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GP SUDAFRICA 1983, 35 ANNI FA IL SECONDO TITOLO DI NELSON PIQUET

(15/10/2018) – Nel 1983, si dovette attendere l’esito dell’ultima gara per conoscere il nome del campione del mondo di F1. Il teatro della sfida finale, 35 anni fa esatti, fu il Gran Premio del Sudafrica (si corse di sabato) e il vincitore Nelson Piquet. Il brasiliano di Rio de Janeiro, su Brabham-BMW, bruciò sul filo di lana gli altri contendenti che erano Alain Prost su Renault – solo due punti il distacco in classifica finale – e Rene Arnoux, alla prima stagione in Ferrari (10 punti indietro). Alla vigilia della gara decisiva, Prost comandava la classifica con 57 punti, seguito da Piquet con 55 e Arnoux 49. Piquet e Prost avevano duellato duramente lungo tutto l’arco della stagione, compreso il tamponamento alla curva Tarzan a Zandvoort da parte del francese, mentre Arnoux era invece venuto fuori alla distanza, ma troppo tardi, dopo un inizio non proprio felice. L’esito finale, che consegnò il secondo alloro iridato allo scanzonato brasileiro dopo quello del 1981, ebbe però uno strascico polemico per il sospetto che la Brabham avesse utilizzato una benzina speciale non conforme al regolamento. Prost, successivamente, si rammaricò del fatto che la Renault non avesse inteso avanzare formale reclamo e la cosa finì lì.

LA GARA – Prost si presentò in Sudafrica con un sia pur risicato vantaggio. La pole andò a Patrick Tambay, alla sua ultima gara in Ferrari, seguito dalle due Brabham, quarto Arnoux e quinto Prost. Piquet impostò allora una gara molto aggressiva e infatti, con la monoposto piuttosto scarica di benzina, schizzò subito in testa, imprimendo un ritmo davvero esasperato e guadagnando quasi un secondo al giro! L’obiettivo era quello di costringere gli avversari a mettere a repentaglio l’affidabilità delle proprie monoposto. L’operazione, complice anche una azzeccata sosta per i rifornimento anticipata, riuscì alla perfezione, forte anche dello scudo fornito dal compagno di squadra Patrese installatosi al secondo posto. Da Arnoux  si ritirò per problemi al motore, stessa sorte alla Renault di Prost il cui turbo smise di funzionare a dovere. A Piquet non restò che diminuire prudentemente il ritmo – arriverà terzo al traguardo – a beneficio di Patrese che tornò alla vittoria dopo Montecarlo 1982, seguito dal connazionale Andrea De Cesaris su Alfa Romeo, di nuovo splendido secondo dopo l’analogo podio di Hockenheim.

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FLASHBACK / 15 ANNI FA KENNY BRACK COME WICKENS: CHE CRASH!

(12/10/2018) – Kenny Brack è uno che sa molto bene cosa ha passato Robert Wickens, recente protagonista in Indy Cardi un terrificante incidente a Pocono dal quale è uscito, letteralmente, vivo ma con le ossa rotte. Il pilota svedese 15 anni fa, questa volta in Indy Racing League sul Texas Motor Speedway di Fort Worth, rimase vittima, anche lui con molta fortuna dato che è ancora tra noi, di uno spettacolare, cruento, pazzesco incidente che gli procurò fratture multiple (anche allo sterno) e una seria lesione alla colonna vertebrale. Lo schianto della sua Dallara-Honda è passato alla storia anche perché a causa dell’impatto si verificò una forza G mai sopportata prima da un essere umano.

https://www.youtube.com/watch?v=Hy8fgGiI1WA

L’incidente fu innescato dall’aggancio con la GForce-Toyota guidata da Tomas Scheckter, rampollo del campione del mondo ferrarista Jody, che fece da autentica rampa di lancio per il povero Kenny. La sua monoposto, carambolando impazzita e con violenza sulla rete di protezione, si ridusse ad un moncherino per poi piombare pesantemente sulla pista, col pilota privo di sensi. Il calvario ospedaliero di Brack durò due anni e il pilota svedese – vincitore della 500 Miglia di Indianapolis nel 1999 e della IRL 1998 – ebbe la forza anche mentale di affrontare ancora le corse, fino al 2005.
Dal mese di maggio, Brack, 52 anni, è tornato ancora in auge grazie alla nomina di collaudatore capo delle supercar stradali Mc Laren.
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VESPA ELETTRICA, TECNICA E STILE PER I TEMPI NUOVI

(11/10/2018) – Doveva succedere perché questo è il futuro: anche la mitica Vespa diventa Elettrica. La commercializzazione su larga scala attraverso la rete dei concessionari Piaggioil prezzo nei principali Paesi dell’area Euro è di € 6.390sarà avviata in concomitanza col salone di Milano EICMA 2018 (8-11 novembre), ma la campagna di booking on-line è già partita. Dal sito www.vespa.com o da quello dedicato https://elettrica.vespa.com è infatti possibile assicurarsi il privilegio di essere uno dei primissimi possessori della versione green dell’iconico scooter del Gruppo Piaggio.

Ma com’è questa Vespa Elettrica che rispetta l’ambiente? Al passo con la tradizione e con i tempi nuovi: è spinta da una Power Unit in grado di erogare una potenza massima di 4 kW, per ottenere prestazioni superiori a quelle di un tradizionale scooter 50 cc, soprattutto per quanto riguarda l’accelerazione e lo spunto in salita che beneficia della tipica erogazione brillante dei motori elettrici. Il tutto nel più assoluto silenzio e senza vibrazioni. Inoltre, vanta un’autonomia massima fino a 100 km, valore che non subisce significative variazioni tra circuito extraurbano e urbano grazie a una moderna batteria agli ioni di litio e a un efficiente sistema di recupero dell’energia cinetica (KERS, Kinetic Energy Recovery System), che ricarica la batteria nelle fasi di decelerazione. Per ricaricarla è sufficiente collegare la spina del cavo situato nel vano sottosella a una normalissima presa elettrica a muro oppure a una delle colonnine di ricarica, sempre più diffuse nelle grandi città. Il tempo standard necessario per una ricarica completa è pari a 4 ore.


Si può acquistare, in alternativa, con una nuova soluzione che prevede comode rate mensili di € 99*. Integrando un anticipo è possibile includere nella rata anche Vespa Care, il pacchetto di servizi che comprende interventi di manutenzione programmata (36 mesi o 10.000 km), l’estensione della garanzia di ulteriori 12 mesi, il check periodico della batteria e la road assistance arricchita di servizi dedicati.
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PARCO VALENTINO DI TORINO E’ LA FORMULA GIUSTA, IL MOTOR SHOW SI ADEGUA

(10/10/2018) – “Alla luce delle conferme che abbiamo già ricevuto posso anticipare che Parco Valentino 2019 sarà da record per modelli esposti e per numero di visitatori”: lo ha detto in conferenza stampa Andrea Levy, presidente di Parco Valentino, il Salone dell’Auto di Torino in programma dal 19 al 23 giugno 2019. Quasi contemporaneamente, da Milano, il direttore generale di Bologna Fiere, Antonio Bruzzone, rendeva noto che l’edizione 2018 del Motor Show saltava. Al suo posto, dal 16 al 19 maggio a Modena subentra Motor Show Festival – Terra di Motori, un – testualmente – “grande evento diffuso sul territorio che avrà diverse anime, tutte espresse al massimo delle potenzialità”. Quindi, da un lato, vedi Torino, si può già parlare di nuovo successo annunciato, dall’altro, vedi Bologna, si alza bandiera bianca e si avvia una marcia per la sopravvivenza puntando tutto sulla capitale della Motor Valley e sul modello Torino.

Assodato che i tradizionali saloni dell’auto, con qualche prestigiosa eccezione, ormai arrancano bisogna dare atto che a Torino hanno azzeccato la formula giusta. Chiunque ha frequentato il Motor Show negli ultimi anni ha potuto rendersi conto dell’agonìa della kermesse felsinea. Nei momenti migliori non bastava una intera giornata per visitare a dovere gli stand, ultimamente era sufficiente una mezza giornata. Si chiude un’epoca ma peccato che non sia stata esplorata l’ipotesi un tempo vagheggiata di un Motor Show itinerante. Ci vuole passione e quella si trova ancora, ma anche i numeri hanno la loro importanza. L’anno scorso a Torino si sono contati oltre 700.000 visitatori durante i 5 giorni di manifestazione, 1000 supercar protagoniste dei 30 eventi dinamici in programma, 45 brand espositori tra costruttori e designer, eventi, raduni e meeting di club. Il format che prevede l’esposizione plein-air, gratuita, fino a tarda ora e il coinvolgimento di tutta la città e dintorni funziona e alle Case piace. Allora nel 2019 si replica e, anzi, si promette di meglio: con il ritorno della Supercar Night Parade (il 19 giugno), la parata di supercar, prototipi, hypercar, concept car, vetture a guida autonoma e con motori a propulsione elettrica, protagoniste del motorsport e auto classiche che sfileranno in un circuito cittadino lungo le vie e le piazze più belle di Torino con l’aggiunta di un suggestivo passaggio tra le strade della collina torinese, per un evento che vedrà la partecipazione di presidenti e amministratori delle case automobilistiche, designer e carrozzieri, giornalisti, collezionisti e appassionati di tutta Italia.

Fino al 19 ottobre, intanto, al cortile della Rocchetta del Castello Sforzesco di Milano è in programma la tappa milanese della mostra fotografica “Un percorso nella storia delle Case automobilistiche”, l’esposizione dei pannelli dedicati al primo e all’ultimo modello di ciascun brand che ne ripercorrono l’evoluzione sia per quanto riguarda gli aspetti tecnologici che di design.
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POST JAPANESE GP / VETTEL, TROPPI INCIDENTI? O UN PILOTA DEVE ESSERE COSI’? (SENNA DOCET)

(8/10/2018) – VETTEL, TOO MANY CRASHES OR A REAL DRIVER MUST BE LIKE THAT? Incidente Vettel – Verstappen: in Giappone le velleità del tedesco della Ferrari si sono infrante contro la roccia olandese alla curva Spoon. In una famosa intervista del novembre 1990, rilanciata nel bellissimo docu-film “Senna”, Sir Jacky Stewart “accusò” Ayrton, fresco di tamponamento ad Alain Prost a Suzuka, di essersi reso protagonista del maggior numero di incidenti rispetto agli altri campioni del mondo. Il brasiliano rigettò sdegnato l’imputazione in quanto “non veritiera”. Cosa risponderebbe oggi Sebastian Vettel?
https://www.youtube.com/watch?v=CVubCxpmW-I 

Premessa: per me il tentato sorpasso di ieri è stato rischioso ma efficace. Poteva, insomma, andare a buon fine. Solo che con Max bisogna pensarci tre volte prima di prendere un azzardo ed infatti anche in questa occasione l’alfiere della Red Bull, reo oppure no, ha comunque compromesso la gara di una Rossa (anzi due, vedi Raikkonen accompagnato fuori pista alla chicane con tanto di penalizzazione di 5”). Il problema è proprio il numero di contatti e scontri che Vettel sta accumulando e che ovviamente diventano ostacoli decisivi nella rincorsa al titolo. Non è un caso – e non è bello – che il pilota conosciuto come infallibile, freddo e metodico dei tempi Red Bull venga ora dipinto come nervoso, impreciso, quasi scapestrato. Basta riferirsi ad eventi abbastanza recenti (ad esclusione del fuori pista di Hockenheim): l’altro mini-crash con Verstappen in Cina, il tamponamento di Bottas a Le Castellet, la sportellata di Monza con Hamilton, la ruotata voluta di Baku sempre al rivale inglese l’anno scorso, lo scontro suicida con Kimi allo start del GP Singapore 2017. Per inquadrare il momento-no, ricordo perfino il tamponamento a Stroll nel giro di raffreddamento del GP di Malesia 2017 e mettiamoci pure la picchiata alla Darsena di Milano nella esibizione pre-GP d’Italia!
Ok, ma sia chiaro: Seb non è improvvisamente “imbrocchito”. Ho già ricordato in altre occasioni che Helmut Marko, nel decantarne l’indubbio talento, individuò una pecca nella necessità di avere tra le mani una macchina perfettamente a posto per dare il meglio di sè. A Maranello, ambiente latino, capita che si perda un po’ la bussola e proprio a Suzuka Maurizio Arrivabene ha dovuto infatti alzare per la prima volta pubblicamente la voce per stigmatizzare alcuni eccessi da ansia di prestazione (vedi gomme intermedie su pista ancora asciutta…). Vettel sta risentendo di questo clima ma sarebbe davvero troppo ingeneroso buttargli la croce addosso. Per dirne una, grazie ad un difficile quanto prodigioso sorpasso a Bottas ha vinto a Silverstone e ieri a Suzuka, nonostante tutto, ha dimostrato di essere in grande forma. E qui concludo tornando all’intervista di Senna che al malizioso Stewart replicò così: “Se uno vede un varco e non prova a sorpassare non è più un pilota”. O no?
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VILLENEUVE, 40 ANNI FA LA PRIMA VITTORIA IN F1 CON LA FERRARI

(8/10/2018) – Ecco una data–nostalgia: 40 anni fa, era l’8 ottobre 1978, Gilles Villeneuve ruppe il ghiaccio e conquistò la prima vittoria in Formula 1, con la Ferrari T3, tra l’altro sul circuito di casa a Montreal per il Gran Premio del Canada. Solo un anno prima, il pilota ingaggiato a sorpresa da Enzo Ferrari per sostituire Niki Lauda, era stato protagonista del drammatico volo tra il pubblico dopo il contatto con Peterson al Fuji, con tutte le polemiche che ne scaturirono per quella scelta così apparentemente avventata. Nel 1978, prima stagione completa del canadesino, era però cresciuto molto in fretta. A Long Beach poteva vincere se una incomprensione in fase di doppiaggio con Regazzoni non l’avesse mandato ruote all’aria. In Belgio conquistò i primi punti iridati (quarto) e in Austria salì per la prima volta sul podio (terzo); un punto anche in Olanda e poi la penalizzazione di Monza per partenza anticipata che lo privò di una possibile vittoria. Certo, il compagno di squadra Reutemann lottò per il titolo iridato con l’imprendibile Lotus 79 di Andretti ma Gilles si faceva comunque amare per il suo stile indomito e battagliero e l’atteggiamento sincero e genuino. Caratteristiche che l’avrebbero presto reso vero idolo delle folle ferrariste.

 


 

LA GARA – Nell’ultimo gran premio della stagione 1978, purtroppo funestata dalla tragedia di Peterson (in Canada il sostituto Jarier esordì con una pole), Villeneuve piazzò la zampata che gli conferì forza e autorevolezza decisive nel prosieguo della carriera. Il week end di Montreal si caratterizzò per la pioggia e il freddo pungente, condizioni al limite per le F1, ma fin dalle prove libere le Michelin della Ferrari dimostrarono di lavorare bene e Gilles denotò un chiaro surplus prestazionale davanti al suo pubblico. In qualifica si classificò ottimo terzo e affrontò la gara con grande sagacia. Jarier schizzò subito in testa e la lotta alle sue spalle fu appassionante con Gilles, Alan Jones guastatore e Jody Scheckter – l’anno seguente in rosso – a contendersi le posizioni con vari sorpassi. Alla fine la spuntò Villeneuve che, secondo, poteva sperare solo in un defaillance del pilota Lotus che si verificò a 20 giri dalla fine (senza freni) regalando al canadese un commovente trionfo. L’immagine di Villeneuve sul gradino più alto del podio, infreddolito con tanto di giaccone e quasi stranito, festeggiato dai compagni di podio, resta nella memoria di un tempo magnifico che fu.
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MARIO ANDRETTI, 50 ANNI FA LA PRIMA POLE POSITION IN F1

(5/10/2018) – Mario Andretti, recentemente nella sua Montona per un servizio della NBC, è uno dei più grandi miti dell’automobilismo. Le imprese di questo grande pilota fanno storia. Un esempio è la formidabile prima pole position in F1 che l’italo-americano conquistò a Watkins Glen il 5 ottobre del 1968, 50 anni fa esatti! Sulla griglia, precedette Stewart su Matra, il compagno di squadra Graham Hill e Amon su Ferrari. Mario aveva 28 anni ed era alla seconda esperienza in F1, alla guida della terza Lotus 49B ufficiale – ma ci tiene a ricordare che il motore non era dei migliori… – che aveva guidato solo nelle qualifiche del venerdì al Gran Premio d’Italia.
Tra l’altro, l’antefatto va raccontato,  a Monza aveva scritto una pagina eccezionale o meglio avrebbe voluto scriverla. Infatti, dopo aver qualificato la vettura, volò negli States, dove era già una stella, per onorare l’impegno di correre nella gara USAC Hoosier Hundred. Il tempo di vedere la bandiera a scacchi e l’intrepido Mario si imbarcò sul primo volo trans-oceanico per l’Italia giusto in tempo per disputare il GP. Rimesso piede all’Autodromo Nazionale fu però bloccato dai solerti custodi del regolamento: non poteva prendere parte alla gara a cui teneva tanto perché doveva rispettare le previste 24 ore di riposo tra una competizione e l’altra! Come detto, nell’appuntamento successivo, gasato al massimo, sparò una sorprendente pole, anche se poi in gara dovette ritirarsi per il cedimento della frizione. Dopo le vittorie alla 12 Ore di Sebring e alla 500 Miglia di Daytona NASCAR,  la carriera in F1 di “piedone” era comunque appena cominciata: Colin Chapman, memore di una promessa fatta nel 1965 a Indianapolis al baldanzoso giovanottone di Nazaret  – “Quando ti senti pronto, chiamami” – gli aveva concesso una prima chance. Si sarebbero ritrovati nel 1976 per risorgere entrambi.

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MAGLIA DEL CORINTHIANS, TRIBUTO A SENNA



(4/10/2018) – Ayrton Senna non si dimentica: a 30 anni dal suo primo titolo mondiale e, nel 2019, a 25 dalla morte del pilota a Imola, la prestigiosa squadra di calcio del Corinthians gli rende omaggio con una iniziativa particolare. La terza maglia della formazione che milita nel campionato brasiliano di serie A 2018/2019 – attualmente è al nono posto – ha un chiaro valore simbolico. A parte la firma del pilota di San Paolo, centrale sul petto, è nera con 41 righe orizzontali dorate che richiamano le altrettante vittorie complessive dell’asso del volante e la livrea della Lotus con la quale Ayrton vinse il suo primo gran premio in F1, all’Estoril nel 1985. Sul colletto, dietro, è riportato l’hashtag #SennaSempre mentre sui pantaloncini campeggia la scritta “Eterno”.

Senna era tifoso del Corinthians, squadra che vanta sette scudetti e due Coppe del Mondo per Club. Nel ricordare i mondiali conquistati a Suzuka, in Giappone, nel 1988-89-91, che tanta emozione hanno suscitato in Brasile, la società fa rilevare la coincidenza delle due vittorie nella ex Coppa Intercontinentale riportate proprio nel Paese del Sol Levante. Otto vittorie della squadra sono inoltre arrivate nella stessa domenica in cui Ayrton trionfava sulle piste di tutto il mondo. Brasile-Senna, un amore che non sfiorisce, oggi come allora: ricordo lo striscione a lui dedicato che la nazionale brasiliani esibì il giorno in cui, nel 1994, vinse il campionato del mondo di calcio negli Stati Uniti (battendo ai rigori l’Italia). Ora c’è anche un hashtag per la nuova divisa: #luteatèsereterno (lotta per essere eterno).
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INFINITA TECNO: ECCO LA NANNI GALLI V8 ECORACING A GPL

(3/10/2018) – La Tecno,  storico marchio bolognese con un passato da F1, ora rilevato da Montecarlo Engineering, ha presentato in anteprima mondiale al Salone di Parigi la nuova supercar: la Tecno Nanni Galli V8 Ecoracing a GPL dedicata al pilota più legato alla Casa. Fu proprio Nanni Galli a portare al debutto in F.1 nel 1972 la cosiddetta “rossa di Bologna” e ad ottenere il miglior risultato nella massima categoria, seppur in una gara non valevole per il titolo iridato : il 3° posto nel G.P. della Repubblica disputato sul tracciato di Vallelunga. La nuova Tecno  possiede tutti i crismi di una moderna GT:  fibra di carbonio, motore Alfa Romeo V8 4.7 da 503 CV di derivazione Maserati con specifiche 2018, e percorre la strada dell’alimentazione monofuel a GPL. Il blasone e la tradizione racing dell’azienda italiana, si sposano dunque con lo sviluppo delle energie alternative in ambito automotive, con l’obiettivo di perseguire lo zero emissioni anche in contesti iper-performanti. Per chi volesse visionarla in anteprima, l’auto è esposta al Mondial de Paris nell’area dedicata ai sistemi di propulsione ecologica, in accordo con The World LPG Association (WLPGA) e Liquid Gas Europe. Il modello, destinato a un utilizzo in gara e per attività di track-day, sarà disponibile su ordinazione a un prezzo indicativo di massimo 300.000 Euro. Saranno invece realizzati solo 5 esemplari street legal, a un prezzo indicativo di 350.000 Euro.

TECNO E LE CORSE, STORIA INFINITA – Fondata a Bologna negli anni ‘60 dai fratelli Luciano e Gianfranco Pederzani, specializzata nella costruzione di kart e macchine da corsa,  la Tecno decise di debuttare in F.1 nel 1972 dopo i successi in kart, F3 e F2. Tra i piloti che hanno corso e vinto con Tecno, Jean-Pierre Jaussaud, vincitore del G.P. di Monaco di F.3 nel 1968, presente a Parigi nelle vesti di padrino al “vernissage” . Oltre a lui, leggende come  François Cevert, Clay Regazzoni, Ronnie Peterson, Patrick Depailler, Jean-Pierre Jabouille, Jean-Pierre Jarier, François Mazet, Lionel Noghès, Tino Brambilla e altri ancora. Sempre presieduta dal fondatore Gianfranco Pederzani, Tecno oggi fa parte di Montecarlo Engineering, assieme a  Montecarlo Automobile, la prima Casa automobilistica del Principato di Monaco fondata nel 1983 da Fulvio Maria Ballabio, ex-pilota di F.1, IndyCar, Endurance e motonautica Off-Shore.
Nel 1989 Montecarlo Automobile presentò la prima GT stradale al mondo realizzata integralmente in fibra di carbonio, equipaggiata con il motore V12 progettato dall’ingegnere Carlo Chiti. Tecno torna così a scrivere un’altra pagina della sua storia, che la vede occuparsi di vetture prestazionali di nicchia utilizzando energie alternative, in linea con la politica del Principe Alberto II di Monaco. Il GPL è lo stesso carburante utilizzato dalle Alfa Romeo Giulietta e Mito del Montecarlo Engineering Racing Team, scuderia che con i colori dell’Alfa Racing Club, ha vinto diversi titoli nelle competizioni FIA. A cinquant’anni dalla propria fondazione, Tecno è già tornata alle gare, questa volta di tipo Endurance, nel Campionato Italiano Energie Alternative. La Tecno GT W12 progettata dall’ingegnere finlandese Sami Vatanen, è stata portata in gara al Mugello lo scorso anno da un equipaggio composto anche da Nanni Galli e Fulvio Maria Ballabio, ottenendo il podio di classe. Ora il testimone passerà alla nuova Tecno Nanni Galli V8 Ecoracing con motore Alfa Romeo, attesa in pista nelle corse Endurance del Gruppo Peroni o nel GT Open Cup. Il sogno sarebbe quello di potersi presentare alla 24 Ore di Le Mans, sempre nella categoria riservata alle GT ad energie alternative.
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ANNIVERSARY / VENTI ANNI FA LA MORTE DI OLIVIER GENDEBIEN, CON LA FERRARI HA VINTO TUTTE LE GRANDI CLASSICHE

(2/10/2018) – A venti anni dalla morte, avvenuta il 2 ottobre 1998 a Les-Baux-de-Provence, il mito di Olivier Gendebien non scolora. Le numerose vittorie conquistate al volante di vetture Ferrari da questo pilota belga di Bruxelles nelle grandi classiche dell’automobilismo, durante gli anni della bella époque dei motori, lo proiettano di diritto nel parterre degli specialisti delle gare endurance e della leggenda delle corse e del Cavallino, Casa con la quale ha prevalentemente militato. L’elenco dei trionfi è lungo e prestigioso: quattro volte la 24 Ore di Le Mans (tra il 1958, la prima con Phil Hill, e il 1962), tre volte la Targa Florio, la 12 Ore di Sebring (questa al volante di una Porsche), il Tour de France Automobile (in equipaggio con Lucien Bianchi), due volte la 12 Ore di Reims (in coppia con l’amico connazionale Paul Frere), una volta il Giro di Sicilia e la 1000 Chilometri del Nürburgring. Nel 1957 si classificò al terzo posto assoluto della Mille Miglia. Corse anche 14 gran premi di Formula 1 (8 su Ferrari), subito quinto al debutto nel GP di Argentina 1956.
CON LA FERRARI HA VINTO TUTTO – Di famiglia abbiente, laureato in ingegneria, elegante e con stile, il Drake lo apprezzava ma leggete cosa ha scritto di lui nel libro “Piloti, che gente”: “Le sue doti di consistente passista, accoppiate a quelle di un velocista, ad esempio Phil Hill, sono risultate per molti anni determinanti per il successo. Gendebien guidava senza ruvidezza, conservava bene il mezzo affidatogli, era un cronometro sul quale si poteva contare per tutte quelle imprese che richiedono costanza, carattere, intelligenza. Occorreva soltanto avere la pazienza di lasciarlo parlare quando vinceva, il che avveniva spesso. E pazienza c’è voluta anche quando ho letto il suo libro di memorie, nel quale è stato avaro di riconoscimenti con tutti tranne che con se stesso”. Si ritirò dalle corse nel 1962, dopo l’ultimo successo Le Mans, per dedicarsi agli amati cavalli al caldo della Provenza.