le attività di Alpine Cars, Renault Sport Cars e Renault Sport Racing saranno riunite in un’unica entità sotto la Marca Alpine. Alpine porrà sotto la sua egida la credibilità di una marca autentica, di una produzione specializzata, di grandi competenze ingegneristiche e dell’immensa esposizione mediatica della Formula 1. Queste attività, nelle aspettative, portano Alpine in un’altra dimensione e pongono le basi di una marca automobilistica “di nuova generazione”, creatrice di valore, destinata ai clienti esigenti ed appassionati. parte dal concetto che Alpine è probabilmente l’incarnazione stessa dell’automobile francese; una marca riconosciuta, che vanta una gloriosa eredità nel mondo delle gare e specialisti fortemente qualificati che hanno prodotto l’A110 nello stabilimento di Dieppe. Renault Sport Cars comprende un team di 300 esperti nello sviluppo di auto sportive che hanno regalato al Gruppo Renault prodotti emblematici come la R5 Turbo, Clio V6, Mégane RS Trophy e la nuova Alpine A110. Renault Sport Racing e l’omonima scuderia di F1 riuniscono 1.200 persone che sviluppano per il motorsport l’equivalente dei “più complessi meccanismi per orologi”, ossia alcuni dei migliori esperti di aerodinamica, meccanica ed ingegneria dei motori. La Formula 1 costituisce anche un’immensa piattaforma di marketing con mezzo miliardo di fan, che offre un’opportunità più unica che rara di consolidare l’immagine della Marca Alpine a livello mondiale. Alpine farà leva sulle dimensioni e sui mezzi del Gruppo Renault e dell’Alleanza RNM, tra cui le tecnologie, come la piattaforma nativa EV dell’Alleanza, l’impronta industriale mondiale e il potere d’acquisto per garantire una competitività dei costi ottimale, la rete mondiale di distribuzione e i servizi finanziari di RCI. L’obiettivo è quello di raggiungere la soglia di redditività nel 2025, considerando anche gli investimenti nel motorsport.

IL PIANO PRODOTTO ALPINE E L’INTESA CON LOTUS – La prossima generazione di prodotti Alpine si avvarrà delle ultime innovazioni del Gruppo Renault e beneficerà della tecnologia e delle competenze della Formula 1: gestione energetica efficiente, sistemi di sicurezza e soluzioni di connettività derivati dalle alte performance della Formula 1 a livello di analisi e trattamento dati che apporteranno un significativo vantaggio competitivo ai prodotti Alpine. La nuova organizzazione, le maggiori sinergie con il Gruppo Renault e l’Alleanza nonché la collaborazione con partner selezionati saranno fondamentali per sostenere il piano prodotto Alpine: una compatta sportiva (Segmento B) 100% elettrica basata sulla piattaforma CMF-B EV dell’Alleanza; un cross-over sportivo (Segmento C) 100% elettrico basato sulla piattaforma CMF-EV dell’Alleanza; un’auto 100% elettrica sostitutiva dell’A110, sviluppata con Lotus. Nell’ambito dello sviluppo della Business Unit Alpine, il Gruppo Renault e il Gruppo Lotus hanno firmato un protocollo di intesa per porre allo studio diversi ambiti di collaborazione, tra cui lo sviluppo congiunto di un’auto sportiva elettrica. I team Alpine e Lotus condurranno uno studio di fattibilità completo per l’ingegneria, la progettazione e lo sviluppo in comune di questo modello avvalendosi delle risorse, delle competenze e delle infrastrutture delle rispettive sedi in Francia e Regno Unito.

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GSX-R1000R LEGEND EDITION, SUZUKI CELEBRA IL TITOLO MOTOGP

(13/1/2021) – La straordinaria vittoria colta da Joan Mir nel Campionato del Mondo MotoGP 2020 ha riportato alla memoria le epiche gesta degli altri piloti capaci di conquistare in passato il titolo mondiale nella top class del Motomondiale in sella a una Suzuki. E proprio per celebrare questi successi storici Suzuki Italia ha pensato di creare la GSX-R1000R Legend Edition una serie speciale della sua sportiva più iconica, ordinabile con sette diverse colorazioni, tutte ispirate a quelle entrate nella leggenda con gli allori iridati dei vari Sheene, Lucchinelli, Uncini, Schwants, Roberts  e, appunto, Mir. Ogni livrea è verniciata con grande cura ed è sviluppata per adattarsi perfettamente alla sagoma snella e filante della GSX-R1000R. Il prezzo di 22.500 Euro comprende anche due accessori esclusivi; il silenziatore Akrapovic e il monoposto in tinta.

L’ERA BARRY SHEENE SUZUKI – Tra i sette trionfi Suzuki hanno sicuramente un sapore speciale i primi, quelli ottenuti nel 1976 e 1977 da Barry Sheene. Il compianto pilota inglese è rimasto nel cuore degli appassionati per la sua travolgente simpatia e per i molti aneddoti riguardanti la sua vita anche mondana, oltre che per la sua capacità di non darsi mai per vinto, neppure dopo incidenti molto gravi. La sua immagine è legata indissolubilmente alla figura di Paperino, sempre effigiato sulla parte frontale del casco, e al numero 7, che appare infatti su entrambe le GSX-R1000R Legend Edition a lui dedicate. La prima GSX-R1000R Legend Edition riprende il look della RG500 XR14 con cui Barry Sheene vinse nel 1976 il primo Mondiale della Classe 500 per Suzuki, esprimendo una supremazia schiacciante. La moto che celebra quella straordinaria annata del centauro britannico veste i colori del mitico Team Heron allestito dall’importatore inglese e dello sponsor principale, l’azienda petrolifera Texaco. Le tinte prevalenti sono il bianco e il rosso, separati da una striscia bicolore nera e gialla, così come gialla è anche la grande S che appare sul serbatoio. La Suzuki RG500 che bissò il successo iridato nel 1977 era un’evoluzione della moto schierata in gara l’anno precedente. Allo stesso modo la Legend Edition che s’ispira a lei ricalca in linea di massima le scelte cromatiche della Replica appena descritta. La seconda GSX-R1000R Legend Edition insiste dunque a sua volta sul bianco e sul rosso del Team Heron – Texaco ma sa comunque distinguersi, movimentando la grafica con grandi scritte nere Suzuki e con un maggior ricorso al giallo. Il caratteristico 7 è ancora presente sulla carenatura, poiché il superstizioso Sheene preferì tenerlo e rinunciare all’1 riservato al campione in carica.

IL SEGRETO SUZUKI – In quegli anni il primato tecnico di Suzuki era fuori discussione. “La RG500 aveva iniziato a correre nel 1974, era stata sviluppata per vincere e non aveva più alcun segreto per il Team.” racconta Martyn Ogborne a quell’epoca tecnico di Barry Sheene, aggiungendo: “Avevamo addirittura una moto di scorta più evoluta, la XR22, da usare nel caso avessimo avuto qualche problema con la XR14. Suzuki era stata molto previdente.”. Se gli si chiede quale fosse il segreto di Suzuki, lo stesso non ha alcuna esitazione a rispondere: “Il segreto del dominio Suzuki erano la lungimiranza della dirigenza di Suzuki Motor Corporation e il lavoro degli ingegneri. Non potevano esserci ingegneri migliori e non intendo solo in ambito motociclistico. Erano i migliori in assoluto: se avessero prodotto telefoni o se fossero stati dei pionieri realizzando stereo, sarebbero stati ugualmente i numeri uno.

Prenotare la GSX-R1000R Legend Edition è semplice: scegliere una leggenda, poi il concessionario: inserire l’email (per essere ricontattato) e versare l’acconto (500 euro con PayPal oppure con carte prepagate, di credito o di pagamento). Dopo l’invio di un’e-mail di conferma, il cliente sarà ricontattato dal concessionario per perfezionare l’acquisto e concordare la consegna.

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CHI SARA’ LA PRIMA ALLIEVA DELLA FERRARI DRIVER ACADEMY?

(12/1/2021)Chi sarà la prima allieva della storia della Ferrari Driver Academy? Le brasiliane Julia Ayoub (15 anni) e Antonella Bassani (14), la francese Doriane Pin (16) e Maya Weug (16), olandese nata in Spagna da madre belga e papà olandese: sono tornate a Maranello le quattro finaliste dell’iniziativa Girls on Track – Rising Stars voluta dalla FIA Women Motorsport Commission che ha come obiettivo promuovere l’automobilismo femminile e supportare le ragazze di maggior talento di età compresa fra i 12 e i 16 anni nel loro percorso verso una carriera da pilota professionista. Le ragazze, selezionate dagli esperti FIA al termine di un processo in quattro fasi svoltosi prevalentemente al Circuit Paul Ricard, in Francia, sono pronte a dare il massimo per conquistarsi un posto nella Ferrari Driver Academy e saranno protagoniste di alcune giornate di valutazione nelle quali avranno inizialmente modo di capire cosa significhi essere allievi della Academy del Cavallino.

IL PROGRAMMA DELLE QUATTRO RAGAZZE – L’intenso programma prevede poi test fisici, prove attitudinali, alcune sessioni di guida al simulatore, attività di comunicazione e anche una serie di lezioni dedicate ai regolamenti sportivi e alla condotta da tenere in pista. Giovedì 14 e venerdì 15 gennaio prossimi avrà luogo la parte più attesa e importante della selezione, con le ragazze impegnate sul circuito di Fiorano al volante di una vettura di Formula 4 equipaggiata con gomme Pirelli identiche a quelle impiegate nel campionato italiano. Il camp in Ferrari si concluderà venerdì pomeriggio: a quel punto le ragazze saranno congedate e nei giorni seguenti una commissione di tecnici si riunirà per analizzare nel dettaglio tutti i dati raccolti, tanto in pista che nelle varie attività off-track. Verrà quindi fatta la scelta conclusiva e sarà definito chi sarà la più meritevole e diventerà quindi la prima allieva della storia della Ferrari Driver Academy.

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IGNAZIO GIUNTI, 50 ANNI FA L’ ASSURDA MORTE. PRESTO UN BUSTO A SANGINETO

(9/1/2020) – Era di domenica anche 50 anni fa, il 10 gennaio 1971: il giorno della morte di Ignazio Giunti, pilota della Ferrari, a soli 29 anni. Il fatto che a distanza di tanti anni, si resti ancora attoniti e sconcertati nel tornare alla dinamica dell’incidente avvenuto durante la 1000 Km di Buenos Aires, prova inaugurale del Mondiale Sport, fa capire quanto fosse del tutto evitabile, se solo Jean Pierre Beltoise avesse spinto a lato la sua Matra rimasta senza benzina anziché tentare un folle raggiungimento del box a spinta mentre le altre biposto gli sfrecciavano a pochi centimetri di distanza. Il povero Giunti non riuscì a evitarlo e trovò una morte tragica e assurda. Nato Roma ma di aristocratica famiglia originaria della Calabria (Strongoli, nel crotonese), trascorse parte della sua adolescenza in quel di Sangineto, in provincia di Cosenza, presso il complesso turistico-alberghiero gestito dalla famiglia stessa.

IL PROGETTO DI UN BUSTO NELLA SUA SANGINETO – Oggi a Sangineto Lido c’è una piazza dedicata al pilota. Purtroppo, come conferma il giovane Sindaco Michele Guardia, a causa dell’emergenza Covid19, non si è potuta organizzare la celebrazione ufficiale dell’anniversario ma fervono altri preparativi. Grazie, per esempio, all’alacre impegno del grande amico di gioventù Armando Bandiera e del valente giornalista Albino Talarico, il progetto di collocare un busto che raffigura Ignazio Giunti nella piazza omonima dovrebbe essere veramente vicino alla definitiva realizzazione (un altro busto è già collocato presso il circuito romano di Vallelunga, di cui Ignazio era il “Reuccio” incontrastato). Altre iniziative sono comunque in cantiere in doverosa memoria di un pilota di fama internazionale, dalle radici calabresi, vanto del motorismo dell’intero Sud che solo nel siciliano Nino Vaccarella ha trovato altro degno rappresentante di livello. Persino il suo casco così particolare fa storia, con quell’aquila bifronte a formare l’iniziale M dedicata alla fidanzata, la modella milanese Mara Ladirio. In passato, si è parlato di un premio letterario e si è tenuto un memorial automobilistico. Il Sindaco Guardia, sebbene non ancora nato all’epoca dei fatti, ci tiene anche perché in qualche modo coinvolto: “Ne ho sentito parlare presto perché mia madre mi ha raccontato che, da bambini, giocava con lui e inoltre i miei nonni hanno lavorato alle dipendenze della famiglia Giunti. Ignazio Giunti è per la nostra comunità motivo di grande orgoglio e proietta il nome di Sangineto in tutto il mondo”.

CARRIERA E L’INCIDENTE – Torniamo all’incidente di 50 anni fa, a quei tempi, a quei giorni, con un rapido flashback a beneficio di chi magari conosce poco Ignazio Giunti. Appassionato fin da ragazzino – le macchinine e poi una moto con la quale si sbizzarrì sulle strade di casa per la “disperazione” dei commercianti della zona – prime avvisaglie della innata propensione – e poi ben instradato dal preparatore romano Angelini, Giunti esplose con le Alfa Romeo GTA dell’Autodelta dove formò uno scoppiettante equipaggio con Nanni Galli. Fu anche secondo alla Targa Florio e per qualche giro in testa alla 24 Ore di Le Mans (alla fine quarto) nel 1968, imprese che valsero la chiamata di Enzo Ferrari. Fiducia ripagata. Primo nel 1970 alla 12 Ore di Sebring con Vaccarella e Andretti sulla 512S (per la verità rimase male quando l’ultimo turno di guida che gli toccava fu assegnato invece ad Andretti che comunque si profuse in una rimonta memorabile), sul podio alla 1000 Km di Monza, alla Targa Florio dalla 6 Ore di Watkins Glen. Ambiva alle monoposto, alla F1 e alla prima occasione, nel 1970, dimostrò di che pasta era fatto: quarto all’esordio sulla Ferrari 312B a Spa Francorchamps. Si alternò poi per altre tre volte al volante della Rossa con Clay Regazzoni (Ickx il pilota fisso) e sperò nella promozione a titolare per il 1971. Non arrivò e la cosa lo indispose non poco. Pensò seriamente di lasciare la Ferrari che puntò su Mario Andretti anche volere di alcuni sponsor americani essenziali per la Scuderia di Maranello poi accettò di proseguire il sodalizio nel Mondiale Marche al volante della nuova 312PB. Prima gara a Buenos Aires il 10 gennaio, in coppia con Arturto Merzario. Partito in prima fila, ben presto prevalse sulla potente Porsche 917 di Rodriguez-Elford. Al 38° giro era in testa mentre cercava di doppiare l’altro ferrarista Mike Parkes che correva con la 512S della Scuderia Filipinetti. Ostruito nella visuale, alle 9.55 locali, sulla sua strada trovò Beltoise e la sua Matra in panne. Tremendo l’impatto frontale, poi le fiamme davanti alla tribuna centrale, il tardivo e goffo intervento dei commissari, il trasporto in ospedale, la morte. Il pilota francese – che da allora in Italia dovette guardarsi dall’ira dei tifosi – non si sentì mai colpevole dell’accaduto e lo stesso direttore di gara, che era il grande Fangio, parlò solo di tragica fatalità. Merzario, per quanto colpito, ricorda ancora che all’epoca per un pilota era doveroso – “a rischio licenziamento” – riportare al box la macchina (impensabile oggi). Ma c’erano i regolamenti e, come dimostrò l’allora direttore di Autosprint e grande amico di Ignazio, Marcello Sabbatini, Beltoise non lo aveva osservato, né alcuno gli vietò quell’assurda manovra. Tra l’altro, nella calca post incidente, morì anche un fotografo precipitato al suolo dalla Tribuna.


ENZO FERRARI E IGNAZIO GIUNTI – Alla notizia dell’incidente, come ricorda nelle sue memorie lo storico autista Dino Tagliazucchi. Enzo Ferrari scagliò rabbiosamente in aria la sua valigetta 24 ore. Un particolare: il Drake, nel ricevere il fratello Berardo, attribuì la colpa dell’incidente a Parkes che, doppiato, non diede strada a Giunti, arrivando a promettere che l’inglese non avrebbe mai più messo piede a Maranello. Ancora Merzario, però, precisa ancora che a quei tempi non esisteva l’obbligo di farsi doppiare. “Eravamo in molti a volergli bene”, scrive sempre Ferrari nel libro “Piloti che gente”. Oltre il talento solare, non c’è infatti conoscente che non lo ricordi come persona umile, gioviale, sensibile, gentile, simpatica. Un vero gentleman destinato ad una brillante carriera, scomparso troppo presto. Quest’anno è anche l’80° della nascita: il 30 agosto 1941.