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CALENDARIO F1 STRAVOLTO

(13/3/2020) – Incredibile ma vero: la F1 si ferma. In Australia non si corre, il calendario 2020 è stravolto. Ci sono volute ore di incontri e riunioni per prendere una decisione che altre Organizzazioni sportive hanno assunto molto più rapidamente: il rischio contagio da Coronavirus e quindi il rischio salute di tutti gli addetti del Circus, nessuno escluso, e del pubblico è più forte del comprensibile desiderio di andare avanti, a maggior ragione una volta già sbarcati in una delle destinazioni più lontane del campionato. Ma è occorso il primo caso tra le fila della Mc Laren per far deflagrare la bolla nella quale la F1 si era rinchiusa, tra la clamorosa avversione dei top drivers allo svolgimento della manifestazione ormai divenuta pericolosa e paradossale e i lunghi tentennamenti di chi ha la responsabilità di guidare il super carrozzone rombante. C’erano da valutare molti interessi e da raccogliere diversi pareri – Ross Brawn ha detto che la F1 non  è regime autocratico – e il fuso orario ha reso più complicate le necessarie consultazioni anche con la FIA. Comprensibile, ma alla fine, solo alla fine – pare che Red Bull, Alpha Tauri e Racing Point fossero per la continuazione – ha vinto il realismo: impossibile proseguire contro la pandemia certificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, contro le ultime notizie “australiane” (il componente del Team Mc Laren, Tom Hanks e signora), contro il sentimento generale che, in tutto il mondo, sta mettendo la salute e la vita davanti a tutto. Il boss di Liberty Media, Chase Carey, ha dichiarato che il quadro della situazione per il quale la F1 aveva deciso di portare armi e bagagli a Melbourne è mutato drasticamente negli ultimi giorni. Cosa succederà adesso? Tranquilli, la F1 sopravviverà. Molti accordi economici salteranno ma si troverà una nuova composizione. D’altronde, ormai, non si stracciano bellamente tanto di contratti debitamente sottoscritti? C’è lavoro per gli studi legali tra penali, concordati e ogni sorta di agreement che sanano tutto, tranquilli.

NUOVE DATE, AGOSTO E DICEMBRE COMPRESI – Ora parliamo da appassionati coscienziosi. Appurato e deciso che non si poteva altro, è certamente un vero peccato che non si corra. Il mondiale 2020, tra l’atro proprio quello del 70°, nasce sotto una cattiva stella ma ci sono tutte le possibilità e le risorse affinchè si abbia un esito sportivo sufficiente per decretare i nuovi campioni. Certo, tutto dipende dall’evoluzione della pandemia da Covid-19 ma se le azioni di salvaguardia intraprese dalle Nazioni – chi più, chi meno per la verità – dovessero raggiungere l’obiettivo di contenere e poi debellare la circolazione del virus è plausibile pensare, e si comincia già a parlarne, ad un posticipo dell’inizio campionato non più a maggio, precisamente al Gp d’Olanda previsto il 3 di quel mese, ma addirittura al 7 giugno in Azerbaijan (piccola possibilità, forse, per Montecarlo il 24 maggio). Dopo lo stop già decretato per il GP di Cina e l’annullamento di quello di Australia, ne farebbero le spese anche le date fissate per il Gp del Barhain (22 marzo), del Vietnam (5 aprile) e di Spagna, primo appuntamento europeo, il 10 maggio. Sembra difficile, se non impossibile, poter recuperare tutto ma per limitare i danni sul tavolo ci sono l’utilizzo del mese di agosto, ormai dedicato alle ferie di tutto il personale F1, e il protrarsi del campionato quasi fin sotto Natale! (d’altronde l’anno scorso si è corso l’1 dicembre). E’ una situazione mai vissuta – a Monza, dopo l’attacco alle TwinTowers di New York nel 2001, ci fu una riflessione sulla opportunità o meno di correre – dopo e in continua evoluzione, speriamo solo che presto sia anche lo sport e la F1 in pista a far capire che il peggio è passato.
Il calendario F1 2020

15 marzo: Australia (Melbourne) XX
22 marzo: Bahrain (Sakhir) ?
5 aprile: Vietnam (Hanoi) ?
19 aprile: Cina (Shanghai) XX
3 maggio: Olanda (Zandvoort)
10 maggio: Spagna (Montmelò)
24 maggio: Monaco (Montecarlo)
7 giugno: Azerbaijan (Baku)
14 giugno: Canada (Montreal)
28 giugno: Francia (Le Castellet)
5 luglio: Austria (Zeltweg)
19 luglio: Gran Bretagna (Silverstone)
2 agosto: Ungheria (Budapest)
30 agosto: Belgio (Spa)
6 settembre: Italia (Monza)
20 settembre: Singapore (Singapore)
27 settembre: Russia (Sochi)
11 ottobre: Giappone (Suzuka)
25 ottobre: Stati Uniti (Austin)
1 novembre: Messico (Città del Messico) 
15 novembre: Brasile (Interlagos)
29 novembre: Abu Dhabi (Abu Dhabi)

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F1 IN AUSTRALIA NONOSTANTE COVID 19: PILOTI CONTRARI MA…

(12/3/2020) – Sì, la F1 regolarmente in Australia in tempi di coronavirus Covid 19 è un grandissimo azzardo. il ritiro – choc annunciato dalla Mc Laren ne è la prova più evidente. I piloti più rappresentativi, dal pluri-titolato Hamilton al decano Raikkonen, hanno chiaramente espresso il loro pensiero nel corso della prima conferenza stampa: “Non dovremmo essere qui”. Vettel, più cauto, ha detto che occorre essere pronti a “tirare il freno a mano”. La notizia della pandemia dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della sanità, di ben 5 casi sospetti tra il personale delle scuderie sbarcate agli Antipodi (Haas, Mc Laren) e, in ultimo, della positività al Coronavirus della star di Hollywood Tom Hanks e di sua moglie Rita Wilson, entrambi in Australia (!), confermano quanto la massima precauzione dovrebbe essere oggi l’unica cosa da mettere in pista. Invece, come ha sottolineato Hamilton, a Melbourne tutto sembra procedere come se nulla fosse, in una inevitabile quanto più che preoccupante promiscuità. Per cosa? Unicamente per il “Re denaro”, ha detto ancora senza troppi giri di parole il numero uno della Mercedes.
F1 SI’, MOTOGP NO: PARADOSSALE – Così sembra che quelli della MotoGp che hanno annullato tutto e arrivederci, se tutto va bene, a maggio, sono impazziti e quelli della Formula 1 invece godono di una qualche divina immunità e possono andare avanti. Veramente paradossale. In Italia, il calcio ha deciso di andare avanti fino all’imposizione del blocco e oggi il calciatore della Juventus Rugani, lo scorso fine settimana impegnato nel big match contro l’Inter, ha annunciato di essere risultato positivo al tampone. Insomma, questo virus è subdolo e non risparmia niente e nessuno. “Spero solo che alla fine del week end non ci siano brutte notizie”, ha concluso Hamilton al quale va indubbiamente il riconoscimento della ragionevolezza.
I PILOTI DOVREBBERO RIBELLARSI? – Sarebbe bello ma queste rivolte in F1 hanno avuto sempre vita difficile, sia per gli enormi interessi in gioco sia per la mancata unità tra i drivers stessi. Basta ricordare il confusionario ammutinamento di Kyalami 1982 a fronte dell’ambiguo diktat della FISA sul rilascio delle Superlicenze quando molti piloti vennero palesemente minacciati dai propri Team principal. O l’accordo farlocco del Fuji 1976, teatro della sfida finale tra Lauda e Hunt, quando, davanti all’evidenza di una pista allagata all’inverosimile, i piloti per la maggiore avrebbero dovuto fermarsi ai box dopo pochi giri. Come noto, la cosa non avvenne come pure, quell’anno, non fu trovato accordo per abbandonare l’ormai troppo pericoloso circuito del Nurburgring e ne fece le spese il povero Lauda. Nel 1975, Emerson Fittipaldi fu l’unico a disertare il Gran Premio di Spagna in programma al Montjiuch, circuito cittadino con  i guard-rails cadenti. Quella domenica, tra l’altro, la monoposto di Stommelen, perso l’alettone, piombò tra la folla facendo morti e feriti. Solo qualche esempio, per capire quanta strada ci sia da fare anche in Formula 1 per mettere sempre al primo posto ben altri valori.
LA RIVOLTA DEI PILOTI IN SUD AFRICA NEL 1982

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SENNA – ALESI, CHE DUELLO 30 ANNI FA A PHOENIX!

(11/3/2020) – Per gasarci un po’ in vista del Gran Premio d’Australia 2020, possiamo tornare indietro di 30 anni fa esatti e cioè alla gara inaugurale del campionato di F1 che si disputò a Phoenix l’11 marzo 1990. Ricordate l’elettrizzante duello tra il grande Senna e il giovane Jean Alesi? Ecco il video riproposto da YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=4Oh1OVW56kE
Come andarono le cose? La griglia di partenza della gara cittadina americana venne stravolta dalle bizze del meteo che rese praticamente nulle le qualifiche decisive del sabato e costrinse a far riferimento alla graduatoria delle prove libere del venerdì. Complici anche gli più performanti pneumatici Pirelli, leggete che rivoluzione: in pole ci andò Berger su Mc Laren Honda – l’ex ferrarista era all’esordio come compagno di squadra di Senna – seguito niente meno che da Pierluigi Martini su Minardi! Non finisce qui: in seconda fila c’erano De Cesaris sulla Dallara della Scuderia Italia e, appunto, Jean Alesi approdato già l’anno prima alla Tyrrell in sostituzione del giubilato Alboreto. Poi, nell’ordine, i nomi “pesanti” della F1: Senna, Piquet su Benetton e Prost su Ferrari (Mansell, sull’altra Rossa, 17°!).
Alesi, all’epoca 25 anni, scatta come una saetta in testa. Letteralmente scatenato guadagna subito circa 2,5 secondi sugli inseguitori. Il favorito, comunque, restava Ayrton Senna. Il brasiliano, dopo l’amarezza della squalifica di Suzuka l’anno prima, tale da averlo indotto a pensare seriamente al ritiro, si era ricostruito mentalmente ed era più che mai deciso a non lasciare nemmeno le briciole all’arci-nemico Alain Prost passato alla Ferrari. In poche tornate il pilota di San Paolo si porta inesorabilmente alle calcagna del siculo-francesino per quanto il controllo dell’usura degli pneumatici – lui Good Year, Alesi con le durevoli Pirelli – gli imponga di non attaccare subito a fondo. La lotta per la vittoria, ormai, era ristretta a loro due. Il momento-clou al 34° passaggio, quando Ayrton affonda al termine del rettifilo di arrivo ma Alesi non molla e appena intravvede uno spiraglio si infila per affrontare di nuovo in testa la curva successiva! Stesso procedimento un giro dopo e, questa volta, Senna è più deciso e non lascia spazio di replica ad Alesi che però non demorde e, con brucianti accelerazioni, prova più volte ad insidiare la Mc Laren, accontentandosi alla fine del secondo posto. Insomma, un vero spettacolo offerto dall’esperto pilota campione del mondo 1988 e dall’irriverente driver rivelazione che nel 1991 avrebbe guidato una Ferrari!


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VENTI ANNI FA LA JAGUAR IN F1. VERDE DI RABBIA

(10/3/2020) – Tutti i Team di F1 stanno sistemandosi nel paddock di Melbourne, là dove every things starts. Venti anni fa in Australia faceva apparizione un Team di verde colorito: la Jaguar!  Una grande notizia per la massima formula, determinata dalla decisione della Stewart di gettare la spugna e dal subentro della Ford, già coinvolta col suo pilota scozzese simbolo, che pensò di impegnarsi direttamente utilizzando lo storico marchio inglese. Piloti Eddie Irvine, reduce dalla bella avventura Ferrari, e Johnny Herbert “confermato” dopo gli anni al servizio di Sir Jacky Stewart. Tutto sembrava propedeutico ad una presenza importante, in realtà l’avventura finì già nel 2004 dopo stagioni sostanzialmente incolori e ricche di contraddizioni.

MAX CONFUSION – In realtà, almeno all’inizio gli investimenti non furono all’altezza della sfida. Irvine, per esempio, si lamentò dell’assenza del servosterzo al quale era abituato in Ferrari e fu solo il primo dei tanti cambiamenti invocati invano dall’irlandese. Ben presto cominciò a vacillare la posizione del boss del Team, quel Bobby Rahal vincitore di una 500 Miglia di Indianapolis che aveva in animo di assumere il suo grande amico Adrian Newey ma l’operazione che avrebbe salvato capra e cavoli non gli riuscì. Piuttosto bruscamente nel 2001 venne liquidato per far spazio niente meno che a Niki Lauda. L’austriaco aveva già messo piede nella gestione del Team in qualità di CEO della Ford Premier Performance Division, ala sportiva della Casa. La cosa non poteva funzionare e infatti non funzionò con l’ex ferrarista passato al timone di comando e autore anche di un clamoroso ritorno in pista per un test a Valencia finalizzato a “capire meglio la monoposto”. Molto scenografico – fu autore anche di un testa coda – ma di poca utilità: grazie e arrivederci anche a lui (della partita faceva parte anche l’attuale TP Haas, Gunther Steiner) a fine 2002.
STAGIONI VERDI DI RABBIA – Nell’anno del debutto, il 2000, il miglior risultato fu il bel quarto posto di Irvine a Montecarlo ma, per la verità, del pilota irlandese si ricorda più la sua sportiva stretta di mano a Schumacher – fu il primo a complimentarsi – appena il tedesco e la Ferrari riuscirono finalmente a riconquistare il titolo mondiale in quel di Suzuka 21 anni dopo Scheckter. Il 2001, con gomme Michelin, si rivelò anch’esso avaro di soddisfazioni: magnifico il terzo posto di Irvine sempre a Montecarlo ma cominciava a serpeggiare confusione: il pilota brasiliano Burti che aveva preso il posto del ritirato Herbert, venne a sua volta sostituito dallo spagnolo De La Rosa il cui miglior risultato fu il quinto posto a Indianapolis. Da ricordare l’incidente di Spa proprio di Burti passato alla Prost che accusò Irvine, col quale entrò in contatto, di tentato omicidio! Tantissimi ritiri anche nel 2002, con la ciliegina del terzo posto sempre di Irvine nella “sua” Monza. Mezza rivoluzione nel 2003: ritirato Irvine, la coppia di piloti cambiò totalmente. Era la volta di Mark Webber e Antonio Pizzonia. Anche il muretto, dopo la fine dell’esperienza Lauda, necessitava di una nuovo innesto, individuato in Tony Parnell. La musica però non cambiò: buone qualifiche, a volte, ma solo tre sesti posti per Webber erano poca cosa e molto peggio andò al brasiliano che dal GP di Germania venne appiedato per far posto al volenteroso Justin Wilson. Ultimo atto nel 2004, caratterizzato dall’arrivo di Christian Klien ma il copione, per lo più, rimase lo stesso – unico vero acuto la prima fila di Webber col secondo tempo in Malesia – senza nessuna possibilità di lottare per le posizioni di vertice alle quali un team come la Jaguar non poteva non ambire. Poteva, doveva finire lì. Tutto il materiale fu rilevato dalla Red Bull. Un’altra storia.

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CHEVROLET CAMARO, LEGGENDA CONTINUA: PRONTO IL MODEL YEAR 2020

(10/3/2020) – E’ finalmente disponibile presso il Gruppo Cavautoil nuovo model year 2020 della leggendaria Chevrolet Camaro, una V8 super performante a trazione posteriore, con differenziale meccanico a slittamento limitato. La Camaro, vettura che debuttò nel settembre 1966 e divenne la pace car ufficiale della mitica 500 Miglia di Indianapolis, oggi è giunta alla sesta generazione e viene proposta dal Gruppo Cavauto l’unica struttura ufficiale in Italia con mandato di vendita da parte di GM per i nuovi modelli Chevrolet, Corvette, Cadillac a cui possono far riferimento gli altri rivenditori autorizzati italiani per disporre di vetture nuove – nell’allestimento 2SS, che significa Super Sport e comprende una dotazione completa.

La Chevrolet Camaro 2SS è disponibile con motore V8 da 6.2L  contraddistinto dalla sigla LT1, con 455 CV di potenza a 6.000 giri/minuto e 614 Nm di coppia a 4.400 giri/minuto, abbinato ad una trasmissione automatica a 10 rapporti con comandi al volante, e launch control personalizzato.

Il contenimento dei pesi e la nuova aerodinamica, consentono di ottenere prestazioni esaltanti con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in soli 4 secondi e una velocità massima di 290 km/h. Non ne risentono i consumi: infatti con la tecnologia Active Fuel Management può “tagliare” il numero di cilindri in eccesso in funzione delle necessità di percorrenza, tenendo in funzione solo quelli necessari. Inoltre dispone della fasatura di distribuzione variabile (Variable Valve Timing).

Nuovo il frontale con l’ampia calandra con griglia nera e i nuovi fari a LED. Al centro della griglia non c’è più il classico marchio smaltato, ma solo la cornice del logo Chevrolet, permettendo così il passaggio dell’aria a beneficio del raffreddamento del motore. Questa soluzione consente di far passare tre metri cubici di aria al minuto! Serve allo stesso scopo e a migliorare l’aerodinamica, anche il grande estrattore al centro del nuovo cofano, che permette di potenziare ulteriormente l’impianto di raffreddamento convogliando maggior aria nel vano motore.
Le modifiche al design evidenziano il marcato DNA sportivo della Camaro dandole forme più aggressive, che la connotano con linee più dinamiche e ricercate. Il tetto presenta la scanalatura centrale “Reverse Mohawk” e la coda, corta e snella, è dotata di spoiler. I fanali posteriori, ugualmente a LED, ricordano pur nella loro modernità, i modelli del passato, per non dimenticare la tradizione. I nuovi cerchi in lega da 20”, specialmente quelli a cinque razze di colore nero Carbon, conferiscono ulteriore presenza scenica a questa GT americana. Molto ricca la gamma colori, con una scala cromatica comprensiva di ben dieci colori carrozzeria, da abbinare a tre tipologie di interni unicamente neri, che utilizzano pelle pregiata e materiali premium per le finiture.

Gli interventi da parte della Direzione Tecnica Chevrolet sono stati importanti e hanno riguardato più fronti. Innanzitutto,


la parte telaistica è stata alleggerita di ben 90 kg e la rigidità è stata aumentata del 28%, a tutto vantaggio della sportività più estrema e di una dinamica di guida più precisa e caratterizzante.

Grazie al sistema dual-mode, di serie sulla Camaro 2SS distribuita in Europa, il caratteristico sound dei doppi tubi di scarico a quattro terminali cambia tonalità in funzione della modalità di guida selezionata. Il modello 2SS prevede quattro opzioni: Tour, Sport, Track, Snow/Ice. La versione europea della Camaro 2SS ha di serie anche le sospensioni elettroniche, che sono tra le migliori al mondo. Monta di serie il sistema elettronico Magnetic Ride Control, che ”legge” la strada ogni millisecondo e varia di conseguenza lo smorzamento degli ammortizzatori in un tempo di risposta tra i 10 e i 15 millisecondi. Quando si vogliono raggiungere prestazioni elevate, il dispositivo irrigidisce il set-up, garantendo però, sempre, una grande facilità di guida.  Il sistema frenante con dischi autoventilanti è italiano, Brembo, con pinze a 4 pistoncini.
L’abitacolo è quello di una sportiva d’alto rango, con sedili regolabili, ventilati, riscaldabili e con memoria di posizione, volante anch’esso riscaldabile con profilo dritto nella parte inferiore della corona, tipo racing, a beneficio della facilità di manovra, pedaliera in alluminio,  climatizzatore automatico bi-zona. Sono disponibili con sovrapprezzo i sedili sportivi Recaro® con inserti in microfibra.

La Camaro dispone di tutti i principali dispositivi di sicurezza, quali Forward Collision Alert, Rear Cross Traffic Alert, Lane Change Alert with Side Blind Zone Alert and Rear Park Assist. Lo specchietto retrovisore incorpora la telecamera posteriore. Un altro dispositivo utilissimo è l’Head Up Display regolabile, che proietta sul vetro all’altezza degli occhi del guidatore, diverse informazioni relative a velocità, giri motore, livello carburante e altro ancora, evitando di far distogliere lo sguardo dalla strada. L’allestimento 2SS prevede un sistema di illuminazione all’interno dell’abitacolo, che contorna la radio, l’interno portiere e la console (Interior  Spectrum Lighting), con la possibilità di scegliere dal display infotainment quella che si preferisce fra 24 colorazioni disponibili. La capote automatica elettronica, può essere azionata anche in movimento, fino a 60 km/h.

Il sistema di infotainment Chevrolet 3 Plus System con touch screen da 8” HD a colori, utilizza Apple CarPlay® e Android Auto®. La connettività è completata da due porte USB e dal sistema OnStar WiFi Hotspot con 4G LTE integrato. Il potente impianto audio BOSE® Premium a 9 altoparlanti (7 sulla Convertible) con tecnologia Surround Sound Centerpoint® e Active Sound Management, è stato progettato per offrire un sound coinvolgente anche durante la guida più sportiva.

Il prezzo della Chevrolet Camaro 2SS, IVA inclusa, parte da 60.950,00 Euro.

Il Gruppo Cavauto propone Chevrolet Camaro anche nella motorizzazione V8 6.2L da 250 CV che permette di e di risparmiare sul super bollo e sulla RC Auto. Inoltre arriverà nella seconda parte dell’anno anche il modello con motore 2.0L Turbo.
La cura del cliente viene assicurata grazie a Yes We Help, un sistema di monitoraggio costante che lo segue ovunque in Europa e permette ai tecnici un intervento e un’assistenza da remoto in caso di incidenti o guasti. La garanzia prevede la copertura per 3 anni o 100.000 km.
Per ulteriori informazioni: CAVAUTO AMERICAN DIVISION, Via G. Borgazzi 8 Monza, tel. 0392460055, https://www.cavauto.com/auto-straniere/chevrolet/camaro/
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HAPPY BIRTHDAY / DANNY SULLIVAN, I 70 ANNI DI MISTER SPIN AND WIN. DOPO LA TYRRELL F1, INDIANAPOLIS!

(9/3/2020) – Happy birthday a Danny Sullivan, oggi 70 anni! Ok, forse non troppi di voi conoscono bene questo pilota americano del Kentucky che ha avuto il suo picco di notorietà nella seconda metà degli anni ’80, ma potete considerare che non è da tutti iscrivere il proprio nome nell’albo d’oro della 500 Migliadi Indianapolis ed aver corso anche in F1 (Tyrrell). Solo 10 piloti sono riusciti a fare entrambe le cose, da Jim Clark fino ad Alexander Rossi. Certo, Sullivan ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del motorsport con il trionfo del 1985 sul catino dell’Indiana e poi la vittoria nel campionato americano CART del 1988 e poco più di un timbro di presenza nel campionato mondiale di F1 1983, ma bisogna considerare le circostanze del suo sbarco in Europa.

NEL 1983 ALLA TYRRELL CON ALBORETO – Dopo l’esordio nella CanAm e il debutto nel 1982 in Indycar arrivò già 31enne – ben sostenuto a livello di sponsor personale – alla corte di Ken Tyrrell a far coppia con Michele Alboreto. Nel 1983 le monoposto furono completamente rivoluzionate dopo il campionato precedente funestato dalle morti di Villeneuve e Paletti e dal tragico incidente di Pironi. Niente più minigonne, niente effetto suolo, monoposto quasi tutte “a freccia”. Quell’anno la lotta per le posizioni di vertice riguardò solo le turbo Brabham (Piquet si laureò campione), Renault (con Prost) e Ferrari (con Arnoux). Briciole e frattaglie per tutti gli altri. Alboreto “salvò” la stagione della Tyrrell con la grande vittoria a Detroit (GP Usa-Est) e poi un sesto posto a Zandvoort, mentre Sullivan colse solo un pur egregio quinto posto a Montecarlo, tra l’altro pista non certo congeniale al “way of drive” americano. In classifica finale, 17° a pari punti con De Angelis su Lotus. L’anno successivo l’italiano passò alla Ferrari e il lungagnone di Louisville – è alto 1.82 – tornò in Patria, il meglio per lui doveva ancora venire.

CAMPIONE CART 1988 – Infatti, dopo una parentesi con lo Shierson Racing, eccolo solo due anni dopo prendersi la più grande delle soddisfazioni: la vittoria alla 500 Miglia di Indianapolis su una March- Cosworth alla media di 246,200 km/h. Un successo incredibile ai danni di Mario Andretti, caratterizzato da un testa-coda da brivido alla curva 1 subito dopo aver passato l’italo-americano per poi ritrovarsi di nuovo in senso di marcia alla curva 2 senza aver toccato il muretto e senza che il motore si spegnesse!

https://www.youtube.com/watch?v=6AnFp1CWXzw



Un momento passato alla storia che verrà ribattezzato “Spin and win”. Ripetuto più avanti l’attacco, questa volta l’azione riuscì e significò la vittoria. Gloria e dollari per lui che, di bell’aspetto, fu conteso da sponsor, programmi TV (ebbe una parte anche in Miami Vice) e belle donne, ma anche la conquista di una posizione da leader fino alla vittoria della serie a stelle e strisce nel 1988 su Penske-Chevrolet. L’anno dopo non riuscì a difendere il titolo nonostante due vittorie a Pocono e Elkhart Lake, ma toccò ad un certo Fittipaldi anch’egli su Penske… Rimase nella CART fino al 1995 e nel 1991 guidò anche la Lola-Alfa Romeo.


Il nome e la presenza di Sullivan fanno ancora parte del Circus della F1 poichè Jean Todt lo ha spesso nominato commissario di gara.
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ECCO TRACY, LA MOBILITA’ COLLETTIVA SECONDO GLI STUDENTI DELLO IED DI TORINO

(6/3/2020) – Mobilità sostenibile condivisa, sul tema di grande attualità ecco il contributo dell’Istituto Europeo di Design (IED) di Torino: Tracy, il nuovo concept vehicle realizzato dagli studenti del Master in Transportation Design coordinato da Alessandro Cipolli.  Sperimentazione pura, libera da ogni vincolo di mercato. Il risultato pare davvero interessante e coraggioso in fatto di mobilità allargata a scenari anche non convenzionali: si tratta infatti di un veicolo elettrico, allterrain, a sei posti, funzionale a un utilizzo pubblico o privato, che si rivolge a utenti sensibili al tema del rispetto per l’essere umano e per l’ambiente.

TRACY, CARATTERISTICHE TECNICHE E DI DESIGN – Tracy (lunghezza 3740 mm – larghezza 2205 mm – interasse 2890 mm – altezza 2083 mm) è un veicolo solido e compatto, con trazione sulle 4 ruote. E’ dotato di un doppio pacco batteria e di una propulsione full electric – low environmental impact, con bassi livelli di emissioni e inquinamento acustico. Su una sezione inferiore robusta e grintosa, dai passaruote pronunciati che lasciano intravedere gli ammortizzatori, si innesta una porzione superiore più morbida e sofisticata. Le superfici, lavorate con dinamismo, sono alleggerite dall’utilizzo di pareti e tetto vetrati, per ridurre la distanza con l’ambiente circostante e creare un’atmosfera di completa immersione nell’esperienza del viaggio. Anteriormente e posteriormente, due roll-bar avvolgono e proteggono l’abitacolo, elementi funzionali che diventano elementi di stile grazie a materiali e colori in contrasto con la carrozzeria. Con un sistema di ganci e corde, ideato per il frontale e il posteriore della vettura, i portapacchi permettono il trasporto di zaini e sacche, in numero e tipologia variabile a seconda delle necessità, enfatizzando la duttilità del veicolo. La progettazione degli interni è caratterizzata da un layout che definisce due aree funzionali: la prima dedicata al driver, in posizione più centrale rispetto al tradizionale assetto di un’auto; la seconda, posteriore, riservata a 5 passeggeri, con una configurazione lounge-couch. In totale coerenza con il concept degli interni l’asimmetria degli esterni nell’accesso all’abitacolo: sul lato sinistro l’ingresso del driver; sul lato destro l’accesso passeggeri. L’attenzione all’ambiente si esprime nelle scelte del colour and trim, con palette ispirate a cornici cittadine o a scenari off-road anche estremi e nella selezione di pigmenti naturali e fibre biodegradabili per i rivestimenti interni. La progettazione è completata dallo sviluppo di un’applicazione mobile connessa alla vettura, con cui l’utente può programmarne l’utilizzo. In base a necessità o desideri, impegni o interessi, l’app consente un uso funzionale o di evasione, immediato o a lungo termine, attraverso la selezione di destinazioni, contesti e modalità di fruizione.

I 21 STUDENTI hanno lavorato sinergicamente in cinque gruppi, come dei competence centre, ciascuno concentrato sullo sviluppo di soluzioni rispetto a un ambito specifico: esterni, interni, user experience, colour and trim, modellazione 3D con verifica immediata attraverso la virtual reality. Fin dalle prime fasi, i giovani designer hanno portato avanti in parallelo la progettazione in 2D e 3D, sfruttando le potenzialità della realtà virtuale per individuare e risolvere eventuali problematiche nel minor tempo possibile, assicurando un processo più efficace ed efficiente. Ecco chi sono i progettisti di Tracy: Syed Zaid Abdin (India), Arjun Nataraj Balasubramanian (India), Gianluca Cavuoti Cabanillas (Italia), Ping-Chun Chen (Taiwan), Siddharth Sanjeev Das (India), Mohammed Farhan Kauser Farhathullah (India), Xiaoyu Guan (Cina), Tanglong Han (Cina), Po-Cheng Hsu (Taiwan), Ruoyi Li (Cina), Yanhao Liu (Cina), Alberto Longobardi (Italia), Alessandro Natali (Italia), Kangyi Nie (Cina), Roberta Sanseverino (Italia), Luca Sardone (Italia), Vinay Tharun Gowda (India), Santiago Trapé (Italia), Kunal Pravin Ughade (India), Ayush Om Wal (India), Jiaqi Zhu (Cina). Il progetto di tesi è coordinato da Davide Tealdi, la realizzazione di Tracy è opera della EDAG Italia; sponsor tecnici: AM Costruzione Modelli, Freeland. Car Srl, Clinic Car Italia, OZ Racing, Pirelli.

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HAAS F1, ULTIMO GIRO? CAMPOS E SMP RACING ALLA FINESTRA

(5/3/2020) – Il campionato F1 2020 deve ancora cominciare (se comincia) ma per qualcuno già sventola la bandiera dell’ultimo giro. Sto parlando del possibile ritiro della Haas dalla quale, alla vigilia di Melbourne e della quinta stagione di miltanza nel Circus, sono arrivati negli ultimi giorni più segnali tutti concordanti: o la va o la spacca. A dirlo in maniera che più chiara non si può è lo stesso patron Gene Haas che a Motrorsport.com ha esternato tutti i suoi dubbi e perplessità. 

LE PAROLE CHIARE DI GENE HAAS – Le discriminanti sono gli scarsi risultati e i costi elevati: “Sto solo aspettando di vedere come inizierà questa stagione per noi. Se inizierà bene allora forse ci saranno possibilità di continuare, ma se dovessimo avere un’altra stagione deludente, non sarà così favorevole alla nostra permanenza. Abbiamo fatto 5 anni in F1, ed è stata una prova. Abbiamo provato a vedere come sarebbero andate le cose per poi valutare e decidere se avessimo potuto farne altri cinque. Non sto dicendo che non ci saremo, ma dovremo fare valutazioni. Rimanere per altri cinque anni, penso, sarebbe davvero un impegno molto grande”. Poi ha aggiunto, onestamente: “Certo, la F1 mi ha aiutato. Ci ha dato un sacco di visibilità sul mercato europeo, ma anche in quello asiatico. Abbiamo trovato un sacco di clienti gara per gara. Ha funzionato molto bene. Ma con le nuove regole che entreranno in vigore nel 2021 il grande punto di domanda è legato a quanto ci verrà a costare”. Magari può essere un modo per mettere le mani avanti in sede di ultime trattative per il rinnovo del Patto della Concordia, ma l’intenzione sembra asolutamente risoluta e d’altronde l’impressione è che quest’anno la Haas potrebbe rimanere costantemente a fondo plotone, dati i risultati non proprio brillanti dei test di Barcellona e, credo inarrivabili gli altri, i progressi della Williams e l’alto livello di Alpha Tauri e Alfa Romeo che, a parità di motore, si avvale a mio parere di piloti di più alto valore.

IL FUTURO DI GROSJEAN E MAGNUSSEN – L’aria amara è stata già fiutata dai due piloti. Romain Grosjean, con il team di Minneapolis fin dal debutto, dopo aver sparato a zero sulla F1 con frasi tipo “ “E’ più uno show. Uno sport dovrebbe essere equo, e la Formula 1 non lo è” – per la gioia di Liberty Media – si è poi soffermato su se stesso e senza tanti giri di parole ha preso in esame l’ipotesi ritito: “Credo che la decisione sul mio eventuale ritiro arriverà velocemente nel caso in cui, già a metà stagione, realizzassi di non avere più la stessa passione di sempre. Qualora non mi piacesse più viaggiare per il mondo o lo stare lontano dalla mia famiglia preferirei ritirarmi e provare a fare qualcos’altro. Questo è un mio pensiero, ma penso che possa capitare anche ad altri piloti. Le opportunità sono sempre dietro l’angolo”. Un pò più ottimista il compagno di squadra Magnussen, ben informato però della concreta prospettiva chiusura in caso di abbonamento alle retrovie. Ritiro anche per lui?  Non è qualcosa per cui mi sono preparato, perché non credo che chiuderemo di nuovo al nono posto. Il 2019 è stato un caso unico e credo credo che, se lavoriamo come sappiamo, Gene vorrà continuare. Ciò non significa, però, che avremo le stesse opportunità delle grandi squadre, ma penso che la Haas sia un team che può beneficiare delle nuove regole“.
Se andasse male, però, si aprirebbe un capitolo nuovo. Difficile e penalizzante a tutti i livelli pensare ad una F1 2021 con 9 teamm e solo 18 monoposto in pista. Si può certamente ipotizzare un venire incontro alle esigenze del Team americano – Ecclestone era un maestro in questo, pur di non vedere depauperata la sua creatura e in ottica di sostegno diciamo mecenatistico – ma nello stesso tempo presto potrebbe afffacciarsi un nuovo concorrente che avrebbe il “vantaggio” di poter acquistare molto materiale pronto però in una fase di congiuntura di totale rinnovamento per il quale Haas è in ritardo.  Bisognerà fare i conti per bene, in ogni caso. 
CAMPOS E SMP ALLA FINESTRA PER IL DOPO HAAS – Ma i nuovi competitor disposti a vedere le carte ci sono, almeno nelle intenzioni. Uno è il Campos Racing Team che lo scorso ottobre ha annunciato la sua disponibilità alla discesa in pista insieme Salvatore Gandolfo in virtù del sostegno sostegno finanziario di un gruppo di investitori inerenti la società Monaco Increase Management (Mim). Si davano già per assunti e al lavoro Peter McCool in qualità di direttore tecnico e Ben Wood progettista. Designati anche i piloti: Pascal Wehrlein e Alex Palou. Per la cronaca, non se ne è saputo più nulla. L’altro Team in odore di F1 già da tempo è di matrice russa. La SMP Racing con un ottimo pedigree in numerose formule, dalle minori al WEC, ma sempre con l’obiettivo di valorizzare e portare avanti piloti russi. Che non mancano e trepidano in attesa dell’occasione propizia (questa): da Mikhail Aleshin e Sergey Sirotkin fino all’ultima grande speranza, quel Robert Schwartzman ora in F2 e pilota Ferrari Driver Academy. I (buoni) rapporti con Maranello già ci sono e la conferma del motore Ferrari oggi sulla Haas sarebbe ben accetto da entrambe le parti…

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4 MACIGNI SULLA MOTOGP

(4/3/2020) – Non si può dire che la MotoGp stia vivendo il suo periodo migliore. Le ultime clamorose notizie sull’annullamento dei primi due appuntamenti della stagione, in Qatar e Thailandia, hanno prodotto giustificato forte sconforto – Valentino Rossi ha detto: “è una decisione dura da accettare” – e ora il Circus delle due ruote dovrà cercare di riprendersi anche da questo scossone. “Anche da questo” perché, per la verità, negli ultimi mesi ci sono state, oltre questa, altre 3 situazioni (Rossi, Lorenzo, Iannone) che hanno inferto altrettanti colpi bassi alla categoria regina che ne esce abbastanza sconvolta. Vediamoli.

1) PRIMI DUE ROUND RINVIATI – Come detto, non era mai successo che le prime due tappe del motomondiale venissero annullate. L’emergenza Coronavirus ha forzatamente indotto i Paesi ospitanti a chiudere i cancelli di entrata per evitare il diffondersi dell’epidemia. Il “focolaio” italiano, purtroppo, è all’origine primaria di questo sbarramento con in particolare il personale dei Team Ducati, Aprilia e Pramac osservati speciali data la diffusione del virus in particolare nel Nord della nostra penisola, sede delle factory tricolori. Prima il Qatar e subito dopo le autorità della Thailandia hanno messo al primo posto la salute pubblica e rinunciato, certamente a malincuore, alle prove mondiali dell’8 e 22 marzo. Verranno recuperate? Il CEO Dorna Ezpeleta conta di sì ma al momento è una pura professione di fede in quanto, altro che!, c’è da pensare allo svolgimento del GP delle Americhe a Austin il 5 aprile, anch’esso tutt’altro che certo. Dipende dallo sviluppo della situazione in America, al momento marginalmente colpita dalla diffusione del virus, per poi spostarsi in Argentina, tra l’altro nazione a rischio default secondo le ultime notizie economiche. Secondo alcuni resta più probabile un inizio di stagione solo a maggio, in occasione del GP a Jerez, quando si spera il tempo e il caldo possano aver imbrigliato e affossato il Coronavirus. A quel punto, il calendario sarebbe piuttosto compromesso e compresso per pensare di rispettarlo così come era stato concepito.

2) ROSSI VICINO ALL’ADDIO – Ho citato prima Valentino Rossi. Senza troppi giri di parole: è la sua ultima stagione? Finora nessuno aveva osato mettere in discussione la sua presenza ma la decisione del Team ufficiale Yamaha di assoldare dal 2021 la promessa Quartararo e, di fatto, di retrocedere The Doctor al Team Petronas ha aperto la “procedura”. La lunga, bella e leggendaria stagione del più grande è ai titoli di coda, in ogni caso. E per la MotoGp, per quanto tutti si rendano conto che è un miracolo averlo ancora in sella a 41 anni, sarà ben difficile – certo, non impossibile ma… – rimpiazzare un personaggio-pilota-catalizzatore di folle e sponsor come il pesarese. Si aprirà un vuoto. Lui ha reagito bene alla notizia che lo mette in discussione forse come mai prima e ha dichiarato di capire la “mossa” dei vertici Yamaha e che prenderà una decisione sul suo futuro dopo le prime gare, non prima di aver valutato lo stato della sua competitività. La passione rimane intatta ma contro giovani diavoli come Marquez, Quartararo, Vinales ci vuol altro se non si vuole contentarsi di mera presenza. Oscar Haro, DS LCR Honda, in un’intervista a Motociclismo.es non usa mezzi termini e gli sconsiglia di passare un Team più piccolo facendo un paragone riferito alla F1: “Farebbe bene a ritirarsi per evitare di finire come Schumacher che ha visto la sua fama rimpicciolirsi”. Ok, ma chi come lui?

3) LA CADUTA INFINITA DI LORENZO – Lorenzo era in trend discendente (e inspiegabile) da tempo ma il suo annuncio di ritiro dalle corse (dopo quello di Pedrosa)  è stato davvero difficile da digerire per tutto l’ambiente. Cinque volte campione del mondo, veniva da un’esperienza complicata alla Ducati, dove però aveva anche vinto e convinto, e dall’abbastanza clamoroso passaggio alla Honda Repsol per fare da team mate di un certo Marc Marquez. Poteva essere l’inizio di un nuovo e spettacolare dualismo tutto iberico in sella alla moto dei sogni ma è stato l’inizio della fine, per lo meno delle più forti motivazioni che riescono a tenere in pista un campione come lui. “Dopo 18 anni sento il bisogno di staccare un po’”, disse. Il fatto è che dopo il progressivo allontanamento dalle posizioni di vertice di Rossi, l’addio repentino di un altro campionissimo della MotoGp come il maiorchino ha fatalmente raffreddato l’entusiasmo degli appassionati. Arrivano e si impongono nuove leve, ma qui parliamo di due “mostri sacri” e il contraccolpo non può non esserci. Al cuor non si comanda e comunque Lorenzo è tornato presto in sella come collaudatore Yamaha, con prospettiva di una wild card per il Gp di Catalunya (“solo se saprò di essere da top-5, ha però precisato l’interessato). Qualcuno già ipotizza un nuovo dream team Petronas SRT 2021: Rossi e Lorenzo! Si vedrà.

4) IANNONE IN LOTTA PER L’INNOCENZA – Andrea Iannone è ancora nell’occhio del ciclone: il pilota del Team Aprilia Gresini è stato trovato positivo ad un controllo anti-doping della World Anti-Doping Association nel corso del week end del GP di Malesia lo scorso novembre. Scattata la immediata sospensione del centauro e la corsa alle contro-analisi, dal quel momento si è scatenata una dura e antipatica, per quanto necessaria, battaglia legale. L’avvocato di Iannone ha prodotto moltissimi documenti per dimostrare in tutti i modi l’assoluta estraneità del pilota a pratiche doping ma la decisione circa la sua riammissione tarda ad arrivare. Un limbo spiacevole per tutti. Qui si tratta della carriera di un pilota di 30 anni: va data, e presto, una parola finale sul caso. A questo punto, visto il protrarsi della diatriba, il rinvio delle prime due prove di campionato “gioca” a favore del pilota di Vasto che altrimenti si vedrebbe necessariamente sostituito (si parla di Salvadori) con conseguenze ora difficili da dipanare ma certamente lesive della sua partecipazione continuativa alle competizioni. Il fatto è che, una volta arrivata la sentenza, in caso di reiterata asserzione di colpevolezza si andrebbe sicuramente – come confermato dall’avvocato – ad un ricorso da presentare entro 20 giorno. Una storia infinita, triste…


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ALFA ROMEO GTA, GRANDE RITORNO! TUTTE LE NOTIZIE SULLA NUOVA SUPERCAR

(3/3/2020) – Alfa Romeo aveva creato la suspence annunciando un ritorno leggendario e infatti ha tirato fuori…dai cilindri un colpo veramente a sorpresa per tutti gli alfisti doc e gli automobilisti: la Giulia GTA! E’ qualcosa che richiama le radici stesse della Casa del Biscione che quest’anno compie 110 anni. Qualcosa quindi di leggendario, anche in pista. Come molti ricorderanno, l’acronimo GTA sta per “Gran Turismo Alleggerita” e nacque nel 1965 con la Giulia Sprint GTA, una versione specifica derivata dalla Sprint GT, allestita per l’omologazione sportiva e presentata al Salone di Amsterdam di quell’anno. La carrozzeria della Giulia Sprint GT venne sostituita con una identica in alluminio, per un peso totale di 745 kg contro i 950 kg della versione stradale. Una seconda modifica riguardò il propulsore bialbero da 1570 cm3 che nella configurazione stradale, con doppia accensione, raggiungeva la ragguardevole potenza di 115 CV. I tecnici dell’Autodelta, la squadra corse ufficiale di Alfa Romeo, la scelsero come vettura di riferimento per la categoria Turismo, e la elaborarono sino a una potenza massima di 170 CV. Il successo nelle competizioni fu immediato: tre “Challenge Europeo Marche” consecutivi, decine di campionati nazionali e centinaia di gare singole in ogni parte del mondo. E fu considerevole anche il ritorno di immagine sulla gamma: la Giulia Sprint GTA esprimeva infatti al meglio il claim “una vittoria al giorno con la macchina di tutti i giorni”. Da allora dunque la GTA entrò nell’immaginario collettivo come icona indiscussa della sportività del Biscione e la forza della sigla finì per spingere il pubblico a identificare con GTA le Alfa Romeo sportive in generale.
AERODINAMICA, POTENZA E LEGGEREZZA: F1 DOCET – Le nuove Alfa Romeo ad alte prestazioni sono derivate da un modello di serie, l’eccezionale Giulia Quadrifoglio, ma gli ingegneri hanno lavorato molto al fine di migliorare l’aerodinamica e l’handling, e soprattutto per ridurre il peso: le stesse linee guida seguite per la Giulia GTA del 1965. Dopo Giulia e Stelvio Quadrifoglio Alfa Romeo Racing del 2019, qui c’è il nuovo riverbero della partnership con la Sauber che, come annunciato ad Arese da Marchionne nel dicembre 2017 in occasione del “ritorno” dell’Alfa Romeo in F1, non si sarebbe esaurita solo sulle piste ma avrebbe comportato anche la condivisione di risorse tecniche, ingegneristiche e commerciali.  Ebbene, l’aerodinamica attiva è stata appositamente studiata per aumentare il carico aerodinamico. In queste soluzioni si ritrova un know-how tecnico che arriva direttamente dalla Formula 1 grazie alla sinergia con Sauber Engineering e all’utilizzo del Sauber AeroKit. Lo stesso compito è affidato alle minigonne laterali, allo spoiler posteriore specifico e allo splitter anteriore attivo. Sono nuovi anche il sistema di scarico centrale Akrapovič in titanio integrato nel diffusore posteriore in fibra di carbonio e specifici cerchi da 20 pollici monodado, per la prima volta su una berlina. L’handling è stato migliorato attraverso l’allargamento di 50 mm delle carreggiate anteriori e posteriori e con lo sviluppo di un nuovo set di molle, ammortizzatori e boccole per i sistemi di sospensione. Su GTAm, il fronte aerodinamico è stato estremizzato con l’utilizzo di uno splitter anteriore maggiorato e una vera e propria ala posteriore in carbonio, che garantiscono un aumento e un ottimale bilanciamento del carico ad alta velocità.
Parliamo di potenza: il motore Alfa Romeo 2.9 V6 Bi-Turbo, realizzato interamente in alluminio e capace di sprigionare, nella configurazione di serie, ben 510 CV, su Giulia GTA raggiunge una potenza di 540 CV, grazie al minuzioso lavoro di sviluppo e calibrazione dei motoristi Alfa Romeo, capaci anche di ottimizzare l’impatto positivo dell’adozione del nuovo sistema di scarico centrale Akrapovič in titanio dal sound inconfondibile. Spostandosi nell’abitacolo, spiccano i rivestimenti completamente in Alcantara sulla plancia, sui pannelli porta, sull’imperiale, sui montanti laterali e sul rivestimento centrale dei sedili. Ancora più esteso l’utilizzo di Alcantara sulla versione GTAm, dove l’eliminazione della panchetta posteriore lascia spazio ad una “vasca” interamente rivestita, dove campeggiano sagomature specifiche destinate ad ospitare caschi ed estintore. Nuovi gli inserti in carbonio opaco al nuovo interno che su GTAm si differenzia, oltre che per la presenza del rollbar, per l’assenza dei pannelli porta e dei sedili posteriori, anche per l’apertura porta con il nastro al posto della maniglia, un altro tocco di chiara ispirazione al mondo delle corse.
Si è lavorato molto anche per avere più leggerezza: la riduzione del peso ammonta a circa 100 Kg grazie all’adozione di materiali leggeri, come ad esempio la fibra di carbonio per l’albero di trasmissione, il cofano, il tetto, il paraurti anteriore, i passaruota anteriori e gli inserti passaruota posteriori, i sedili sportivi specifici con monoscocca in carbonio e cinture a 6 punti Sabelt per GTAm. Non manca l’alluminio per motore, porte e sistemi di sospensione e materiali compositi diversi per molti altri componenti. Su GTAm l’utilizzo del Lexan, particolare resina appartenente alla famiglia dei policarbonati che proviene direttamente dal mondo del motorsport, per la finestratura laterale e posteriore, contribuisce ulteriormente all’alleggerimento. Il risultato è un peso che si attesta sui 1.520 kg, che grazie all’aumento di potenza a 540 CV, portano il rapporto peso/potenza a un livello eccellente, 2,82 kg/CV, rendendo Giulia GTA best in class e in grado di esprimere prestazioni straordinarie. L’accelerazione da 0 a 100 km/h è fulminea. Grazie al sistema di Launch Control, il cronometro si ferma a soli 3,6 secondi. La Giulia GTAm prevede, a differenza della GTA, una configurazione a due posti, ma resta omologata per l’utilizzo stradale, con splitter anteriore e ala posteriore maggiorati in carbonio a vista, la massima espressione della sportività. Nell’allestimento GTA, a parità di potenza, Giulia offre quattro posti, senza roll-bar posteriore; spoiler e splitter ottimizzati per un uso quotidiano; pannelli porta, sedili e finestrini derivati dalla Giulia Quadrifoglio.
TANTA ESCLUSIVITA’ PER SOLI 500 ALFISTI –  Alfa Romeo Giulia GTA e la sua variante estrema Giulia GTAm saranno costruite in una serie limitata da 500 unità complessive, numerate e certificate, pronte ad affiancare la progenitrice del 1965 tra gli oggetti da collezione più desiderati. L’esclusività di Giulia GTA e Giulia GTAm caratterizzerà anche una customer experience dedicata, pensata per far vivere ai 500 fortunati possessori un’esperienza unica, al 100% Alfa Romeo. Dopo le prenotazioni anticipate, ufficialmente aperte e che si chiuderanno tassativamente alla 500esima unità, il processo di vendita sarà one-to-one, con uno specialista di prodotto ambasciatore del Marchio che seguirà ciascun cliente dall’ordine alla consegna. È previsto inoltre un experience package personalizzato, che comprende un casco Bell in livrea speciale GTA, abbigliamento racing completo Alpinestars (tuta, guanti e scarpe) e un telo coprivettura Goodwool personalizzato, per proteggere la propria GTA o GTAm. Oltre ad altri equipaggiamenti da vero appassionato, la customer experience Alfa Romeo comprende anche un corso di guida specifico realizzato dall’Accademia di Guida Alfa Romeo.