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SENNA E RATZENBERGER, OGGI COME IERI

(30/4/2020) – Tornano i giorni della commemorazione per Roland Ratzenberger e Ayrton Senna, 26 anni dopo i giorni tristi di Imola 1994. Due incidenti tremendi che hanno privato i familiari, i tifosi, lo sport di due campioni amati. Uno, l’austriaco, ancora in cerca di gloria in F1; l’altro, il brasiliano, alle prese con il suo stesso mito insidiato da un nuovo agguerrito avversario, Michael Schumacher. I fatti di Imola sono noti e non mancano di ridestare ogni volta profondo rammarico, tristezza, anche rabbia. Forse per nessuno dei piloti scomparsi, come per Roland e Ayrton, l’anniversario è vissuto anno dopo anno con intatta e forte partecipazione. Troppo lancinante quel week end, assolutamente vivide le immagini delle macchine sfasciate con al loro interno i piloti esanimi. I soccorsi, la corsa all’ospedale, le ferali notizie delle morti. Ratzenberger con la Simtek cercava disperatamente di mantenere il posto nel massimo campionato che aveva inseguito con tenacia correndo anche in Giappone. Senna correva quel gran premio già con l’acqua alla gola: era a zero punti nonostante tre pole position e l’affiatamento con il nuovo team Williams risultava lento e difficoltoso. Le loro corse si sono interrotte drammaticamente, l’affetto è rimasto. Da Salisburgo, la famiglia Ratzenberger fa sapere che ogni volta si rinnovano il cordoglio e le manifestazioni di stima nei confronti del loro sfortunato figlio. In Brasile, Senna rimane un idolo e non è un caso che nessun suo  connazionale oggi abbia posto nel mondiale di F1. La bandiera verde-oro è ancora a mezz’asta.
Purtroppo quest’anno, a causa della circolazione del virus, non è possibile visitare a Imola la mostra “Ayrton magico. L’anima oltre i limiti” allestita presso il Museo Multimediale Checco Costa, chiuso fino al 3 maggio. E’ l’anno del 60° anniversario della nascita di Ayrton, caduto lo scorso 21 marzo; stesso numero di anni di Ratzenbeger, per il quale si potrà celebrare la ricorrenza il prossimo 4 luglio (è anche lui del 1960). Dal Brasile, per concludere, arriva una curiosità: la casa abitata da Ayrton Senna bambino, in zona Vila Maria, nord di San Paolo, è in vendita. Se vi interessa, leggete il link sotto:



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MERCATO PILOTI F1: EFFETTO DOMINO (COMPRESI WOLFF E BINOTTO)

(28/4/2020) – Il mercato piloti F1 è come la brace sotto la cenere: arde ma non fiammeggia. Per ora. Sembra che il campionato 2020 possa davvero riprendere il 5 luglio in Austria – ieri il Gp di Francia previsto il 28 giugno è stato ufficialmente rinviato – e l’estate, oltre a proporre un vero e proprio tour de force con a seguire Silverstone e l’Ungheria, darà inevitabilmente il via alla definizione delle squadre per il 2021. Scadono infatti i contratti di Hamilton, Vettel e Ricciardo e bastano questi tre nomi per animare parecchio il paddock e soprattutto le quinte, dove segretamente le trattative sono già in atto. Il fatto è che, oltre al rinnovo dei piloti e alle crisi da mancati introiti che potrebbero far saltare uno-due team, si avvertono sommovimenti anche a livello di team principal e quindi ogni decisione è succube di scelte altrui o accadimenti oggi imponderabili. Insomma, quello che potrebbe venir fuori è un vero e proprio effetto domino. Ecco perché.

FERRARI: NON SOLO VETTEL, “RISCHIA” ANCHE BINOTTO? – Alla Ferrari, inutile girarci intorno, il tormentone è quello legato al rinnovo contrattuale di Sebastian Vettel. Dopo aver legato a Maranello in maniera pluriennale l’enfant prodige Leclerc, la Scuderia è disponibile ad avvalersi ancora del quattro volte campione del mondo al quale ha proposto però un contratto annuale. Pronta la replica del tedesco: non ho mai firmato contratti per una sola stagione. Posizioni, dunque, non proprio ravvicinate. Le voci: Vettel alla Mercedes per uno sfolgorante scambio di casacca con Hamilton; Vettel alla Mc Laren che dal 2021 avrà il motore Mercedes (e Sainz alla Ferrari); Vettel si ritira. Ma non è finita: se Vettel non dovesse accordarsi, la Ferrari ha già il sostituto pronto e cioè quel Daniel Ricciardo già molto vicino alla Rossa per sostituire Raikkonen. L’ipotesi è data per molto probabile e se così fosse la Renault a sua volta potrebbe puntare su Vettel, magari con i buoni uffici di Alain Prost e del nuovo CEO in sella dall’1 luglio, l’italiano Luca De Meo esperto di marketing. A proposito di Ferrari, comunque, l’ultimo rumors riguarda il clamoroso ritorno dell’attuale Presidente e AD Lamborghini Stefano Domenicali, una delle “vittime innocenti” dell’infausta stagione 2014 della Ferrari. L’interessato, che è tuttora anche Presidente della Commisione FIA sulle monoposto, liquida il tutto parlando di “pettegolezzi” anche se non smentisce colloqui con Elkann (“certo, ci parliamo”). Una cosa è certa: quando vengono fuori queste voci significa che ai piani alti di Maranello si sta riflettendo. Una stagione 2020 negativa potrebbe essere fatale a Mattia Binotto.

HAMILTON, WOLFF, KALLENIUS: IL DIFFICILE PUZZLE MERCEDES – Il campione del mondo Lewis Hamilton ha recentemente dichiarato di sentirsi già nella scuderia dei sogni facendo capire di non pensare ad altro, tranne che ovviamente al suo nuovo emolumento. Per ora prende tempo e studia le proposte Mercedes fin qui avanzategli. Certo è che non ha mai nascosto la sua predilezione per il…rosso né è stato mai smentito l’incontro con il Presidente Ferrari John Elkann nel corso del 2019. L’inglese sa che la Mercedes ha un sostanzioso vantaggio tecnico  – l’introduzione a sorpresa del DAS lo conferma – ed alla fine è interessato soprattutto a continuare a vincere. Nel 2020 può raggiungere il numero record di titoli mondiali che appartiene a Schumacher ma poi, visto che nel 2021 si correrà con le stesse monoposto dato il rinvio al 2022 dell’introduzione delle nuove wing car, può benissimo superarlo e entrare davvero nella leggenda della Formula 1. La Mercedes è in grado di agevolare questo percorso ma c’è un ma. Buona parte di merito per il dominio delle frecce d’argento va anche al Team principal Toto Wolff che in questi anni si è rivelato avveduto, pragmatico, fine organizzatore, scaltro difensore degli interessi teutonici. Anche lui sta riflettendo sul da farsi e la recente notizia dell’acquisto da parte sua di un pacchetto di azioni Aston Martin ha scatenato ipotesi circa un possibile “distacco” da Stoccarda per ripartire con la sfida legata al marchio inglese rilevato da papà Stroll e dall’anno prossimo in pista ridenominando la Racing Point. Magari insieme ad Hamilton. Solo voci, effettivamente poco sensate (tra l’altro Daimler è azionista Aston Martin col 5%). Più delicato, invece, il rapporto tra il manager austriaco e la nuova governance Mercedes: Wolff non ha fatto mistero di non aver “capito” alcune posizioni politiche del nuovo CEO Ola Kallenius che, a sua volta, almeno inizialmente non era così convinto di continuare l’esperienza F1. Insomma, anche in casa Mercedes molti pezzi del puzzle perfetto vanno messi al loro posto.

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HONDA ALLA (RI)CONQUISTA DELLA F1

(24/4/2020) – La ripartenza della F1, quest’anno o il prossimo, proporrà un sicuro protagonista: la Honda. La fornitura del motore dalla Mc Laren alla Red Bull ha dato i suoi frutti: sono arrivate le vittorie, l’affidabilità, la potenza. E ora in Giappone sfidano apertamente la Mercedes e la Ferrari (quest’ultima spesso già messa dietro…). Onore ai tecnici che, non senza una punta di rancore, hanno saputo mettersi alle spalle la brutta avventura con Dennis e Alonso e hanno lavorato sodo ed efficacemente con Adrian Newey & C., alla fine ripagati. Come è stato possibile? Leggiamo questo interessante articolo del giornalista inglese David Tremayne.

 

“La fiducia degli osservatori più esperti non ha mai vacillato: al suo ritorno in F1, Honda avrebbe sicuramente vinto.  Sebbene nel 2015 Honda avesse avuto serie difficoltà nelle fasi iniziali del suo ritorno in Formula 1, chi è stato testimone del predominio dei suoi motori sulla scena motoristica alla fine degli anni Ottanta e agli inizi degli anni Novanta sapeva che la Casa di Tokyo, impegnata in massivi sviluppi tecnici ingegneristici, sarebbe tornata alle corse di F1 con l’obiettivo della vittoria.

All’inizio del 2019, gli addetti ai lavori avevano ragionevolmente previsto che Honda sarebbe salita sul podio prima della metà della stagione; quando Max Verstappen ha vinto il Gran Premio d’Austria al volante della Red Bull RB15, i fatti hanno dato loro ragione. La filosofia portata da Honda in F1 era la stessa dei decenni passati. Nonostante il passare degli anni e il mutare degli ingegneri, dunque, gli elementi fondamentali di quella filosofia aziendale erano rimasti immutati.

 

Quando la scuderia Toro Rosso, nel Campionato 2018, ha iniziato a girare in pista sulla Honda RA618H, ha scoperto che era decisamente un’altra monoposto rispetto a quella precedente, con un propulsore completamente diverso. Honda ha continuato a utilizzare lo stesso sistema di un turbocompressore a ripartizione, azionato da un albero motore, che era stato utilizzato con successo da Mercedes fin dall’inizio della formula turbo-ibrido nel 2014. L’assemblaggio del propulsore è stato però affinato, con l’arretramento del blocco motore sul telaio per consentire l’installazione del compressore della turbina davanti al blocco dei cilindri, a causa dell’estremità posteriore meno voluminosa della power unit. In questo modo è stato ottenuto un leggero vantaggio aerodinamico nella sagomatura del cofano motore e nella pulizia del flusso d’aria prima che questa raggiungesse l’ala posteriore.

 

Durate la stagione 2018 vi sono state diverse riunioni a cui hanno partecipato Honda, Toro Rosso e gli ingegneri di Red Bull Technology. Le prestazioni della scuderia Toro Rosso sono state talmente valide da convincere Red Bull ad estendere la partnership con Honda anche nel 2019. Più di ogni altra cosa, la Red Bull era rimasta particolarmente colpita dal fatto che nel 2018 gli ingegneri della Toro Rosso erano stati stimolati dalla volontà di Honda di lavorare a stretto contatto, realmente fianco a fianco, sviluppando i miglioramenti aerodinamici della monoposto come un unico team di progettazione.

 

C’era un altro punto a favore: il propulsore RA619H era sostanzialmente molto simile allo RA618H e persino allo RA617H del 2017, il che facilitava un’efficace integrazione del motore nel telaio della Red Bull RB15. Pienamente coinvolto e messo al corrente di tutte le informazioni necessarie, il Team Principal Christian Horner fu davvero entusiasta di ciò che aveva visto e dichiarò che il processo di integrazione era il migliore che la scuderia avesse mai messo in atto. Non stava affatto esagerando. Nelle diverse interviste, Horner amava raccontare che i suoi ingegneri erano felici di collaborare per la prima volta con un vero partner tecnologico e non con un mero fornitore di motori.

 

Già nel 2018 la Toro Rosso notò che la power unit Honda RA618H era ragionevolmente potente; anche il pilota Pierre Gasly si disse molto soddisfatto delle sue prestazioni. Quando nell’inverno 2018/19, per la prima volta, la RA619H ha sfoggiato i suoi numeri al dinamometro interno, fu subito chiaro che le prestazioni sarebbero state promettenti. Horner fu didascalico ma efficace: “Va come un razzo!”

 

Max Verstappen ha provato per la prima volta la power unit RA619H sulla Red Bull RB15 nei test di Barcellona, dichiarandosi estremamente entusiasta delle sue prestazioni. Disse che era indubbiamente molto più potente rispetto al 2018, e che il picco della potenza non era ancora stato raggiunto. Non solo, anche l’erogazione di potenza era stata migliorata, agevolando scalate di marcia più fluide che hanno contribuito a rendere la vettura più stabile in frenata, in discesa e in curva.

 

Il Gran Premio d’Australia corso a Melbourne, prima gara della stagione, aveva mostrato un lieve deficit rispetto alle vetture Mercedes e Ferrari in termini di potenza massima, colmato però nel corso della stagione quando furono introdotte tre diverse evoluzioni della power unit, ognuna delle quali presentava una novità. Non a caso, a metà stagione, Verstappen dichiarò che si erano raggiunti i livelli prestazionali della Mercedes. Quando sul circuito di Città del Messico si dovettero affrontare i problemi legati all’altitudine, con il tracciato a 2.240 m sul livello del mare, sembrò addirittura che avessero più potenza dei loro rivali.

 

Al GP di Spagna, un alettone anteriore e le piastre terminali rivisitate migliorarono l’equilibrio della vettura, e poi una serie di ulteriori aggiornamenti più piccoli ma critici in Canada, Francia e Austria perfezionarono il tutto fino a raggiungere un passo altamente competitivo. Gradualmente, con il miglioramento dell’affidabilità del motore, i piloti sono stati in grado di spingere i motori più forte sia in qualifica che in gara.

 

Lo sviluppo della power unit e del telaio giunse al culmine, dando finalmente i frutti sperati, quando Verstappen vinse il Gran Premio d’Austria, in casa Red Bull, in una gara cardiopalma, riportando per la prima volta Honda sul podio della F1 dalla gara del 2006 Ungheria. Due gare dopo, la scena si è ripetuta in Germania, con una brillante vittoria sotto la pioggia della Red Bull, in una gara contrassegnata dalle numerose uscite di pista dei suoi rivali. Red Bull, Toro Rosso e Honda hanno continuato a progredire per il resto della stagione, ma è stato verso la parte finale dell’anno che la partnership ha davvero brillato. Verstappen, Red Bull e Honda sono stati fortemente competitivi e hanno goduto di una delle più sensazionali vittorie in Brasile, dominando il circuito di Interlagos.

 

Così, alla fine, come i più esperti di questo mondo avevano previsto, Honda non solo è tornata ad essere competitiva nel corso del 2019 ma è salita anche sul gradino più alto del podio. E non una, ma per ben tre volte. L’”olandese volante”, Max Verstappen, si è piazzato al terzo posto nel campionato del mondo, dietro al duo Mercedes Hamilton-Bottas. Anche Toro Rosso ha mostrato un’enorme forza di volontà nello spingersi al di là dei propri limiti, come testimonia il terzo posto di Daniil Kvyat in Germania e la seconda posizione di Pierre Gasly in Brasile, dove Honda è salita sui due gradini più alti del podio. Se non fosse stato per un incidente tra Alex Albon e Lewis Hamilton nelle curve finali, il podio sarebbe stato occupato interamente da piloti Honda”.
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STORIE ALFA ROMEO, 110 ANNI SUL WEB

(22/4/2020) – Il 24 giugno, l’Alfa Romeo taglierà un prestigioso traguardo: il Biscione festeggerà un compleanno speciale: 110 anni di vita. Una lunga storiacontraddistinta da innovazioni tecnologiche, successi sportivi e memorabili creazioni su quattro ruote. Messi in stand by gli eventi, in tempi di coronavirus è il web a prendersi l’incarico di narrare l’avventura. E stata infatti varata “Storie Alfa Romeo”, una collana web dedicata a tutti gli appassionati di automobili e Alfisti in particolare. “Storie Alfa Romeo” racconterà curiosità, costume, fatti correlati allo sviluppo del Marchio, e a quello storico e sociale d’Italia, attraverso i suoi modelli più famosi, accompagnati da foto d’archivio e dalle immagini delle vetture ospitate dal Museo Storico Alfa Romeo di Arese.
Di puntata in puntata, le “Storie Alfa Romeo” permetteranno di incontrare piloti e divi, tecnici e stilisti, celebrità e semplici appassionati: i protagonisti della leggenda Alfa Romeo. Sarà dunque possibile andare alla scoperta delle radici di Alfa Romeo e dell’intreccio di legami con Londra, Bordeaux e Napoli che hanno dato al Marchio una dimensione internazionale sin dalle origini. La “puntata” iniziale parla della prima vettura prodotta, la 24 HP progettata da Giuseppe Merosinella sua casa milanese di via Cappuccio ancor prima che il 24 giugno 1910 venisse registrata a Milano la ragione sociale A.L.F.A. (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili). Naturalmente non mancherà l’occasione per rivivere le origini del mito sportivo Alfa Romeo: dal debutto nelle corse nel 1911 alla prima vittoria nella Targa Florio, atto di nascita del leggendario Quadrifoglio.

GIUSEPPE MEROSI
LO STABILIMENTO DEL PORTELLO


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ZAKSPEED, 35 ANNI FA IL DEBUTTO IN F1

(21/4/2020)Gran Premio del Portogallo 1985, 21 aprile, seconda prova del campionato mondiale F1: tra le 26 monoposto in lizza, in terra lusitana 35 anni si registra il debutto della Zakspeed. Il Team tedesco capitanato da Erik Zakowsky, che rinnovava nella massima formula la presenza teutonica dopo la recente esperienza ATS by Gunther Schmidt, aveva preso una decisione doppiamente coraggiosa. Con questa sfida metteva infatti in gioco il suo grande patrimonio di credibilità, guadagnato grazie ai successi nel Turismo tedesco e alla elaborazione della mitica Ford Capri Gruppo 5 (ma anche delle Escort), e inoltre la si avventurava nella totale costruzione autonoma della monoposto modello 841, motore compreso! Questo, nonostante il forte rapporto che legava Zakowsky alla Casa americana che lasciava pensare all’utilizzo di un Cosworth.

PRIMO GP, PRIMO RITIRO – Nel week end concluso con la prima vittoria di Ayrton Senna sotto la pioggia all’Estoril, il pilota designato a Johnatan Palmer riuscì a spuntare il 23° tempo in qualifica ma fu costretto al ritiro dopo appena due giri per un problema alla sospensione. Da lì, quella stagione, altre sette partecipazioni costellate però da ben sei ritiri e un 11° posto a Montecarlo. La Zakspeed, sponsorizzata West, è andata avanti con molta tenacia per altre quattro stagioni, fino al molto negativo 1989, ma senza gloria. Solo nel 1987 uno sprazzo di competitività anche per l’apporto di due forti piloti come Martin Brundle e Christian Danner. Grazie ad un quinto posto a Imola (Vedi link), l’inglese coglierà infatti quelli che saranno gli unici punti conquistati dal Team tedesco in tutta l’avventura F1 (conclusa con il passaggio al motore Yamaha).
https://motor-chicche.blogspot.com/2017/05/flashback-gp-s-marino-1987-zakspeed.html

LA ZAKSPEED OGGI – Nel 2018 la Zakspeed ha celebrato il 50° anniversario di fondazione. Resta uno dei team di maggior successo grazie a 480 vittorie conquistate in 22 campionati nazionali e internazionali, con particolare sfolgoro nelle serie ITC e DTM. Da ricordare inoltre i grandi successi alla 24 Ore del Nurburgring (1999-2001-2001) con la Chrysler Viper e l’impegno negli ADAc GT Masters dal 2014. Attività che, Coronavirus permettendo, ancora prosegue nel 2020, oltre alla partecipazione alla GT Winter Series e al restauro di veicoli storici e il loro utilizzo in gara.


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F1 2010-2013, QUANDO LA MERCEDES NON VINCEVA

2010, LA MERCEDES TORNA IN F1
(20/4/2020) – La F1 ci crede: prima o poi le luci rosse si spegneranno e il campionato 2020, per quanto in formato ridotto, avrà inizio. Favorita d’obbligo, la Mercedes. Sembra ieri, ma sono trascorsi 10 anni dal ritorno delle frecce d’argento in Formula 1,56 anni dopo il ritiro annunciato nel 1955 a seguito della tragedia alla 24 Ore di Le Mans. Era il 2010 e la strada verso il predominio nella massima formula, ora si fa fatica a pensarlo, è stata molto in salita, nonostante il clamoroso ingaggio iniziale di un certo Michael Schumacher. Sì, per quattro anni anche la oggi invincibile Mercedes ha dovuto chinare il…musetto alla Red Bull e non solo. Videro la luce infatti monoposto difficili da assettare, con pneumatici posteriori in preda a rapido e inspiegabile deterioramento. Nello stesso tempo va detto che, nonostante momenti di scoramento e forte crisi interna, si decise a buona ragione di perseverare per diventare infine la regina degli anni ibridi. Ma facciamo un veloce excursus di quelle quattro stagioni di apprendistato, 2010-2013.

Dopo aver rilevato il materiale e la sede della Brown Gp, nel 2009 campione a sorpresa con Button e a sua volta nata dalle ceneri della Honda in ritirata, nel 2010 la Mercedes si presenta ai nastri di partenza del campionato senza più rifornimenti e che vede Alonso approdare alla Ferrari. I tedeschi calano l’asso: dopo tre anni di assenza dal Circus, uno Schumacher di nuovo voglioso di riaffermare la sua classe a 41 anni di età prende posto in una delle due W01 col classico casco rosso. L’altro pilota è Nico Rosberg. Team principal rimane Ross Brawn, affiancato dal mitico Norbert Haug quale manager Mercedes; progettista è Jorg Zander, aerodinamico Loic Bigois, responsabile motori Thomas Fuhr. Il risultato finale è alquanto deludente: Rosberg 7°, Schumi 9°, Mercedes quarta in classifica costruttori dietro Red Bull, Ferrari e Mc Laren.

Nel 2011, si passa agli pneumatici Pirelli e viene introdotto il DRS. Dalla Renault approda il tecnico Bob Bell, la nuova monoposto è la W02 ma Schumacher è già molto realista: “Spero di vincere almeno un Gran premio”, dice cauto sulle prospettive. La stagione registra un leggero miglioramento con Kaiser Schumi buon quarto in Canada e in pole a Montecarlo – viene però retrocesso per scontare una precedente penalizzazione – ma molto più sistematicamente sopravanzato dal giovane Rosberg. In ogni caso, a conti fatti, le posizioni finali non cambiano con Nico 8° e Michael 9°; Mercedes quarta sempre dietro i soliti Team.
LA MERCEDES W03 DEL 2012
Il 2012 è l’anno più difficile ma anche quello che getta le basi migliori. Intanto cambia la denominazione e cioè Mercedes AMG Petronas F1, arrivano  Aldo Costa, allontanato dalla Ferrari, e il telaista Geoff Willis, Direttore di fabbrica; alle strategie Rob Thomas. L’inizio è però ancora stentato tanto da provocare la ”ribellione” del Consiglio di Amministrazione di Stoccarda che mette Dieter Zeitsche sul banco degli accusati e preme per il ritiro. Mentre tutto sembra crollare, arriva la prima vittoria in Cina grazie a Rosberg che poi è secondo a Montecarlo mentre Schumacher sale sul podio a Valencia (terzo). Ma sono fuochi di paglia. Alla fine, Rosberg è 9° e Schumacher desolatamente 13°. In classifica Costruttori, la Mercedes finisce quinta, dietro pure alla Lotus arricchita dai punti del redivivo Raikkonen. Cambia tutto o quasi: si insedia quale Presidente non esecutivo, Niki Lauda, ed è abile e fulminea la sua prima mossa: convince Lewis Hamilton a lasciare Ron Dennis e la Mc Laren. Sull’altare del sacrificio, invece, finisce abbastanza tristemente la leggenda Schumacher (che avrebbe voluto continuare).

Il 2013, con la W04, è l’anno-trampolino di lancio. Oltre Lauda, acquista una partecipazione azionaria e prende il timone di comando Toto Wolff; Andy Cowell diventa responsabile del reparto motori. Rosberg vince due Gp e Hamilton uno, più altri podi. Il tedesco figlio d’arte alla fine è 6°, Hamilton 4°. E’ una musica già diversa, in classifica Costruttori viene occupato il secondo gradino ma la Red Bull rimane insuperabile. Ma a Brackley e soprattutto a Stoccarda si sta lavorando sul motore ibrido 6 cilindri  che dal 2014 equipaggerà le nuove F1 (qualcuno insinua che gli studi sono cominciati molto tempo prima…). Da quel momento fino ad oggi non ce ne è più per nessuno. Le frecce d’argento son tornate. In attesa di conoscere, auspicabilmente, il responso 2020.

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PATRESE 66 ANNI, IL FIGLIO LORENZO SULLE SUE ORME

(17/4/2020) – Oggi Riccardo Patresecompie 66 anni. Tanti auguri di buon compleanno al grande pilota veneto che, unico insieme a Michele Alboreto, è arrivato ad un passo dall’emulare Alberto Ascari e vincere il campionato mondiale di F1 riportando nell’albo d’oro il nome di un italiano che manca dal 1953… Purtroppo, anche per la “politica” di team – vedi Williams ai tempi di Mansell – non ci è riuscito, né gli è riuscito il colpaccio di andare in Ferrari. E’ stato vicinissimo alla Scuderia di Maranello in due occasioni: nel 1978 godeva di una opzione, poi non esercitata, firmata dopo l’exploit al GP del Sudafrica ad un anno dal debutto (Montecarlo 1977). Nel 1990 era parte del clamoroso progetto dell’allora DS ferrarista Cesare Fiorio di rifondare il parco piloti 1991 con Ayrton Senna e lui, dato che Prost, appena sbarcato a Maranello, mai avrebbe accettato una nuova convivenza con il nemico di pista giurato. Anche in questo caso, però, diatribe interne della Ferrari fecero saltare tutto e il sogno di rivedere un italiano in Ferrari svanì piuttosto miseramente.
FINE ANNI ’70: DUELLO IN PISTA PATRESE-CHEEVER

PATRESE, MISSION LORENZO -Oggi Patrese ha una mission: seguire e lanciare nel motorsport il figlio Lorenzo. Il ragazzo, uno dei suoi cinque figli (due matrimoni), è attivo già da qualche anno nel karting ed è emozionante vedere in pista il famoso casco bianco a bande orizzontali che indossava il celebre padre. Lorenzo ce la sta mettendo tutta e i consigli di papà Riccardo, campione del mondo kart nel 1974, sono preziosissimi. Emergere è difficilissimo perché la concorrenza è davvero tanta e qualificata ma conviene non scoraggiarsi. Prima della forzata sosta per il Coronavirus era impegnato nella WSK Super Masters. L’anno scorso ha preso parte al primo stage valutativo ACISport per il karting. Con lui c’erano altri tre piloti figli d’arte, ovvero Brando Badoer (figlio di Luca Badoer), Davide Larini (figlio di Nicola Larini), ed Enzo Trulli (figlio di Jarno Trulli). Lo stage consisteva in test di messa a punto del mezzo e simulazioni di gara, con prove libere, qualifiche e due manche. Larini era in pista con un kart di 60 centimetri cubi di cilindrata, mentre Patrese, Trulli e Badoer avevano dei 125, tutti monomarcia. Sempre l’anno scorso, poi, Lorenzo si è cimentato ad Adria in una prima presa di contatto al volante di una Seat Ibiza Cup! Insomma, l’apprendistato continua e il nome che porta è di quelli pesanti. Non resta che fare gli auguri a tutti e due!


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F1 2020 – 2021: E’ ANNO ZERO!

(15/4/2020) – Per la Formula 1 il 2020 è davvero l’anno zero: le ultime news confermano che il campionato è fermo sulla griglia di partenza, ma il fatto è che tante certezze e solidi pilastri di settimana in settimana sembrano venir meno a causa dell’imperversare della pandemia da Coronavirus. Da ultimo ci si è messo pure l’ex presidente FIA Max Mosley – che lo scorso 13 aprile ha compiuto 80 anni – il quale non ha più dubbi: il mondiale 2020 va annullato. Curiosamente, la stessa posizione di Bernie Ecclestone, l’ex Padrino della F1 col quale, negli anni ‘70 e ‘80, aveva formato la coppia chiamata “il gatto e la volpe”.

CALENDARIO F1 SEMPRE IN FORSE – Ebbene, per il predecessore di Todt, “L’attesa rischia di peggiorare le cose senza avere alcuna certezza di guadagno. Non vi è alcuna garanzia che le competizioni possano ricominciare a luglio, anzi, in realtà sembra sempre più improbabile“. Con il definitivo sciogliete le righe, sempre secondo Mosley, ci sarebbe il tempo e la possibilità di riorganizzare un po’ tutto e ripartire da “basi finanziarie più solide”. Effettivamente, il GP di Francia del 28 giugno è in bilico per la decisione del Presidente Macron di sospendere tutti gli eventi pubblici fino a metà luglio mentre il GP d’Austria del 5 luglio gode del favore del Ministro dello Sport Kogler, anche se l’ultima parola spetta ad altri organi. Comunque tanti dubbi, non ultimo l’evoluzione del virus in Gran Bretagna – attualmente sta picchiando duro, Primo Ministro compreso – dove risiedono quasi tutti i Team che sarebbe ben difficile far sbarcare in massa in terra straniera. In Olanda, se si dovesse recuperare, ritengono poi impensabile far svolgere la corsa – nata per creare un vero movimento di popolo a favore dell’idolo locale Verstappen – a porte chiuse. Da Monza, in programma a settembre, arrivano notizie di biglietti venduti a spron battuto. Insomma, un bel rompicapo ma senza un deciso appiattimento della famosa curva dei contagi ogni ottimismo sembra destinato ad affievolirsi.

F1, BUDGET CAP DELLA DISCORDIA – Nel contempo, monta la polemica sul budget cap. Per non gravare troppo sui bilanci, il debutto delle nuove monoposto è stato posticipato al 2022 ma il limite di 175 milioni di dollari non va bene alla Ferrari (e alla Mercedes) che ha proposto di parametrarne la riduzione a seconda dei budget stanziati: un tot ciascuno. Insomma un taglio lineare apportato sulla situazione attuale, senza uniformare grandi e piccoli team. Piccoli team che sono in sofferenza. Vasseur, team principal Alfa Romeo Racing, ha già fatto sapere che un calendario serrato sarebbe insostenibile visti i mancati introiti che questa stagione fatalmente comporta. La Haas aveva già espresso dubbi circa la sua permanenza nel Circus e la Williams, in cronica mancanza di capitali, ora affida la sua salvezza a papà Latifi. Ma è un problema anche dei grandi: Abyteboul, TP Renault, ha dichiarato che il rischio addio della casa francese è reale (l’1 luglio entra in carica il nuovo patron De Meo): “Questa è una grande prova per il modello economico della F1, un’occasione per cambiarlo e garantire a tutti un futuro sostenibile”. Vedremo. Intanto, anche i piloti, come nel calcio, vengono chiamati a rapporto dai rispettivi Team per ridiscutere gli ingaggi a fronte del forzato diminuito impegno in pista. Tale discussione, non semplice come può sembrare, si innesta tra l’altro nel vortice dei rinnovi dei contratti in scadenza di tipi come Hamilton, Vettel e Ricciardo e non è assolutamente da escludere che nasca il “pretesto” per clamorosi cambi di casacca.
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LA MORTE DI STIRLING MOSS, CAMPIONE PER SEMPRE

(14/4/2020)– La notizia della morte di Stirling Moss, nel giorno di Pasqua, continua ad aleggiare sul mondo del motorsport. Aprile, evidentemente, è il mese del destino del grande, forte pilota inglese che a 90 anni era l’ultima icona vivente dell’automobilismo eroico degli anni ’50 e ’60. Il giorno di Pasquetta del 1962 – era il 23 aprile – l’incidente a Goodwood che pose fine alla sua carriera; domenica 12 l’ultimo giorno terreno dopo una lunga degenza. “Ha semplicemente chiuso gli occhi”, ha detto la moglie Suzie che lo ha accudito fino all’ultimo. Da qualche tempo, Sir Stirling – era anche Ufficiale dell’Ordine dell’ Impero britannico – aveva dovuto sospendere le sue frequenti apparizioni pubbliche. Era richiestissimo. READ MORE



NATO PER LE CORSE – Moss e le corse erano un tutt’uno. C’è poco da fare: era nato per quello. Non aveva nemmeno 18 anni quando, immediato dopoguerra, era già in gara  a Poole, sulla Manica, al volante di una Frazer Nash del padre Alfred che sarà suo primo sostenitore. Nel 1951 è in Formula 1 con la HWM. L’inizio di un lungo viaggio nella massima formula costellato da 16 vittorie che l’ha consacrato tra i grandissimi nonostante non abbia mai vinto il titolo mondiale. L’etichetta di “Re senza corona” o di “eterno secondo”, posizione guadagnata tra il 1955 e il 1958, non gli dava fastidio. Anzi, diceva che avrebbe contribuito ad alimentare per sempre il suo mito. Sulla strada del successo aveva trovato un mostro sacro come Fangio, ma tra i due il rispetto è sempre stato massimo. Altri tempi. Ha corso e vinto un po’ dappertutto, Mille Miglia del 1955 compresa. Il suo profondo sentirsi britannico  lo ha portato a prediligere la Cooper, Vanwall, e  Lotus (suo il primo successo della macchina di Chapman nel 1960 a Monaco)  – la scuderia di Rob Walker – ma con la Maserati 250F e la Mercedes W196 ha costituito binomi di grande potenza. La Mercedes gli ha dedicato il modello SLR Mc Laren.
MOSS E LA FERRARI –  E la Ferrari? Il Drake lo paragonò a Tazio Nuvolari: quale riconoscimento più grande? Nel 1951 i due furono però protagonisti di uno screzio: il giovanissimo Stirling si recò a Bari per la disputa del Gran Premio non titolato ma la Ferrari promessa, con suo enorme disappunto, venne affidata a Taruffi. Uno sgarbo. Col tempo venne la ricomposizione e senza l’incidente di Goodwood le strade si sarebbero certamente incrociate (vittorie nel Tourist Trophy a parte). “A Maranello – ricorda Piero Ferrari – stavamo approntando per lui una 250 SWB color verde british e un contratto da pilota ufficiale ma il destino ha voluto diversamente…”. Tanto l’amore per le corse che nel 1980 tornò in coppia con Martin Brundle nel BTCC al volante di un’Audi 80 del Team di Richard Loyd. Nel 2011 prese parte alla Le Mans Classic ma proprio quell’evento lo convinse ad attaccare una volta per tutte il casco al chiodo. Per la prima volta aveva provato paura, ammise. Il suo nome e la sua immagine gli diedero da vivere, invitato ad ogni sorta di rievocazione e  celebrazione, oltre all’attività di commentatore TV. Il cordoglio è mondiale, il rispetto per questo asso del volante è assoluto.

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FLAVIO BRIATORE 70 ANNI, IN F1 AMATO E ODIATO

(10/4/2010) – Domenica 12 aprile Flavio Briatore compie 70 anni. Il Geometra di Verzuolo si è ritagliato una fetta di storia della Formula 1: c’è a chi piace, c’è a chi non piace affatto ma i suoi metodi hanno prodotto risultati (titoli mondiali 1994-1995 con la Benetton; 2005-2006 con la Renault). Con molti piloti ha litigato di brutto (Moreno, Alesi, Trulli), con altri ha creato binomi di assoluta redditività (Schumacher, Alonso). Dai grandi boss della F1 era visto con una certa ammirazione (Ecclestone) o con assoluto disprezzo (Mosley). Insomma, capite, un personaggio dalle mille sfaccettature che vado a riassumere con le sue stesse parole a seconda dei momenti più eclatanti nei quali è stato coinvolto. READ MORE




BRIATORE & MICHAEL SCHUMACHERSchumacher era uno dei tre o quattro piloti che avevo nella mia lista. C’era Wendlinger, c’era Frentzen, e c’era anche Schumacher. Di Michael mi affascinava il cognome, io sono appassionato di calcio, e Schumacher era il portiere della Germania

 

– Anche Senna era contro di me, sempre perché Moreno era brasiliano. Bernie Ecclestone non aveva idea di chi fosse Michael Schumacher. Nessuno era convinto della scelta di Michael, mi dicevano che era troppo giovane, troppo questo, troppo quello. Io ero molto determinato, tutti erano dubbiosi. Dissi a Luciano Benetton che averlo in squadra era l’unico modo per noi di vincere un campionato.

 

– La verità è che non avevamo i soldi per firmare con un buon pilota, un campione del mondo o una stella. Tutti ridevano di noi, ecco perché dovevamo cercare un talento.

 

– Michael fu il primo ad avere uno specifico approccio fisico allo sport, così feci fare una palestra in fabbrica. Non mollava e non si lamentava mai: se c’era qualche problema, lavorava ore per risolverlo. Nessuno aveva mai visto un comportamento simile prima. Noi avevamo un ottimo rapporto, anche se litigavamo spesso. Nessuno credeva in lui perchè era troppo giovane, ma io lo feci ed ebbi ragione.

 

BRIATORE & ALONSOAll’epoca Renault aveva rilevato il team, che era diventato molto grande, con circa 350 dipendenti. Presi un rischio, ma dovevo farlo. Avevamo i migliori ingegneri, con molta esperienza. Alonso  era in Minardi, ma aveva un contratto con me che ero il suo manager. Capii che era speciale quando parlai con Giancarlo Minardi. All’epoca avevo in squadra Button, l’eroe degli inglesi. Renault non era contenta di venderlo perchè aveva un grande mercato in Inghilterra, ma li convinsiFernando andò subito fortissimo, Pat Symonds mi disse subito che era un fenomeno.

 

BRIATORE & LA FERRARI La Ferrari  mi cercò la prima volta tra il 1994 e il 1995. Parlai seriamente con Umberto Agnelli, ma ero troppo impegnato con la Benetton con la quale avevo anche una partecipazione del 30%. Poi ho parlato con Montezemolo quando era presidente, ma non abbiamo trovato la quadra.












-Leclerc è veramente fortissimo, con due gran palle e lo sta dimostrando Se fossi stato in Ferrari avrei corso il rischio, prendendolo immediatamente al posto di Raikkonen, con Kimi si sa che non si va da nessuna parte

 

– Alonso alla Ferrari? Se vogliono vincere si. Se nel 2018 ci fosse stato Alonso, la Ferrari avrebbe vinto il Mondiale

 

– Sono sicuro che Vettel non sia un pilota finito, ma solo disorientato. Ha tutto per ritrovare la giusta concentrazione e recuperare il tempo perduto. A mio parere la Ferrari ha avuto la macchina migliore, ma sia la squadra che Sebastian hanno commesso degli errori e si sono persi. Lui è il primo nemico di se stesso

 

BRIATORE, MAX MOSLEY & il CRASHGATE Qualcuno mi ha odiato tutta la vita come Mosley, l’ ex presidente della Fia.

 

– Mi hanno incolpato di tutto, ma poi sono stato riabilitato da un Tribunale di Parigi. In F1, che per me era un prodotto come un altro, un business, mi hanno fatto la guerra tutti.

 

BRIATORE & ALESI – (GP Italia 2001, post Twin Towers e incidente di Zanardi, i piloti pensano di partire senza sorpassi. Briatore non è d’accordo) ALESI: Mi stupisco che personaggi così possano essere alla Renault. BRIATORE: Per fortuna che Alesi è l’ultimo anno che corre in Formula 1.

 

BRIATORE & TRULLIIo ho dovuto cacciare Trulli per rispetto nei confronti della mia gente. Nel Team ciascuno dà il 100% e se un pilota arriva senza più voglia, da noi non ha più niente da chiedere. Io guardo solo le prestazioni: non erano più sufficienti, quindi via!