(28/2/2020) – Oggi Mario Andretti compie 80 anni, auguri di buon compleanno a questo grandissimo pilota, campione dei due mondi dell’automobilismo: eroe negli Stati Uniti, implacabile oltre Oceano alla conquista (riuscita) del titolo di F1. Gli States gli hanno dato ricchezza e notorietà ma non azzardatevi a considerarlo americano a tutti gli effetti, verreste bacchettati. Il sangue che scorre nelle vene, per Mario, è tutto. Ed è italiano. La straordinaria storia di Andretti è ben nota tanto che più volte gli è stato proposto di farne un film. Sarebbe bellissimo ma lui, fino ad ora, ha risposto picche per non vederla inevitabilmente troppo romanzata per esigenze cinematografiche, come per esempio i pur riusciti Rush e il più recente Le Mans 66. La storia è quella di un ragazzo istriano nato appena cinque mesi dopo lo scoppio della seconda Guerra Mondiale, figlio di papà Gigi, che gestiva ben sette fattorie, e mamma Rina. Un fratello gemello, Aldo, e la sorella maggiore Anna Maria. Poi il nonno materno Piero Benvegnù, proprietario di un hotel e di un ristorante, e lo zio sacerdote Don Quirino Ghersa.
Questa la famiglia Andretti, queste che seguono le tappe di una vita, di una carriera, di un destino.
1945 – Quando aveva cinque anni la natìa Montona viene ceduta alla Jugoslavia comunista di Tito e nel giro di tre anni tutte le proprietà requisite per pochi soldi.
1948 – Rifugiato in un campo profughi di Udine, poi a Lucca (della città toscana è ora cittadino onorario)
1954 – E’ a Monza con due amici appassionati di auto per vedere il Gran Premio di F1 e tifare il suo idolo: Alberto Ascari (assiste anche al passaggio della Mille Miglia). Conosce la 500 Miglia di Indianapolis anche per la presenza di un altro suo idolo, Bill Vukovich. Scocca la scintilla: quello che vuole fare è diventare pilota.
1955 – Emigra negli Stati Uniti, a Nazareth (Pennsylvania) dove viveva uno zio materno.
1959 – Per la prima volta in pista al volante di una Hudson (pure il fratello che successivamente è protagonista di un brutto incidente che lo tenne sei giorni in coma e segna la fine della sua carriera).
1961 – In gara con le ruote scoperte nella Oen Wheel Racing. Il 25 novembre di quell’anno sposa Dee Ann (scomparsa l’anno scorso).
1964 – Passa alle Sprint Car USAC e debutta in IndyCar.
1965 – Il 7 aprile diventa cittadino americano. Prima partecipazione alla 500 Miglia di Indianapolis su Brawner-Hawk Ford, è terzo (Rookie dell’anno) dietro Jim Clark, su Lotus, e Parnelli Jones. Nell’occasione avvicina Colin Chapman e gli esterna il suo desiderio di corre per lui, un giorno. “Quando ti senti pronto, chiamami”, gli dice il geniale inglese. Intanto vince la serie USAC davanti al mitico Foyt.
1967 – Grandi affermazioni alla 500 Miglia NASCAR di Daytona e alla 12 Ore di Sebring. Pronto per la F 1.
1968 – Tentato esordio in F1 con la Lotus a Monza. “Tentato” perché si qualifica bene il venerdì, riparte per gli States dove partecipa alla Hoosier Hundred, torna in Italia in tempo per la gara della domenica (!) ma viene fermato perché il regolamento impone una sosta di 24 ore tra una gara automobilistica e l’altra. Il “vero” debutto, allora, avviene a Watkins Glen ed è subito pole position, anche se in gara la frizione lo tradisce.
1970 – Rivince la 12 Ore di Sebring su Ferrari insieme a Vaccarella e Giunti.
1969 – Vince la 500 Miglia di Indianapolis. L’operazione, con il sostegno STP di Andy Granatelli, parte con una Lotus 64 4wd ma in prova va a muro e allora “ripiega” sulla Hawk. In quell’anno è anche per la prima volta pilota ufficiale Ferrari alla 24 Ore di Daytona (2°) e alla 1000 Km di Monza.
1970 – Rivince la 12 Ore di Sebring su Ferrari insieme a Vaccarella e Giunti.
1971 – Prima vittoria in F1, GP del Sudafrica al volante della Ferrari.
1972 – Primo con la Ferrari 312PB alla 6 ore di Daytona e di Watkins Glen, alla 12 Ore di Sebring e alla 1000 Km di Brands Hatch. Grande idillio con il compagno di volante Jacky Ickx.
1976 – E’ in F1 con il Team americano Parnelli che però annuncia a sorpresa il ritiro. A Long Beach avvicina per la seconda volta Colin Chapman e getta da subito le basi di un sodalizio importante che già a fine anno, in Giappone, riporta la nera Lotus sul gradino più alto del podio, al termine della celebra gara-duello bagnata tra Hunt e Lauda al Fuji.
1977 – Al volante della wing car Lotus 78 vince quattro gran premi, tra cui l’agognata Monza. Diventa il pilota da battere.
1982 – Dopo due annate deludenti con le troppo avveniristiche Lotus e una stagione amarcord con l’Alfa Romeo, nel 1982 il Drake, “orfano” di Villenueve e di Pironi, gli chiede di guidare la 126C2 a Monza. il cuore prevale su ogni altra considerazione. Stacca una strepitosa pole position ed è terzo in gara. Corre anche l’ultimo GP stagionale a Las Vegas, ultima sua apparizione in F1.
1977 – Al volante della wing car Lotus 78 vince quattro gran premi, tra cui l’agognata Monza. Diventa il pilota da battere.
1978 – E’ campione del mondo di F1 con la Lotus 79. Il giorno più bello nel giorno più brutto: a Monza la matematica certezza del titolo ma accade l’incidente mortale del compagno di squadra Peterson.
1982 – Dopo due annate deludenti con le troppo avveniristiche Lotus e una stagione amarcord con l’Alfa Romeo, nel 1982 il Drake, “orfano” di Villenueve e di Pironi, gli chiede di guidare la 126C2 a Monza. il cuore prevale su ogni altra considerazione. Stacca una strepitosa pole position ed è terzo in gara. Corre anche l’ultimo GP stagionale a Las Vegas, ultima sua apparizione in F1.
1994 – E’ in Indycar e a Toronto gareggia per la 400^ volta in carriera. Ha vinto la serie americana per quattro volte.
2000 – Disputa, a 60 anni di età, la 24 Ore di Le Mans (nel 1983 ci aveva provato insieme al figlio Michael e Alliot e nel 1988 anche col nipote John, recentemente scomparso)