(31/7/2020) – Sono passati 40 anni e il motivo esatto e indiscutibile dell’incidenteche ha causato la morte di Patrick Depailler non è stato mai chiarito. 1 agosto 1980, un test sul circuito di Hockenheim, nove giorni prima del Gran Premio di Germania e otto prima del 36° compleanno del pilota francese, approdato quell’anno all’Alfa Romeo. La dinamica: Patrick supera la veloce chicane dopo la prima curva e procede velocissimo, circa 270 Km/h verso la Ostkurve. Non l’affronterà mai: la monoposto milanese procede per la tangente e ha un crash violentissimo contro il guard-rail volando oltre, distruggendosi e infliggendo allo sfortunato pilota ferite mortali alla testa e alle gambe già martoriate dal recente incidente col deltaplano. Quel giorno era presente anche il compagno di squadra Bruno Giacomelli che ha avuto modo di ricordare i frangenti che hanno preceduto il luttuoso evento.
L’INCIDENTE ALLA OSTKURVE – Stagione 1980, dopo l’esperienza alla Ligier cessata a causa del grave incidente in deltaplano sui contrafforti del Puy de Dom, Depailler, un illustre passato alla Tyrrell post Stewart e Cevert, aveva accettato la corte dell’Alfa Romeo. La gloriosa casa gestita in pista dall’Autodelta di Carlo Chiti, era stata protagonista l’anno prima – deb al Gp del Belgio – del clamoroso ritorno in Formula 1 con un’auto tutta sua dopo gli anni in qualità di fornitore di motori alla Brabham (e anche alla Mc Laren di De Adamich e alla March). A Bruno Giacomelli, sicura promessa e anche di più, andava affiancato un pilota con anni di F1 sulle spalle, capace di sviluppare efficacemente le auto. Dopo otto gran premi, nessun punto e molti problemi di affidabilità. L’inizio campionato 1980 aveva dispensato più problemi e preoccupazioni che altro: nessun punto e affidabilità ai minimi livelli. Dopo otto gare grame, la sessione di test privati ad Hockenheim era la cosa giusta da fare per affrontare al meglio il girone di ritorno.
Si va in pista, dunque. Gira prima Depailler che rientra ai box corrucciato e riferisce al compagno di squadra: “C’è qualcosa che non va, Bruno, provala tu”. Giacomelli si infila nell’abitacolo ed effettua due giri, “piano”, precisa, per poi rientrare senza aver rilevato nulla di particolare. E’ di nuovo il turno di Depailler: un giro, poi più nulla. Morto. “Credo tutt’ora all’ipotesi di un cedimento della sospensione”, afferma Bruno che perse un collega e amico. Stessa opinione espressero subito Pironi e Jarier, fraterni amici connazionali. Una tesi corroborata inoltre dal ritrovamento da parte di due ragazzi entrati in pista, oltre 100 metri prima la zona dell’impatto, di pezzi di caucciù riferibili proprio alla sospensione e consegnati allo stupefatto ing. Marelli dell’Autodelta. Per Carlo Chiti, invece, poteva essersi trattato di una perdita di conoscenza del pilota francese, autore precedentemente di altre due strane uscite di pista a Le Castellet e Brands Hatch. L’Alfa Romeo raggiunse livelli altissimi: due mesi dopo l’incidente era in pole position a Watkins Glen.