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Mese: Gennaio 2019
(31/1/2019) – Un ghiotto motivo in più per seguire la serie Endurance del Campionato Italiano GT: la Scuderia Baldini 27ha annunciato l’ingaggio per tutta la stagione di Jacques Villeneuve! Il campione del mondo di F1 1997, figlio del leggendario Gilles, sarà dunque al volante della Ferrari 488 GT3 del team romano.
Un colpo eccezionale, non c’è che dire, quello del Team Principal Fabio Baldini: un Villeneuve, una Rossa e…il mitico numero 27. Ma forse non è tutto: l’anno scorso è stata la volta di un altro ex F1, Giancarlo Fisichella e, dato che l’appetito vien mangiando, si sta lavorando per averlo ancora in squadra – oltre al terzo pilota – e formare così un equipaggio stellare! “Nel 2018 Giancarlo ha disputato una eccellente stagione – conferma Baldini – e lo stiamo corteggiando perché quest’anno sia al fianco di Jacques e ad un terzo pilota, bravo, che stiamo ancora selezionando. Sarà un pilota “fortunato”, permettetemi questo termine, perché disputare un campionato prestigioso come quello italiano assieme a due grandi campioni è davvero un traguardo ambito per ogni concorrente”.
Jacques Villeneuve compirà 48 anni il 9 aprile prossimo e il suo carnet 2019 già prevede l’attività di commentatore Sky, il debutto in Euro Nascar Series e l’avvio, insieme a Patrick Lemarié, di una Academy per giovani piloti dai 14 ai 20 anni denominata “Feed Racing”. Inesauribile Jacques!
(31/1/2019) – Hamilton, Vettel, Raikkonen e infine Kubica, il polacco che torna per un Alonso che va. I quattro piloti elencati sono i “superstiti” della stagione 2019 di F1 rispetto a quella del 2009, dieci anni fa, segnata dalla clamorosa vittoria (leggi dominio) della Brown GP (ex Honda e futura Mercedes) con Button al volante (e Barrichello). Dei “fabulous four”, tre sono campioni del mondo (10 titoli complessivi), con Raikkonen che rimpingua questo dato grazie all’ingaggio a sorpresa da parte della Sauber, alla vigilia dei 40 anni, e Kubica che è riuscito nell’impresa di riprendersi un volante di F1, quello della Williams, a distanza di otto anni dall’incidente di rally che sembrava avesse definitivamente troncato la sua brillante carriera. Mentre le F1 si accingono a disputare la sesta stagione ibrida, il campionato di dieci anni fa si caratterizzò per la possibilità di utilizzare il KERS, il ritorno agli pneumatici slick, la eliminazione di gran parte delle appendici aerodinamiche delle fiancate, e l’obbligo di montare un alettone anteriore più largo e quello posteriore più alto e stretto.
Nel 2009 Hamilton scese in pista per la prima volta col numero 1 sulla carrozzeria sua Mc Laren, reduce dalla vittoria del campionato precedente all’ultima gara (Interlagos, Massa campione per qualche minuto, Glock…) e suo compagno di squadra era Kovalainen. L’inglese ha dimostrato di essere tutt’altro che una meteora.
E Vettel? Con quattro vittorie, il tedeschino della Red Bull insidiò la supremazia della Brown Gp respingendo nel contempo l’assalto alla sua leadership interna da parte di Webber.
(28/1/2019) – Ieri sera Valentino Rossi è stato ospitedella trasmissione “Che tempo che fa”, su Rai 1 (è stato lì anche Hamilton), tra il pubblico la fidanzata Francesca Sofia Novello e il fido Uccio. Si avvicinano due scadenze importanti e il campione di Tavullia solletica sempre i media. Intanto, lunedì prossimo si presenta a Jakarta la nuova Yamaha MotoGpcon la quale Vale affronterà la sua 17^ stagione di corse (9 titoli mondiali 115 vittorie complessive). Ma soprattutto, il 16 febbraio sarà un compleanno speciale: 40 anni! Anche i Peter Pan vanno avanti con l’età, si direbbe, ma c’è subito da aggiungere che lui non li dimostra. La verve, come dimostrato ieri, è la solita (a fine incontro è andato via con Fazio su un sidecar). Il problema semmai è ritrovare la verve della vittoria, dopo l’ultima annata avara della massima soddisfazione in pista. Marquez, Lorenzo, Dovizioso non hanno alcuna intenzione di agevolare questo compito e forse, se la Yamaha non l’aiuterà, il 2019 sarà l’anno nel quale Rossi prenderà una decisione importante. Ma si vedrà. Lui parte per dare battaglia, questo è certo. Ecco qualche risposta curiosa alle domande a lui rivolte ieri dal conduttore Fabio Fazio che gli ha regalato una maglietta dell’Inter – la squadra di calcio del cuore – con il suo nome e naturalmente il mitico numero 46.
Come mai hai scelto il 46?
Era il numero con quale il mio papà Graziano ha vinto la sua prima gara mondiale e mi è sembrato bello. Poi quattro più sei fa dieci e questo mi piace!
Stai per presentare la nuova moto, ma cosa succede a quelle degli anni precedenti?
Stai per presentare la nuova moto, ma cosa succede a quelle degli anni precedenti?
Io so che i giapponesi ne conservano una, le altre vengono schiacciate! Ho sempre chiesto di darle a me ma niente da fare!
Nel corso degli ultimi anni è cambiato il modo di guidare la moto?
Sì, per l’evoluzione di gomme, freni, elettronica. E’ cambiata soprattutto la posizione in sella, si piega di più.
Hai la tua Academy, ma ti irrita se qualcuno dei piloti che tu prepari va più forte di te?
Beh, se mi arrivassero davanti sì ma quest’anno con Morbidelli e Bagnaia è una bella sfida. Lavorare con loro però mi piace perché è un modo per restare giovani e poi allenarsi tutti insieme è più bello, più stimolante.
(26/1/2019) – ARE VETTEL AND ALONSO OVERVALUED DRIVERS? THE DEBATE IS OPEN… Cerchiamo di capire: davvero Sebastian Vettel e Fernando Alonso sono due piloti sopravvalutati? Detta così sembra quasi una provocazione ma se ad affermarlo sono due grandi e degni di attenzione della F1 come Eddie Irvine e Jody Scheckter, uno vice campione 1999 e l’altro campione mondiale 1979, entrambi con probante esperienza maranellese, la cosa assume una valenza ben diversa che va analizzata. Sei titoli iridati in due non bastano dunque a farne dei protagonisti indiscutibili? Dunque, vediamo cosa si è detto riguardo l’attuale pilota tedesco della Ferrari e l’ormai ex formulista spagnolo a caccia di nuovi allori un po’ ovunque.
L’ultima rumorosa esternazione è quella di Irvine che, senza troppi mezzi termini, ha praticamente fatto regredire Vettel a livelli molto inferiori rispetto agli standard col quale viene abitualmente presentato. Secondo l’irlandese, Sebastian eccelle “solo quando parte davanti”, altrimenti sbaglia. “Non so come abbia fatto a vincere 4 titoli”, ha aggiunto. Risale invece ad agosto, la clamorosa dichiarazione del sudafricano Scheckter – non ne fa molte, quindi deve averci pensato bene – che a sua volta ha bollato Alonso come uno che “turba” l’ambiente, invitandolo a fare squadra se vuole essere veramente un leader. Per la cronaca, sia Irvine che Scheckter, convengono sul fatto che sia Michael Schumacher il più grande. Più di Senna.
Tutto materiale alla valutazione di esperti e di appassionati che possono avere o farsi un’idea propria sulle capacità di questi protagonisti o beniamini delle piste che siano. Quanto meno, c’è da discutere. Per quanto mi riguarda, mi sembra che nei giudizi sopra esposti l’uno e l’altro scontano, forse in maniera un po’ troppo ingenerosa, limiti e pecche caratteriali, non certo di guida, ed inoltre il fatto di aver attraversato congiunture particolari. Cosa voglio dire? Intanto, non conosco piloti immuni da errori. Hanno sbagliato un po’ tutti, a cominciare da Scheckter e Irvine stessi fino a Lauda, Schumacher e oggi anche Hamilton, ma le loro complessive gloriose imprese relegano in un cantuccio le inevitabili sbavature. Vettel e Alonso, a loro volta, hanno dimostrato fin dagli albori delle rispettive carriere tutto l’enorme talento del quale sono dotati, poi “deflagrato” in F1 con la conquista di tanti titoli mondiali. Allora cosa è successo?
Questo. Molti pensano che il poker iridato in tasca a Vettel sia dovuto soprattutto alla portentosa invincibilità della Red Bull nelle stagioni dal 2010 al 2013. I vantaggi garantiti dal famoso diffusore soffiato e dai regali graziosamente concessi dalla Ferrari nel 2010, vedi Abu Dahbi, e nel 2012, Fernando out a Spa e in Giappone, hanno di fatto facilitato la vita del tedeschino. Che però – la storia fattuale dei gran premi insegna – non è esente da una sorta di misteriosa involuzione quando la ruota non gira. Se il rivale di turno si rivela roccioso e lo insidia da vicino, che sia Webber o Ricciardo o adesso Hamilton, sovente perde le staffe, si innervosisce, reagisce in maniera sconsiderata, sbaglia. Basta questo ad avvalorare la tesi di Irvine?
Alonso, che ha appena abbandonato l’amata F1, ha capito sulla propria pelle quale sia la considerazione dell’ambiente nei suoi confronti. Voleva continuare ma passare ad una scuderia con le vetture vincenti, Mercedes, Ferrari o Red Bull. Ha trovato porte chiuse. E il motivo è stato spiegato. Nessuno osa mettere in dubbio le sua immense qualità. E’ certamente tuttora vincente ma tutti hanno rifiutato il rischio di vedere alterata la serenità di un team perché, questo è quanto, Alonso viene ritenuto un capo-clan, uno troppo desideroso di imporre le sue idee e uomini a lui graditi. Insomma di tenere le redini della squadra. Lo vedreste uno così alle prese con Toto Wolff o Helmut Marko? No, e infatti così non è. Dicevo delle congiunture. Se Vettel “paga” quella fantastica della Red Bull by Newey, Alonso “paga” quella terrificante alla corte del Cavallino, fino agli screzi finali col povero Team Principal Mattiacci, e quella delle speranze tradite alla Mc Laren – Honda. “GP2 engine, GP2 engine!”, ricordate la plateale sconfessione della potenza del motore Giapponese in diretta radio box? Basta questo ad avvalorare la tesi di Scheckter?
(23/1/2019) – Cristina Gutiérrez, pilota ufficiale di Mitsubishi Spagna, può dirsi più che soddisfatta: la spagnola di 28 anni, alla guida della sua affidabile Mitsubishi Eclipse Cross,ha portato a termine per la terza volta consecutiva la gara più dura del mondo, la Dakar. Ha conquistato la 26ª posizione assoluta nella classifica generale – tra l’altro migliorando sensibilmente il risultato delle edizioni precedenti (38ª nel 2018 e 44ª nel 2017) e arrivando a un passo dai primi 25 – la 7ª nella classe T1.2 (fuoristrada prototipi con motore diesel) e risulta prima pilota donna nella classifica generale auto. Per la cronaca, ha completato i 3.096 chilometri cronometrati dell’edizione 2019 tutta peruviana della maratona automobilistica, in 55 ore, 56 minuti e 14 secondi. Oltre a ottenere la 26ª posizione generale, la pilota si è classificata 7ª nella classe T1.2 (fuoristrada prototipi con motore diesel) e prima pilota donna nella classifica generale auto.
Prima di salire sul podio a Lima, Cristina ha definito l’esperienza “un trionfo” date le condizioni più che impegnative dell’edizione 2019 della gara, alquanto atipica, più breve del solito e disputata in un solo Paese, comportando così la necessità di ripetere più volte gli stessi tratti. “Per me è difficile stabilire quale sia stata la Dakar più dura, perché ogni anno abbiamo partecipato con una macchina diversa; devo però ammettere che in alcuni momenti abbiamo sofferto molto” ha confessato. Dimostrazione dell’elevata complessità della gara sono stati i numerosi problemi che il duo completato dal copilota Pablo Huete ha dovuto superare prima di tagliare il traguardo. Il momento più delicato lo hanno vissuto il quinto giorno di rally, durante la seconda parte della tappa Marathon, quando hanno dovuto fare i conti con la rottura dei due radiatori, un’avaria che sembrava potesse costare l’abbandono. La seconda settimana di gara è stata altrettanto impegnativa a causa delle alte temperature percepite all’interno dell’abitacolo, che hanno superato i 60 gradi durante la penultima giornata della competizione. Tutto è bene quel che finisce bene e Pablo Huete ha rivolto parole di stima nei confronti di Cristina: “Devo ringraziarla per avermi dato l’opportunità di partecipare e di vivere questa esperienza. Il modo in cui lavora è incredibile e, come pilota, ha dimostrato di poter stare tra i primi 20”.
(22/1/2019) – Solo 150 esemplari, destinati ai mercati europei ed asiatici, per l’edizione limitatadel nuovo SUV Maserati Levante Vulcano. La Casa del Tridente punta dunque sull’ esclusività e quest’ultimo modello esalta tale vocazione. Vediamo le caratteristiche salienti: l’edizione Vulcano è disponibile in entrambe le motorizzazioni benzina twin-turbo V6 da 350 CV e 430 CV, progettate da Maserati Powertrain e prodotte nello stabilimento Ferrari a Maranello. L’impianto frenante Dual Cast Brembo a 6 pistoncini garantisce eccellenti performance in fase di frenata. In Italia, la Levante Vulcano è in vendita a partire da 116.000 euro (chiavi in mano), per la versione da 350 CV e da 128.000 euro (chiavi in mano), per la versione da 430 CV .
L’estetica fa la sua parte: l’esclusiva tonalità opaca degli esterni “Grigio Lava”, conferisce alle linee sportive una enfasi accentuata. Completano il look degli esterni i dettagli del Nerissimo pack (fari posteriori dark look, calandra e loghi in black chrome, cornici dei finestrini in colore nero lucido, maniglie delle portiere in colore carrozzeria e terminali di scarico bruniti), i vetri laminati e oscurati, i cerchi Helios da 21 pollici anch’essi con finitura opaca, e le pinze dei freni in colore rosso. I sedili sportivi in pelle pieno fiore regolabili elettricamente con memorie, riscaldati e ventilati, con il logo del Tridente ricamato a contrasto sui poggiatesta, possono essere ordinati in nero con cuciture a contrasto in colore rosso o viceversa, a sottolineare la natura ‘vulcanica’ del modello. La fibra di carbonio high gloss è utilizzata anche per le palette del cambio e l’inserto sul volante sportivo regolabile elettricamente, poi c’è la placchetta in alluminio cromato su tunnel centrale che riporta il leggendario Tridente, abbinato al nuovo logo Vulcano e alla dicitura “one of 150“. Completano l’equipaggiamento di serie l’impianto audio premium Bowers&Wilkins, il sistema di chiusura portiere ‘soft close’, i sensori di parcheggio anteriori e posteriori ed i fari adattativi con tecnologia full-LED Matrix.
(22/1/2019) – Come purtroppo talvolta accaduto (triste esempio Andrea De Cesaris), anche Mike Hawthorn è stato un pilota che, sopravvissuto ad anni di gare all’insegna del massimo rischio, ha poi trovato la morte in un incidente stradale in veste di semplice cittadino. Era il 22 gennaio del 1959, 60 anni fa, quando il fresco campione del mondo di F1 rimase vittima di uno schianto contro un albero nei pressi di Guilford mentre guidava la sua Jaguar, qualcuno dice nel corso di una sfida con l’amico Rob Walker. Aveva 29 anni e, come detto, nel 1958 si era brillantemente laureato campione al volante della Ferrari Dino 246 dopo aver battuto al fotofinish Stirling Moss su Vanwall nell’ultimo Gran Premio del calendario, in Marocco, il 19 ottobre 1958: 42 punti per lui, 41 per l’irriducibile avversario solo un po’ meno costante nel corso della stagione. Primo inglese a scrivere il proprio nome nell’Albo d’oro, dopo sette anni di dominio italo-argentino, e prima volta a verificarsi un distacco di appena un punto tra il primo e il secondo classificato. Ebbe solo il tempo di annunciare il ritiro dalle corse e di avviare i preparativi per il matrimonio, fino a quando il destino pose fine alla sua esistenza. Quest’anno, il 10 aprile, avrebbe compiuto 90 anni.
Hawthorn è una figura che sarà sempre rappresentativa della Formula 1. Oltre che per il titolo conquistato al volante della Ferrari, viene ricordato per il suo inconfondibile look british: le foto dell’epoca ce lo consegnano al volante con tanto di elegante farfallino, giubbotto e caschetto verdi nonché, una volta a terra, fumatore di pipa con presumibile ottimo tabacco. Questa proiezione assai signorile non deve trarre in inganno: era un grande appassionato di motori – trial, pista, rally – e dimostrò di avere talento, tanto che Enzo Ferrari nel 1953 lo volle a Maranello giovanissimo, a 23 anni, dopo il debutto l’anno prima con
(21/1/2019) – Gran Premio d’Argentina, 21 gennaio 1979: ricordiamo insieme due note liete nella gara inaugurale del campionato mondiale di F1 di 40 anni fa e cioè la vittoria di Jacques Laffite, la seconda in carriera per il francese, e il debutto nella massima formula di Elio De Angelis, all’età di appena 20 anni. Altri tempi, a quell’epoca le “danze” cominciavano già a gennaio, e altri piloti, di grande classe e umanità, che mancano molto nell’attuale panorama.
Per LAFFITE il 1979 è stato un anno d’oro e il buongiorno si è visto dalla prima gara argentina, letteralmente dominata al volante della nuova Ligier JS11 (pole, giro più veloce e vittoria). Non fu un caso: Ducarouge & C. lavoravano su quella monoposto fin dalla primavera precedente, da quando cioè la Matra aveva annunciato il ritiro. Guy Ligier perdeva così la motorizzazione storica in dotazione fin dall’esordio della voiture bleu nel 1976 ma la cosa non fece altro che accelerare i tempi di preparazione della nuova macchina per la prima volta spinta dal classico ma affidabilissimo 8 cilindri Ford Cosworth. Anzi, Guy Ligier raddoppiò anche i piloti con l’ingaggio, oltre al confermato Jacquot, dell’altro galletto Patrick Depailler. In sostanza, all’alba del nuovo campionato 1979 il team francese era praticamente l’unico insieme alla Tyrrell a mettere in pista qualcosa di completamente nuovo (Ferrari e Lotus partivano con le “vecchie” T3 e mod. 79) e il risultato si vide bene: monopolizzata la prima fila e poi regolata la gara, con qualche patema d’animo dopo la partenza-caos e un piccolo problema tecnico che relegò Depailler al quarto posto. Per Laffite, l’inizio della lunga rincorsa al titolo mondiale, sfumata solo a Monza…

DE ANGELIS, per il suo debutto in F1, aveva sperato molto nell’ingaggio da parte della Brabham. L’anno prima aveva vinto il Gp di Montecarlo di F3 e i buoni rapporti con la Parmalat sembravano poter agevolare un simile ipotesi che l’avrebbe portato ad affiancare Niki Lauda in seno al team di Ecclestone. In realtà, per gli interessi prevalenti della Casa parmense in Sudamerica, venne scelto Nelson Piquet ed Elio, già tester Ferrari, dovette “accontentarsi” della ben più modesta Shadow, senza decals di sponsor sulla carrozzeria nera. Poco male: la sua bravura ebbe così ancora maggior risalto al volante di una monoposto molto carente di sviluppi per la cronica mancanza di capitali necessari per un adeguato sviluppo. “Da noi ogni volta che si rompe qualcosa sono dolori…”, rilevava il buon Elio senza però abbattersi. Anzi, a Buenos Aires, De Angelis dimostrò tutta il suo cristallino talento: si qualificò in ottava fila (il compagno di squadra Jan Lammers in 11a) e alla fine si classificò settimo, già ad un passo dalla zona punti. Davvero bravo. A fine campionato riuscì addirittura a portare la DN 9 al quarto posto nel Gran Premio Usa Est al Glen. Colin Chapman aveva già messo gli occhi addosso a questo fuoriclasse italiano.
(18/1/2019) – Nel folto panorama delle grandi “cavalcate” di regolarità auto, quest’anno si inserisce una novità internazionale: la prima edizione del Grand Road 2019 Venezia – Montecarlo. Come distinguersi? Così: il nuovo evento di regolarità turistica moderna, in programma dal 31 maggio al 2 giugno, è riservato alle Supercars – possono partecipare tutti i brand – costruite dal 1991 ad oggi. Wow: largo dunque a Ferrari, Lamborghini, Mc Laren e via dicendo! Il progetto si avvale dell’apparato organizzativo della Scuderia Mantova Corse, ben rodato da 30 anni di esperienza con il settembrino Gran Premio Nuvolari, e promette una sfida appassionante e passaggi adrenalinici da circuiti storici come l’Autodromo Nazionale di Monza. In questo genere di appuntamenti, la componente paesaggistica è fondamentale e la direttrice Venezia – Montecarlo ne corrobora il successo, grazie ad un tragitto lacustre e montano con scenari da sogno e il passaggio attraverso città emblematiche come Como e Torino, fino alla regale Montecarlo. Neanche a dirlo, l’ospitalità alberghiera e l’offerta di ristorazione viene annunciata di primissimo livello. Ai possessori delle Super sportive, la scelta: le richieste di registrazione, aperte fino al 30 aprile, possono essere effettuate esclusivamente sul sito www.grandroad.it(posti limitati).
(14/1/2019) – L’E-Prix di Marrakech ha due vincitori: il primo è Jérôme D’Ambrosio, il secondo è Alessandro Melone, entrambi belgi di origine italiana! In Marocco il pilota della Mahindra di Formula E, ex test driver Lotus in F1 (sostituì lo squalificato Grosjean al GP d’Italia 2012) ha posto il suo personale terzo suggello nel campionato full electric al termine di una gara caratterizzata da una bella rimonta dalla decima posizione e decisa poi dalla auto-eliminazione delle due Bmw-Andretti, con il belga prontissimo a sfruttare l’occasione. Melone è invece un fan italo-belga che ha vinto il concorso DrivenByDesign indetto da Mahindra per il disegno del casco di D’Ambrosio, aggiudicandosi inoltre la possibilità di assistere all’E-Prix. Con la vittoria nel secondo round del campionato 2018/2019, D’Ambrosio si è portato al comando della classifica piloti con la Mahindra M5Electro in seconda posizione in quella Costruttori.
A proposito di Belgio e di Mahindra, ieri è stata la volta di Sam Dejonghe, 27 anni, collaudatore di sviluppo al simulatore da novembre 2017, impegnato sempre a Marrakech nel programmato rookie-test post gara. Il pilota di Essen, che aveva già fatto effettuare i primi chilometri alla nuova Gen2 indiana nello shake down di agosto a Silverstone, continua così la sua esperienza nella nuova categoria, abituato negli ultimi tempi alle ruote coperte (GT, TCR). Insomma, un fine settimana all’insegna delle bandiere dell’India e del Belgio.