(11/6/2019) – In tempi così algidi per il mondo delle corse, celebrare gli 80 anni di Jackie Stewart è un sollievo, una goduria. Ebbene sì, oggi il grande ex pilota scozzesefesteggia il compleanno nel 50° anniversario del suo primo, dei tre, campionati del mondo di F1 vinti: quello del 1969 al volante della Matra gestita dal mentore Ken Tyrrell che poi l’avrebbe coinvolto nella sua avventura da costruttore, dopo un anno di “purgatorio” con una March, regalando ad entrambi altri due titoli, nel 1971 ed nel 1973 tanto da guadagnarsi l’appellativo di campione degli anni dispari. Dopo la morte di Surtees e più recentemente di Lauda, Stewart è l’unico iridato della massima formula in vita e rappresenta come meglio non si potrebbe la F1, la sua essenza, almeno. Eccellente nel tiro al piattello, Stewart non ci mise molto a scoprire le auto dato che in famiglia padre e fratello erano dediti alle corse e ci mise ancor meno a dimostrare il suo talento innato. Da Tyrrell stesso a Bruce Mc Laren, a Colin Chapman, tutti furono impressionati sin dai primi brucianti chilometri percorsi da questo giovane tanto veloce quanto avveduto. Le offerte fioccarono, infatti, ma lui pensò bene di non bruciare i tempi e di compiere un percorso graduale: F3, F2 e F1 dove esordì nel 1965 su BRM ottenendo subito una vittoria a Monza. Nel 1966 fu eletto Rookie of the Year a Indianapolis, mica noccioline.
CARRIERA, BUSINESS E SICUREZZA – Poi la storia è nota: altri due titoli, 27 vittorie, la rivalità con Fittipaldi e la Lotus, il ritiro a fine 1973 già deciso ma reso amarissimo dalla tragica morte a Watkins Glen del fidato compagno di squadra Francois Cevert. L’incidente avvenne durante le prove e Jackie decise di non correre quell’ultimo gran premio che sarebbe stato il 100° della carriera. Era davvero abbastanza, ne aveva sopportati troppi di morti ed egli stesso se la vide brutta a Spa nel 1966 quando rimase intrappolato nella sua vettura con la tuta inzuppata di benzina con soccorsi pressoché inesistenti. “Corriamo in bare ambulanti”, disse una volta. Si impegnò come pochi sul tema sicurezza e con la sua influenza riuscì a far apportare miglioramenti netti ai circuiti e, tra i colleghi, impose la scelta del casco integrale e delle cinture di sicurezza. Nello stesso tempo, è stato abilissimo nel “commercializzare” la sua immagine da copertina, il primo vero business driver con i suoi occhiali e il cappello simboli di un’epoca irripetibile. Poi, nella sua storia, la bellissima moglie Helen, l’amato figlio Paul e anche la fondazione in stretta collaborazione con la Ford del team di F1 che portava il suo nome: dal 1997 al 1999 una sola vittoria con Johnny Herbert al GP d’Europa nel ’99. Stewart oggi è ancora parte integrante del Circus: nessuno vuole rinunciare al suo apporto, ai suoi consigli, al suo essere Jackie Stewart. Thank you Sir!