(28/10/2019) – Gran Premio del Messico: vittoria Mercedes (numero 100!) o ha perso la Ferrari? Hamilton, a quota 83 vittorie, vede ormai il sesto titolo ma Vettel, pur buon secondo, non aveva lo stesso sorriso del Giappone a parità di piazzamento, né al box del Cavallino c’era aria di festa. Perché? Tutti erano consapevoli che, dopo la prima fila tutta rossa, la vittoria era possibile ma questa volta le strategie messe in atto si sono rivelate prudenti e perdenti. In sostanza: Hamilton ha osato l’undercut ed è passato presto alle hard che contrariamente a quello che si pensava hanno tenuto alla grande, mentre con Vettel, più a lungo in pista con le “gialle”, si è tergiversato qualche giro di troppo consentendo così all’avversario inglese di allungare quel tanto che si è rivelato alla fine decisivo. Peggio con Leclerc: doppia sosta – di nuovo gialle poi bianche – che non ha sortito effetto, anzi. Tanto che il monegasco alla fine ha riassunto così la sua esperienza messicana: “Devo imparare a essere più incisivo con le strategie, come Seb”. Certo, non ha aiutato rimanere invischiati nella lotta tra doppiandi Sainz-Gasly (vedi Vettel), né perdere tre secondi la box per uno pneumatico che non ne voleva sapere di essere fissato (vedi Charles) ma il punto, hanno ammesso tutti, non è questo. Al muretto è prevalsa la prudenza e non ha pagato e in più la Mercedes gode ancora di un certo vantaggio in fatto di passo gara, come d’altronde era emerso nei long run delle prove libere. Quindi è positivo il fatto che comunque Vettel sia riuscito almeno a rintuzzare il deciso attacco di Bottas, ma…
E Verstappen? Continua a deludere, dà l’impressione di aver un po’ mollato psicologicamente. Sia in Giappone, dove la Honda contava su una prestazione memorabile, sia in Messico, dove comunque è stato protagonista in qualifica, l’olandese ha preteso troppo già alla prima curva e ne è rimasto “scornato”. Una grande rimonta, certo, fino alla sesta posizione – dietro il compagno di squadra Albon, molto concreto – ma sembra essere tornato agli atteggiamenti alla “o la va o la spacca” dei primi ardori che mal si conciliano con le aspettative del Team. Soffre nel non essere della partita mondiale, lascia trapelare una certa scontentezza, magari strizza l’occhiolino a Mercedes e Ferrari in ottica 2021. Si vedrà. Complimenti se li merita il sempre redditizio Perez che, dopo la delusione dello scorso anno, sulla “caliente” pista di casa ha strappato con i denti una buona settima piazza che, tra l’altro, marca la differenza con il volenteroso ma più lento compagno di squadra Stroll, dodicesimo. Una boccata d’ossigeno anche per la Renault a punti con Ricciardo (8°) e Hulkenberg (10°): serviranno, almeno così si spera, per difendere ai piani alti della Regie la partecipazione finora assai deficitaria al campionato di F1. Bene il ritrovato Gasly (9°) sulla Toro Rosso, più in difficoltà Kvyat (11°). Infine le note negative: su questo versante, a far compagnia alla derelitta Williams, sembrano essere precipitate l’Alfa Romeo Racing e la Haas entrambe in preoccupante e inspiegabile decadimento prestazionale. Forse non è un caso che ciò si stia verificando parallelamente alle voci, più o meno forti, sul loro futuro che oscilla tra un passo indietro dell’Alfa Romeo e un ripensamento complessivo degli americani quest’anno alle prese con i problemi legati al main sponsor.
Pochi giorni e sarà già GP USA. A Austin, quindi nella sua adorata America, Hamilton potrà probabilmente apporre il sesto sigillo iridato ad una carriera formidabile. Un campione dal grande talento, eclettico, smart e, sì, anche fortunato. Ma è la fortuna dei forti dentro, di chi crede in se stesso. Nel suo mirino c’è Michael Schumacher: nel 2020 potrebbe eguagliare il record di sette mondiali che appartiene al tedesco simbolo degli anni 2000. Lewis è il Re assoluto dell’era ibrida. Gli manca un’emozione rossa.