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GRAN PREMIO DI GERMANIA, RINASCIMENTO FERRARI

(26/7/2019) – Il Gran Premio di Germania per la Ferrari è storicamente occasione di rinascimento, orgoglio, grandi e rivitalizzanti imprese. Quest’anno è chiamata all’ennesimo riscatto, forse l’ultimo prima che le portentose Mercedes – per l’occasione in white half livery per i 125 anni di competizioni -prendano definitivamente il volo in questo campionato. Al limite, almeno per respingere l’assalto della Red Bull Honda in forte crescita. Sebastian Vettel, poi, torna sul luogo del “delitto”: nel 2018 con la sua inopinata uscita di pista diede il via al suo personale periodo nero dal quale, per la verità, non sembra ancora venuto fuori. Il tamponamento di Verstappen a Silverstone lo dimostra. Le performances del giovane Leclerc lasciano ben sperare in un Gran Premio, quello di Germania appunto, che per la Ferrari molto spesso ha assunto il significato della svolta (e anche del dramma se si pensa al rogo del 1 agosto 1976 della 312T2 di Niki Lauda al Nurburgring).
1974
1977
1982


1994

Nei primi anni ’50, Ascari, Farina e Fangio dettavano legge. Al Nurburgring Ascari vinse la sua prima gara e matematicamente il primo titolo mondiale nel 1953; nel 1952 si registrò un meraviglioso poker di Ferrari 500 ai primi quattro posti. Nel 1959 si corse all’AVUS e gli annali riportano un terzetto rosso ai primi tre posti: Brooks, Gurney, Phil Hill. Nel 1963 e 1964 John Surtees legittimò il suo golden moment con due grandi vittorie consecutive: rispettivamente la prima in carriera – che segnò anche il ritorno al successo della Rossa dal 1961 ! – e quella coincidente con l’annata iridata dell’ex centauro inglese. Nel 1972 la Ferrari versava in una crisi inestricabile. Ebbene, due grandi piloti come Ickx e Regazzoni si classificarono al primo e secondo posto al Nurburgring regalando ossigeno puro alla casa di Maranello (e l’ultima vittoria del fuoriclasse belga in F1). Nel 1974 Clay si sublimò con una delle sue corse più belle ed eroiche che tenne in lizza la Ferrari per la vittoria finale sfumata, come noto, a favore di Fittipaldi solo per il tonfo del Glen. Non di poco conto anche la vittoria nel 1977 ad Hockenheim: un anno dopo l’incidente alla curva Bergwerk Niki Lauda trionfò sul circuito tedesco alternativo al mitico ma ormai anacronistico anello del Ring ponendo una seria ipoteca al titolo. Di grande valore il successo di Patrick Tambay nel 1982: il giorno dopo il terribile incidente di Pironi e nell’anno della scomparsa di Villeneuve, la Ferrari sollevò la testa per guardare inevitabilmente avanti. Aria di riscossa anche nel 1994 quando Berger riportò al successo la Rossa a digiuno dal 1990 (!) e diede prova di forza mentale, lui così prostrato dalle morti degli amici Ratzenberger e Senna. Che dire della epica vittoria di Barrichello nel 2000, quando il brasiliano rimase in pista nonostante la pioggia e vinse la sua prima gara tenendo dietro il duo Mc Laren – Mercedes e dando così respiro a Schumacher ritirato per il tamponamento di Fisichella allo start. Insomma, per la Rossa è più che mai tempo di scrivere una pagina di rinascita.

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