(7/5/2019) – Il grande successodi pubblico ed entusiasmo dell’ultimo Minardi Historic Day e al successivo Ayrton Day deve (dovrebbe) far riflettere il mondo della F1. A Imola è stato il tripudio dell’automobilismo popolare mentre oggi la massima formula sembra diventata l’esaltazione di un motorismo virtuale. Tanto turbo per niente, o per poco. Servono protagonisti assoluti, riconoscibili, amati – Senna per esempio era un personaggio in pista, ai microfoni, nella vita privata, per la solidarietà – e occorre pathos, incertezza, duelli alla Villeneuve-Arnoux 40 anni fa. Invece si va per “ere”: prima quella Ferrari-Schumacher, poi quella breve Renault-Alonso, quindi il granitico blocco Red Bull-Vettel e ora l’inscalfibile dominio Mercedes-Hamilton. I piloti, poi, sono letteralmente ingabbiati tra PR e DT, con tanti saluti alla spontaneità. Prevale il progetto, l’intuizione tecnica, con il pilota chiamato più che altro a confermare la bontà ingegneristica del Team e, talvolta, a dare sfoggio di aggressività. Se poi esagera, ci sono le “strategie” a mortificare ogni risveglio di verve kartistica.
Per non parlare dell’importanza decisiva degli pneumatici. Intendiamoci, sono stati sempre alla base delle migliori performances ma anche qui, forse, si è arrivati all’esagerazione. In questo senso, una voce di protesta si è levata: Gunther Steiner della Haas, pur riconoscendo che la squadra deve impegnarsi di più, ha detto chiaramente: “Con queste gomme non è più F1”. Un grido di allarme che non deve (dovrebbe) passare inascoltato, ma c’è poco da sperare, si vedrà nel 2021 con i nuovi cerchi da 18” e il divieto delle termo-coperte. Intanto la F1 ha trovato o cerca nuovi approdi, sulla carta discutibili: Hanoi, Miami, Pechino, Zandvoort (circuito da rivedere, ora lì non si supera più) mentre se ne va Città del Messico che con la sua tribuna-anfiteatro restituiva un’immagine imolese: folla festante, tifo caldo. Insomma, si cerca l’evento e qualcuno, sconsolato, ormai dice: lo show con la F1 a far da contorno.