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PNEUMATICI F1: VINCE PIRELLI MA HANKOOK FA SUL SERIO NEL MOTORSPORT

(27/11/2018) – Oggi e domani i test Pirelli 2019 ad Abu Dhabi. Il produttore milanese ha battuto la concorrenza della Hankook e continuerà dunque la fornitura esclusiva degli pneumatici per le F1 nel quadriennio 2020-2023, assumendo così anche l’incarico del traghettamento dai 13 ai 18 pollici a partire dal 2021. Un impegno rinnovato e soprattutto una nuova sfida all’orizzonte che però è già nelle corde della Pirelli: nel 2014 a Silverstone il tester Lotus di allora, Charles Pic, effettuò 14 giri sulla E22 con i nuovi pneumatici più stretti e alti. E’ chiaro che la guida delle monoposto cambierà abbastanza radicalmente con l’adozione del nuovo formato – Pic riferì di comportamenti più “nervosi” e più “immediati” della vettura – ma c’è tempo per calibrare il tutto.
Ma torniamo alla Hankook che si era abbastanza coraggiosamente candidata per calcare anche il palcoscenico della F1 oltre ai diversi impegni che la Casa sud-coreana già persegue nel motorsport. Probabilmente, la massima formula automobilistica sarebbe stata confacente agli annunciati programmi che prevedono il rafforzamento della posizione di marca premium dell’azienda. Hankook è una realtà industriale consolidata: i risultati finanziari per il terzo trimestre 2018 evidenziano vendite globali consolidate pari a 1,76 bilioni di KRW (1,35 miliardi di euro) e un profitto operativo di 184,6 miliardi di KRW (141,5 milioni di euro) con una crescita del 4,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

HANKOOK NEL MOTORSPORT – Hankook e il motorsport, si diceva: un impegno che forse non tutti conoscono bene. Intanto è partner esclusivo del DTM dal 2011 ma l’impegno e gli orizzonti sono più ampi. “In Europa – dice Han-Jun Kim, presidente di Hankook Tire Europa – gli sport motoristici sono di casa in molti mercati chiave di Hankook e costituiscono una parte importante del DNA del nostro brand. Pertanto cerchiamo sempre nuovi modi per sviluppare serie e formati interessanti in Europa con i nostri prodotti di alto livello. Il DTM è particolarmente importante per noi, anche se nella stagione abbiamo dovuto separarci da Mercedes-Benz; nella prossima stagione, tuttavia, grazie ad Aston Martin, potremo accogliere un nuovo costruttore premium. Anche la continuità nel sostegno alle nuove leve è una delle nostre priorità, in quanto permette di sviluppare i piloti vincenti di domani”. Ciò avviene grazie al supporto riservato a FIA Formula 4 Spain, SMP Formula 4, F4 British Championships certified by FIA e campionato europeo FIA Formula 3. Con orgoglio Hankook ricorda che molti piloti attualmente vincenti, come Max Verstappen, Lance Stroll, Esteban Ocon o Carlos Sainz, hanno affinato in F3 la loro tecnica con gli pneumatici da corsa Hankook. C’è il parere del nuovo campione europeo FIA Formula 3 Mick Schumacher: “Mi sono trovato molto bene con gli pneumatici da corsa Hankook. La costanza è sempre presente; il loro punto di forza è che durano per molti giri sulla maggior parte dei circuiti”.

Per le squadre ha un grande valore anche il Best Pit Stop Award di Hankook. Dal suo debutto nel DTM, il produttore di pneumatici premium assegna questo riconoscimento per onorare l’importantissimo lavoro degli uomini ai box. La squadra con il punteggio migliore, che nel corso della stagione è stata più veloce nel cambio degli pneumatici, viene premiata con un trofeo messo in palio quale coppa challenge. Inoltre, organizza ogni anno un evento esclusivo per la squadra vincitrice. In questa stagione, l’Audi Sport Team Phoenix, oltre ad aver difeso il titolo conquistato lo scorso anno, ha anche conquistato per la terza volta l’ambito premio.
Si guarda sempre avanti: all’inizio del 2018 è stato siglato un nuovo partenariato con la casa automobilistica britannica Radical. Da allora, il produttore premium equipaggia le auto da corsa e sportive di Radical tanto con la dotazione di pneumatici stradali Hankook Ventus quanto con il Ventus Race in versione slick (F200) e in variante da pioggia (Z217), impiegati con successo nelle serie di corse Radical di tutto il mondo, come ad esempio la North American Masters, l’European Masters o le serie Cup Middle East, Canada, Australia e Scandinavia.
Anche quest’anno, poi, Hankook è nuovamente sponsor del titolo e partner per gli pneumatici della 24H GT e Proto Series powered by Hankook, la più grande serie di endurance del mondo con quattro gare di 24 ore e quattro gare di 12 ore in occasione di otto tappe su tre continenti. Hankook, in questa stagione, è stata per la prima volta partner esclusivo per gli pneumatici della Rundstrecken Challenge Nürburgring (RCN), una delle più antiche serie racing di massa d’Europa. Inoltre, anche quest’anno Hankook ha equipaggiato in esclusiva con i suoi pneumatici da corsa le classi SRO/GT4 e TCR nel quadro del campionato endurance VLN e della 24 Ore ADAC Zürich. Una novità nel calendario degli sport motoristici è stata in questa stagione l’Audi Sport Seyffarth R8 LMS Cup: la coppa monomarca si è svolta in sei tappe parallelamente al DTM e ha offerto a professionisti, Gentlemen e Under 21, l’opportunità di avvicinarsi al mondo GT4 Sport.

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POST ABU DHABI GP / F1: CIAO 2018, AVANTI 2019. SORRISI E LACRIME

(26/11/2018)F1 2018 / 2019: SMILES AND TEARS. Con il Gran Premio di Abu Dhabi, 100° dell’era ibrida, e la 73^ vittoria di Hamilton, già campione del mondo per la quinta volta, va in archivio la stagione 2018 di F1 e si apre ufficialmente quella 2019. La Ferrari si deve inchinare allo strapotere Mercedes e conquista entrambe le piazze d’onore con Vettel e Raikkonen mentre la Red Bull si conferma insidioso incomodo con un Verstappen sempre stellare. Il tempo di cambiarsi le tute e di rimettere in sesto le monoposto – soprattutto la Renault di Hulkenberg… – e già domani e dopodomani inizia il 2019 con i test Pirelli e l’entrata ufficiale in scena dei piloti 2018 sulle loro prossime monoposto. Ma facciamo un sintetico e prospettico bilancio dell’annata, in base a sorrisi e lacrime

 

SORRISI/SMILES – Sorride alla grande Hamilton, sempre più stella on track e off track (negli Emirati ieri per lui c’era l’attore americano Will Smith). Nulla sembra frenare gli sviluppi delle Frecce d’Argento, che lui non manca di accarezzare e osannare, e quindi può dormire sonni tranquilli con un chiaro obiettivo ormai già in vista: i 7 titoli mondiali, attuale record by Michael Schumacher.

Sorride anche Max Verstappenche, finalmente, ha fatto segnare più punti complessivi del compagno di squadra Ricciardo. E’ maturato e si è tolto altre soddisfazioni. Il suo atteggiamento può piacere o non piacere ma il valore aggiunto a questa F1 lo porta lui e nel 2019 sarà il N° 1 incontrastato della Red Bull motorizzata Honda alla quale, ad oggi, tutti concedono ampia range di sviluppo. Quindi, occhio all’olandesino terribile!

Poi c’è un trio che, finalmente terminata la stagione, sorride perché ora tocca a loro e non vedevano l’ora. Prendi per esempio Lance Stroll: il canadese conta i secondi che lo separano dal calarsi nella agognata ex Force India ora Racing Point acquistata da papà. Tutta un’altra cosa rispetto a quella Williams che, a sentir lui, ha azzoppato ogni sua velleità. Poi Pierre Gasly che ha un’occasione d’oro per riportare con una certa regolarità un pilota francese sul podio: il passaggio dalla Toro Rosso alla Red Bull è pura gioia anche se il futuro compagno Verstappen e il motore Honda sono fonti di una certa apprensione. Ma la progressione del bravo pilota di Rouen prosegue e fa piacere. Infine, il sorriso più grande è certamente quello di Charles Leclercche a 21 anni, da domani, entra a far parte della STORIA della F1 vestendo la tuta rossa della Ferrari. Complimenti e auguri a lui, sperando che il sorriso permanga intatto per tutto il 2019.




LACRIME/TEARS – Lacrime virtuali per l’enigmatico Sebastian Vettel che, statene certi, al di là delle parole di prammatica non ha assolutamente digerito l’esito del campionato che sembrava davvero poter essere suo. Ha compiuto errori, anche marchiani, ma ha chiarito che anche senza quelli la Ferrari non avrebbe vinto. Insomma, anche quest’anno la Rossa non è stata all’altezza delle sue ambizioni. Il tempo passa e la frustrazione aumenta: sindrome Alonso?

A proposito, lacrime per Fernando Alonso che lascia la F1. Un ritiro incredibile, quello dello spagnolo che non ha azzeccato i tempi del suo ritorno alla Mc Laren né ha trovato un altro team di pari lignaggio intenzionato ad ingaggiarlo. Peccato perché, come tutto l’ambiente sa bene, la sua forza è intatta. Per questo il suo addio sa di obbligatorietà, un po’ quello che accadde nel 2006 aSchumacher che avrebbe volentieri continuato con la Ferrari ma l’ingaggio non rinviabile di Raikkonen e il possibile sacrificio dell’amico Massa lo indusse alla decisione di attaccare il volante al chiodo (tre anni dopo, infatti, tornò con mucho gusto alla Mercedes).

Piange lacrime amare Valtteri Bottas, sì proprio lui. Lo ha detto: è stata la sua annata più brutta, confermata infatti dalla deludente quinta piazza finale in classifica, dopo aver sognato ben altro. La mancata vittoria di Baku per una foratura ma soprattutto l’aver dovuto sottostare agli ordini di scuderia pro-Hamilton lo hanno proiettato in un cono d’ombra dal quale potrebbe non uscirne più. Per l’incupito finlandese si mette male: non solo è stato marchiato col ruolo di “secondo” ma Toto Wolff, per il 2019, gli ha giocato un brutto scherzetto psicologico ingaggiando quale terzo pilota quell’Esteban Ocon che già da tempo grida ai quattro venti di essere predestinato a guidare una Mercedes!
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DOCTOR STRANGE VETTEL AD ABU DHABI

(23/11/2018) – Cosa succede a Sebastian Vettel? Il pilota della Ferrari chiude questa stagione che ha premiato il suo arci-rivale Hamilton con il sorriso tirato. Anzi, sembra proprio triste. Che differenza rispetto a cinque anni fa, il 24 novembre 2013, Gran premio del Brasile: con la Red Bull Seb vinse la sua ultima gara con l’imbattibile monoposto – era la RB9 – dell’imbattibile Adrian Newey. Sfuriata iniziale di Rosberg su Mercedes, poi il facile sorpasso e il dominio: 13^ vittoria stagionale, nona consecutiva, quarto titolo mondiale in bacheca. Che bellezza. L’orizzonte, oggi, è nuvoloso. La frase proferita ieri ad Abu Dhabi è piuttosto esemplificativa: “Non ho ancora pensato al futuro, a come ripartire dopo una stagione così difficile. L’importante sarà farlo con felicità, questa è la cosa più importante”. Felicità che, evidentemente, ora non c’è. Qualche osservatore sottolinea come, negli ultimi tempi, il campione tedesco sia stato visto molto spesso in compagnia dei suoi vecchi amici della Red Bull, quasi a cercare di ritrovare un calore umano che forse gli manca.

Eh, tempi magnifici, quelli a Milton Keynes. Poi, nel 2014, l’avvento dei motori turbo sovvertì gerarchie e certezze. Le vittorie non arrivarono più, a differenza di quanto seppe però fare il più brillante compagno di squadra Ricciardo. Anche in quel periodo, il sorriso si spense, i modi diventarono scorbutici, la mente vagava verso altre direzioni. Alla Ferrari, dove è approdato da ormai quattro anni, non sono certo mancati momenti di gloria, di intima ed enorme soddisfazione. Ma qualcosa, soprattutto in questo finale di stagione 2018, non ha convinto il pilota di Heppenheim. Lo ha disturbato. “Abbiamo avuto una buona macchina, ma non dominante come la Mercedes”, sottolinea. Il titolo che questa volta sembrava nelle sue mani è invece sfuggito (anche grazie a suoi errori clamorosi, non sempre riconosciuti), la stampa bacchetta lui e glorifica Hamilton che macina record e ha eguagliato Fangio, la Scuderia di Maranello soffre il dopo-Marchionne e, nonostante il suo endorsement pro Raikkonen, per il 2019 gli ha affiancato il rampante monegasco Leclerc.

Riuscirà, come dice lui, a ripartire con ottimismo? E’ un bel dilemma: cosa succederà se la nuova monoposto Ferrari non sarà più competitiva della Mercedes? Se anche la Red Bull disturbasse stabilmente i nuovi sogni di gloria? Se Leclerc dovesse rivelarsi più veloce di Seb? A quel punto, Vettel potrebbe diventare ingestibile e imprevedibile. Nel 2019 compirà 32 anni, ha moglie (Hanna Prater) e due figlie piccole, Emilie e Matilda, rispettivamente 4 e 3 anni. E’ in pista dal 1995, con i kart, e in F1 dal 2006. E’ l’unico pilota del Circus assente dai social. Ora c’è Abu Dhabi, poi verrà il tempo del riposo e della riflessione, la Race of Champions in coppia con Mick Schumacher. Quello che pensa oggi e che si aspetta domani è riassunto in questa dichiarazione: “Penso che dovremo rinforzare il pacchetto, visto che quest’anno in alcune occasioni ci è mancata un po’ di velocità; ma stiamo lavorando intensamente per quel passo avanti che farà la differenza. Chiunque lavora alla Ferrari ama quello che fa e si sente privilegiato di fare parte di questo team”.
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KUBICA – WILLIAMS F1 2019: NOTHING IS IMPOSSIBLE

(22/11/2018) – La notizia del ritorno in F1 di Robert Kubica è una buona notizia. Per molti motivi. Innanzi tutto per Robert stesso che ha dedicato la sua vita ai motori. Poi per la Williams 2019 che, francamente, non poteva affidarsi ancora a due piloti a corto di esperienza e che ha colmato quindi un vuoto. Infine per il Circus della F1 che ritrova non solo un pilota di solido talento ma anche un personaggio umano, simpatico, amato dagli appassionati, seguito da tantissimi fans personali. Salutiamo quindi con piena soddisfazione questa decisione del team inglese e del pilota polacco che, si badi bene, ha rinunciato a far parte della Scuderia Ferrari declinando l’offerta di prendere il posto di Kvyat e Giovinazzi al simulatore. Un diniego non da poco, per un amante della Rossa come Kubica che, prima dell’incidente, era davanti al portone principale d’ingresso a Maranello richiuso dal destino… Vicino, il 7 dicembre, a compiere 34 anni ha scelto di fare quello che sente di poter ancora fare, e fare bene: il pilota della massima formula. Nel corso del 2018, vissuto in veste di fremente terzo pilota Williams, ha almeno avuto il tempo e relativa tranquillità per valutare le sue condizioni, ponderare le sue risposte a tutti i livelli, ricalibrare la sua gestualità al volante di una moderna monoposto F1. Alla fine ha avuto la risposta che cercava: “Capisco che probabilmente a questo ritorno non avrebbe creduto nessuno e probabilmente sono stato il solo a non arrendersi mai, ma se non fossi in grado di pilotare in maniera competitiva non sarei qui. Negli ultimi 16 mesi ho visto che sono in grado di riuscirci”.

Dopo l’incidente al rally ronde di Andora, il 6 febbraio 2011, e il grave infortunio al braccio destro molti, al posto suo, non avrebbero avuto la forza di reagire. Intendiamoci, probabilmente anche lui deve aver passato momenti in cui l’idea di alzare bandiera bianca deve essergli balenata per la testa. Ma l’affetto della famiglia e dei tifosi, unito alla sua forza interiore, hanno avuto la meglio. Il percorso, lungo e bellissimo, iniziato all’età di 4 anni con i kart non poteva essere interrotto senza una nuova chance. Una sfida personale, prima ancora che sportiva. Ricca di insidie, certamente, ma non per questo da schivare. E’ stato protagonista sia di momenti indimenticabili in pista – vedi la prima vittoria Canada 2008 ma anche Monza 2006 – di brutti incidenti, si è cimentato con coraggio nei rally, si è riavvicinato con umiltà alle piste, senza nascondere dubbi e debolezze, ma infine il sacro fuoco della F1 si è ravvivato. Non si era affatto spento, anzi covava possente nelle sue più intime pieghe. Kubica sa essere duro in pista, non può essere altrimenti, ma possiede e conserva un’anima buona, genuina. Bellissime infatti le  parole con le quali ha autocelebrato questo incredibile ritorno: “Spero di essere da esempio per il team e di poter guidare la rinascita. Non vedo l’ora di tornare a correre. Questo ritorno in F1 resterà come uno dei più grandi traguardi della mia vita”.
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W SERIES, W POWER: L’OPPORTUNITA’ CHE MANCAVA

(21/11/2018) – L’incidente di Macao a Sophie Floersch, operata e fortunatamente fuori pericolo paralisi, ha acceso i riflettori sulle donne pilota tra l’altro in un momento di grande rilancio della loro presenza sulle griglie di partenza. Tatiana Calderon ha appena girato a Fiorano con la Sauber F1 e farà parte, per i colori della DS Techeetah, dei test-drivers della Formula E impegnati il 16 dicembre in Arabia Saudita  insieme alla inglesina Jamie Chadwick (NIO), a Simona De Silvestro (Venturi), Carmen Jorda (Nissan), alla veterana Katherine Legge (Mahindra), a Beitske Visser (BMW I Andretti Autosport) e alla prima donna-pilota araba Amna Al Qubaisi (Virgin Racing). E’ un esercito! Agguerrito!

Il dubbio è sempre lo stesso: sono idonee all’automobilismo? Perché non dovrebbero esserlo, dico io! Hanno tutto il diritto di assecondare la loro passione e di cimentarsi in questo sport esattamente come tante ragazze fanno in altre discipline, boxe compresa tanto per dirne una. Un tempo, la loro naturale costituzione fisica ne rendeva la partecipazione veramente ardua ma oggi la guida di una monoposto risulta molto più abbordabile grazie a vari sistemi quali servosterzo e cambio al volante ed inoltre il DNA umano è generalmente molto migliorato forgiando esseri uomo/donna molto più robusti (e poi la palestra fa miracoli se frequentata con sacrificio e professionalità). Si dirà: ma non hanno mai avuto successo. Intanto non è del tutto vero: Lella Lombardi è andata a punti in F1 e si è distinta con le Sportcar, Danica Patrick a momenti nel 2005 vinceva la 500 Miglia di Indianapolis e comunque è riuscita a imporsi in una gara Indycar e a far bene nella Nascar, per non parlare della competitività di Michelle Mouton, regina dei rally.



La svolta definitiva, in grado di aumentare il numero e la preparazione delle “pilotesse”, verrà forse con l’ultima iniziativa e cioè l’organizzazione del nuovo campionato tutto femminile W Series, al via dal maggio 2019, al momento solo su piste europee (6 appuntamenti-sprint da 30’). E’ l’uovo di colombo: monoposto identiche (Tatuus F3), iscrizione gratuita, montepremi da 1,5 milioni di dollari e 500mila dollari per la vincitrice, selezione affidata a David Coulthard, l’ex manager F1 Dave Ryan e al ben noto Adrian Newey, questi ultimi due, rispettivamente, DS della W Series e membro del Comitato consultivo. Coinvolto anche il grande Matt Bishop, ex capo della Comunicazione Mc Laren.

Funzionerà? Sul web impazzano i pareri contrastanti. C’è chi parla di “ghettizzazione” e chi parla di ottima “opportunità”. Certo, sarebbe stato fantastico la concomitanza con i week end della F1 ma anche il DTM offre visibilità e attenzione da parte degli addetti ai lavori e dopotutto si è appena all’inizio di questo viaggio. La filosofia della W Series è quella di offrire opportunità a capacità già esistenti: “Creare un habitat competitivo e costruttivo in cui i piloti saranno in grado di dotarsi delle competenze necessarie per fare il passo successivo nelle categorie più importanti e confrontarsi alla pari con i loro rivali maschili”. Catherine Bond Muir, CEO della W Series, promoziona bene il tutto: “La nostra missione è importante: pensiamo che chiunque abbia talento, passione e impegno debba avere una chance nel motorsport e questo campionato nasce per dare questa opportunità. Le donne che correranno nella W Series diverranno delle superstars globali, modelli di riferimento e di ispirazione per le donne di tutto il mondo. Ogni organizzazione, azienda, sponsor e singola persona che aiuterà le vincitrici della W Series a raggiungere il successo internazionale si garantiranno un successo duraturo in tutto il mondo”. Che dire, good luck!

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HAPPY BIRTHDAY / JACQUES LAFFITE 75 ANNI, LA SUA FILOSOFIA IN QUATTRO RIGHE

(21/11/2018) – Buon compleanno a Jacques Laffite che oggi compie 75 anni! Motor Chicche ha già dedicato altri post a questo forte e simpatico pilota francese che ha vissuto e ha gareggiato con grande spontaneità e sportività. Per cui, in questo giorno, riassumiamo la sua apprezzabile filosofia di vita e di carriera nella seguente sua dichiarazione che risale al 1979, anno in cui con la Ligier lottò a lungo per il titolo mondiale con le Ferrari di Scheckter e Villeneuve:


A me piace vincere ma io sono diverso dai miei compagni. Io mi diverto anche solo a correre, invece c’è chi se non vince diventa intrattabile e non si diverte più. Io sono sempre rimasto quell’appassionato che nel 1966 seguiva Jabouille nella Coppa R8 Gordini e che iniziò a correre nel 1970 con Tico Martini”.

Questo è stato ed è Jacques Laffite, Jacquot. Joyeux anniversaire!
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HAPPY BIRTHDAY / ROBERTO GUERRERO 60 ANNI, EL MAESTRO DE UNA NUEVA GENERACION

(16/11/2018)– Tra i tanti piloti sudamericani, per lo più brasiliani, che nella seconda metà degli anni ’70 si trasferirono in Europa, c’era anche un colombiano, Roberto Guerrero, che arrivò fino alla Formula 1 e che oggi compie 60 anni. Buon compleanno! Insomma, la crescente rappresentanza della Colombia rappresentata poi ai livelli più alti da Juan Pablo Montoya, Carlos Munoz e oggi Tatiana Calderon ha avuto in Roberto il capofila, el Maestro de una nueva generacion!
Guerrero seguì tutta la trafila: scuola piloti Jim Russell, Formula Ford, F3. Nel 1980 si piazzò ottimo secondo nel super competitivo campionato inglese di F3, preceduto solo dallo svedese Johansson. Tempo dunque di passare alla F2, dove riuscì a vincere una gara, e già nel 1982 gli si prospettò infine l’opportunità della meta agognata: la F1. Fu la Ensign di Morris Nunn a offrirgli l’occasione ma per due anni il Team che navigava in acque finanziarie agitate – nel 1983 subentrò la Theodore Racing di Teddy Yip – gli diede più che altro modo di partecipare quasi per onor di firma, tra non qualificazioni, ritiri e piazzamenti nelle retrovie. Miglior risultato: ottavo al Gran Premio di Germania 1982.



Tramontati i sogni di gloria nella massima formula, Guerrero puntò sulla CART americana dove si distinse. Da segnalare il secondo posto alla 500 Miglia di Indianapolis 1984, gara leggendaria che non vinse per un soffio nel 1987. Un drammatico incidente nel corso di un test – uno pneumatico lo colpì alla testa – lo precipitò in coma per due settimane determinando l’impossibilità di lottare per il titolo che poteva essere certamente suo. Si riprese e tornò alle corse, dispose anche di un motore Alfa Romeo per la categoria  testato insieme a Bruno Giacomelli e, a conferma del feeling con Indy, nel 1992 centrò la pole position vanificata da un incredibile fuori pista nel pace lap. Ma il meglio era ormai alle spalle e chiuse la dignitosa carriera nella IRL nel 2001.



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DA BOSCH IL PRIMO QUADRO STRUMENTI CURVILINEO AL MONDO

(15/11/2018) – Conoscete già i nuovi televisori o cellulari a schermo curvilineo. Beh, ora grazie a Bosch arriva il primo quadro strumenti curvilineo al mondo nell’abitacolo di un veicolo di serie. “Il tempo dei display strumentali piatti è finito”, sentenzia Steffen Berns, presidente di Car Multimedia. L’innovazione farà il suo debutto con l’Innovision Cockpit della nuova Volkswagen Touareg: Volkswagen, cioè, sta sostituendo la tecnologia di visualizzazione analogica dietro al volante con un display curvilineo ad alta risoluzione facilmente configurabile. In base a ciò che il guidatore decide di vedere in qualsiasi momento, lo schermo è in grado di mostrare mappe di navigazione di grandi aree, informazioni per il conducente o lo stato dei sistemi di assistenza.

LUCE RIFLESSA 4 VOLTE IN MENO – Il segreto della nitidezza e del contrasto dei nuovi display è un nuovo processo di fabbricazione grazie al quale il quadro strumenti riflette la luce oltre quattro volte in meno, anche in piena luce solare. Nell’incollaggio ottico, come viene chiamato questo processo, viene infatti utilizzata una pellicola per unire il display e il vetro direttamente l’uno con l’altro. Per il guidatore, questo significa che non c’è praticamente alcun effetto di abbagliamento ed il display risulta nitido e con un contrasto bilanciato sia alla luce diretta del sole che al buio.

La linea del display riproduce la naturale curvatura dell’occhio umano, sottolineano alla Bosch. In questo modo, il guidatore è in grado di individuare con maggior facilità le spie luminose e i segnali di avvertimento, anche ai margini dello schermo. Inoltre, al contrario di quanto accade nelle case dove solo una persona per volta ha la possibilità di sedere nella posizione con l’angolo di visione ottimale, il quadro strumenti curvilineo del veicolo si adatta sempre in modo ideale alla visuale del guidatore. “Il guidatore trae vantaggio dal quadro strumenti curvilineo in termini di sicurezza e comfort. Al tempo stesso, questo tipo di display offre alle case automobilistiche più libertà e spazio nella progettazione dell’abitacolo” aggiunge Berns.
SISTEMA DI CONTROLLO INTELLIGENTE – Tachimetro, mappe di navigazione ed elenco telefonico: i contenuti visualizzati sul quadro strumenti, con una diagonale dello schermo di quasi 31 centimetri (12,3 pollici), sono determinati dal guidatore a seconda della situazione di guida e delle preferenze personali. Un sistema di controllo intelligente, invisibile al driver, che si nasconde dietro il cockpit all’interno di una centralina di controllo. Il sistema assicura che il guidatore sia sempre in grado di visualizzare esattamente i contenuti che desidera vedere a colpo d’occhio. È possibile scegliere, per esempio, tra le informazioni dettagliate sul viaggio in corso, la mappa di navigazione, i contatti telefonici o i dettagli della playlist in riproduzione. Ogni singola informazione può essere visualizzata a schermo intero o in combinazione con altri contenuti. In questo modo, coloro che desiderano visualizzare la mappa di navigazione e la lista telefonica oltre al tradizionale tachimetro, riescono a farlo in modo agevole e comodo, effettuando le selezioni tramite il comando multifunzione al volante o il touchscreen dell’infotainment. Un’altra novità che debutterà nell’Innovision Cockpit di Touareg è la possibilità di eseguire uno zoom mirato sulla mappa di navigazione direttamente sul quadro strumenti.

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ALBORETO – FERRARI, 30 ANNI FA L’ULTIMO GRAN PREMIO INSIEME

(13/11/2018)ALBORETO-FERRARI, 30 YEARS AGO LAST GP TOGETHER. Gran Premio d’Australia, 13 novembre 1988: 30 anni fa ultima gara del campionato mondiale di F1 appena vinto per la prima volta da Ayrton Senna su Mc Laren ma anche ultima gara di Michele Alboreto con la Ferrari. Per lui, un mesto ritiro immediato dopo una collisione allo start con la Dallara della Scuderia Italia di Alex Caffi che sancì l’addio alla Scuderia dei sogni. Un rapporto bellissimo, di vero amore quello tra il Cavallino e il pilota milanese al quale il Drake pensò da subito, dopo la tragica scomparsa di Gilles Villeneuve. L’accordo verbale non potè essere ratificato per problemi contrattuali del pilota allora alla Tyrrell ma appena libero, dal 1984, Michele tornò a far parlare italiano la Ferrari, 11 anni dopo Merzario. Tra grandi giornate, speranze e delusioni, come spesso accade, ecco che un amore così grande si trasforma però in sofferenza e distacco, con tanto di strascico polemico.

Dopo la prima vittoria con la Rossa al Gp del Belgio 1984, al titolo mondiale Alboreto ci andò vicino nel 1985, secondo dietro solo la potente e più affidabile Mc Laren-TAG Porsche di Prost. Da allora, stagioni avare di soddisfazioni, dense di guai tecnici, incomprensioni, nervosismo, inutili contrapposizioni. Prima la “grana” delle turbine KKK oppure Garrett, poi l’avvento a Maranello di John Barnard che piegò, abbastanza inspiegabilmente, le esigenze del team unicamente verso quelle dell’altro pilota Berger.  Le voci sempre più ricorrenti dell’ingaggio per il 1989 di Nigel Mansell e soprattutto la morte di Enzo Ferrari fecero diventare le crepe ormai evidenti tra l’italiano e la Ferrari autentici crepacci. Fu quasi commovente l’ultimo acuto al Gran Premio d’Italia immediatamente successivo allo choc della perdita del Fondatore della Scuderia, con Alboreto in orgogliosa rimonta e alla fine secondo dietro il compagno di squadra. Ma ormai si era ai titoli di coda con la parola fine, in grassetto, già inserita. Alboreto tornò alla Tyrrell e poi, a stagione in corso, alla Lola Larrousse, quindi Arrows, Footwork, Scuderia Italia e infine Minardi. Ma la magia del connubio tutto italiano ai massimi livelli della F1 era ormai svanita.
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POST BRAZIL GP / VERSTAPPEN VS OCON, ARSENICO E VECCHI…SBERLEFFI

(12/11/2018) – VERSTAPPEN VS OCON, ARSENIC AND OLD…JEERS. E’ un peccato che un Gran Premio del Brasile così bello (non per Vettel…) sia stato rovinato da un episodio come quello dell’incidente tra Verstappen e Ocon. Togliamoci subito il dente: di chi la colpa? Mi sa che il francese l’ha fatta grossa. Insistere per sdoppiarsi alla curva S di Senna dopo non esserci riuscito, se proprio riteneva di doverlo fare, in rettilineo, tra l’altro ai danni del leader della corsa e noto osso duro come l’olandese, significava assumersi la responsabilità di innescare un possibile incidente che infatti si è puntualmente verificato. Verstappen ha perso la gara per tale condotta. Detto questo, anche Max merita una reprimenda: Uno: non credo non l’abbia visto ancora praticamente al suo fianco alla famosa S, eppure ha chiuso con decisione senza cercare di evitare quindi il contatto e di metterselo definitivamente e facilmente dietro dopo poche centinaia di metri. Due: capisco perfettamente il nervosismo, ma l’aggressione a Ocon a suon di spintoni davvero no, resa dei conti o vecchie ruggini dal tempo dei kart che sia. Verstappen deve capire che ora è in F1 e pertanto il suo comportamento ha una risonanza e rilevanza mondiale a livello di immagine della categoria e di influenza nei confronti delle giovani leve dell’automobilismo.

 

Va aggiunta infine un’altra considerazione relativa ai “toni” alti di questa polemica che coinvolge, guarda caso, due piloti non nuovi ad atteggiamenti “border line”. Prendiamo Ocon, già malizioso protagonista di spigolosi confronti con il suo compagno di squadra Perez (altro tipetto…), e la sua condotta di gara a Montecarlo dove diede strada senza lottare a Lewis Hamilton. Giustificazione: “Io sono un pilota Mercedes”. E’ chiaro che da allora, e soprattutto in questo momento difficile per il prosieguo della sua carriera che dipende totalmente dalla Mercedes, aleggia il sospetto che le sue azioni siano improntate ad attirare le benemerenze del Team tedesco… Marko nelle dichiarazioni post-gp lo ha fatto intendere chiaramente. Poi Verstappen. Va bene: è forte, è veloce, è determinato. Però, francamente, c’è qualcosa che non va se ogni volta che qualcuno entra nel suo raggio di azione con altissima probabilità rischia di pagare un prezzo molto alto (alettone divelto o ritiro). Magari si può capire una lotta spasmodica negli ultimissimi giri (vedi Villeneuve-Arnoux a Digione 1979) ma, insomma, tutti gli altri piloti dimostrano di rendersi ragionevolmente conto di quando è possibile resistere ad un attacco o viceversa se sussistono le condizioni per attaccare mentre con lui sembra vigere una (inammissibile) regola ferrea: io o nessuno. E’ corretto così?