(6/5/2020) – Nell’ipotetico ma sempre più realistico calendario della F1 2020, che dovrebbe partire nel doppio week del 5 e 12 luglio in Austria, permane il Gran Premio d’Ungheria previsto il 2 agosto, anche se potrebbe slittare sotto Ferragosto (come un tempo). C’è un però. Tra le conseguenze della pandemia da Coronavirus, vi è stata anche la decisione del parlamento magiaro di attribuire al leader Orban i pieni poteri a tempo indeterminato per gestire questa emergenza. Potrà governare attraverso l’uso esclusivo di decreti, sciogliere il Parlamento, cambiare o sospendere leggi in vigore, e anche bloccare le elezioni. Qualcosa che non si era mai visto. Il voto ha scatenato l’allarme dell’opposizione e di gran parte dell’opinione pubblica ungheresi che parlano di risoluzione “sproporzionata”. L’UE ha avviato una valutazione relativa alla tenuta dei diritti fondamentali dei cittadini ma preoccupa, tra l’altro, la possibilità di sanzioni penali per chi venisse accusato di diffondere notizie false. Il leader dei socialisti ungheresi ha parlato di “inizio della dittatura senza maschera di Orban”. Tutto questo per chiedere: la F1 ha nulla da dire? Come in Barhain al tempo degli scontri durante la “primavera araba”? Leggete cosa successe nel 1985 al Gran Premi del Sudafrica.
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NELSON MANDELA |
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START DEL GP DEL SUDAFRICA 1985 |
IL FORFAIT DI RENAULT, LIGIER E…JONES – Ebbene, 35 anni fa, se non la F1 nel suo complesso, alcune squadre non distolsero lo sguardo da quello che stava avvenendo in Sudafrica e cioè l’odioso apharteid. In quel periodo nel Paese i disordini e la violenza erano molto accentuati e la sicurezza non sembrava affatto garantita. Renault e Ligier decisero di non prendere parte al Gran Premio del Sudafrica per protesta contro la politica di segregazione razziale accogliendo così l’invito del Ministro dello Sport di allora Alain Calmat rivolto ai team francesi di “valutare secondo coscienza le implicazioni che avrebbe avuto la loro partecipazione”. Stesso appello fu rivolto da Brasile, Finlandia e Svezia ai piloti di loro nazionalità. Lauda disse: “Non si può correre in un pese in stato di guerra”. La Federazione Sportiva con Balestre e la FOCA, con Ecclestone, dovettero esaminare la questione. Anche in Italia si sollevò una animata discussione sull’opportunità di andare a correre laggiù (stesso discorso della Coppa Davis 1976 disputata nel Cile di Pinochet). Un deputato di sinistra propose, quanto meno, di non trasmettere il gran premio in tv e così andò. Per la cronaca, il 19 ottobre la gara si disputò. Il pilota Ligier Streiff, lasciato libero, corse con la Tyrrell; anche la Zakspeed diede forfait. Alan Jones, su pressione di Ecclestone che gli pagò un premio equivalente alla vittoria del GP, si diede malato: gli operai della Beatrice Foods, team owner, avevano minacciato uno sciopero se il Team non avesse boicottato la gara. Si classificarono solo in sette, con doppietta del duo Williams-Honda Mansell – Rosberg e Alain Prost, fresco vincitore del suo primo titolo, terzo. Il GP del Sudafrica uscì dal calendario della F1 per farvi ritorno solo nel 1992. Una pagina comunque amara.