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FERRARI – FIAT, 50 ANNI FA L’ACCORDO

(17/6/2019) – Il 18 giugno 1969 è una data importante della storia Ferrari. Cinquanta anni fa, il Drake, accompagnato dal fido Franco Gozzi, salì all’ottavo piano della sede Fiat a Torino, in Corso Marconi, per un colloquio con l’avvocato Gianni Agnelli. Da quell’incontro, lo storico accordo – annunciato il 21 giugno e poi perfezionato legalmente l’1 agosto – in base al quale la Fiat diveniva azionista al 50% della Ferrari con la “postilla” imprescindibile della totale autonomia del Drake per quanto riguarda la Gestione Sportiva.Da un lato, Enzo Ferrari assicurò un solido futuro all’azienda (e ai suoi dipendenti), da quel momento parte di un conglomerato industriale tale da consentire adeguati piani di sviluppo in un contesto mondiale sempre più competitivo; dall’altro ottenne la rassicurazione alla quale più teneva e cioè, la completa di libertà in fatto di controllo di tutta l’attività sportiva. Lui si sentiva un Costruttore e tale voleva rimanere. Agnelli, in maniera lungimirante e rispettosa, non fece una piega contrariamente a quanto avvenne sei anni prima, quando un similare accordo con la Ford saltò bruscamente all’ultimo secondo proprio perché il Drake non ravvisò nelle carte analoga disponibilità da parte dei vertici americani. Affare fatto, dunque, diversamente da quanto accadde circa 50 anni prima: un giovanissimo Enzo Ferrari, reduce di guerra con in mano una lettera di referenze del Comandante del suo reggimento, si presentò nella sede di Corso Dante a Torino pieno di speranze ma venne congedato dall’ingegner Soria senza ottenere l’agognato impiego. Le celeberrime memorie del Drake narrano di calde lacrime su una gelida panchina del Parco Valentino in attesa del riscatto…

 

L’accordo del giugno 1969 rappresentava l’atto finale di un percorso avviato già dal 1965. L’anno prima la Ferrari si era laureata campione del mondo di F1 con Surtees e in quel periodo spopolava nel Mondiale Marche. Fiat propose al Drake lo studio di un motore sportivo che poi avrebbe prodotto in almeno 500 unità per le auto torinesi. L’accordo aveva duplice valenza in quanto valse la possibilità di motorizzare vetture di F2 in base al regolamento della Commissione Sportiva Internazionale che  richiedeva per l’adozione proprio quel numero minimo di vetture di serie. Quelle vetture vennero chiamate Dino. Anche il rapporto con l’Avvocato non era nuovo per quanto non profondo. I due “giganti” si erano conosciuti 20 anni prima e incontrato quattro volte, oltre ad una puntata a Maranello per il ritiro di un prototipo carrozzato Pininfarina e, da suo desiderio, guida centrale. I due si stimavano e rispettavano per cui quel 18 giugno 1969 l’accordo venne facile, quasi naturale. Nel 1937, le memorie di Ferrari riportano a galla un altro accordo però sfumato. L’allora ambizioso Presidente della Scuderia Ferrari propose al professor Valletta un’alleanza tricolore, la Scuderia Italia, che comprendeva anche l’Alfa Romeo – allora gestita dal reparto corse di Maranello – per fronteggiare lo strapotere tedesco. Prima dell’esclusiva Fiat, analoga situazione naufragò per problemi legati all’Alfa, in quel momento già Autodelta per quanto riguarda le corse. Ma tant’è, Fiat-Ferrari, tra alti e bassi, ha funzionato e siamo alle nozze d’oro. “A Maranello – scrisse Ferrari – io ho dato il nome di una fabbrica di automobili. La Fiat ha realizzato una vera fabbrica di automobili”.

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