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HAPPY BIRTHDAY / STIRLING MOSS 90 ANNI DI PURA LEGGENDA

(17/9/2019) – Tempi eccezionali. Un paio di mesi prima che Enzo Ferrari costituisse la Scuderia che portava il suo nome, il 17 settembre del 1929, in quel di Londra, nasceva tal Stirling Moss. Quel pargolo anglosassone, che oggi compie 90 anni, sarebbe diventato un fuoriclasse dell’automobilismo, un’autentica leggenda, uno dei più grandi piloti di tutti i tempi. Classe pura, la velocità nel sangue, cuore impavido. L’ultimo eroe di un’epoca sempre più remota ma non per questo perdente fascino. Il talento cristallino – Rally di Montecarlo compreso –  lo portò al debutto in F1 già all’età di 21 anni, Gran Premio di Svizzera, al volante di una HWA-Alta. Fu solo l’inizio. La sua storia è storia del motorsport. Ha sfidato fino alla fine campioni del calibro di Fangio, che sarà il suo più acerrimo rivale, Collins, Hawthorn, Brooks. Ha corso con Ascari e Villoresi, Musso e Farina, Behra e Trintignant. Si è messo al volante di Maserati e Mercedes (che gli ha dedicato un modello stradale SRL), nonché delle amate inglesi Vanwall, Cooper e Lotus, alla quale regalerà il primo successo, nel 1960 aMontecarlo.


Caratterizzato dal sodalizio con Rob Walker, aveva un solo obiettivo: vincere gare e vincere il campionato del mondo. Di gare ne ha vinte 16 (altrettante pole positions) ma è risaputo: resterà nella storia anche come “l’eterno secondo”. Dal 1955 al 1958 a sbarrargli la strada verso l’ambito titolo, che avrebbe certamente meritato, ci si è messo l’altro fuoriclasse, l’argentino Fangio e, nel 1958, il connazionale Hawthorn su Ferrari. Poi tre terzi posti, poi nel 1960 un bruttissimo incidente a Spa (tornò in pista dopo sole 7 settimane), poi Goodwood. Il lunedì di Pasqua del 1962 – era il 23 aprile – rimase vittima di un terrificante incidente durante una gara di F1 non titolata. Un errore, un guasto meccanico, una incomprensione con Graham Hill- chissà – spedirono la Lotus di Moss, dritta verso un terrapieno – tipo Schumacher a Silverstone nel 1999 – con esiti disastrosi ma miracolosamente non fatali. Dopo il coma e la paralisi, venne dimesso dall’ospedale e tutta l’Inghilterra tirò un sospiro di sollievo per quel suo figlio-eroe, portacolori amatissimo e idolatrato. Un anno dopo riprovò ad essere Moss, ma si accorse di non esserlo più e ne tirò le somme. Sportivamente. Questa, in sintesi, l’essenza della sua carriera, della sua vita. E’ mancato, come detto, il titolo ed è mancata un’esperienza in Ferrari, alla quale era ormai vicinissimo per la stima di cui godeva presso il Drake ma che l’incidente non permise. Un vero peccato. Cento di questi anni, Sir Moss!


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