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SCHUMACHER 50, NEVER GIVE UP

(3/1/2019) – Al Museo Ferrari di Maranello c’è la calca dei momenti importanti: l’inaugurazione della mostra “Michael 50”,allestita in occasione del compleanno del campione tedesco, ha richiamato tantissimi tifosi e rappresentanti degli Scuderia Ferrari Club di tutta Europa. L’omaggio al sette volte campione del mondo di F1, organizzato in collaborazione con la Fondazione Keep Fighting, è un racconto della sua carriera, dei suoi record (91 vittorie, 155 podi), delle monoposto Ferrari più importanti tra quelle guidate nei suoi undici anni con la Scuderia.
Nella testa di tutti, le ultime “esternazioni” che, finalmente, danno l’immagine di un uomo in ripresa dopo l’incidente sugli sci di 5 anni fa. Dalla famiglia abbiamo appreso che il ferreo riserbo sulle sue condizioni è una volontà espressa proprio da Michael, per il quale si sta facendo “tutto ciò che è umanamente possibile”; nel contempo parole di speranza sono arrivate da Jean Todt, che è la persona più presente nella sua vita dopo i familiari, e da Luca Cordero di Montezemolo. I visitatori avranno modo di scoprire anche un lato meno conosciuto di Schumacher, quello di sviluppatore. Dopo avere lasciato la Formula 1, infatti, il campione di Kerpen rimase in Ferrari non solo per aiutare la Scuderia ma anche per contribuire alla messa a punto di alcune vetture stradali, come la 430 Scuderia del 2007 e la Ferrari California del 2008.

E’ dunque un giorno lieto e di speranza. Per ricordare Schumacher, e anche il suo eterno dualismo con Senna, riporto le considerazioni dei suoi primi tre compagni di squadra: da Andrea De Cesaris che se lo vide affiancare all’improvviso in Jordan al GP del Belgio 1991 in sostituzione di Ghacot a Nelson Piquet, a sua volta affiancato dopo il blitz di Briatore che lo portò immediatamente alla Benetton defenestrando senza tanti complimenti Moreno, infine A Martin Brundle che nel 1992 è stato il primo team mate di una stagione completa, sempre alla Benetton.

ANDREA DE CESARIS – “Ho impresso il ricordo di quando esordì con la Jordan F1 al mio fianco. Il mio ingegnere elettronico mi venne vicino e mi chiese perché non facevo in pieno “l’Eau Rouge”, una delle curve più difficili di tutto il Mondiale. Io gli chiesi perché mi facesse quella domanda dopo solo una sessione di prove libere, perché volevo prendere più confidenza con quella curva micidiale, e la risposta fu: “Michael la fa piena”! Questo fu il suo esordio in Formula 1….”.

NELSON PIQUET – “Schumacher ha avuto la capacità di vincere con la Benetton e poi il coraggio di passare alla Ferrari che nel 1996 non era competitiva. E lui l’ha riportata alla conquista del mondiale vincendone poi tre in fila. Senna invece ha sempre corso con le migliori macchine e quando decise di lasciare la McLaren firmò per la Williams che già era al top”.

MARTIN BRUNDLE – “Ho visto molti piloti talentuosi anche se diversi fra loro. Ma non ho ancora visto un altro Ayrton. Probabilmente Michael Schumacher è stato uno di quelli che si è avvicinato di più a lui. Ma Schumacher guidava con la testa, Senna con il cuore. Schumacher è stato uno dei piloti più completi, Senna era più naturale. Stiamo parlando sempre di piccoli particolari. Entrambi sono stati due dei migliori piloti visti in F1”.

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