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LUCA DE MEO, COME PENSA IL NUOVO LEADER RENAULT

(30/1/2020) – “Sono entrato in Fiat in punta di piedi, il 10 dicembre del 2001, dopo una parentesi tra la bellezza di Parigi e la pioggia di Bruxelles”, così Luca De Meo ripercorre nel libro “Da 0 a 500” (Marsilio Tempi, 2010) le sue esperienze nella casa torinese, alla Renault e in Toyota, prima dell’ultimo step nel Gruppo Volkswagen. Beh, ora il manager italiano, guru del marketing applicato all’auto, torna alla bellezza: ieri è stato annunciato ufficialmente che dal prossimo 1 luglio ricoprirà le cariche di Presidente e Direttore Generale di Renault. Un incarico affascinante e impegnativo, alla luce delle ultime vicissitudini della Casa francese  e degli interrogativi sulla prosecuzione dell’alleanza con Nissan, ma anche dei futuri scenari del mondo automotive che, per esempio, hanno visto unirsi FCA e Gruppo PSA proprio dopo il diniego Renault a convolare a nozze con Torino. La grandeur francese, i Sindacati d’oltralpe, lo sviluppo della storica Casa e, perché no, anche la partecipazione al campionato mondiale di F1 (De Meo entrerà in carica il giorno del compleanno di Ricciardo), sono tutti temi scottanti sui quali l’ex “Marchionne boy” dovrà applicarsi e decidere. (VEDI SOTTO POST DEI 50 ANNI)

https://motor-chicche.blogspot.com/2017/06/luca-de-meo-50-anni-lex-marchionne-boy.html
Per quanto riguarda l’automobilismo, De Meo è certamente un appassionato. “Ricordo di essere cresciuto nel mito di Munari, Villeneuve e più tardi di Senna”, scrive sempre nel libro sopra citato. Ma la fatal scintilla è scoccata nel 1974 grazie ad Arnaldo Cavallari. All’epoca, il ragazzino viveva in Costa d’Avorio e il pilota Lancia, impegnato nel Rally del Bandama, gli fece fare un giro, evidentemente molto emozionante, sulla Fulvia HF. E’ stato allora che “Ho deciso che nella mia vita avrei fatto automobili”. Sono passati molti anni e il percorso di De Meo è stato vario e costellato di successi, dal memorabile lancio della 500 fino al potente rilancio della Seat.


Ora la prova forse più importante e per provare ad anticipare i suoi passi vi propongo, anche se la mutevolezza dei tempi e quindi delle strategie possono aver imposto revisioni, alcune massime e considerazioni tratte dal libro “Da 0 a 500”, che delineano il suo credo, la sua filosofia aziendale e anche di vita.


“Per fare grandi cose non servono squadre enormi, ma soltanto le persone giuste e motivate”

“L’immagine è il riflesso dello spirito e della cultura di un’organizzazione”

“Certe situazioni si possono affrontare solo se ci si diverte, sul serio. E se si rompono gli schemi. Per farlo serve una forte autorità che sciolga da un giorno all’altro lacci e lacciuoli che hanno immobilizzato l’azienda”

“Nei diversi anni passati in varie aziende su vari marchi, mi sono convinto che più di tutto contano e possono le caratteristiche delle persone che vi lavorano. Renault era così perché alcuni uomini e donne chiave erano visionari”

“L’incubo di un appassionato come me è un mondo in cui le macchine si noleggiano, nessuno è più interessato a possedere l’auto perché non rientra più tra i pochi beni ‘felicitanti’ che danno soddisfazione al momento dell’acquisto e per il solo fatto di possederli”

“E’ la capacità di trasmettere l’emozione della storia che conta, è l’autenticità della proposta che crea credibilità tra i potenziali clienti”

“Forse ci vorrebbero dei bambini, o almeno un po’ più di giovani, alla guida delle grandi corporation. I bambini sono caparbi e si buttano senza pensare troppo alle conseguenze. Vogliono fare una cosa e la fanno. Gli adulti sono meno inclini al rischio. E perdono il gusto delle nuove avventure”

“Qualche anno fa mi sono dato una regola: quella di cercare di fare sempre quello che non ho mai fatto; di più: mi sono imposto di cercare di fare qualcosa che nessuno ha fatto prima”

“E’ facile distruggere quello che non funziona, più difficile è distruggere quello che ha funzionato bene. Ma bisogna imparare a fare anche questo, mentalmente bisogna essere pronti”

“Personalmente osservo sempre quanto accade in ambiti che considero più innovativi del mio. Cerco ispirazione e competenze e quando vedo qualcosa che funziona o che mi piace comincio a pensare come potrebbe essere tradotta e applicata nel mio mondo”

“Credo fermamente, anche se più nel mass market che nel mercato del lusso, che marchi che raccontano una storia semplice, con un linguaggio semplice e propongono soluzioni semplificanti siano gli unici capaci di imporsi nel lungo periodo”

“Farla semplice vuol dire riuscire a dare sempre priorità a quello che veramente conta”

“La velocità non è più nemmeno più un modo di fare la differenza, è diventato un prerequisito”

“Io sono dell’idea che, per gestire il cambiamento, per essere efficaci nel risolvere le priorità, per creare innovazione bisogna abbattere i muri tra le funzioni, fare leva su squadre multidisciplinari che, per un limitato periodo di tempo, lavorano insieme senza un capo, ma solo con un facilitatore”

“Il buon manager è quello che crea opportunità di profitto, il leader è quello capace anche di coltivare valori”

“Sono arrivato alla conclusione che è meglio, di volta in volta, seguire le proprie inclinazioni e cercare le situazioni in cui si prova gusto a fare e stare, piuttosto che piegarsi a compromessi in nome della carriera, dei soldi, del potere: lo paghereste nel lungo periodo!”
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HAPPY BIRTHDAY / JODY SCHECKTER, I 70 ANNI DELL’ORSO FERRARISTA

(29/1/2020) – Oggi Jody Scheckter compie 70 anni, buon compleanno! Happy birthday! L’ex pilota sudafricano di East London, ormai lontano dal mondo delle corse, conserva un posto speciale nel cuore dei ferraristi per vari motivi. E’ uno degli appena nove campioni mondiali della Ferrari in 70 anni di F1 – un club molto esclusivo, non c’è che dire –, ha formato una indimenticabile coppia, legata da vera amicizia, con il mitico Gilles Villeneuve, è stato un pilota completo ma sempre molto umile e, infine, per ben 21 anni il suo nome è rimasto a galla quale ultimo iridato di Maranello prima dell’era Schumacher.

Ma la domanda che oggi ci si può porre è: Jody, tanto introverso nella vita quanto spericolato nei primi anni in pista (anche per via di quella sua predilezione per vetture sovrasterzanti), può essere considerato uno  dei migliori piloti della storia della F1?

Scheckter, dico io, è storia della F1. Per i motivi che ho già elencato ma anche per altro. In diversi e importanti capitoli del libro della F1 dei suoi anni, infatti, lui c’è. Per un motivo o per un altro c’è. Allora ricordiamo in ordine cronologico alcuni momenti salienti della sua esperienza che hanno costituito nel contempo momenti fondanti, lieti e meno lieti, della massima formula, dopo che giusto 50 anni fa divenne campione sudafricano di F. Ford e quindi si trasferì in Europa.  

  • Nel 1973 a Silverstone, appena 23enne, innescò la nota pazzesca carambola multi-monoposto in pieno rettilineo con De Adamich fratturato e ancora oggi piuttosto arrabbiato con il pilota allora alla Mc Laren.
  • Nel 1974 Ken Tyrrell puntò su di lui (e Depailler) per sostituire Stewart, al passo d’addio, e Cevert, morto al Glen: ad Anderstorp arrivò la prima vittoria (a Brands Hatch la seconda).
  • La terza emozionante vittoria, l’anno seguente, 1975, la conquista sulla pista di casa, Kyalami.
  • Nel 1976 è stato il terzo incomodo nella lotta Hunt-Lauda ma soprattutto il primo a vincere con una monoposto a sei ruote, la Tyrrell P34, ancora ad Anderstorp, GP di Svezia.
  • Al GP di Argentina 1977 spicca la vittoria con la Wolf, alla sua prima gara, un vero exploit. Una scelta, quella di accasarsi con il costruttore austro-canadese, che sembrava penalizzante e che invece si rivelò azzeccata: Scheckter si classificò infatti secondo in classifica finale, dietro solo Lauda alle ultime prodezze con la Ferrari.
  • Nel 1979 diventa pilota Ferrari, si laurea campione a Monza e iscrive per sempre il suo nome nell’albo d’oro della F1.
  • Nel 1980 “riesce” a non qualificarsi al GP del Canada ma, ormai demotivato, in agosto aveva già annunciato il suo ritiro.

 

Può bastare? Oggi Jody, recente colpito dalla perdita della figlia Ila, è dedito alla sua fattoria nell’Hampshire inglese dove alleva bufale e produce ottime mozzarelle e derivati. Torna spesso in Italia, per carpire i segreti di maestri casari tricolori ma anche per ritrovare grandi amici come Piero Ferrari, Mauro Forghieri e alcuni meccanici superstiti di quell’epoca della quale lui, modestamente, sottolinea soprattutto un fatto: “Sono rimasto vivo“.

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NISSAN LEAF NISMO RC, BATTESIMO EUROPEO DELLA PISTA (VIDEO)

(28/1/2020) – Potenza, innovazione, emozione, con un sistema di trazione integrale all’avanguardia. Tutto con una propulsione 100% elettrica. E’ scesa in pista per la prima volta in Europa (vedi VIDEO sotto), sul circuito Ricardo Tormo di Valencia, Nissan Leaf Nismo RC, frutto della competenza di Nissan nel campo della mobilità elettrica, unita alla lunga esperienza nelle competizioni sportive.

Potenza e coppia massima sono più che raddoppiate rispetto alla versione precedente, basata sulla prima generazione di Leaf del 2011. Con 322 CV e 640 Nm di coppia immediatamente disponibili, Nissan Leaf Nismo RC ha un’accelerazione da brividi, che si traduce in un tempo di soli 3,4 secondi nel passaggio da 0 a 100 km/h. L’accelerazione istantanea è una caratteristica comune a tutti i veicoli elettrici di Nissan; il dinamismo offerto dai motori elettrici trova la sua configurazione ideale nel design e nella connettività di bordo di Leaf, sia nella versione con batteria da 40 kWh che per LEAF e+ con batteria da 62 kWh. Nissan Leaf Nismo RC dà prova delle prestazioni del doppio motore elettrico e della trazione integrale All-Wheel Drive, a conferma dell’impegno di Nissan nella ricerca e nel miglioramento continuo dei veicoli elettrici a beneficio di tutti, parte della visione Nissan Intelligent Mobility.


Nissan Leaf Nismo RC adotta l’impianto tecnologico della Leaf, il veicolo elettrico più venduto al mondo con 450.000 unità vendute dal 2010. La propulsione elettrica di Nissan Leaf e+ offre il 43% di autonomia in più rispetto alla versione con batteria da 40 kWh, per rispondere alle esigenze di un target di clienti ancora più ampio. Grazie alle tecnologie ProPILOT e e-Pedal di Nissan, LEAF e+ inaugura un nuovo concetto di guida, consentendo di accelerare, decelerare e fermare l’auto con un solo pedale. La risposta ottimizzata del pedale assicura una manovrabilità fluida e scattante, per una sensazione di massimo controllo.

L’esperienza pionieristica di Nissan nel campo dei veicoli elettrici, unita agli oltre 60 anni di innovazione di NISMO nell’automobilismo sportivo, hanno dato vita a questo modello esclusivo” ha detto Michael Carcamo, Global Motorsport Director di Nissan.  Ora LEAF e+ regala ancora più emozioni con un motore scattante da 217 CV, abbinato a una batteria più grande e alla tecnologia e-Pedal. I clienti hanno apprezzato questo modello top di gamma, che al momento rappresenta circa il 20% delle vendite totali di LEAF”, aggiunge Helen Perry, Head of Electric Vehicle Nissan Europe.
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BRASIL 1980, 40 ANNI FA LA PRIMA VITTORIA IN F1 DI RENE ARNOUX

(27/1/2020) – La prima vittoria di Rene Arnoux in F1 ha la data di domenica 27 gennaio 1980, 40 anni fa: quella domenica il pilota francese al secondo anno con la Renault centrò l’agognato successo al Gran Premio del Brasile. Sul circuito per l’ultima volta in versione lunga e in leggera altura di Interlagos, le Renault turbo – ancora le uniche a montare il propulsore sovralimentato – dominarono. Per la verità dopo la pole del sabato, la vittoria sembrava dovesse arridere all’altro pilota della Règie e cioè Jean Pierre Jabouille, ma la fragilità del motorone transalpino giocò un brutto scherzo all’eroe di Digione 1979, primo a portare al successo in F1 la motorizzazione turbo, che dovette ritirarsi proprio quando, dopo una brutta partenza, aveva saldamente riguadagnato la testa del plotone. Arnoux, “solo” sesto in qualifica, ereditò così fino alla bandiera a scacchi la leadership della gara, grazie anche ai ritiri di entrambe le Ferrari – Villenueve era scattato addirittura in testa – di Laffite su Ligier e di Reutemann su Williams, nonché ai guai tecnici di Pironi (Ligier) e Piquet (Brabham).
Il francese di Grenoble (all’epoca già 31 anni) fu comunque inappuntabile e regalò la seconda vittoria assoluta alla Renault, precedendo De Angelis su Lotus e Alan Jones, futuro campione del mondo, su Williams. Non fu un fuoco di paglia: nel gran premio successivo, a Kyalami, in Sudafrica, arrivò subito il grandioso bis per poi salire di nuovo sul podio in Olanda, secondo. Stava crescendo: il pilota-meccanico, campione di F2 nel 1977 e che aveva esordito in F1 nel 1978 con la Martini, aveva appena cominciato la sua scalata ai vertici della categoria. In quegli anni patì la scarsa affidabilità del Turbo francese ma le sue qualità, combattività, tenacia, doti di collaudo, unite a simpatia e marcata “italianità”, lo portarono ben presto alla Ferrari, il vero sogno di Renè, divenuto realtà nel 1983. 

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L’ACI E’ STORIA DELL’AUTO, PER I 115 ANNI INGRESSO GRATUITO AL MAUTO

(24/1/2020) – Una bella opportunità per tutti gli appassionati di motori. Per festeggiare i 115 anni dalla fondazione (1905), l‘Automobile Club d’Italia omaggia Torino, la città dove è nato, con l’ingresso gratuito al Museo dell’Automobile, da oggi venerdì 24 a domenica 26 gennaio  (ore 10.00 – 19.00, ultimo ingresso ore 18), per ammirare anche le vetture protagoniste della Mostra “La Storia dell’ACI è la Storia dell’Auto”.

 

Sarà possibile ammirare quindi 12 pietre miliari dell’evoluzione motoristica italiana, eccole: Fiat mod. 18/24 HP del 1908, Isotta Fraschini mod. 30/40 HP del 1910, Fiat 525 SS del 1931, Alfa Romeo 8C del 1934, Fiat 500 Topolino del 1937, Fiat 8V del 1954, Lancia Aurelia B20 V serie del 1956, Maserati 3500 GT Touring Coupé del 1961, Lamborghini Miura del 1971, Lancia Stratos del 1974, Ferrari F40 del 1990, Ferrari SP Monza del 2018.

 

La mostra è stata inaugurata ieri con una cerimonia a cui hanno partecipato, tra gli altri, il presidente ACI, Angelo Sticchi Damiani, il presidente del CONI, Giovanni Malagò e la Sindaca di Torino, Chiara Appendino. Durante la serata verranno incoronate le tre reginette della Mostra, che hanno segnato in modo particolarmente significativo la storia dell’auto. ACI è la storia dell’auto in Italia – ha detto Sticchi Damiani – e in 115 anni abbiamo seguito, promosso e tutelato lo sviluppo motoristico del Paese e il diritto universale alla mobilità. Dal 1905 ad oggi sono cambiate tante cose, ma non la passione degli italiani per le quattro ruote, ormai punti cardine della vita quotidiana. Con il nostro supporto, l’auto si è resa protagonista dello sviluppo economico e sociale del Paese, grazie anche agli enormi progressi compiuti in efficienza tecnologica, sicurezza stradale e sostenibilità ambientale.  Sulla strada come in pista, oltre un milione di soci ACI e più in generale tutti gli italiani possono continuare a contare sulla presenza al proprio fianco dell’Automobile Club d’Italia, da 115 anni pioniere di innovazione”. Per ilpresidente del MAUTO, Benedetto Camerana L’Automobile Club d’Italia è dal 1905 la guida dello sviluppo strategico della cultura dell’automobilismo in Italia e il Museo Nazionale dell’Automobile è dal 1933 il centro simbolico di questa cultura. E non è un caso che proprio l’ACI abbia avuto un ruolo centrale nella fondazione e nello sviluppo del MAUTO, dalla sua nascita fino ad oggi nei piani di crescita per il futuro”.
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TUTTO SULLA PRESENTAZIONE DELLA NUOVA FERRARI F1 2020

(22/1/2020) – La data della presentazione Ferrari F1 2020 era già nota, martedì 11 febbraio. Ora è arrivata anche la location ed è una sorpresa: la nuova F1 di Maranello non verrà svelata a…Maranello Dove e quando allora? Presso lo storico Teatro Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia (Piazza Martiri del 7 Luglio) con sipario alle ore 18.30. Insolito anche l’orario, quasi in linea con una prima della Stagione teatrale, insomma per gli ospiti in platea e nei palchi una vera e imperdibile serata di gala.

Perchè Reggio Emilia? Lo spiega la Ferrari stessa: il capoluogo emiliano è la città nella quale 223 anni fa è nato il tricolore, poi adottato come bandiera dall’Italia dopo l’unificazione. Il Teatro Valli è stata ritenuta dunque la cornice perfetta per il tradizionale evento che di fatto apre la nuova stagione. Per la cronaca, Reggio Emilia è anche la città del Team Principal Mattia Binotto nato, è vero, a Losanna ma da genitori reggiani. Altre due volte la Ferrari ha scelto una location differente da Maranello o Fiorano per la presentazione della nuova Rossa: nel 2006 per la 248 F1 (c’era ancora Schumi, molti puro-emiliani storsero il naso per quella decisione) e nel 2009 per la F60, ambedue di scena al freddo del Mugello, d’altronde pista di proprietà della Ferrari stessa.
IL TEATRO ROMOLO VALLI DI REGGIO EMILIA
I tifosi e gli appassionati ferraristi avranno la loro parte: potranno seguire la diretta della presentazione in streaming sulle piattaforme digitali della Scuderia:

La monoposto realizzata a Maranello, progetto 671, scenderà in pista la settimana seguente alla presentazione nei test pre-stagionali in programma sul circuito di Barcelona-Catalunya, a Montmelò dal 19 al 21 e dal 26 al 28 febbraio prossimi. Come verrà denominata la nuova Ferrari che nel 2020 taglierà il traguardo dei 1000 Gp disputati, unica scuderia ad aver sempre preso parte al campionato mondiale, fin dalla sua istituzione nel 1950? Ne riparliamo presto.
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18 GENNAIO 2020: OGGI GILLES VILLENEUVE AVREBBE 70 ANNI

(17/1/2020) – Un anniversario degno di partecipazione per i ferraristi: domani 18 gennaio Gilles Villeneuve avrebbe compiuto 70 anni. Il pilota canadese nacque nel 1950 a Saint-Jean-sur-Richelieu, nel Quebec (la famiglia risiedeva a Chambly) ma il dato anagrafico merita l’ennesima precisazione. Quando lo sconosciuto Gilles balzò agli onori della cronaca a seguito della “chiamata” a sorpresa di Enzo Ferrari, mischiò un po’ le carte facendo risultare di essere nato nel 1952. Solo tempo dopo si scoprì che aveva preferito ringiovanirsi di due anni perché, spiegò la moglie Joanna, “pensava che in Europa i talenti precoci facessero più colpo”. Precursore: arrivò dunque a Maranello a 27 anni effettivi, età in cui oggi in F1 si è già ritenuti “vecchi”. In questa occasione non voglio però parlare del Villeneuve pilota affermato o della sua tragica fine, bensì dell’adolescente e ragazzo, dei primi anni di vita e di carriera di un giovane e minuto francofono, figlio di Seville (morto nel 1987) e di Georgette Coupal (deceduta nel 2008), nato all’alba del primo mese dell’anno e cresciuto con un chiodo fisso: la velocità.
Nelle sue note biografiche si evince infatti l’innata propensione per la velocità, meglio se garantita da qualsiasi cosa spinta da un motore. Grande parte, in questa formazione, l’ha avuta il padre. Era un piccolo imprenditore che, ricordava Gilles, guidava sempre veloce e questo colpì il piccolo canadese che a un certo punto – aveva 7 anni – cominciò a provarne personalmente l’ebrezza stringendo e sterzando il volante dell’auto seduto sulle gambe di Seville. Da ragazzino, sulle nevi di casa (è cresciuto a Berthierville), insieme agli amici, ne combinò di tutti colori con il furgoncino Volkswagen, una vecchia Mustang, un trattore degli zii e poi con la Pontiac di famiglia (naturalmente andata distrutta…). Ma non pensava ancora alle corse, a un futuro da pilota, magari si vedeva in officina come meccanico intento a preparare bolidi sempre più potenti. Si divertiva molto a trovare e soprattutto superare i limiti, ma amava anche l’hockey su ghiaccio, suonare il pianoforte e ancora di più la tromba (era iscritto al conservatorio).

La prima vera scintilla scoccò quando andò ad assistere ad una gara stock car vicino casa ma soprattutto, tempo dopo, ad una prova Trans-Am che si tenne a Saint Jovite. Quella volta pensò di poter essere più veloce di tutti i piloti che vide in azione e qualche meccanismo cominciò a muoversi nella sua testa. Nel frattempo, però, la sua voracità in fatto di…velocità veniva ampiamente appagata dalle corse di motoslitte sulla neve, le snowmobiles, molto in voga e seguite da quelle parti, di cui divenne presto idolo locale. Fu precoce anche negli affetti: conobbe la dolce Joanna a soli 15 anni e si sposarono a 18. Nel 1973, a 23 anni, si laureò campione canadese con i colori del produttore Skiroule e poi anche mondiale: questo gli permise di incamerare anche un bel po’ di dollari canadesi e a fare il passo decisivo: l’acquisto di una F. Ford da un amico costruttore. La F1, ecco, quello era già diventato il suo obiettivo. Vinse il campionato alla grande. Passato in F. Atlantic, dopo un primo anno con la Ecurie Canada reso stentato dalla scarsità di capitali (4 corse con lo stesso treno di gomme…), grazie alla sponsorizzazione della Skiroule la vita e la carriera automobilistica di Gilles Villeneuve decollarono.

Arrivò la prima vittoria a Gimli e poi il primo campionato vinto, anzi dominato con nove vittorie su 10 gare – furoreggiò anche con le Can-Am – fino all’exploit di fine 1976. Nella gara Atlantic di Trois Rivieres il canadesino volante diede una pesante paga, in qualifica e in corsa, alle blasonate guest stars che ne presero malauguratamente (per loro) parte e che rispondevano ai nomi di James Hunt, Keke Rosberg. Alan Jones, Patrick Tambay, Vittorio Brambilla. Nel week end del Gran Premio del Canada 1976 era nel box della pista di Mosport e fu Teddy Mayer, il boss della Mc Laren, a opzionarlo per primo. Nel 1977, un solo Grand Prix in F2 a Pau, poi l’occasione di esordire con la terza Mc Laren a Silverstone, dove impressionò tutti, e infine l’inizio del connubio con la Ferrari post Lauda che in pochi mesi fece prendere la “febbre Villeneuve” a tanti tifosi e puristi delle corse automobilistiche.

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LATIFI, TOCCA A TE. PILOTI CANADESI UN “CULT” DELLA F1

(15/1/2020) – La presenza del Canadain F1 aumenta: dopo Lance Stroll è arrivato il momento, annunciato da tempo, di Nicholas Latifi alla Williams. “Il fatto che ci saranno due canadesi sulla griglia sarà come tornare a casa”, ha detto. Al rookie 2020, vice campione F2 con la DAMS, c’è da augurargli che la nuova stagione del pluri-titolato Team inglese nasca sotto migliori auspici rispetto al disastro dell’anno scorso. Latifi ha 24 anni ed è nato a Montreal ma, all’età di 6 mesi, ha seguito la famiglia nel trasferimento a Toronto. Come si è appassionato? Scontato: papà Michael lo portava ad assistere al Gran Premio di F1 sull’isola di Notre Dame e, nella terra di Gilles Villeneuve, è scattata la scintilla. “La F1 – ha detto Nicholas – è ciò per cui ho lavorato per quasi metà della mia vita”. Ha cominciato con i kart e nel 2012, appena maggiorenne, era già in F3, campionato italiano. La prima vittoria? A Vallelunga con il team BVM. Ha fatto gavetta: oltre a esperienze GT, F3 europea, F. Renault 3.5, quattro stagioni tra GP2 e infine F2 dove ha cominciato a vincere gare fino al lungo duello per il titolo 2019 con De Vries. Nicholas è sostenuto dal papà che è un facoltoso uomo d’affari di origini iraniane, fondatore della Sofina Foods che sarà sponsor della Williams e che, tra l’altro, è azionista con una quota del 10% nel Gruppo Mc Laren; grazie a Latifi, inoltre, fluiscono i capitali di nuovi sponsor come Lavazza e Royal Bank of Canada. In F1, però, dovrà dimostrare di avere i numeri per guadagnare considerazione, come insegna l’esperienza del connazionale Stroll la cui stella, dopo tre stagioni sostanzialmente incolori nella massima formula, si è parecchio appannata.
PRIMA VITTORIA IN F3 ITALIA DI LATIFI, VALLELUNGA 2012
GEORGE EATON

CANADIAN DRIVERS, DA ALLEN BERG A GEORGE EATON – Dire F1 e Canada significa soprattutto dire Gilles Villeneuve ma di lui ne riparleremo tra pochi giorni. Un mio post di qualche tempo fa ricordava invece un pilota meno celebrato, Allen Berg allora sostenuto dalla Labatt Breweries, che nel 1986 è stato in F1 con la Osella (https://motor-chicche.blogspot.com/2016/11/canada-in-f1-lance-stroll-sulla-strada.html).Il 15 febbraio, in occasione del prossimo Canadian International Auto Show, è stato annunciato che Berg entrerà nella Canadian Motorsport Hall of Fame. A proposito: sulla rampa di lancio canadese c’è già suo figlio Alexander ora sui kart. Andando ancora più indietro, Latifi ha un precursore concittadino: nel 1969 e 1970 con la BRM correva in F1 George Eaton di Toronto. Anche lui poteva contare su finanze personali cospicue – la famiglia possedeva grandi magazzini in tutto il Canada – ma non è riuscito ad emergere (meglio in Can Am e F.5000, tentò senza successo anche il rookie test a Indy nel 1972), sia per il materiale poco performante a  disposizione sia perché aveva come termini di paragone due compagni di squadra che rispondevano al nome di Jacky Oliver e Pedro Rodriguez.  


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AL MUSEO DI MARANELLO LA FERRARI CELEBRA LA SUA EPOPEA ALLA 24 ORE DI LE MANS

(14/1/2020) – Domani 15 gennaio apre al Museo Ferrari di Maranello la mostraFerrari at 24 Heures du Mans” che vuole celebrare settant’anni di vittorie della Casa del Cavallino Rampante alla mitica 24 Ore di Le Mans. Gli spazi espositivi ospiteranno alcuni tra i modelli che hanno contribuito a scrivere pagine memorabili della storia della gara di durata francese, come la 166 MM Barchetta Touring, la vettura che con Lord Selsdon e Luigi Chinetti si impose nel 1949 – primo successo del Cavallino in questa classicissima del motorsport – o la 488 GTE che si è aggiudicata nella propria categoria l’ultima edizione con Alessandro Pier Guidi, James Calado e Daniel Serra.
FERRARI, PRIMA VITTORIA ALLA 24 ORE DI LE MANS1 1949

Un omaggio, dunque, alle imprese di uomini, vetture e piloti che hanno conquistato, nel corso dei decenni, 36 vittorie, di cui 27 di classe e 9 assolute – l’ultima assoluta 55 anni fa, nel 1965, grazie al duo austro-americano Rindt e Gregory – ed un’occasione unica per poter ammirare da vicino il trofeo della celebre maratona che si disputa nel mese di giugno sul circuito de La Sarthe.

La mostra “Ferrari at 24 Heures du Mans” rimarrà aperta fino al 19 aprile 2020 ed affianca le mostre già presenti al Museo “Hypercars – L’evoluzione dell’unicità” e “90 anni – Scuderia Ferrari, la storia completa”. Orari: 9.30-18 (aprile 9.30-19.00).



LE MANS 1965: ULTIMA VITTORIA ASSOLUTA DELLA FERRARI CON RINDT E GREGORY


LA FERRARI 488 GTE VINCITRICE NEL 2019

I Musei Ferrari hanno segnato un nuovo record nel 2019, registrando più di 600.000 ingressi e una crescita di circa il 12% rispetto all’anno precedente. Entrambe le strutture espositive hanno beneficiato di un forte trend di crescita, che nel 2019 ha portato il MEF di Modena oltre i 200.000 visitatori e il Museo Ferrari di Maranello oltre i 400.000 visitatori. Il successo delle vendite del biglietto unico per entrambi i Musei, aumentate di oltre il 50% nel 2019 rispetto all’anno precedente, dimostra l’ottima risposta del pubblico alla crescente specializzazione delle due strutture. Il Museo di Modena celebra infatti la figura del fondatore, i motori e le vetture Ferrari Gran Turismo più eleganti ed esclusive , mentre il Museo di Maranello offre un’esperienza di visita alla scoperta della storia del Gruppo, della Scuderia Ferrari in Formula 1 e delle vetture sportive da pista e da strada più iconiche che hanno scritto e continuano a scrivere la storia del Cavallino Rampante.


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ALAIN PROST, 40 ANNI FA IL DEBUTTO F1 IN ARGENTINA

(13/1/2020) – Gran Premio d’Argentina, 13 gennaio 1980: al volante della Mc Laren il debutto in F1 un francesino di 24 anni, minuto e dal volto sbarazzino: Alain Prost. Il buon giorno si vede dal mattino: si classifica sesto e guadagna quindi subito un punto, dopo essersi qualificato in sesta fila, al pari del campione del mondo in carica Jody Scheckter su Ferrari, e aver relegato il più esperto compagno di squadra e prima guida John Watson tre file più dietro (in gara l’irlandese si sarebbe ritirato al quinto giro). La sostanza del futuro quattro volte iridato sta tutta qui. Sulla pista di Buenos Aires, molto selettiva, resa ancora più difficile dall’insidioso brecciolino sparso in molti punti a causa dell’asfalto cedevole per il gran caldo, si presentarono sotto la bandiera a scacchi solo in sette. Lui c’era. Quello che sarebbe stato definito il “Professore” per eccellenza del Circus cominciò in quell’assolato week end sudamericano a sciorinare le sue caratteristiche salienti: talento innato, buone doti di collaudo, indubbia velocità,  tatticismo, aggressività quando serve. Insomma, puntare al sodo senza strafare, preparando al meglio la vettura e massimizzando gli sforzi in gara.

 

La Mc Laren, allora ancora capitanata dal mitico Teddy Mayer ma alla vigilia della trasformazione in Mc Laren International e dell’ingresso in società di tal Ron Dennis, lo scelse quasi a colpo sicuro. Campione europeo di F3, aveva addirittura deciso di non accettare la possibilità offertagli sempre dalla Mc Laren di debuttare già a fine ’79 al Gran Premio d’Olanda e negli Stati Uniti. Non si sentiva ancora pronto. Nei test collettivi di fine dicembre 1979 al Paul Ricard si dimostrò invece più che pronto: il transalpino impressionò tutti per come padroneggiava la non eccelsa M29B e, segnale molto chiarificatore, surclassò anche in questa occasione il compagno Watson (miglior tempo 1’05”60 contro l’1’06”45 del preoccupato irlandese). La strada era segnata: poteva vincere il mondiale già nel 1983 (2° a due punti da Piquet) e nel 1984 (2° a mezzo punto da Lauda), si affermò invece nel 1985, primo francese a riuscirci, e nel 1986. Poi la difficile convivenza con Senna, un altro titolo contestato nel 1989, il passaggio alla Ferrari e il divorzio traumatico, l’esperienza deficitaria a capo di un Team che portava il suo nome, fino al ritorno nei ranghi dirigenziali alla “casa madre” Renault prima in Formula E e poi anche in F1. Una grande storia, leggenda della F1, iniziata 40 anni fa (compirà 65 anni il prossimo 24 febbraio).