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FLASHBACK /GP BRASILE 1989. SORPRESA MANSELL CON LA FERRARI A CAMBIO SEMI-AUTOMATICO

(26/3/2019) – Una vittoria emozionante, inaspettata, storica: il 26 marzo 198930 anni faesatti- la Ferrariguidata da Nigel Mansell vinse il Gran Premio del Brasile, gara inaugurale della stagione al Jacarepagua. Cosa c’è di così insolito, dirà qualcuno? Tanto. Era un periodo difficile per la Scuderia di Maranello orfana dall’agosto 1988 dell’inimitabile fondatore Enzo Ferrari. Un vuoto pericoloso per gli equilibri interni. Il mondiale era lontano dal 1979 e Williams e Mc Laren dettavano legge lasciando le briciole agli uomini del Cavallino. Nel 1989, le redini della Gestione Sportiva vennero affidate a Cesare Fiorio, uomo di fiducia degli Agnelli, reduce dai grandi successi nei rally. Per quanto riguarda i piloti, finita l’era Alboreto e confermato Berger, ecco arrivare il baffuto e roccioso inglese Nigel Mansell. La monoposto? Rivoluzionaria: la 640 progettata da John Barnard – soprannominata quanto ad estetica la “papera” – era dotata del cambio sequenziale al volante, una raffinata novità assoluta, poi adottata da tutti, che oggi è assoluta norma. Da quell’anno, inoltre, vennero banditi i motori turbo e ufficializzati i rifornimenti. Insomma, tanti cambiamenti e tanti interrogativi che trovarono risposta nel trionfo assolato di Mansell, al debutto sulla Rossa.

 

LA GARA – Le qualifiche furono monopolizzate da Senna (Mc Laren-Honda), fresco di primo titolo iridato, e Patrese su Williams-Renault; terzo Berger su Ferrari e solo sesto il neo-cavallino Mansell. La chiave di volta della gara, però, fu la partenza: Senna partì male a differenza dello scatto prodigioso di Berger. Risultato: i due si ritrovarono appaiati alla prima piega e vennero a contatto, rovinando così la loro domenica (11° il brasiliano, ritirato l’austriaco). Al comando, da quel momento, il trio Patrese-Mansell-Prost ma una volta superato l’italiano, fu chiaro che la Ferrari di Mansell ne aveva per battere tutti. La testa fu presa da Prost solo in occasione del cambio-gomme, poi la cavalcata fu sorprendentemente e autorevolmente solitaria, certo col patema d’animo circa l’affidabilità delll’innovativo cambio semi-automatico (durante il pit-stop fu sostituito il volante), fino al traguardo (dove Fiorio attendeva trepidante in pista) tagliato con 7 secondi vantaggio su Prost e 9 su Gugelmin (March-Judd), il brasiliano al suo primo e unico podio in carriera. Una prova di forza e di coraggio – ma conviene ricordare che già Forghieri aveva sperimentato il cambio automatico su una T3 laboratorio testata da Scheckter e Villeneuve – anche se nel resto della stagione la Ferrari dovette penare, con qualche altra soddisfazione.

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