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POST BAHRAIN GP / L’INCIDENTE DI GROSJEAN FA RIVIVERE I FANTASMI DELLA F1

(29/11/2020) – Del Gran Premio del Barhain, davvero, c’è poco da dire, scossi come si è dal terribile incidente occorso a Grosjean che ha gettato la F1 nel panico. Ha vinto, in maniera ormai fin troppo scontata, Hamilton che si può perfino permettere di giocare con Verstappen (secondo) ma, almeno, l’imbattibile Mercedes ha una punta di imbarazzo nelle ultime prestazioni di Bottas (ottavo!). La Ferrari? Persa nella stucchevole diatriba tra i due piloti con Vettel (13°) che, come in Brasile un anno fa, accusa Leclerc (10°) di eccessiva aggressività nei suoi confronti e il monegasco che fa spallucce. Piuttosto, complimenti ad Albon che è salito sul podio, terzo, e quanto meno rimanda ai tempi supplementari l’esito della partita sulla sua conferma o meno in Red Bull. Peccato infine per Sergio Perez che ha dovuto alzare bandiera bianca, a fronte del motore in fiamme, a pochi chilometri dall’ennesimo podio. Lunedì mattina il messicano terrà l’annunciata conferenza stampa e sentiremo…

IL CRASH DI GROSJEAN, LE FIAMME DELLA F1 – Ma è inutile, l’argomento del giorno, anzi della sera di Shakir è l’incidente al pilota della Haas. Diciamolo subito: è vivo per miracolo e, in merito, due cose sono state opportunamente rilevate. Uno, vista la dinamica del crash a salvare Grosjean è stato indubbiamente l’Halo. Due, Ross Brawn ha poi posto il giusto interrogativo: come mai quel guard-rail si è sfondato in quella maniera? In un attimo la Formula 1, che pure ha fatto passi da gigante, anzi da due giganti, in tema di sicurezza ha rivissuto diversi fantasmi del suo passato insieme glorioso e tragico. L’angolazione dello schianto e la conseguente palla di fuoco scaturita dalla monoposto come avvenuto nell’incidente del povero Ronnie Peterson a Monza nel 1978, il pilota intrappolato nello spaventoso rogo come Niki Lauda al Nurburgring nel 1976, la monoposto spezzata in due come la Lotus di Martin Donnely a Jerez nel 1990, il guard-rail incredibilmente attraversato dalla monoposto come nel 1973 e nel 1974 a Watkins Glen dove, rispettivamente, persero in modo così drammatico la vita Francois Cevert ed Helmut Koinigg. 

La palla di fuoco – Peterson, Monza 1978 
Monoposto spezzata – Donnely, Jerez 1990
Guard-rail sfondato – Cevert, Watkins Glen 1973

SICUREZZA F1, C’E’ SEMPRE DA MIGLIORARE – Grosjean si è salvato da solo. Risparmiato dalla presenza dell’Halo che ha fatto da scudo alle barriere d’acciaio del guard-rail pronte a ghermirlo con le prevedibili micidiali conseguenze, il francese fortunatamente non ha perso conoscenza e dopo alcuni infiniti secondi è riuscito a slacciare le cinture, togliere le protezioni laterali e sgusciare via. I commissari di percorso, che avevano una postazione nei pressi, per la verità non sono sembrati molto solleciti ad intervenire e azionare gli estintori. A dar loro manforte, gli uomini della vettura di soccorso che dopo la partenza segue il plotone delle auto. Tutti hanno ammesso di essere rimasti un attimo interdetti dalla virulenza delle fiamme e dalla situazione. Ripeto: fortunatamente Grosjean non è svenuto altrimenti sarebbe stato alquanto difficile liberarlo dal quel groviglio di lamiere incandescenti incastrate tra le lame del famigerato guard-rail. Dal letto dell’ospedale Romain ha già tranquillizzato tutti circa le sue condizioni, anche se presenta entrambe le mani fasciate dopo le medicazioni delle ustioni. Motorsport is dangerous, è nella natura di questo sport che è sfida e ardimento continui, ma le circostanze verificatesi oggi impongono nuovi passi in avanti in tema di sicurezza. Forse ci si è rilassati troppo. 

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ANNIVERSARY / 25 ANNI FA LA MORTE DI GIANCARLO BAGHETTI, EROE ALL’ESORDIO

(27/11/2020) – Oggi ricorrono i 25 anni dalla morte di Giancarlo Baghetti, un unicum nel panorama dei piloti di Formula 1. Perché? Perché è ancora l’unico ad aver riportato una vittoria al debutto, per la cronaca il Gran Premio di Francia a Reims nel 1961. Un clamoroso successo avvalorato, tra l’altro, dal fatto di essere avvenuto al volante della Ferrari. Peccato che, di fatto, quella vittoria fu l’inizio del suo declino. Bravo, bello e talentuoso non riuscì ad affermarsi come poteva e doveva, cosa avvenuta linearmente nella sua “second life”, nel mondo del giornalismo e della fotografia. Un brutto male ce lo ha portato via a soli 60 anni di età. 

VITTORIA AL DEBUTTO, IL 2 LUGLIO 1961 A REIMS – Pilota di successo in F3, compì il gran balzo nella massima formula a 26 anni grazie alla intuizione di Eugenio Dragoni, titolare della Scuderia Sant’Ambroeus, che lo volle alla guida della Ferrari che il Drake gli aveva “appaltato” nell’ambito dell’iniziativa FISA, Federazione italiana scuderie automobilistiche, finalizzata ad offrire la ghiotta possibilità, seppur non ufficiale, a piloti italiani. Dragoni – che qualche anno dopo sarebbe stato protagonista dell’acerrimo contrasto con Surtees in veste di DS di Maranello – aveva visto giusto, tra l’altro in concorrenza con l’altro astro nascente tricolore Lorenzo Bandini. Baghetti, infatti, si impose subito, tra lo stupore generale, al Gran Premio di Siracusa, gara non titolata ma di estremo prestigio, tanto che non mancavano avversari di rango come Brabham, Moss, Dan Gurney. Ammirevole bis al successivo Gran Premio di Napoli, zona Posillipo. Poi la prova del nove: gara di campionato mondiale a Reims. Baghetti aveva la particolarità di esaminare e percorrere minuziosamente il tracciato sul quale sarebbe stato impegnato. Anche nella sconosciuta terra francese fece così, di notte. 

La domenica, caldissima, 2 luglio pronti-via dalla quinta fila e si ritrovò a centro gruppo ma alla fine i ritiri dei compagni di colore Hill, Von Trips e Ginther lo elessero a unico difensore in pista delle velleità ferrariste. I ritiri falcidiarono anche il plotone di temibili avversari, da Clark a Graham Hill, finchè apparve chiaro che la partita era ristretta a lui e alle Porsche del coriaceo Gurney e di Bonnier. Lo svedese fu out a due giri dalla bandiera a scacchi, mentre l’americano. Baghetti racconta di averlo lasciato passare conscio della maggiore velocità della potente monoposto tedesca ma speranzoso di sfruttarne la scia. Così fece e per pochi centimetri riuscì effettivamente a mettere il muso della sua Ferrari davanti all’avversario. Un sogno realizzato: il milanese era al settimo cielo, una rivelazione, nuovo idolo degli appassionati italiani. Forse una sorta di rilassatezza post gloria immediata o chissà che altro, ma simili risultati non ebbero più a ripetersi. La decisione di condividere a fine ’61 l’avventura ATS dei transfughi Ferrari – a partire dall’ingegner Chiti – non gli giovò e terminò abbastanza anonimamente la carriera nella massima formula nel 1967, anno della morte del suo antagonista-amico Bandini.

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LA NUOVA DATA DI MILANO MONZA MOTOR SHOW: 10-13 GIUGNO 2021

(24/11/2020) – Ed ecco la data 2021 di Milano Monza Motor Show, l’appuntamento con le novità delle oltre 50 case automobilistiche previsto quest’anno ma rimandato due volte causa Covid: si svolgerà dal 10 al 13 giugno 2021 e coinvolgerà le città di Milano, Monza e l’Autodromo Nazionale, mantenendo il format innovativo che prevede l’esposizione a cielo aperto. A Milano le case automobilistiche esporranno anteprime, novità e gamma di prodotto in un salone diffuso per le strade e le piazze della città, gratuito per il pubblico, con piazza Duomo cuore della manifestazione: attorno al Duomo saranno esposte le anteprime e le auto rappresentative delle case automobilistiche. Nell’Autodromo di Monza ci sarà spazio per l’adrenalina, per i raduni di collezionisti, le esibizioni delle regine del motorsport, per i meeting di club.

PROGRAMMA: NOVITA’, PASSIONE, AZIONE, FUTURO – Ognuna delle auto e delle moto esposte sarà collegata a un QR code posto sia sulla pedana che sul totem di riferimento. Scannerizzandolo, si potrà accedere alla pagina riservata a quel modello che conterrà le schede tecniche, le immagini e i video e il link per richiedere maggiori informazioni, un preventivo o arrivare direttamente al configuratore. Confermato il Focus Auto Elettriche e Ibride nella piazza del Castello Sforzesco, con l’esposizione di tutte le novità di prodotto con motorizzazioni green che il pubblico potrà provare nei test drive per le strade di Milano.  A Monza i brand organizzeranno attività con i clienti sia nella pista di Formula 1 che nell’Anello Alta Velocità. Sul sito www.milanomonza.com i visitatori e gli addetti ai lavori troveranno gli eventi, le informazioni e le iniziative del MIMO 2021. Confermata anche per l’edizione 2021 la President Parade, la sfilata in piazza Duomo delle anteprime guidate direttamente dai presidenti e dai CEO dei brand e che sarà seguita in diretta tv, diventando una spettacolare presentazione in movimento di modelli in anteprima assoluta. Saranno proprio le anteprime le grandi protagoniste della President Parade: nell’edizione 2021 potranno sfilare modelli dello stesso brand a patto che siano anticipazioni e potranno essere guidati, oltre che dai presidenti, anche da testimonial e manager della casa auto. I media, parte integrante e indispensabile del settore automobilistico, sono i protagonisti della Journalist Parade, la sfilata che dal Castello Sforzesco porterà le novità delle case automobilistiche fino all’Autodromo di Monza, guidate dai giornalisti anche di testate che ogni giorno raccontano il prodotto dei brand al grande pubblico come AlVolante, Auto, Quattroruote, Gazzetta dello Sport, Corriere dello Sport, Automoto, Autoappassionati, Motor1, già media partner di MIMO 2020. “Con le case, con i media, con i partner – ha dichiarato Andrea Levy, presidente MIMO – vogliamo sviluppare una manifestazione in grado di dare una spinta a un settore fortemente colpito da quest’emergenza sanitaria”

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DODGE CHALLENGER 50th ANNIVERSARY EDITION, UNA PER L’ITALIA!

(20/11/2020) – Auto sportive americane, una vera passione. Icone simbolo di storia, cultura e di un certo modo di viaggiare “on the road”, legato ancora al gusto della sfida e dell’avventura. Uno stile di guida fatto di emozioni, sensazioni e prestazioni, che riportano alla mente Las Vegas, la California, la Route 66 o il Midwest. Sì, c’è ancora chi sa apprezzare la musica di un V8 e il look semplice ma grintoso della Dodge Charger, vera cruiser della strada e “muscle car” per eccellenza nata nel 1970. Proprio per festeggiare il compleanno di una cinquantenne che di anni ne dimostra 20 di meno, Dodge ha varato la Challenger 50th Anniversary Edition, versione realizzata in numeri limitati e quindi molto difficile da trovare in Europa. Ebbene, sappiate che il Gruppo CAVAUTO è riuscito ad accaparrarsi una versione ufficiale europea della Dodge Challenger R/T Scat Pack Shaker 50th Anniversary Edition nel colore “Go Mango” con cofano, tetto e bagagliaio a contrasto nero satinato, realizzata in soli 70 esemplari.

Il Gruppo CAVAUTO infatti è l’unico dealer Dodge in Italia ad avere accordi con tutti e tre gli importatori ufficiali Dodge in Europa, e questo vantaggio garantisce una maggiore disponibilità di auto, soprattutto quando si parla di serie speciali e modelli particolari. Questa versione della Challenger presenta un allestimento che richiama espressamente la capostipite del 1970. Parliamo di cofano nero satinato verniciato interamente a mano, con tetto e bagagliaio anch’essi satinati, cerchi da 20″ con gomme Pirelli e molti altri dettagli unici, come ad esempio le scritte Challenger 50 all’interno della calandra, sullo spoiler posteriore e nell’abitacolo, precisamente sulla presa d’aria lato passeggero. Partendo dagli esterni, balza subito all’occhio lo Shaker, la tipica presa d’aria direttamente collegata al propulsore, con tanto di dicitura “Shaker” riportata nel vano motore, proprio come sul modello del 1970. E’ impossibile non notare anche il pronunciato splitter anteriore e lo spoiler posteriore, entrambi di colore nero, così come le “minigonne” sottoporta e il sottoscocca posteriore che ospita i terminali di scarico. I fari rotondi sono a led, contornati dal profilo delle luci diurne. Sui lati, dietro al passaruota anteriore è presente il logo che denota come la vettura sia una versione R/T Scat Pack, ovvero dotazioni che conferiscono maggiore sportività. Gli interni neri sono marcatamente sportivi, con sedili riscaldati e ventilati in pelle Nappa e Alcantara, caratterizzati dai ricami del logo “50” con filo color Seppia a contrasto. Il pannello della strumentazione è in carbonio con strumenti rotondi contornati da profili ramati. L’auto è dotata di navigatore europeo U-Connect 4.0. La Challenger è omologata per trasportare 5 persone nonostante sia una coupé e l’abitacolo è confortevole nonostante la chiara sportività del mezzo. Stiamo parlando di una vettura lunga poco più di 5 metri, con una capacità del bagagliaio pari a 458 litri. Trasportare la famiglia non è un problema!

Il motore di questa vettura è il V8 benzina Euro 6 da 6.400cc con 495 CV, abbinato al cambio automatico. Il prezzo è di 79.800 Euro, IVA inclusa (messa in strada e Ipt escluse). L’auto ha una garanzia di 24 mesi o 100.000 km, estendibile a 84 mesi con km illimitati. Inoltre il Gruppo CAVAUTO offre un sistema di monitoraggio costante che segue il cliente ovunque in Europa e permette ai tecnici un intervento e un’assistenza remota immediati e tempestivi in caso di necessità. Questo esemplare di Challenger 50th Anniversary Edition, è l’unico disponibile in Italia. L’intera gamma Dodge è esposta a Monza in Via Borgazzi 8presso lo show room del Gruppo CAVAUTO, contraddistinto dalla corporate identity del Marchio statunitensePer maggiori dettagli, è possibile visitare il sito  https://www.cavauto.com/auto-americane/dodge/

Per ulteriori informazioni: https://www.cavauto.com/auto/nuove-pronta-consegna/monza/dodge/challenger/benzina/6-4l-v8-at-50-anniversary-unica-in-italia/4251937/?fbclid=IwAR2amtvcWVAoCG0-WvsbryCORambOeJbCJywFduF-1lpKuHypLywHKDHpsM

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MORTO ALFREDO PIGNA. QUELLA VOLTA CHE SI “SCONTRO'” CON ENZO FERRARI PER IL FLOBERT

(19/11/2020) – E’ morto all’età di 94 anni il giornalista Alfredo Pigna, particolarmente noto per aver condotto dagli anni ’70 la Domenica Sportiva, portando la trasmissione Rai a livelli di ascolto altissimi. E’ ricordato soprattutto per aver associato voce e cronache alla valanga azzurra di sci e alle prime grandi imprese di Albereto Tomba. Ma ebbe a che fare direttamente anche con Enzo Ferrari. Un servizio speciale sul Drake? Sulla Formula 1? No, una puntuta polemica dovuta a quanto scritto sul suo conto dal Costruttore modenese nel libro Flobert, la pubblicazione fuori commercio con la quale Ferrari si divertì a tratteggiare personali ritratti dei giornalisti abituati a raccontare e esaminare nei minimi dettagli le sue gesta.

Cosa successe? Nel famoso libro Flobert, Enzo Ferrari sembrò attribuire al giornalista napoletano la consuetudine di chiedere ai campioni dello sci “se erano felici di aver vinto”, ritendendo evidentemente superflua e malposta la domanda. Pigna non la prese affatto bene e inviò al Corriere della Sera, che aveva pubblicato il brano del libro che lo riguardava, una piccata lettera per smentire recisamente tale presunta abitudine e nella quale scrisse testualmente: “L’ingegner Ferrari ha affermato sul mio conto cose non vere e gravemente lesive del mio prestigio di giornalista”. Pigna ritenne inoltre di aver capito il perché di quell’attacco: “Ho un fondato motivo per ritenere – aggiunse – che Ferrari abbia voluto punirmi per quell’unica intervista contenuta nel mio libro “Miliardari in borghese” che gli feci 15 anni fa e che lui ricorda nel suo Flobert. Poi altre precisazioni: “Un’intervista né cattiva né irrispettosa” e “Nel capitolo dedicato a Ferrari raccontavo verità che, probabilmente, il diretto interessato non avrebbe gradito. Ma erano verità, a livello di testimonianza diretta, che del resto l’Ing. Ferrari, notoriamente penna facile, non ha mai smentito”. Infine la stoccata finale: “L’Ing. Ferrari sostiene che una delle sue aspirazioni era (e resta) quella di fare il giornalista. A giudicare dai risultati, direi che scegliendo il mestiere di costruttore ha raggiunto vertici che gli sarebbero stati negati in una professione nella quale dote maggiore resta la scrupolosa fatica che bisogna mettere nel catturare e nel vagliare le notizie. Soprattutto quelle che possono danneggiare e gravemente diffamare chi ne è protagonista (o vittima)”.

Fin qui Pigna. Ferrari prese atto della replica e non fece mancare la sua contro-risposta, a mezzo lettera inviata al giornalista stesso, con la quale attribuì la genesi dell’incomprensione al Corriere, reo di aver riportato “parzialmente e confusamente quanto da me scritto”. Poi la precisazione: “Nessuna intenzione punitiva, nessun ricordo svalutativo…mi spiace che il tentativo di simpaticamente ricordarla si sia tramutato in una interpretazione opposta”. Chiusa lì. Pigna, che a sua volta stava per inviare una ancora più piccata lettera al Drake, intese a quel punto recedere da tale intento ma quanto accaduto lo ferì così tanto che nella sua rubrica sulla rivista “L’Intrepido” si riservò questo epilogo: “E’ una pizzicata che resta in un libro di Enzo Ferrari, il grande Ferrari, quello che tutti noi ammiriamo e amiamo per ciò che rappresenta di coraggio, fede, lealtà. Io trovo che tutto questo è molto malinconico”. 

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STUDIO ACI, LE STRADE ITALIANE PIU’ PERICOLOSE

(19/11/2020) – L’Aci – Automobile Club Italiano ha realizzato uno studio denominato “Localizzazione degli incidenti stradali 2019” che analizza i 36.526 incidenti (1.143 mortali), con 1.257 decessi (il 39,6% del totale) e 58.535 feriti, avvenuti su circa 55.000 chilometri di strade della rete viaria principale italiana. L’indice di mortalità medio su questa rete è pari a 3,4 morti per 100 incidenti. I dati: 74 incidenti su 100 nei centri abitati, 5 in autostrada e 21 su strade extraurbane; nel 2019 in autostrada è leggermente in calo il numero di incidenti (-1,5%), diminuisce anche il numero di morti (-6,9%), sulle strade extraurbane decrescono sia gli incidenti (-3,8%) che i morti (-6,8%), nei centri abitati, nel complesso, rimangono stabili gli incidenti, diminuiscono i morti (-5%), mentre nei piccoli centri, attraversati da strade extraurbane, anche gli incidenti.

In autostrada i veicoli industriali – autocarro (anche leggero), autotreno o autoarticolato, motrice – sono coinvolti nel 20,4% degli incidenti, una percentuale significativamente inferiore rispetto al 2018. Gli spostamenti e le partenze nei fine-settimana incidono in modo particolare: giugno e luglio i mesi con la maggiore incidentalità (rispettivamente 10,1% e 10% del totale). Il venerdì è il giorno in cui si verificano più incidenti (14,9%). Dalle 18 alle 20 le ore più critiche. L’indice di mortalità, tuttavia, risulta più elevato a marzo (4,6 decessi ogni 100 incidenti), mese che si colloca al secondo posto anche per numero di morti (135) dopo giugno (147). Le autostrade urbane si confermano quelle con la maggiore densità di incidenti a causa degli elevati flussi di traffico e della pluralità di mezzi diversi. Ma quali sono le strade sulle quali si verificano più incidenti? La Penetrazione urbana della A24 (13,2 incidenti/km), la Tangenziale Nord di Milano nel tratto Monza e della Brianza (10 incidenti/km) e la Diramazione di Catania A 18 dir (9,4 incidenti/km); mentre per la rete autostradale la media nazionale è di 1,2 incidenti/km.  Per le strade extraurbane, dove la media nazionale è di 0,6 incidenti/km, il triste primato spetta alla Statale 36 del Lago di Como e dello Spluga nei tratti in provincia di Milano (8,3 incidenti/km) ed in provincia di Monza e della Brianza (7,6 incidenti/km) e alla SS 131 dir – Carlo Felice in provincia di Cagliari (7,2 incidenti/km).

MOTOCICLISTI, CICLISTI E PEDONI – Quale tipologia di utenti, altresì, ne fa le spese maggiormente? Sulle strade extraurbane gli utenti vulnerabili rappresentano una quota molto elevata dei decessi, in aumento rispetto allo scorso anno: il 33,8% (1 morto su 3) è ciclista, “dueruotista” o pedone. Nel 20,4% dei casi è deceduto un motociclista (257), nel 9,1% un pedone (115) e nel 4,2% un ciclista (53). Rispetto al 2018 i pedoni morti sono in diminuzione (erano 137, pari al 10,2%), mentre i ciclisti morti aumentano (erano 39, pari al 3%). Rispetto al totale dei morti per modalità di trasporto, i pedoni sono il 21,5%, i ciclisti il 21% (era il 17,4% nel 2018) e “dueruotisti” il 32,7%. I motociclisti sono coinvolti nel 18,6% degli incidenti stradali; i ciclisti nel 3,9%. L’indice di mortalità delle due ruote (sia motocicli che biciclette), è molto più elevato di quello delle quattro ruote: 3,6 morti ogni 100 mezzi coinvolti in incidente, rispetto all’1,3 delle auto.

 

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HAMILTON 2021-2022: CERTEZZE E DUBBI

(17/11/2020) – Vi anticipo il tormentone del 2021: Lewis Hamilton continuerà in F1 o sarà ritiro? Per ora, il neo sette volte campione del mondo non ha ancora messo la firma sul contratto (un anno? biennale?) per la prossima stagione ma questo è un dettaglio che verrà presto superato. Dopo la brillante vittoria di gara e titolo in Turchia, il pilota inglese – 36 anni il prossimo 7 gennaio – ha già dichiarato di avere intatta la voglia di essere della partita e, più recentemente, ha avvisato tutti di sentire di avere ancora parecchio da dare. Come dargli torto, d’altronde. E’ in grandissima forma e la curva di apprendimento appare tuttora in salita. Guida la pressochè imbattibile Mercedes che, per via della conferma dell’attuale regolamento (pneumatici compresi) a seguito della crisi pandemica, l’anno prossimo manterrà inevitabilmente l’enorme vantaggio di cui gode. Anzi, da Brixworth hanno fatto già sapere di aver “trovato” un’altra ventina di cavalli da spremere… Ma Hamilton ha in corso anche una profonda e progressiva analisi interiore e questa potrebbe fornirgli impulsi imponderabili.

HAMILTON FAVORITO ANCHE NEL 2021 – Nel 2021, dunque, ci sarà. La firma sul contratto? Probabilmente sta solo aspettando l’analogo atto del suo nuovo e grande mentore dopo Ron Dennis e cioè Toto Wolff che, a sua volta, sta solo organizzando la transizione al muretto della Stella. Lo ha detto chiaramente: lui ormai ambisce a un ruolo dirigenziale da scrivania e sta ultimando lo scouting (in realtà lo ha già individuato) per poter proporre il suo successore. In ogni caso, Hamilton ha tutto da guadagnare l’anno prossimo: è il super favorito per la contingenza tecnica sopra citata e, anche se si dice sempre che non ci si pensa, altri record sono lì, a portata di mano, per far scrivere altre pagine di storia. Dopo averlo superato in fatto di pole e di vittorie e averlo eguagliato in fatto di titoli iridati, può superare Schumacher vincendo l’ottavo campionato mondiale. Può raggiungere la mirabolante quota 100 pole positions (in realtà può farcela anche quest’anno se riuscirà a partire al palo nelle restanti tre gare). Potrà partecipare alla festa Mercedes che nel 2021, con i 23 gran premi in calendario, raggiungerà le 250 presenze in Formula 1. 

DUBBIO 2022 – Ad un certo momento sarà tempo di pensare al 2022, alla ennesima sfida al volante delle nuove monoposto. Questo potrebbe allettarlo molto, per dimostrare a ripartenza uguale per tutti che il migliore è lui. “Non vinco per la macchina che ho”, ha dichiarato nel post Istanbul. E’ un punto a cui tiene molto e sul quale, invece, batte per esempio Max Verstappen. Nel contempo, però, Hamilton non potrà non porsi la domanda che tutti i campioni che, comunque, sono nella fase finale della carriera (anche se Raikkonen ha alzato l’asticella) si fanno: conviene lasciare adesso, nel momento della massima gloria, o continuare? Logica o passione? Nel primo caso, il posto nella leggenda sarà assolutamente rilucente; nel secondo caso, se le cose non dovessero andare più bene, se la Ferrari dovesse rimontare, se Alonso dovesse riprendersi con forza lo scettro di Re. Beh, la leggenda risulterà un tantino sminuita. E’ successo ad un monumento come Schumacher. E’ successo, nell’atletica leggera, a un invincibile Usain Bolt. Ma Hamilton è Hamilton: una rara commistione di bravura e, non so, chiamiamola fortuna, abilità, intuito. O forse Dio ha posato gli occhi su di lui. E’ un uomo ancora in cammino: la strada della supremazia in pista l’ha trovata, quella di un ruolo nel mondo e nella vita non ancora. Ma ci è molto vicino.

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POST TURKISH GP / HAMILTON SETTE BELLEZZE, VETTEL PODIO D’ORO

(15/11/2020) – Lewis Hamilton sette titoli mondiali, come Schumacher. “Oltre ogni sogno”, ha detto commosso. Per coronarlo, l’inglese ha vinto pure il pazzo Gran Premio di Turchia dopo sessioni di prove sotto tono e un atteggiamento molto critico nei confronti dell’asfalto traditore dell’Istanbul Park. Non è un caso che sul podio siano saliti gli unici tre ancora in lizza in F1 che avevano già gareggiato in Turchia: Hamilton, Perez e Vettel. L’esperienza è un valore inestimabile. La gara? In sintesi: si pensava che Bottas giocasse il tutto e per tutto, ma Hamilton lo ha perfino doppiato; si pensava che Stroll sfruttasse la sua clamorosa prima pole position, ma ancora una volta i punti pesanti li ha garantiti il compagno di squadra Perez; si pensava che Verstappen potesse attaccare la leadership delle black arrows, ma è naufragato abbastanza miseramente. Si pensava, infine, che sarebbe stato Leclerc a dare soddisfazioni alla Ferrari, ma alla fine è stato il miglior Vettel stagionale a riportare sul podio il Rosso. 

LA FOGA DI LECLERC, IL NAUFRAGIO DI STROLL – Lance Stroll, per la verità, ha fatto molto bene per parecchi giri in testa. Dopo il pit-stop – non nel momento più adatto – ha perso terreno e si è disunito. La squadra, in questo senso, deve ancora crescere (a Imola ne ha fatto le spese Perez) ma il canadese deve crescere in fatto di mentalità vincente. Verstappen aveva la possibilità di mettere il suo timbro sul gran premio ma come in Q3 ha perso la pole per un’accelerata di troppo sul bagnato, in gara ha perso il bandolo della matassa dopo una partenza di nuovo da patinamento estremo (partiva però sul lato sporco della pista). Il fatto che non sia riuscito a superare Vettel la dice lunga sulla situazione che ha dovuto gestire, poi resa più critica da testa-coda, pit stop e anche una certa demoralizzazione. Intanto, complimenti sinceri a Vettel. Si è rivisto il tedesco che piaceva a Marchionne: capace, cioè, metterci del suo e di risultare estremamente proficuo in frangenti critici dove la sua esperienza e bravura può fare la differenza. Così è stato ed è stato bello sia rivederlo lottare davanti, sia di nuovo sul podio per un ultimo (ma ci sono ancora tre gare) suggello con l’amata Ferrari. Leclerc, quarto, non può essere criticato: partito anche lui malissimo ha fatto vedere nella successiva rimonta subito con le gomme intermedie di che pasta è: velocissimo, determinato, gran sorpassatore. Lo sappiamo ed apprezzato per queste genuine qualità. La foga dell’ultimo attacco a Perez, con in palio il secondo posto, lo ha tradito. Ecco, deve solo frenare quell’eccesso di foga che spesso lo contraddistingue. E’ un generoso, ma deve sapere che la gloria in F1 si guadagna anche con supplementi di calma e riflessione.

DELUSIONE BOTTAS, ALBON PERDE L’OCCASIONE – Delusioni? Bottas in primis: davvero assurda per inconsistenza la sua gara, che doveva essere decisiva per almeno rimandare il discorso titolo. Lewis è grande ma lui è stato davvero piccolo. Albon: ad un certo punto sembrava potesse guadagnarsi la conferma in Red Bull con un risultato d’eccezione ma con le gomme ormai out si è girato (altri però hanno resistito) e ha perso l’ennesima occasione. La decisione sul suo conto è attesa ad ore: Hulkenberg e Perez bussano forte alle porte di Milton Keynes. Note positive? Le Mc Laren: in ombra nelle qualifiche, si è riscattata in gara grazie soprattutto al talento dei due suoi eccellenti piloti entrambi vieppiù attardati dalle penalizzazioni. Sainz ottimo quinto e Norris ottavo e autore del giro più veloce, well done guys. Lo spagnolo, nello stesso tempo efficace regolarista e implacabile attaccante è pronto per la Ferrari. 

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LANCE STROLL IN POLE, NEL 2010 ERA ALLA FERRARI

(14/11/2020) – Ci voleva questa pole position di Lance Stroll. Intanto spariglia un po’ le carte solitamente in mano alla Mercedes, poi mi fa pensare a quella che dieci anni fa (6 novembre 2010) siglò anche lui per la prima volta, anche lui in una giornata da bizze della pioggia, Nico Hulkenberg a Interlagos (l’anno dopo però la Williams lo mise a piedi preferendogli Maldonado…). Ma soprattutto, c’è da sperare che l’exploit sulla pista bagnata e scivolosa dell’Istanbul Park significhi per il giovane pilota di Montreal, 22 anni compiuti lo scorso 29 ottobre, il definitivo salto di qualità dopo un’esperienza in Ferrari Driver Academy e tre stagioni in Formula 1. Stavolta ha regolato il compagno di squadra Perez e nel 2021, sotto le insegne Aston Martin, dovrà vedersela con un certo Sebastian Vettel.

UNA CARRIERA COMINCIATA SUI KART E ALLA FERRARI DRIVER ACADEMY – Che si goda il momento, ora, e domani si dimostri consistente anche in gara. Poi si vedrà. Quando si parla di Lance Stroll, c’è poco da fare, si parla sempre anche di papà Lawrence, dei suoi risaputi milioni e delle agevolazioni che ha garantito al figlio con la passione per l’automobilismo. Erede del facoltoso nonno Leo Strulovitch (cognome poi divenuto Stoll), è uno dei re della moda, vedi Tommy Hilfiger, ma anche importatore Ferrari ed ex pilota (per la cronaca la mamma Claire Anne è una stilista). Ha finanziato e ha acquistato intere squadre dove il pargolo che viene dalla terra del mitico Gilles Villeneuve e del campione del mondo (e della 500 Miglia di Indianapolis) Jacques Villeneuve ha naturalmente goduto della massima attenzione. Resta sempre il fatto che poi in pista ci va lui e ci sono gli avversari. In Canada ha cominciato con i kart e nei campionati nazionali Rotax Mini Max ha sbaragliato la concorrenza come pure al Florida Winter Tour. Anni 2008 e 2009 veramente in crescendo, tanto da essere nominato dalla Federazione dello Sport automobilistico del Quebec prima Rookie dell’anno e poi Driver dell’anno. La Ferrari gli mette gli occhi addosso e a soli 11 anni, tra lo stupore generale, nel 2010 indossa (fino al 2015) la casacca della Ferrari Driver Academy, allora diretta da Luca Baldisserri (che diventerà suo tutor personale) che disse: “E’ molto giovane ma ha già dimostrato doti fuori dal comune nei kart, quindi perché no? Vogliamo vedere cosa riusciamo a tirare fuori da un ragazzino di indubbio talento una volta seguito un certo metodo”. Per il piccolo lance, fan di Michael Schumacher, un vero sogno sotto gli occhi inteneriti dei piloti titolari Alonso e Massa. 

DUE PODI IN FORMULA 1 – Con l’italiana Prema Racing, ha vinto la F4 tricolore (2014) e il campionato europeo di F3 (2016) – con intermezzo la Toyota Racing Series della Nuova Zelanda (2015) – in cui si ricorda anche uno spettacolare incidente a Monza dopo un contatto con Antonio Giovinazzi. Nel 2017 il neo-campione Rosberg si ritira a sorpresa, alla Mercedes arriva dalla Williams Bottas e così alla corte di Sir Frank si presenta il baldo Lance Stroll che va il suo debutto in F1. Nel 2017 la Williams era ancora abbastanza competitiva – c’era ancora Felipe Massa – e il terzo posto di Baku, beffato d’un niente da Bottas, ha reso un po’ più digeribile una prima stagione più di bassi che di alti. Difficile anche il 2018 nel quale se l’è vista col compagno Sirotkin e meno male che la Q3 e il nono posto di Monza anche qui hanno un po’ indorato la pillola amara di un difficile adattamento (ma la Williams cominciava a peggiorare). Poca roba, comunque. Il confronto, perdente, con Sergio Perez nel 2019 e quest’anno (seppur terzo nel pazzo GP d’Italia) hanno fatto rimontare le critiche che questo pomeriggio si sono magicamente calmate. “Io non seguo le polemiche, non leggo quello che scrivono. Sono concentrato solo me stesso” ha ripetuto spesso. Stasera si gode il suo momento di gloria e di serenità: “Mi sento al top. Questa pole è un ottimo modo per riprendersi dopo un paio di settimane difficili, soprattutto dopo l’incidente del Mugello”. 

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NON CHIEDETE AD ALONSO DI ABU DHABI 2010

(13/11/2020) – Non chiedete a Fernando Alonso un commento, a dieci anni esatti di distanza, sulla disfatta Ferrari e personale al Gran Premio di Abu Dhabi 2010. Nonostante il tempo trascorso e il viso pacioso che lo spagnolo sa offrire per dissimulare i veri sentimenti interiori, ho idea che sia ancora leggerissimamente incazzato come una bestia, direbbe il ragionier Fantozzi. Stesso discorso per Sebastian Vettel che quel giorno divenne il più giovane pilota ad aver vinto un campionato del mondo – per lui era il primo – all’età di 23 anni, 4 mesi e 11 giorni. Una gloria sempre più lontana e offuscata dalla realtà odierna…

ABU DHABI 2010: ALONSO KO, VETTEL CAMPIONE PIU’ GIOVANE – Ricordate, no? Al primo anno in Ferrari, l’asturiano arrivò a giocarsi il titolo all’ultima gara in calendario, sul circuito di Yas Marina , con ottime carte in mano. Otto punti di vantaggio su Webber, ben 15 su Vettel, entrambi alfieri della Red Bull molto poco collaborativi nel corso della stagione (vedi incredibile crash tra i due in Turchia). Un anno cominciato bene per Alonso, con la vittoria all’esordio in rosso in Barhain, poi seguita da altri successi: Germania, Italia, Singapore e soprattutto Corea del Sud dove i rivali bibitari si ritirarono clamorosamente spalancando le porte dell’iride allo spagnolo al settimo cielo. La successiva doppietta dei rivali in Brasile, con Fernando terzo, riservò comunque agli Emirati Arabi Uniti l’ultimo verdetto. 

La cronaca di quel week end grida ancora “vendetta”: Vettel in pole, Alonso terzo, Webber quinto. Gara: l’australiano si ferma per primo al box per quello che oggi definiremmo un undercut. Il muretto Ferrari decide di marcarlo stretto e richiama subito Alonso. E’ l’inizio della fine. Mentre Vettel e gli altri piloti in pista proseguono senza grossi problemi di degrado degli pneumatici, lo spagnolo si ritrova imbottigliato a centro gruppo e inoltre si rende conto di non avere lo sprint necessario per risalire la china. La gialla Renault di Vitaly Petrov diventerà per lui un muro invalicabile che lo condannerà ad un inutile settimo posto (Webber 8°) con tanti saluti da parte dell’estasiato Vettel che invece azzecca strategia e vince gara e titolo. Crisi nera a Maranello: a farne le spese fu il capo degli ingegneri di pista Chris Dyer che si assunse la paternità dell’errore strategico in un tweet poi svanito. 

In un recente commento a Beyond the Grid, l’allora team principal Renault Eric Bouiller ricorda troppa pressione in casa Ferrari e anche la  mancanza di serenità secondo lui indotta dal troppo ansioso pilota spagnolo. Col titolo in tasca, è opinione comune che per Alonso le successive vicende in tuta rossa sarebbero certamente state in discesa negli anni a venire mentre in realtà gli strascichi velenosi di quella notte nera si protrassero fino all’epilogo burrascoso del rapporto. Per il giovane Vettel, invece, fu il prologo di anni forieri di nuovi successi e guadagni che, con 4 mondiali conquistati, oggi lo pongono allo stesso livello numerico di Prost. Poi la scelta Ferrari.