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VENTI ANNI FA LA JAGUAR IN F1. VERDE DI RABBIA

(10/3/2020) – Tutti i Team di F1 stanno sistemandosi nel paddock di Melbourne, là dove every things starts. Venti anni fa in Australia faceva apparizione un Team di verde colorito: la Jaguar!  Una grande notizia per la massima formula, determinata dalla decisione della Stewart di gettare la spugna e dal subentro della Ford, già coinvolta col suo pilota scozzese simbolo, che pensò di impegnarsi direttamente utilizzando lo storico marchio inglese. Piloti Eddie Irvine, reduce dalla bella avventura Ferrari, e Johnny Herbert “confermato” dopo gli anni al servizio di Sir Jacky Stewart. Tutto sembrava propedeutico ad una presenza importante, in realtà l’avventura finì già nel 2004 dopo stagioni sostanzialmente incolori e ricche di contraddizioni.

MAX CONFUSION – In realtà, almeno all’inizio gli investimenti non furono all’altezza della sfida. Irvine, per esempio, si lamentò dell’assenza del servosterzo al quale era abituato in Ferrari e fu solo il primo dei tanti cambiamenti invocati invano dall’irlandese. Ben presto cominciò a vacillare la posizione del boss del Team, quel Bobby Rahal vincitore di una 500 Miglia di Indianapolis che aveva in animo di assumere il suo grande amico Adrian Newey ma l’operazione che avrebbe salvato capra e cavoli non gli riuscì. Piuttosto bruscamente nel 2001 venne liquidato per far spazio niente meno che a Niki Lauda. L’austriaco aveva già messo piede nella gestione del Team in qualità di CEO della Ford Premier Performance Division, ala sportiva della Casa. La cosa non poteva funzionare e infatti non funzionò con l’ex ferrarista passato al timone di comando e autore anche di un clamoroso ritorno in pista per un test a Valencia finalizzato a “capire meglio la monoposto”. Molto scenografico – fu autore anche di un testa coda – ma di poca utilità: grazie e arrivederci anche a lui (della partita faceva parte anche l’attuale TP Haas, Gunther Steiner) a fine 2002.
STAGIONI VERDI DI RABBIA – Nell’anno del debutto, il 2000, il miglior risultato fu il bel quarto posto di Irvine a Montecarlo ma, per la verità, del pilota irlandese si ricorda più la sua sportiva stretta di mano a Schumacher – fu il primo a complimentarsi – appena il tedesco e la Ferrari riuscirono finalmente a riconquistare il titolo mondiale in quel di Suzuka 21 anni dopo Scheckter. Il 2001, con gomme Michelin, si rivelò anch’esso avaro di soddisfazioni: magnifico il terzo posto di Irvine sempre a Montecarlo ma cominciava a serpeggiare confusione: il pilota brasiliano Burti che aveva preso il posto del ritirato Herbert, venne a sua volta sostituito dallo spagnolo De La Rosa il cui miglior risultato fu il quinto posto a Indianapolis. Da ricordare l’incidente di Spa proprio di Burti passato alla Prost che accusò Irvine, col quale entrò in contatto, di tentato omicidio! Tantissimi ritiri anche nel 2002, con la ciliegina del terzo posto sempre di Irvine nella “sua” Monza. Mezza rivoluzione nel 2003: ritirato Irvine, la coppia di piloti cambiò totalmente. Era la volta di Mark Webber e Antonio Pizzonia. Anche il muretto, dopo la fine dell’esperienza Lauda, necessitava di una nuovo innesto, individuato in Tony Parnell. La musica però non cambiò: buone qualifiche, a volte, ma solo tre sesti posti per Webber erano poca cosa e molto peggio andò al brasiliano che dal GP di Germania venne appiedato per far posto al volenteroso Justin Wilson. Ultimo atto nel 2004, caratterizzato dall’arrivo di Christian Klien ma il copione, per lo più, rimase lo stesso – unico vero acuto la prima fila di Webber col secondo tempo in Malesia – senza nessuna possibilità di lottare per le posizioni di vertice alle quali un team come la Jaguar non poteva non ambire. Poteva, doveva finire lì. Tutto il materiale fu rilevato dalla Red Bull. Un’altra storia.

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