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DANIIL KVYAT, A VOLTE RITORNA

(31/7/2019) – Il terzo posto di Daniil Kvyat a Hockenheim è stato accolto positivamente da tutto l’ambiente. Il pilota russo, 25 anni, poliglotta, neo papà di Penelope avuta dalla lieson con Kelly, figlia di Nelson Piquet, è simpatico, ha sicuramente talento – nel 2013 è stato campione GP3 – e forse in Germania è definitivamente risorto dopo anni molto difficili a seguito del noto “declassamento” nel 2016 dalla vincente Red Bull alla minore Toro Rosso. Era arrivato alla corte di Marko e Horner un anno prima, proveniente dalla Toro Rosso, in anticipo a quanto prevedibile, ma a Milton Keynes dovettero fare subito i conti con la decisione del campionissimo Vettel di passare alla Ferrari. Un nota di buon auspicio per Daniil: in quell’anno il risultato più eclatante lo ottenne proprio all’Hungaroring, domenica teatro del prossimo Gp, dove si classificò ottimo secondo davanti al compagno di squadra Ricciardo. Nel 2016 salì sul podio in Cina – terzo – anche se battibeccando con Vettel che lo accusava di un sorpasso troppo aggressivo. Poi il fattaccio di Russia: sulla pista di casa fu protagonista di un doppio inspiegabile tamponamento sempre ai danni del ferrarista Vettel che andò a lamentarsi di un simile comportamento al muretto Red Bull. Ne scaturì la decisione di retrocederlo di nuovo in Toro Rosso, ma la verità è che Marko voleva puntare da subito sull’astro Verstappen che, effettivamente, da lì a poco lo ripagò con una vittoria epica a Barcellona.
HUNGARIAN GP 2015: KVYAT SECOND PLACE
Per il russo di Ufa, invece, iniziò un percorso introverso che nel 2017 toccò il culmine negativo con la sostituzione prima con Gasly e poi con Hartley fino al licenziamento. La scialuppa di salvataggio gliela calò la Ferrari: un po’ a sorpresa la Scuderia di Maranello lo ingaggiò quale pilota di collaudo e sviluppo 2018. Un’esperienza che lo ha indubbiamente maturato, rivitalizzato, gasato e quindi fatto trovare pronto alla nuova chiamata da Faenza per essere titolare Toro Rosso 2019. Un felice connubio: Kvyat è in crescita e si è esaltato in un gara per duri e il team non saliva sul podio addirittura dalla famosa vittoria di Vettel, sempre sul bagnato, a Monza nel 2008. Ora già si parla di un ritorno alla casa madre, a fianco di Verstappen. Un consiglio: pensi a godersi il momento e la piccola figlia! “E’ incredibile tornare sul podio, in questa che potrebbe essere considerata la mia “seconda carriera”. Ho pensato che non sarebbe mai più successo nella mia vita. Provo un grande mix di emozioni  e ora ho bisogno di un po’ di tempo per affrontare il tutto”. Ora, se il trend di Gasly non dovesse salire, si parla già di un ritorno alla casa madre, a fianco di Verstappen. Un consiglio: pensi a godersi il momento e la piccola figlia!

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POST GERMAN GP / VERSTAPPEN SULLA CRESTA DELL’HONDA, FERRARI SALVA L’ONORE, MERCEDES IN TILT

(30/7/2019) –  Quando capitano pazze gare bagnate come il Gran Premio di Germania di ieri non è facile decidere da dove cominciare. Intanto, onore ai vincitori Max Verstappene la ormai ritrovata Honda; poi chapeau anche alla Ferrari e a Seb Vettel, da ultimo a secondo; infine un bravo a Danil Kvyat, il russo di Roma, nonchè neo papà di Penelope, di nuovo sul podio (terzo) da Shanghai 2016 (battibecco con Vettel, ricordate?). Detto questo, se sabato nel box Ferrari si respirava aria pesante, ieri in quello Mercedes vigeva il coprifuoco. Una simile debacle delle frecce d’argento – Hamilton nelle retrovie, Bottas a muro – non succedeva da molto tempo e il fatto che si sia verificata nel gp di casa, sotto gli occhi del nuovo Boss della Stella, in occasione del 125° della loro storia nel motorsport ha reso il ko particolarmente umiliante. Vorrei aggiungere subito: peccato per Leclerc – fuoripista mentre era in grande rimonta – vittima del suo giustificabile ardore giovanile e peccato per Hulkenberg – anche lui a muro – che proprio in casa poteva finalmente salire per la prima volta in carriera sul podio e far sorridere gli uomini Renault. Un bravo se lo merita anche Lance Stroll che stavolta ha dato la paga al teammate Perez grazie ad una prova coraggiosa e “tosta” che gli è valso il quarto posto. Di nuovo a punti entrambe le Alfa Romeo poi decurtati ma in attesa di appello, con un Kimi Raikkonen davvero su di giri e a momenti quasi in testa alla gara!

 

Ma torniamo a sabato. Quello che è successo alla Ferrari durante la fase calda delle qualifiche – problemi al turbo per Vettel, alla pompa della benzina per Leclerc – è chiaramente inaccettabile. Jean Todt, in diretta TV, scuoteva la testa incredulo. Intoppi non troppo gravi poi risolti, come si è visto in gara, ma che hanno costretto i piloti a rinunciare ad una prima, massimo seconda fila del tutto alla portata. Di più: se a Montecarlo fu Leclerc a subire una delusione a causa di un macroscopico errore strategico del muretto, stavolta i guai tecnici si sono accaniti sul pilota di casa, Seb, tra l’altro già in crisi psicologica, costretto a partire per ultimo. Niente male come aiuto. La SF90 cresce ma si è detto: bisogna verificare la fase di lavorazione dei pezzi. E’ la stessa cosa che successe e si disse ai tempi di Marchionne che dopo il ko di Vettel per una candela da 59 euro nel Gp del Giappone 2017 volle un responsabile qualità dei pezzi forniti. Insomma, la verità è che la Ferrari continua a pagare lo scotto di troppe, continue riorganizzazioni interne, con l’aggravante della perdita di un Presidente esigente e molto presente come era Marchionne. Binotto, che ha avvicendato Arrivabene, sta ancora scegliendo i suoi uomini; Resta è andato alla Sauber/Alfa Romeo e ora torna per pensare alla monoposto 2020. Mai visti tanti errori nei pit-stop del Cavallino. Serve, a tutti i livelli, un gruppo stabile, rassicurato, cementato. La pressione è tanta, serve un clima più sereno, Servono inoltre vertici competenti e “politicamente” pesanti in vista, tra l’altro, delle definizione delle regole future. Cesare Fiorio ancora non si capacita  di come la Ferrari abbia potuto accettare – aveva potere di veto – il varo dell’era ibrida non avendo, a differenza della Mercedes, esperienza nel campo. Non bisogna ripetere lo stesso errore ma ora, tornando alla pista, una bella prova a Budapest, prima della pausa estiva e dell’uno-due prestigioso di Spa e Monza, potrebbe davvero rimettere in sesto una stagione e un morale fin qui al di sotto delle aspettative e dei tacchi.

 

Non bisogna mai consolarsi con i guai altrui ma la disfatta della Mercedes fa capire che neanche una macchina da guerra così oliata e perfetta come quella di base a Brackley è imbattibile ed esente da momenti di impazzimento. Come succede spesso, quando le variabili diventano multiple e il muretto non gli fornisce il giusto coordinamento – incredibile la “crisi” al box durante uno dei pit stop – il pole man Hamilton perde la rotta e affonda. Le slick, in particolare, non hanno funzionato ma è andato tutto storto e, nel caos, nessuno è stato capace d ergersi a lucido salvatore della giornata. Hanno detto che dovranno riflettere e dovrà riflettere anche Bottas. Ancora battuto in qualifica da Hamilton, con il suo errore alla prima curva il finlandese ha incredibilmente gettato alle ortiche punti pesanti che gli avrebbero consentito di riavvicinare Lewis in classifica e, contemporaneamente, di allontanare la sempre più ingombrante presenza di Ocon in odore di promozione a pilota titolare. L’arrabbiatura di Toto Wolff in veste di Neubauer è di quelle che devono preoccupare (non per niente Valtteri si è già ri-offerto alla Ferrari…).

A Budapest, ora: dopo lo show di Silverstone e i fuochi d’artificio di Hockenheim sarebbe bello vedere una nuova avvincente tappa. Lì, come noto, non si supera ma andatelo a dire a Max e Charles: non sarebbero molto d’accordo!
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GRAN PREMIO DI GERMANIA, RINASCIMENTO FERRARI

(26/7/2019) – Il Gran Premio di Germania per la Ferrari è storicamente occasione di rinascimento, orgoglio, grandi e rivitalizzanti imprese. Quest’anno è chiamata all’ennesimo riscatto, forse l’ultimo prima che le portentose Mercedes – per l’occasione in white half livery per i 125 anni di competizioni -prendano definitivamente il volo in questo campionato. Al limite, almeno per respingere l’assalto della Red Bull Honda in forte crescita. Sebastian Vettel, poi, torna sul luogo del “delitto”: nel 2018 con la sua inopinata uscita di pista diede il via al suo personale periodo nero dal quale, per la verità, non sembra ancora venuto fuori. Il tamponamento di Verstappen a Silverstone lo dimostra. Le performances del giovane Leclerc lasciano ben sperare in un Gran Premio, quello di Germania appunto, che per la Ferrari molto spesso ha assunto il significato della svolta (e anche del dramma se si pensa al rogo del 1 agosto 1976 della 312T2 di Niki Lauda al Nurburgring).
1974
1977
1982


1994

Nei primi anni ’50, Ascari, Farina e Fangio dettavano legge. Al Nurburgring Ascari vinse la sua prima gara e matematicamente il primo titolo mondiale nel 1953; nel 1952 si registrò un meraviglioso poker di Ferrari 500 ai primi quattro posti. Nel 1959 si corse all’AVUS e gli annali riportano un terzetto rosso ai primi tre posti: Brooks, Gurney, Phil Hill. Nel 1963 e 1964 John Surtees legittimò il suo golden moment con due grandi vittorie consecutive: rispettivamente la prima in carriera – che segnò anche il ritorno al successo della Rossa dal 1961 ! – e quella coincidente con l’annata iridata dell’ex centauro inglese. Nel 1972 la Ferrari versava in una crisi inestricabile. Ebbene, due grandi piloti come Ickx e Regazzoni si classificarono al primo e secondo posto al Nurburgring regalando ossigeno puro alla casa di Maranello (e l’ultima vittoria del fuoriclasse belga in F1). Nel 1974 Clay si sublimò con una delle sue corse più belle ed eroiche che tenne in lizza la Ferrari per la vittoria finale sfumata, come noto, a favore di Fittipaldi solo per il tonfo del Glen. Non di poco conto anche la vittoria nel 1977 ad Hockenheim: un anno dopo l’incidente alla curva Bergwerk Niki Lauda trionfò sul circuito tedesco alternativo al mitico ma ormai anacronistico anello del Ring ponendo una seria ipoteca al titolo. Di grande valore il successo di Patrick Tambay nel 1982: il giorno dopo il terribile incidente di Pironi e nell’anno della scomparsa di Villeneuve, la Ferrari sollevò la testa per guardare inevitabilmente avanti. Aria di riscossa anche nel 1994 quando Berger riportò al successo la Rossa a digiuno dal 1990 (!) e diede prova di forza mentale, lui così prostrato dalle morti degli amici Ratzenberger e Senna. Che dire della epica vittoria di Barrichello nel 2000, quando il brasiliano rimase in pista nonostante la pioggia e vinse la sua prima gara tenendo dietro il duo Mc Laren – Mercedes e dando così respiro a Schumacher ritirato per il tamponamento di Fisichella allo start. Insomma, per la Rossa è più che mai tempo di scrivere una pagina di rinascita.

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SERGIO MARCHIONNE, UN ANNO DOPO LE SUE FRASI INSEGNANO

(25/7/2019)Sergio Marchionne, ad un anno improvvisa morte, poteva sembrare freddo e burbero. Ma non lo era, lo vedremo in alcune sue frasi significative che restano quale eredità verbale del manager italo-canadese. “Chi comanda è solo”, disse, e chi è al potere ed è solo viene visto in un certo modo. Per la Ferrari, però, nutriva un amore dolcissimo e, nello stesso tempo, viscerale per quanto contenuto dal suo forzato aplomb. Ne aveva preso le redini dal 2015 dopo aver affrontato a muso duro il patriarca che vi regnava dal 1991 e cioè Luca Cordero di Montezemolo. Un frangente antipatico ma figlio dei tempi che portarono la Ferrari alla quotazione in Borsa a Wall Street (e a Milano) e poi allo spin-off dalla galassia FCA. Poi ha vissuto il finale di partita di Alonso, l’era Arrivabene, l’arrivo di Vettel – un’operazione che doveva eguagliare i fasti schumacheriani – la gestione di un altalenante Raikkonen, il varo della linea orizzontale e tricolore per i nuovi quadri tecnici della Rossa, il ritorno dell’Alfa Romeo via Sauber. Cose grosse, come si vede. Ma voleva vincere, essere in qualche modo degno del fondatore Enzo Ferrari per il quale nutriva una sincera e profonda venerazione, lasciare un segno, promuovere una nuova concezione del lavoro. Non ne ha avuto il tempo.
“Ho lavorato anche per cose che non mi hanno gratificato, essere qui è invece una grande fortuna. La Ferrari è la cosa più bella che mi sia capitata”
“Io devo dare discontinuità e questo potrebbe non piacere a tutti”

“Solo chi ha nel sangue la passione Ferrari darà tutto per tornare primi. Voglio seguire lo stesso schema che ha funzionato in Fiat e Chrysler, eliminare le gerarchie, puntare su persone in azienda che sono pronte a dare l’anima per noi. La Ferrari ha le risorse interne sufficienti per farcela, Binotto è chiaramente una di queste. È il mio ultimo grande obiettivo: vincere in Formula 1, un traguardo non negoziabile”
“La Ferrari per ragioni storiche si è guadagnata il diritto di rappresentare il DNA di questo sport, non ci interessano ragioni commerciali che possano diluire tale DNA, Liberty ci lasci lavorare, non tocchi le questioni tecniche, di queste cose non ne capisce un tubo
“Pensare che Enzo Ferrari sia nato nell’800 pare incredibile. La sua lezione è più che mai attuale e la sua modernità assoluta. Era un uomo con capacità di visione e di gestione di persone e delle risorse fuori dal comune, oltre che forte di spirito imprenditoriale e coraggio eccezionali. Viene da chiedersi quali traguardi avrebbe potuto raggiungere se avesse avuto a disposizione i mezzi tecnici e le conoscenze dei nostri giorni. Il segno che ha lasciato nel mondo resta motivo di orgoglio per tutti noi alla Ferrari e per l’Italia intera”
“La cosa importante per la Ferrari non sono soltanto i risultati economici, ma vincere in F1. Per noi è essenziale nei mercati rappresentare una Ferrari vincente in F.1. E questo è un punto non negoziabile; è un obiettivo assolutamente chiaro e non possiamo accettare una situazione diversa da questa. Non voglio vedere gente in settima posizione o dodicesima”
“L’efficienza non è e non può essere l’unico elemento che regola la vita. C’è un limite oltre il quale il profitto diventa avidità e chi opera nel libero mercato ha il dovere di fare i conti con la nostra coscienza”






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DIECI ANNI FA IN UNGHERIA L’INCIDENTE CHE CAMBIO’ LA CARRIERA E LA VITA DI FELIPE MASSA

(25/7/2019) – Gran Premio d’Ungheria, 25 luglio 2009, dieci anni fa, che incidente. Termine delle qualifiche Q2. Felipe Massa su FerrariF60 segue la Brown Gp del connazionale Barrichello che comincia a perdere pezzi dal posteriore. Una molla piomba come un grosso proiettile sul casco del ferrarista che, a 260 km/h, riesce a malapena a rallentare un po’ la Rossa prima di finire fuori pista alla curva 4. L’esito di questa dinamica è drammatico: il ferrarista viene trasportato in elicottero, dolorante ma cosciente, all’ospedale AEK di Budapest dove gli viene riscontrata una commozione cerebrale, lesione ossea e un brutto taglio e viene sottoposto ad intervento chirurgico per poi essere sedato in attesa del delicato decorso. Un incidente pazzesco, terribile, che solo per molta fortuna non ha sortito effetti ben più devastanti. Solo sei giorni prima, uno pneumatico volante finito sul casco di Henry Surtees, figlio del grande campione inglese, aveva ucciso la giovane promessa impegnato in una gara di f2 a Brands Hatch.
Massa, grazie a Dio, superò il momento ma, di fatto, quel giorno la sua carriera in F1 subì un’inversione negativa dalla quale non si è mai ripreso. Il campionato 2009 per lui finì all’Hungaroring, sostituito da Badoer e poi da Fisichella con addirittura il clamoroso tentativo – fallito –  di riportare a Maranello Michael Schumacher. Nel 2010, poi, arrivò quale suo compagno di squadra Fernando Alonso che, forte di una personalità debordante rispetto al mite Felipe, prese il sopravvento oscurando completamente il quasi campione del mondo 2008 che, alla fine, passò alla Williams. Questa la cronaca sportiva dell’evento. Poi ci sono le conseguenze intime. Tempo dopo Massa spiegò che la tempra di pilota non aveva risentito di quanto accaduto, diversamente dalla sfera personale: “A cambiare è stato il mio rispetto della vita. Quando sei su un letto d’ospedale realizzi il valore più prezioso che abbiamo, la vita, e le persone sulle quali puoi davvero contare”.
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HAAS F1, MANCA UN TOP DRIVER

(23/7/2019) – Haas F1 Team porterà ad Hockenheim un nuovo pacchetto aerodinamico che debutterà sulla monoposto di Magnussen. E’ auspicabile che le soluzioni di Steiner & C. riescano a dare una svolta positiva alla stagione della scuderia americana. Leggere nei giorni scorsi la parola “ritiro” – smentito comunque dai diretti interessati – è stato davvero triste per una compagine nata con molte e fondate aspettative ma che al quarto anno di F1 si ritrova migliore solo della derelitta Williams (in leggero progresso). E questo dopo aver centrato nel 2018 il miglior risultato assoluto, quinta nella classifica Costruttori. La VF-19 non è nata bene nel senso che ben presto si è dimostrata carente di carico aerodinamico, il che ha innescato il difficilissimo adattamento alle cosiddette finestre di funzionamento dei nuovi pneumatici Pirelli. Steiner, in questo senso, è stato già molto duro: “Così non è più F1”. Ma i necessari lavori di miglioramento avviati sulla monoposto denotano anche talune pecche ingegneristiche e a queste si sta cercando di porre rimedio. D’altronde è un tunnel che anche la Ferrari ha attraversato. Ma può essere che il Team paghi anche scelte chiamiamole strutturali che alla lunga non si sono rivelate idonee.
Parliamoci chiaro: tutti vorrebbero avvalersi di un telaio Dallara e di un motore Ferrari e l’Haas ce li ha. Non ha certo i budget di Ferrari e Mercedes o anche Red Bull, ma non è nemmeno in cattive acque finanziarie. Quest’anno non ha funzionato, o almeno sta producendo turbolenze, la scelta dello sponsor Rich Energy che per beghe interne si è dissolto rimpiazzato da una nuova compagine societaria che farà debuttare il marchio Lightning Volt. Non in Germania, però: questioni legali per ora non consentiranno il cambiamento (anche del colore della livrea?). Poi il discorso scivola inevitabilmente sui piloti. Un team al debutto in un contesto così competitivo dovrebbe fare il “sacrificio” di mettere sotto contratto un top driver, che assicuri esperienza e punti preziosi. Un po’ quello che sta facendo Raikkonen all’Alfa Romeo Racing. Nel 2016 la Haas si è affidata a Grosjean e Gutierrez. Il messicano è sparito e il francese per l’ennesima volta è “sotto processo” per il rendimento al di sotto delle aspettative. Dal 2015 c’è Magnussen che, a parte alcuni acuti, non sembra però poter assicurare più di tanto. Da loro nessun podio. Molta visibilità invece per screzi con i colleghi (vero Kevin?), per gomitate tra compagni di squadra (Steiner incacchiato come una bestia) o per errori assurdi (vero Romain, vedi Baku e più recentemente Silverstone). Insomma da questo punto di vista bisognerebbe intervenire e infatti si parla di Ocon ma più probabilmente di Perez in arrivo o di Hulkenberg in valutazione.
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PARIGI-ROUEN, 125 ANNI FA LA PRIMA “GARA” AUTOMOBILISTICA

(22/7/2019) – Mentre la F1 pensa alla evoluzione 2021 per confermarsi la massima formula automobilistica, la storia fa 125: tanti sono gli anni che oggi ci distanziano da quella che viene considerata a tutti gli effetti la prima gara tra auto, l’evento antesignano dei moderni grand prix: la Parigi – Rouen del 22 luglio 1894. La novità sta tutta nella presentazione dell’ideatore della manifestazione, il Petit Journal, e cioè “concorso per vetture senza cavalli”, ed inoltre nelle regole di ammissione. Per esempio, il concorrente doveva riuscire a percorrere una cinquantina di chilometri in massimo quattro ore e i veicoli dovevano essere, oltre che “non pericolosi”, azionati da sistemi di propulsione meccanici. I candidati presentarono mezzi a vapore, a petrolio, semi-elettrici, a gas. Ricco il montepremi pari a 10.000 franchi-oro: 5.000 franchi al primo, più altri quattro di 2.000, 1.500, 1.000 e 500 franchi-oro. Si iscrissero in 102 ma vennero ammessi alla gara in 21. Insomma, stiamo parlando degli albori della motorizzazione, dei pionieri della velocità, dei germogli delle competizioni motoristiche.
Il 18 luglio i veicoli vennero esposti a Neuilly, ammirati da una folla ragguardevole. Fino al 21 luglio si effettuarono le prove di qualificazione che definirono le  auto ammesse alla partenza del 22 luglio alle ore 8,00, 126 Km verso Rouen, via Mantes. Tra ali di folla festante, giunsero al traguardo in 17 (4 ritiri), l’ultimo arrivò in serata. La classifica finale non potè che essere piuttosto approssimativa, ma il trattore a vapore De Dion-Bouton, di Albert De Dion, risulterebbe essere stato il più veloce in 6 ore e 48 minuti per quanto poi considerato poco maneggevole come invece richiesto. A vincere fu Albert Lemaitre alla guida di una Peugeot Type 7 a petrolio. Poco male, il dado era tratto: l’uomo cominciava a muoversi sempre più velocemente su mezzi meccanici e lo spirito agonistico induceva a sfidarsi anche sulla base di  questa portentosa innovazione. Il 24 luglio 1897, il passo successivo: la più organizzata Parigi-Dieppe di 171 chilometri. Poi il secolo nuovo, il marcato progresso, le corse, le auto più moderne e potenti, i piloti professionisti.


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NUOVE PISTE IN SPAGNA E ITALIA, MA NON SI CORRE

(19/7/2019) – Nuove piste nascono o si sviluppano, in Spagna e Italia, ma lì non si correrà. Parliamo del Centro Prove di Nokian Tyres a Santa Cruz de la Zarza, a circa un’ora di auto a sud di Madrid, e del Nardò Technical Center, la pista circolare unica al mondo, dal 2012 di proprietà di Porsche Engineering, in provincia di Lecce.

SANTA CRUZ DE LA ZARZA – SPAGNA. L’investimento da 60 milioni di euro della casa finlandese produttrice di pneumatici, a termine nel 2020, permetterà di effettuare test su pneumatici estivi, all-season ed invernali durante tutto l’anno. L’impianto sarà all’avanguardia e prevede, tra le 10 soluzioni previste, una pista ovale con curve inclinate lunga oltre 7 chilometri che permetterà di provare pneumatici a velocità fino a 300 km/h. Gli strati superiori del terreno sono stati rimossi e i macchinari hanno aperto i cantieri delle piste; inoltre la sopraelevazione della curva posta a sud e il lavoro sul terreno sono pronti per cui il prossimo passo consiste ora nella sottile profilazione e nella posa dei primi strati di asfalto. La nuova area di test sarà la terza di Nokian Tyres e completa la rete di collaudo degli pneumatici esistente, che consiste in un sito di 700 ettari a Ivalo, in Finlandia, e un sito vicino alla sede finlandese di Nokia. L’Azienda scandinava aprirà presto una nuova fabbrica in Nord America.

NARDO’ – ITALIA. L’impianto salentino di Nardò riapre dopo i lavori di ristrutturazione e valorizzazione durati sette mesi con un investimento di 35 milioni di euro. E’ la pista un tempo di proprietà FIAT dove anche la Ferrari di Niki Lauda nel 1977 e la Rossa di Jean Alesi nel 1992 effettuarono prove per ottenere riscontri altrove impossibili. La Pista Circolare Auto, lunga 12,6 km, è stata riasfaltata ed è stato installato anche un innovativo sistema guardrail, appositamente sviluppato da Porsche Engineering per i test ad alte prestazioni. I lavori hanno riguardato anche la ristrutturazione completa della Pista Dinamica Auto, con la sua superficie di 106.000 mq.Tra i clienti del centro ci sono più oltre 90 società che operano nell’automotive, case automobilistiche e altre aziende di settore, che utilizzano l’impianto per svariati test in condizioni estreme. La sua particolare inclinazione, infatti, fa sì che alla cosiddetta velocità neutra, diversa per ciascuna delle quattro corsie –  quella più esterna ha una velocità neutra di 240 Km/h – sia possibile guidare come su un rettilineo, senza sterzare.
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NUOVA LOTUS EVIJA, ELETTRICA MA…LOTUS!

(17/7/2019) Ecco Lotus Evija, la nuova hypercar full elettric presentata a Londra che segna una svolta per la mitica Casa britannica dal 2018 proprietà della cinese Geely. Il nome significa “la prima della storia” e il modello – realizzato in soli 130 esemplari – vuole stupire: quattro motori elettrici by XTrac, 2000 CV tenuti a bada da un software by Williams e dalla funzione Torque Vectoring, da 0 a 100 km/h in meno di 3 secondi, 320 km/h di velocità massima. Il prezzo? Oscilla tra 1,5 e 2 milioni di sterline al netto delle tasse, circa 2,7 milioni di euro. Prime consegne nel 2020. E’ una supersportiva, ultra ribassata (10,5 cm da terra), dalle linee aerodinamiche spinte e in grado di creare l’effetto Venturi per incollarla all’asfalto, spoiler posteriore mobile. Insomma, adatta alla pista. Non ha maniglie, le portiere si aprono con telecomando. Gli specchietti sono sostituiti da due schermi che riproducono le riprese di telecamere esterne. Cruscotto digitale, cinque modalità di guida, fino alla più estrema e adrenalinica.

E la imprescindibile leggerezza delle Lotus? Il peso è di 1680 kg dovuto al telaio monoscocca in fibra di carbonio. Poi la domanda d’obbligo per una elettrica: l’autonomia. Ebbene, le batterie di cui è dotata assicurano 400 km (ciclo WLTP) e le stesse possono essere ricaricate in 18 minuti a 350 kw. E’ solo un assaggio del rilancio Lotus affidato all’AD Phil Popham. Entro fine 2020 è stato già annunciata una nuova sportiva però meno estrema, e si sta valutando la realizzazione di un SUV che, certo, aumenterebbe i dati di vendita.
 


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POST BRITISH GP / HAMILTON FA 80, LECLERC-VERSTAPPEN LO SHOW, VETTEL UN CASO

(15/7/2019) –  Ok, è stato un Gran Premio di Gran Bretagna F1 bello, spettacolare, appassionante. Merito soprattutto di due manici come Leclerc e Verstappen. A Silverstone, però, i risultati finali sono sempre gli stessi: dominio Mercedes, Hamilton al top (80 vittorie) e, purtroppo, Ferrari dietro ed errori di Sebastian Vettel. Quest’ultimo aspetto sta diventando davvero eccessivo: c’è poco da fare, il tedesco del Cavallino sembra patire i duelli ravvicinati che nell’economia del campionato stanno pesando tantissimo. Ora, non è il caso di mettere in piedi un impietoso processo ma, più semplicemente, ricorrere alle statistiche per cercare di dare un senso ai tanti punti persi a causa di mistakes veniali e grossolani. L’ultimo, la colposa tamponata a Verstappen che gli è costata almeno il quarto posto, ma anche tutto il can-can del Canada è venuto fuori a causa di un suo dritto sotto pressione di Hamilton. E’ inoltre facile tornare all’anno scorso, vedi errori da Monza in poi, per arrivare alla conclusione di sopra: Seb non riesce ad essere freddo in caso di corpo-a-corpo, soffre le distanze ravvicinate.

In più, e qui sta il problema della Ferrari, sembra sempre giù di corda e l’attuale momento ricalca l’atteggiamento che tenne nell’anno dell’esplosione di Ricciardo con lui in Red Bull. Questa volta è il giovane Leclerc ad oscurare, sia in prova che in gara, il suo blasone ed è evidente il mal di pancia che ciò provoca. L’ho già sottolineato altre volte: chi lo conosce bene – Horner e Marko – ha sempre detto: “Per fare bene Seb ha bisogno che tutto giri a dovere”. Le cose, però, non vanno così. Le stagioni che si susseguono alla Ferrari sono contrassegnate da tanti problemi – ieri si è evidenziata la prematura usura degli pneumatici ma anche il motore Honda ha raggiunto la potenza del 6 cilindri Ferrari –  la Mercedes sforna monoposto migliori e inoltre la morte di Marchionne e l’avvicendamento Binotto-Arrivabene nato, ricordiamolo, da vedute organizzative completamente diverse tra i due, non hanno mai reso completamente sereno il cielo di Maranello. Le voci ricorrenti di un prossimo ritiro di Vettel, che ha un altro anno di contratto con la Rossa, non aiutano ma l’ipotesi “Rosberg” – addio a sorpresa – non è così peregrino soprattutto se Leclerc continuerà a relegarlo dietro. 


I GIOVANI LEONI DELLA F1 – Detto questo, Hamilton è arrivato a quota 80 e “vede” il titolo numero 6 ma soprattutto la concreta possibilità di eguagliare il record di King Michael Schumacher (7). A Silverstone si parla di fortuna per la Safety Car che ha agevolato la sua sosta ai box e indubbiamente è ciò che è avvenuto ma la sua forza risiede dentro di sé. Nessuno la possiede come lui. Bottas ce la sta mettendo tutta ma ancora non raggiunge gli alti livelli richiesti per vincere una simile sfida. Nico Rosberg dovette letteralmente esaurirsi per trovare quella carica interiore supplementare per battere The Hammer. La speranza sono i giovani leoni della F1 ai quali, però, necessita ancora di un po’ di tempo. Leclerc sta decisamente decollando, Verstappen è già da tempo una certezza, Norris arriva, a Sainz manca poco per elevarsi a top driver. Certo, non tutti loro dispongono di monoposto competitive ma, almeno, sono in grado di assicurare spettacolo, adrenalina, futuro ad una F1 che ha riscoperto il gusto delle battaglie. Manca l’apporto di un non più giovanissimo Ricciardo ma appena anche la Renault risolverà i suoi problemi, l’australiano garantirà ulteriore show. Il GP d’Austria, con le polemiche conseguenti, ha segnato una svolta dal punto di vista dell’interpretazione delle regole di ingaggio e penalizzare solo il deliberato dolo, come si è visto, regala tanto scoppiettante entusiasmo e seguito in più al Circus (fermo restando che l’aver appaltato il risultato di alcune gare non alle regole ma alla diversa sensibilità dei commissari è qualcosa che non sta né in cielo né in terra).