(3/7/2019) – La morte di Ayrton Senna, l’1 maggio 1994, oltre a sconvolgere milioni di fan e di sinceri appassionati del brasiliano, produsse l’effetto del gran ritorno in F1 di un certo Nigel Mansell con la Williams. Dopo un trionfale 1993 in Formula Cart americana, il “campione dei due mondi” accettò l’offerta di Sir Frank che a fine 1992 – anno del dominio – l’aveva lasciato andare per insanabili dissidi sull’entità dell’ingaggio. Il 3 luglio 1994, il Leone d’Inghilterra tornò dunque ad indossare casco, tuta e guanti al Gran Premio di Francia a Magny Cours. Una scelta coraggiosa da ambo le parti, visto che Nigel era a mezzo servizio in quanto ancora impegnato negli USA e inoltre a digiuno di F1 da un anno e mezzo. In più, quella Williams, la famosa, tragica FW16 firmata Adrian Newey, non godeva di molta fiducia in quanto aveva misteriosamente tradito il più grande di tutti, spedendolo in maniera ferale contro il muro del Tamburello.
L’altro pilota Williams, Damon Hill, non ancora del tutto preparato o sufficientemente sostenuto nella sfida con il lanciatissimo Michael Schumacher su Benetton, fu l’unico alfiere della Scuderia inglese nella gara successiva a quella di Imola, Montecarlo, ma dal Gran Premio di Spagna fu affiancato dall’allora giovanissimo pilota collaudatore David Coulthard. Lo scozzese accettò il difficile incarico – mentre il connazionale Derek Warwick rifiutò – e corse altre sei gare. In Francia, Mansell si piazzò subito in prima fila col secondo tempo ma dovette ritirarsi al 44 giro per problemi al cambio. Tornò ancora nelle tre gare finali: Jerez (Gp Europa), Suzuka e infine Adelaide, la gara dello scontro Schumi-Hill, dove l’inglese assestò l’ultima zampata vincente in F1 (tanto da meritarsi per l’anno successivo la chiamata della Mc Laren, connubio che però non ebbe successo).