(26/1/2019) – ARE VETTEL AND ALONSO OVERVALUED DRIVERS? THE DEBATE IS OPEN… Cerchiamo di capire: davvero Sebastian Vettel e Fernando Alonso sono due piloti sopravvalutati? Detta così sembra quasi una provocazione ma se ad affermarlo sono due grandi e degni di attenzione della F1 come Eddie Irvine e Jody Scheckter, uno vice campione 1999 e l’altro campione mondiale 1979, entrambi con probante esperienza maranellese, la cosa assume una valenza ben diversa che va analizzata. Sei titoli iridati in due non bastano dunque a farne dei protagonisti indiscutibili? Dunque, vediamo cosa si è detto riguardo l’attuale pilota tedesco della Ferrari e l’ormai ex formulista spagnolo a caccia di nuovi allori un po’ ovunque.
L’ultima rumorosa esternazione è quella di Irvine che, senza troppi mezzi termini, ha praticamente fatto regredire Vettel a livelli molto inferiori rispetto agli standard col quale viene abitualmente presentato. Secondo l’irlandese, Sebastian eccelle “solo quando parte davanti”, altrimenti sbaglia. “Non so come abbia fatto a vincere 4 titoli”, ha aggiunto. Risale invece ad agosto, la clamorosa dichiarazione del sudafricano Scheckter – non ne fa molte, quindi deve averci pensato bene – che a sua volta ha bollato Alonso come uno che “turba” l’ambiente, invitandolo a fare squadra se vuole essere veramente un leader. Per la cronaca, sia Irvine che Scheckter, convengono sul fatto che sia Michael Schumacher il più grande. Più di Senna.
Tutto materiale alla valutazione di esperti e di appassionati che possono avere o farsi un’idea propria sulle capacità di questi protagonisti o beniamini delle piste che siano. Quanto meno, c’è da discutere. Per quanto mi riguarda, mi sembra che nei giudizi sopra esposti l’uno e l’altro scontano, forse in maniera un po’ troppo ingenerosa, limiti e pecche caratteriali, non certo di guida, ed inoltre il fatto di aver attraversato congiunture particolari. Cosa voglio dire? Intanto, non conosco piloti immuni da errori. Hanno sbagliato un po’ tutti, a cominciare da Scheckter e Irvine stessi fino a Lauda, Schumacher e oggi anche Hamilton, ma le loro complessive gloriose imprese relegano in un cantuccio le inevitabili sbavature. Vettel e Alonso, a loro volta, hanno dimostrato fin dagli albori delle rispettive carriere tutto l’enorme talento del quale sono dotati, poi “deflagrato” in F1 con la conquista di tanti titoli mondiali. Allora cosa è successo?
Questo. Molti pensano che il poker iridato in tasca a Vettel sia dovuto soprattutto alla portentosa invincibilità della Red Bull nelle stagioni dal 2010 al 2013. I vantaggi garantiti dal famoso diffusore soffiato e dai regali graziosamente concessi dalla Ferrari nel 2010, vedi Abu Dahbi, e nel 2012, Fernando out a Spa e in Giappone, hanno di fatto facilitato la vita del tedeschino. Che però – la storia fattuale dei gran premi insegna – non è esente da una sorta di misteriosa involuzione quando la ruota non gira. Se il rivale di turno si rivela roccioso e lo insidia da vicino, che sia Webber o Ricciardo o adesso Hamilton, sovente perde le staffe, si innervosisce, reagisce in maniera sconsiderata, sbaglia. Basta questo ad avvalorare la tesi di Irvine?
Alonso, che ha appena abbandonato l’amata F1, ha capito sulla propria pelle quale sia la considerazione dell’ambiente nei suoi confronti. Voleva continuare ma passare ad una scuderia con le vetture vincenti, Mercedes, Ferrari o Red Bull. Ha trovato porte chiuse. E il motivo è stato spiegato. Nessuno osa mettere in dubbio le sua immense qualità. E’ certamente tuttora vincente ma tutti hanno rifiutato il rischio di vedere alterata la serenità di un team perché, questo è quanto, Alonso viene ritenuto un capo-clan, uno troppo desideroso di imporre le sue idee e uomini a lui graditi. Insomma di tenere le redini della squadra. Lo vedreste uno così alle prese con Toto Wolff o Helmut Marko? No, e infatti così non è. Dicevo delle congiunture. Se Vettel “paga” quella fantastica della Red Bull by Newey, Alonso “paga” quella terrificante alla corte del Cavallino, fino agli screzi finali col povero Team Principal Mattiacci, e quella delle speranze tradite alla Mc Laren – Honda. “GP2 engine, GP2 engine!”, ricordate la plateale sconfessione della potenza del motore Giapponese in diretta radio box? Basta questo ad avvalorare la tesi di Scheckter?