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HAPPY BIRTHDAY / ADRIAN NEWEY 60 ANNI, VALKYRIE E HONDA LE SFIDE 2019

(26/12/2018) – Adrian Newey compie oggi 60 anni: buon compleanno! Anche il superlativo ingegnere della Red Bull taglia dunque un importante traguardo al termine del suo personale grand prix 2018. In queste ore il suo nome circola come una garanzia in relazione alla ipotesi, fatta circolare da Helmut Marko in persona, di un possibile impegno nel mondiale WEC e alla 24 Ore di Le Mans se i regolamenti in vigore dal 2021 non saranno di loro gradimento. Arma totale dell’operazione sarebbe la Valkyrie, l’hypercar della Aston Martin, Casa già title-sponsor della scuderia di Herr Mateschitz in F1, nata dalla fervida creatività e dalla immensa esperienza aerodinamica di Newey. Un bolide in fibra di carbonio che sarà disponibile nel 2019 in soli 150 esemplari da 2,8 milioni di euro. Pare che le prenotazioni stiano fioccando.
Si vedrà dunque come andrà a finire ma certo è che Newey non finisce di stupire. Dal 2014, fine dell’era Vettel e con l’avvento della F1 ibrida, le sue monoposto sono state per così dire estromesse dalla lotta per il titolo ristretta a Mercedes e Ferrari  – a Milton Keynes accusano un giorno sì e l’altro pure il deficitario motore Renault   ma pur in presenza di questo gap le Red Bull si sono rivelate clienti difficili per tutti.  Nel 2019 avrà una nuova sfida, forse la più difficile: disegnare una vettura che possa esaltare le qualità del propulsore Honda. Si dice che, in stretta collaborazione con i giapponesi, abbia già individuato soluzioni inedite per permettere il più efficace alloggiamento degli elementi della power unit. Se Honda troverà i cavalli che mancano e se l’aerodinamica sofisticata di Newey continuerà a garantire il guadagno di preziosi decimi aggiuntivi ecco che il nuovo “miracolo” dell’ingegnere di Stratford, sogno proibito di tutte le Scuderia Ferrari compresa,  si materializzerà a sua perenne gloria…

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HONDA, 10 ANNI FA IL RITIRO DALLA F1 MA LA BROWNGP….

(23/12/2018) – Nel 2019 la Honda si rilancia in F1 e fornirà i motori alla Red Bull. Nel 2008, era dicembre di dieci anni fa, invece l’improvvisa quanto clamorosa decisione del ritiro e dalle sue…ceneri nacque la BrownGpche vinse il mondiale! Ma andiamo con ordine.

Dopo un 2008 alquanto deludente, tutto era già pianificato per affrontare la stagione successiva ma davanti alla crisi economica globale dell’epoca – era il tempo della catastrofe dei crediti deteriorati subprime – i vertici nipponici non esitarono a tagliare la voce di costo “F1” e a calare in fretta e furia la saracinesca dando il benservito a piloti, tecnici e sbigottiti meccanici della sede di Brackley. I miseri risultati della Ra108 avevano però indotto il Team Principal Ross Brawn a rivolgere da tempo tutte le attenzioni al progetto 2009 che, dunque, era bello e pronto: ma chi poteva portarlo avanti? Ci pensò proprio lo scaltro tecnico di Birmigham. L’ex ferrarista, oggi dirigente Liberty Media, rilevò tutto per una somma simbolica, fece un accordo per avvalersi dei motori V8 Mercedes, confermò i piloti Button e Barrichello et voilà ecco a voi la BrownGp, un caso unico. Quella che doveva essere la Ra109 venne denominata Bgp 001 e si rivelò subito stupefacente. D’altronde il Team si avvaleva di gente di esperienza come Nick Fry, il Direttore Tecnico Joerg Zander, l’aerodinamico Loic Bigois. Qual era il suo segreto? Muso prominente, pacchi radianti ridotti, bocche delle fiancate molto alte, rinuncia al KERS – unica monoposto 2009 senza il dispositivo di recupero dell’energia cinetica – ma soprattutto il discusso diffusore doppio (il double decker), fonte di aspre polemiche regolamentari. I tempi sul giro fatti segnare nel corso dei test collettivi pre-campionato non lasciavano dubbi: la Brown Gp era, a sorpresa, la lepre da inseguire. Così fu fin dal debutto in Australia finchè la concorrenza non si adeguò al nuovo dettame aerodinamico. Troppo tardi però: Jenson Button fu il campione 2009! (…e dalle sue ceneri la Mercedes di oggi!)


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FERRARI IN MOSTRA A MARANELLO E MONTECARLO

(18/12/2018) – L’attrattività della Ferrari,della sua storia e dei suoi protagonisti, non avrà mai fine. Due mostre, a Maranello e Montecarlo, lo confermano. E’ di ieri l’annuncio che il Museo Ferrari dedicherà una mostra speciale a Michael Schumacher: “Michael 50”, in collaborazione con la Fondazione Keep Fighting. Sarà inaugurata il prossimo 3 gennaio non a caso. E’ il infatti il giorno del 50° compleanno del grande pilota tedesco e questa celebrazione, sottolineano a Maranello, è un segno di gratitudine per il pilota del Cavallino Rampante più vincente di sempre con i suoi cinque Titoli Piloti consecutivi, dal 2000 al 2004, che sono valsi anche sei Titoli Costruttori alla Scuderia. La mostra, viene aggiunto, permetterà di scoprire inoltre il fondamentale contributo che Michael ha dato allo sviluppo di vetture GT straordinarie, perché il suo apporto è stato fondamentale come pilota ma anche come consulente. L’evento durerà qualche mese, con apertura tutti i giorni con orario 9.30 – 18.00. E’ un momento di grande speranza per tutti i tifosi che continuano a trepidare per la salute del campione rimasto infortunato 5 anni fa a causa di un incidente sulle piste di sci e ancora oggi convalescente nella sua casa in Svizzera. Secondo il giornale inglese Daily Mail le condizioni sarebbero in miglioramento e il fatto che recentemente Jean Todt si sia “sbilanciato” nell’affermare di aver visto il GP del Brasile insieme all’amico Michael fa davvero pensare positivo, pur con tutte le cautele del caso.

ROSSE A MONTECARLO – E’ stata invece già inaugurata al Museo dell’Automobile di Montecarlo  la mostra dedicata alle auto da corsa del Cavallino. Al taglio del nastro c’erano il principe Alberto, appassionato e collezionista, niente meno che John Elkan,  Jean Alesi e…ovviamente Charles Leclerc, il neo pilota della Ferrari nato proprio nel Principato dove a maggior ragione il mito della Rossa affonda le sue radici. In sfavillante mostra, cinquanta modelli storici del Cavallino, a partire dalla 250 GTO de 1962 recentemente battuta all’asta al prezzo di 70 milioni di dollari! Beh, se pensate che ne sono state prodotte solo 36…. Altri gioielli sono la 250 Le Mans, la 512S, la F40 e LaFerrari solo per citarne alcuni. La mostra è visitabile fino al 15 marzo prossimo, con orario 10.00 – 18.00 con prezzo di ingresso 8 euro.

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HAPPY BIRTHDAY / ANTONIO GIOVINAZZI 25 ANNI. INTERVISTA A MICHELE PALMISANO: “COMINCIO’ DA ME A 3 ANNI…”

(14/12/2018) – Oggi Antonio Giovinazzi compie 25 anni: buon compleanno! Il pilota di Martina Franca per la prima volta festeggia con in tasca un contratto da titolare in F1, quello con l’Alfa Romeo Sauber. Se calcolate che è su un kart dall’età di tre anni e che da quel momento magico non ha avuto praticamente altro in testa se non arrivare proprio in F1, ebbene sono occorsi ventidue intensi anni per coronare il sogno. Dopo il kart, il trasferimento in Indonesia e la vittoria nel campionato Formula Pilota Cina, tre stagioni in F3 (compreso il Masters di Zandvoort trionfalmente conquistato), il secondo posto in GP2 con gare memorabili (Baku e Monza su tutte), l’emozionante impegno quale terzo pilota Ferrari, belle esperienze in DTM, ELMS, Asian Le Mans Series, WEC, Formula E, fino alla agognata consacrazione che lo porterà il 17 marzo a Melbourne a far parte del ristretto club di piloti del Circus. Come si vede, una lunga strada, densa di sacrifici, anche delusioni, ma soprattutto di meritate soddisfazioni.

Il suo carattere mite, la ferrea determinazione sono ben noti a Michele Palmisano, il titolare del kartodromo Touch & Go di Martina Franca dove un bambino di nome Giovinazzi effettuò i primi giri di pista che lo hanno portato molto, molto lontano…


Signor Palmisano, forse lei è tra le persone meno sorprese del fatto che Antonio sia arrivato in F1

 

Direi di sì: lo ricordo quando ha iniziato con noi, sul primo kart, all’età di tre anni. Il papà voleva regalargli una ferrarina ma io lo convinsi ad acquistare un kart per bambini, un Puffo da 38 cc. E così fu. Poi è salito di categoria ottenendo subito risultati di rilievo e infine, con il passaggio sulle monoposto, ha dimostrato tutte le sue grandi qualità.

 

Lei ha avuto modo di valutare tanti giovani piloti: in cosa si è distinto Antonio?

 

Ho visto tanti ragazzi che hanno anche dimostrato doti velocistiche non indifferenti ma dove Antonio ha fatto la differenza è stata la testa. Ha un carattere diverso da tutti gli altri che magari cominciano a sognare troppo dopo qualche vittoria: lui invece è una persona sempre molto umile e lo è rimasto anche ora che è arrivato in F1. E’ una persona educata, pacata pure nelle interviste, sempre col sorriso. Non l’ho mai sentito alzare la voce con un meccanico e anche quando le cose non andavano bene lui era sempre tranquillo.

 

Come definirebbe il suo stile di guida?

 

Molto veloce, pulito, poche sbavature. Inoltre ha sempre dimostrato nei vari passaggi di categoria di sapersi adattare molto rapidamente.

 

E’ un pilota che si è costruito anno dopo anno o sapeva dove voleva arrivare?

 

Fin da bambino ha sempre detto che voleva correre in F1 con la Ferrari. E ci è riuscito! E’ stata una conquista a suon di sacrifici. A 15 anni è andato via da casa, in Indonesia, allontanandosi da genitori e amici. Non è una cosa facile. Certo, ha conosciuto una persona importante ma anche altri hanno avuto opportunità simili e non hanno saputo sfruttarla. Lui, invece, piano piano è arrivato dove voleva.

 

Avete sperato che la Ferrari lo confermasse titolare?

 

Beh sì, poteva succedere. Poi la Ferrari ha optato per Leclerc ma l’importante è che nel 2019 Antonio sia in F1 e che tramite lui l’Italia ritorni finalmente ad avere un proprio pilota nella massima formula. Poi penso che l’Alfa Sauber, anche grazie al supporto dell’esperto Kimi Raikkonen, potrà fare buoni risultati. Lo stesso Leclerc, l’anno scorso, ha già dimostrato che è possibile qualificarsi in posizioni importanti e ora, con un lavoro ancora maggiore, penso che riusciranno a fare un salto avanti.

 

Due aggettivi per definire Antonio Giovinazzi pilota e ragazzo.

 

Determinato e umile.




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PILOTI F1 2019, L’EUROPA E’ IL SERBATOIO

(12/12/2018) – F1 DRIVERS 2019: EUROPE IS THE THANK. Per quanto riguarda i piloti, anche nel 2019 l’Europa si conferma il baricentro della F1. Su venti fortunati partecipanti ben 16 hanno infatti solide radici europee, d’altronde terra generatrice del motorsport: in Francia la prima gara automobilistica a fine ‘800, in Inghilterra la base di una cultura che ha fatto scuola, in Italia le radici delle più affascinanti e leggendarie Case, Ferrari in primis. Si è assottigliata, invece, la rappresentanza extra-europea con un pilota dell’Oceania (Ricciardo), un sudamericano (Perez), un nord-americano (Stroll) e un Russo di ritorno (Kvyat). L’ho già scritto e lo ripeto: è abbastanza incredibile, per non dire assurdo, che il massimo palcoscenico delle corse lamenti in particolare a mancanza di piloti brasiliani, giapponesi e americani e meno male che si è appena interrotto – ma quanta fatica  – il digiuno durato sette lunghi anni in fatto di piloti italiani con l’ingaggio Sauber di Antonio Giovinazzi. Anche il continente Africano, un tempo rappresentato in qualche modo da Jody Scheckter, è assente dal parterre come pure il Medio Oriente e, dopo le short experiences di Karun Chandok e Narain Kartikheyan, l’India che un tempo vantava pure un gran premio in calendario. In fatto di tradizione, penso a Fangio e Reutemann, pesa l’assenza di un pilota argentino – Josè Maria Lopez ci aveva provato con il fantomatico USF1 Team -mentre guardando avanti sarebbe importante avere in lizza un pilota cinese.

GREAT BRITAIN, GREAT PARTICIPATION. A fare la parte del leone nel 2019 è la Gran Bretagna (guarda caso anche in Formula E con 5 piloti al via) e si può capire. Succede sempre così: se c’è un pilota che compie meraviglie, leggi Hamilton, sulle ali dell’entusiasmo si rimpingua il gruppo di possibili epigoni rappresentati oggi dai giovani e rampanti Norris, Russell e infine Albon. Tiene botta la Finlandia con il duo Bottas – Raikkonen, quest’ultimo addirittura in pista fino a 41 anni! Segue la Francia che schiera l’ambizioso Gasly alla prova del nove e l’ormai veterano Grosjean che ha appena dichiarato di vedere davanti a sé almeno altre quattro stagioni. Uno a testa, infine, per Principato di Monaco, Olanda, Canada, Messico, Polonia, Australia, Russia, Danimarca, Spagna e, come detto, finalmente Italia. Con il grande Kubica è tornata la Polonia mentre la giubilazione di Ericsson ha messo fuori dal giro la Svezia dei Peterson e Nilsson e quella di Hartley la Nuova Zelanda dei Mc Laren, Amon e Hulme (ma Marcus promette di rientrare presto come pure l’altro russo Sirotkin). Insomma, il quadro è bello ma qualche pennellata aggiuntiva occorrerebbe.
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24 ORE DAYTONA 2019: ROBA DA TOP DRIVERS

(7/12/2018) – La 24 Ore di Daytonarappresenta il primo, grande evento della stagione entrante del

motorsport: nel 2019 l’appuntamento inaugurale del campionato IMSA è fissato per il 26-27 gennaio. Ma quello che renderà ancora più elettrizzante la prossima classica endurance della Florida è l’incredibile platea di top driver che sarà della partita. L’ultimo nome iscritto è quello di Rubens Barrichello, ex ferrarista e ora star della Stock Car Brasil, che correrà su una delle due Cadillac DPR V.R. della JDC Miller Motorsports. La notizia precede di pochi giorni quella che riguarda un altro sudamericano, un altro ex F1 come Pastor Maldonado che affronterà per la prima volta la maratona americana al volante di una Oreca-Gibson 07 LMP2 del team DragonSpeed, la stessa con la quale disputa il mondiale endurance WEC.


E’ nota da tempo la partecipazione “pesante” di Fernando Alonso che, dopo l’annuncio del ritiro, per la prima volta non avrà in agenda la F1 e quindi focalizzerà la stagione sull’obiettivo Triple Crown con la 500 Miglia di Indianapolis in primis, ma anche la vittoria a Daytona, dopo l’esperienza già maturata nel 2018 con la United Autosport di Zak Brown, lo alletta molto. Nel 2019 proverà il colpaccio questa volta su una Cadillac classe Dpi del Wayne Taylor Racing: “Spero di lottare per la vittoria, la 24 Ore di Daytona è senza dubbio una delle più grandi gare del motorsport in America e nel mondo”, il suo proclama. Altro motivo di grande interesse sta nella partecipazione dell’inesauribile Alex Zanardi che a Miramas ha recentemente rifinito l’approccio alla BMW M8 GTE appositamente allestita per lui, tipo la frenata azionata a mano e palette del cambio al volante. Particolare attenzione è stata riposta nella procedura di cambio-pilota.
Insomma, che dire: in attesa di altre novità il count-down scorre inesorabile come la passione di questi grandi e coraggiosi piloti.
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F1 NEW BRITISH WAVE, TROPPO TARDI PER WILL STEVENS

(4/12/2018) – TOO LATE FOR WILL STEVENS. La stella Lewis Hamilton e poi le nuove leve George Russell, Lando Norris e, in extremis, Alexander Albon. L’Inghilterra torna a far la parte del leone in F1 con quattro piloti della terra d’Albione che faranno parte del…parterre de roi 2019. Me ne ero già occupato nel 2016.

https://motor-chicche.blogspot.com/2016/02/la-difficiile-eredita-di-lewis-hamilton.html

A questo punto, quasi dispiace per Will Stevens che, evidentemente, non ha colto l’onda buona. Lo ricordate? Nel 2014 il pilota di Rochford proveniente dalla WS 3.5 by Renault, riuscì a debuttare in F1 al volante della Catheram, dopo esserne stato tester, nell’ultimo gran premio di quella stagione. Il team navigava davvero in brutte acque, tanto è vero che prese parte alla gara dopo un doppio stop e solo grazie ad una ardita ma riuscita operazione di crowfunding alla quale contribuì anche l’ambizioso inglesino. Messo il piede dentro, arrivò la possibilità Manor per il 2015. Ma buttava male anche in seno a questa scuderia che non riuscì neanche a mettere le due monoposto in pista nell’appuntamento inaugurale di Melbourne. Il resto della stagione fu, sostanzialmente, un calvario e fu già molto portare la vettura al traguardo ma sempre nelle retrovie. La battaglia, per Stevens, consistette nel far meglio del compagno di squadra spagnolo Mheri poi sostituito dallo yenkee Alexander Rossi che, per la verità, si dimostrò più veloce dell’inglese.

Da allora Stevens, che oggi ha 27 anni, si è buttato anima e corpo nelle ruote coperte dove si è tolto molte soddisfazioni a dimostrazione delle sue buone qualità: WEC 2016 (secondo alla 24 Ore di Le Mans in classe LMP2), Blancpain GT Series 2017 (primo di classe a Le Mans con una Ferrari 488 del JMW Motorsport) e infine ELMS dove corre nel team dell’ex pilota di F1 francese Panis e dell’ex portiere della nazionale transalpina (e poi buon pilota) Barthez. Condivide la Ligier JS217-Gibson con Timothe Buret e Julien Canal con i quali è salito spesso sul podio. Un’esperienza che lo gratifica molto: “Ho capito quanto sia eccitante guidare una vettura prototipi in endurance”. Panis lo coccola: “Ha un grande talento”. Ricordo che un collega blogger inglese lo definì l’erede di Hamilton. La domanda, dunque, è: dove sarebbe arrivato in F1 Will  Stevens con una monoposto sufficientemente competitiva?


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WAITING SCHUMACHER. MICHAEL VERSO I 50 ANNI

(1/12/2018) – E’ un buon segno il fatto che, a cinque anni dal suo disgraziato incidente con sulle nevi francesi di Meribel (29 dicembre 2013), si torni a parlare molto di Michael Schumacher? Ovviamente si spera proprio di sì perché, se per molto tempo la moglie Corinna ha completamente azzerato ogni news che lo riguardava, negli ultimi tempi le cose sembrano essere cambiate. La figura del grande ex ferrarista, sette volte campione del mondo, è infatti tornata di nuovo a far frequente parte delle cronache dei motori e non solo per l’inevitabile collegamento con le gesta vittoriose del figlio Mick, neo campione europeo di F3 e prossimo pilota di F2 con vista già sulla F1 (porte aperte alla Ferrari, è stato già dichiarato…). No, si torna finalmente a parlare proprio di lui ed è una buona cosa perché, pur rispettando il volere della famiglia, i tifosi – sempre tantissimi – è questo che vogliono: sentirlo vicino, presente.
Prima ha cominciato Corinna stessa che, secondo quanto riportato dalla rivista tedesca Bunte, in una lettera inviata al musicista tedesco Sascha Hercenbach, autore di un inno dedicato a Michael intitolato “Born to fight, avrebbe aggiunto in una lettera di ringraziamento “Michael è un combattente e non si arrende”. Tanto è bastato per rincuorare migliaia di fans e appassionati.
Poi, sempre la famiglia, ha diffuso un bel video girato poco tempo prima dell’incidente nel quale il grande campione tedesco riassume le sue emozioni e considerazioni sugli anni in F1: dalla felicità per la conquista del primo titolo con la Ferrari nel 2000, alla celebrazione della rispettosa amicizia con Mika Hakkinen e della importanza di un tecnico come Ross Brawn, fino al tifo giovanile per il calciatore Toni Schumacher. Poi i dogmi della sua grandezza: la ferrea tendenza al costante miglioramento, il riconoscimento del valore del lavoro di squadra, la valenza dei primi anni sui kart.
Infine, le recenti dichiarazioni dell’arcivescovo tedesco Padre Georg, sempre al giornale Bunte che, per la prima volta, svelano l’attuale aspetto di Schumacher, incontrato nell’estate 2016: “Il viso resta quello che conosciamo, solo un po’ più pieno”. Poi altre parole cariche di speranza: “Sente l’amore delle persone che gli sono intorno e si prendono cura di lui. Una persona malata ha bisogno di discrezione e comprensione”.
Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per arrivare con maggiore serenità ad una data nella quale si parlerà ancora di più di lui e cioè il 3 gennaio 2019 quando Schumacher compirà 50 anni. Nel ritirare un premio della rivista Auto Bild, Jean Todt ha avuto nuove parole di grande affetto nei suoi confronti (che va a trovare due volte al mese): “Il tempo passato con lui è il migliore della mia vita“. La storia sportiva e umana che i due hanno vissuto e scritto è un legame eterno che ora…si rinnova: pare infatti che la carriera del figlio Mick possa essere gestita dalla società di management di Nicolas Todt, il figlio di Jean.