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MONZA 1978: L’INCIDENTE, LA MORTE DI PETERSON, LE POLEMICHE

(10/9/2018)MONZA 1978: THE CRASH AND THE DEATH OF PETERSON. Nel ripensare, 40 anni dopo, all’incidente che funestò il Gran Premio d’Italia del 10 settembre 1978 a Monza e causò la morte di Ronnie Peterson non si può non essere ancora presi dalla stessa sensazione di sgomento e di sconforto. Tutto quello che poteva andare storto, quella brutale domenica andò storto.
La partenza data dal direttore di gara Gianni Restelli con le macchine indietro nello schieramento ancora in movimento – anche se in quegli anni tale procedura era un comune malvezzo – Peterson alla guida della recalcitrante Lotus 78 di riserva dopo l’uscita di pista con la 79 nel warm up mattutino, l’incredibile carambola tra circa una decina di monoposto all’altezza dell’imbuto in prossimità del raccordo con la pista Junior, il completo sbriciolamento dell’avantreno della monoposto dello svedese rimasto poi intrappolato nel fuoco per diversi interminabili secondi prima di essere estratto da alcuni colleghi (Hunt, Regazzoni, Depailler, Daly, Merzario) con l’aiuto decisivo dei soccorritori della CEA. Il coinvolgimento di Vittorio Brambilla, colpito alla testa da uno pneumatico volante e rimasto in coma per diversi giorni. Il caotico ricovero all’Ospedale Niguarda di Milano, la morte di Peterson la mattina del giorno dopo (11 settembre) per un’embolia gassosa con Colin Chapman che dirà polemicamente: “Non credevo si potesse morire per una gamba rotta”. Anche Lauda avrà parole dure contro l’operato dei medici milanesi accusati di averlo curato in modo sbagliato.


 Poi l’antipatica caccia alle streghe. Le riprese TV viste e riviste. La colpevolizzazione di Riccardo Patrese e la sua esclusione dal successivo Gran Premio negli Stati Uniti. A deciderlo, ingiustamente, un gruppo di piloti-senatori: Lauda, Fittipaldi, Scheckter, Hunt. In realtà, si accerta che proprio quest’ultimo è il protagonista del contatto con Peterson che ha spedito la nera Lotus dello svedese contro il guard-rail con tutte le conseguenze sopra esposte. Il padovano della Arrows, al secondo anno in F1, prima stagione completa, non ha invece toccato nessuno e le foto che man mano vengono pubblicate lo dimostrano. La punizione. però, resta anche se “il capo di imputazione” diventa la serie di incidenti dei quali l’allora 24enne pilota si era reso protagonista (l’ultimo in Olanda, violento contatto con la Tyrrell di Pironi).  Per lui arriva anche quello che oggi chiamiamo avviso di garanzia per l’accusa di omicidio colposo. L’incriminazione non avrà seguito.

 Col tempo, tutto si sgonfia e cala un velo di mesta rassegnazione per una drammatica fatalità. “La colpa non è del circuito ma della scarsa professionalità di noi piloti”, affermò Arturo Merzario.  Un incidente alla partenza certo evitabile ma molto comune che ha privato l’automobilismo di uno dei suoi più eccezionali cavalieri,  34 anni, 10 vittorie, vice campione del mondo nel 1971 e postumo nello stesso 1978.

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