Categorie
Senza categoria

HAMILTON-FERRARI, HA RAGIONE ECCLESTONE?

(19/3/2020) – Le ultime dichiarazioni di Bernie Ecclestoneforniscono utili spunti di riflessione in un momento di forzata stasi agonistica. Prendiamo per esempio quanto ha detto circa l’ipotesi (sconsigliata) di vedere Lewis Hamilton in Ferrari. Per l’ex Padrino della F1 non funzionerebbe e sapete perché? “Perchè sono italiani”. Voleva evidentemente dire che il DNA del Team di Maranello non è propedeutico a portare al successo il già sei volte campione del mondo inglese. Per meglio rendere l’idea ha fatto questo esempio: “Dovrebbe imparare la loro lingua per capire cosa dicono alle sue spalle. Il problema è che gli italiani non vogliono litigare, non vogliono avere discussioni con nessuno”. Si tratta di affermazioni discutibili ma, statisticamente, alcuni connubi Ferrari – grandi piloti già affermati, che sulla carta sembravano destinati a fare sfracelli, non solo non hanno funzionato ma anzi spesso sono arrivati al capolinea tra polemiche e risentimenti anche aspri. Il timore è che si stia procedendo in questo senso anche con Vettel. D’altro canto, è invece andata benissimo in altri casi, con l’esempio di Michael Schumacher su tutti (il tedesco però ci ha messo cinque anni prima di dare inizio alla fenomenale striscia vincente 2000-2004).

 

GRANDI PILOTI CHE NON HANNO VINTO CON LA FERRARI, ANZI… – Vediamo alcuni casi negativi. Anzi, partiamo da uno a metà: Ferrari – Fangio. L’obiettivo comune, e cioè il titolo mondiale 1956 è arrivato, ma quante incomprensioni, sospetti, colpi bassi. L’argentino, già 3 volte campione e grande idolo delle folle, a un certo punto era convinto di essere boicottato. A Maranello si poteva vincere ma non si doveva impersonare la vittoria. La macchina, avanti a tutto e tutti, questa la regola inderogabile del Drake. E’ leggenda, ma alla fine fu Enzo Ferrari a indurre Peter Collins nel GP decisivo di Monza a cedere la sua Rossa al campionissimo rimasto a piedi che così conquistò l’ennesimo titolo per poi dire subito addio, direzione Maserati.

Scorrendo gli anni, viene da pensare alla cattiva sorte toccata a quello che, seppur non titolato, allora era un fulgido talento e collaudatore e cioè Chris Amon, tre anni in Ferrari (1967-1969) senza una sola vittoria anche per una incredibile serie di guasti che lo hanno sempre fermato ad un passo dal successo. Nello stesso tempo, veniva criticato per la sua mancanza di coraggio in certi frangenti di gara. Il pilota neo-zelandese, però, non aveva nessuna voglia di far parte delle lunghe e tristi liste di piloti deceduti per incidenti di quegli anni.

Credeva di vincere con la Ferrari, da lui fortemente voluta, anche l’asso belga Jacky Ickx che però è capitato a Maranello in un periodo di negativa transizione tecnica e societaria (1970-1972) raccogliendo pochissimo. Poteva farcela nel 1970, con il povero Rindt deceduto a Monza, ma neppure due vittorie negli ultimi tre GP gli consentirono di superare l’austriaco impossibilitato a difendere la leadership.

In quegli anni difficili con lui c’era Clay Ragazzoni, poi cavallo di ritorno in stagioni ben più competitive (1974-1976), ma lo svizzero fu vittima della “politica” e del dualismo con l’astro nascente Niki Lauda. Perso abbastanza misteriosamente il titolo nell’ultima gara al Glen nel 1974, le “attenzioni” della Scuderia furono rivolte all’austriaco che invece trionfò nel 1975 e il 1976 fu l’ultimo, freddo anno a Maranello di Clay che secondo alcuni nella gara decisiva del Fuji fece poco per aiutare la difesa del titolo del compagno di squadra che aveva deciso di ritirarsi dopo due giri per la troppa pioggia.

Niente da fare nemmeno per Carlos Reutemann, pilota assolutamente veloce e concreto ma prima battuto dalla maggiore determinazione (e sete di rivincita personale) di Niki Lauda nel 1977 e nel 1978 arresosi alla wing car Lotus di Mario Andretti non senza però alcuni errori decisivi (la pole di Montecarlo e la prima fila di Zolder vanificate da due bruttissime partenze). Lole, senza troppi riguardi, nel 1979 pensò di accasarsi alla vincente Lotus che però non gli diede quel titolo tanto agognato.

Hamilton dovrebbe valutare anche l’esperienza in Ferrari del connazionale Nigel Mansell. Due volte vice-campione del mondo, approdò in Italia nel 1989, primo campionato senza il Drake. Sulla rivoluzionaria 640 a cambio automatico progettata da Barnard fece miracoli e vinse due volte, quando la precaria affidabilità della nuova monoposto glielo permise. Quando l’anno successivo avrebbe dovuto trarre i frutti di una stagione di apprendistato, beh, arrivò Prost. Il francese, al solito abilissimo, riuscì a far concentrare su se stesso le attenzioni e un Mansell irritato, deluso, arrabbiato arrivò addirittura ad annunciare a campionato in corso il ritiro. In realtà passerà alla Williams e fu la sua fortuna.

Alla fine, non è andata meglio allo stesso Alain Prost. Il titolo con la Ferrari lo ha solo sfiorato anche a causa del tamponamento volontario di Senna a Suzuka nel 1990 e nel 1991, complice anche una monoposto meno competitiva e lo screzio con il DS Fiorio che voleva portare a Maranello  niente meno che Senna, la situazione degenerò fino al licenziamento in tronco dovuto al famoso, frainteso (?) paragone della Rossa con un camion.

Continuiamo: Eddie Irvine nel 1999 dovette dire addio, tra mille sospetti, al sogno possibile di diventare campione del mondo. Con Schumacher in convalescenza dopo l’incidente di Silverstone, il pilota irlandese ebbe l’occasione unica di sfruttare la competitività della F399 ma il ribelle irlandese proprio in Inghilterra, poco prima dello schianto indusse il Cannibale una staccata al limite che non gli fu perdonata. In Germania si verificò il caso dello pneumatico perduto al pit-stop, in Italia, il GP di casa, la Rossa fu clamorosamente non competitiva e nella gara decisiva a Suzuka, Eddie lamentò alcune anomalie tecniche e qualcun altro  adombrò uno scarso impegno da parte di Schumi nel contrastare Hakkinen poi campione.

L’ultimo “caso” è quello di Fernando Alonso. Tutto cominciò benissimo giusto 10 anni fa con la vittoria dello spagnolo alla prima gara rossa in Barhain ma tutto si incrinò alla fine di quella stessa stagione con la mala-gestione del GP di Abu Dhabi che consegnò il titolo su un piatto d’argento a Vettel. Poi anni di alti e bassi, il nervosismo crescente, le varie dimissioni, l’alternarsi di tecnici esplicitamente richiesti dallo spagnolo, il famoso “geni/scemi” via radio agli uomini del box. Fino nel 2014, incredibile ma vero, alla chiusura anticipata del contratto che lo legava fino al 2016.

 

Mi fermo qui con gli esempi, ma ce ne sarebbero tanti altri. D’altronde la Ferrari è in F1 dall’inizio e ha scritto pagine di storia, comprese quelle di gloria mancata. Anche gli incidenti hanno purtroppo fatto la loro parte impedendo il realizzarsi di possibili trionfi: è il caso di Collins, Bandini, Gilles Villeneuve, Pironi. Rimasti a secco anche grandi piloti del calibro di Andretti, Alboreto, Arnoux, Massa. Peccato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *