(24/7/2018) – A poco meno di un anno dalla morte di Don Nichols (21 agosto), carismatico “patron” della Shadow, mercoledì scorso se ne è dunque andato anche Morris Nunn, ingegnerepreparato ed esperto, inglese di Walsall, che tentò, senza trovarla, la strada del successo in F1 attraverso il Team Ensign (1973 – 1982). Uno che lo ha conosciuto bene è stato Alex Zanardi che ha iniziato e terminato, purtroppo drammaticamente, la sua più che brillante avventura in America proprio con Nunn quale DT, col quale creò un proficuo legame non solo professionale ma anche umano. Lo racconta lo stesso pilota italiano nel suo celebre libro “…Però, Zanardi da Castel Maggiore”. Dopo aver venduto la Ensign a Teddy Yip, Nunn si era trasferito a Miami ed era entrato nel circuito Indy lavorando per Bignotti, Newman-Haas, Patrick. Nel 1989 Emerson Fittipaldi vinse la 500 Miglia di Indianapolis con lui affianco. Dal 1992 era invece alla Target di Chip Ganassi e lì si ritrovò col bolognese che spuntò un contratto grazie ai buoni uffici della Reynard e ad un test a Homestead migliore rispetto a Krosnoff.
ANNI D’ORO IN F. CART, RAPPORTO MAGNIFICO CON NUNN – Alex racconta che il tecnico inglese era inizialmente un po’ prevenuto nei confronti dei piloti italiani, rei a suo dire di sbagliare troppo, ma che venne poi a sapere dalla moglie che si era totalmente ricreduto grazie ai primi riscontri in pista durante i quali Zanardi realmente impressionò nonostante la pressione del momento. “Questo ragazzo ha veramente il traction-control nel piede, rispetta la meccanica ed è veloce, veloce, veloce!”. Avrebbe scoperto anche un’altra caratteristica vincente del pimpante italiano: la acuta capacità di analisi tecnica e di proposizione di soluzioni. Una vera manna, per un ingegnere. Dal canto suo, Morris Nunn profuse tutta la sua mirabile esperienza che consentì a Zanardi di vincere a Portland alla prima stagione in F.Cart, quella anche del famoso sorpasso da brividi al “cavatappi” di Laguna Seca. Un altro ricordo vivido è quello della gara super-veloce sull’ovale del Michigan, quando Nunn consigliò a dovere il suo pilota, o come ormai lo chiamava, il suo Pineapple (ragazzaccio, testone), in verità un po’ scettico sull’opportunità di “scaricare” gli alettoni. Alex dovette ricredersi, riconoscendo l’estrema sapienza del suo tecnico al quale si era ormai affezionato anche in virtù delle storie che, nei momenti di relax, era in grado di raccontare su fatti e personaggi del motorsport che mandavano in autentica estasi un genuino appassionato come Zanardi. Seguirono anni di vera epopea zanardiana, con altre roboanti vittorie e titoli. Chiusa malamente l’esperienza in F1 con la Williams, Zanardi tornò a guardare all’America e a Nunn che aveva messo in piedi un proprio team con il sostegno della Honda. L’accordo fu siglato: nel 2001 Alex era di nuovo in Cart per la felicità di entrambi. Dovette però accorgersi che il tecnico inglese non poteva essere più semplicemente il suo ingegnere di macchina, ma da team manager doveva occuparsi di mille altre incombenze, oltre forse a non avere più le motivazioni di un tempo. Una stagione difficile, culminata nel terribile incidente di Lausitzring, a settembre.