(24/1/2018)– C’è stata una Ferrari dedicata a Gianni Agnelli, scomparso giusto 15 anni fa: la F2003 GA. L’avvocato, era molto coinvolto nelle “cose” Ferrari ma sapeva essere presente senza pesare quanto poteva. Lo stile Agnelli, per l’appunto. Nel 1969 ebbe l’arguzia di acquisire l’Azienda di Maranello e inglobarla nel perimetro FIAT ma anche la lungimiranza, diversamente da quanto ritenne la Ford, di lasciare piena autonomia al Grande Vecchio per quanto riguarda la gestione sportiva. Seguiva i grand prix in televisione, si informava costantemente, era un habitué di Montecarlo e nel 1996 pensò bene allargare di cordoni della borsa per accaparrarsi l’asso del momento, Michael Schumacher. Una decisione che cambiò in meglio – sportivamente e industrialmente – le sorti del Cavallino, a digiuno da 21 anni. Dunque, una figura di assoluto riferimento della storia Ferrari e nel 2003 fece bene l’allora presidente Luca Cordero di Montezemolo, legato all’Avvocato da fortissimo sentimento di stima e riconoscenza, a denominare F2003 GA, quindi con le sue iniziali, la Rossa che sarebbe scesa in pista per la prima volta senza la “supervisione” dell’uomo forte di Torino. “E’ stata una scelta dettata dal cuore: era il minimo che potevamo fare in omaggio ad una persona fondamentale per la mia vita e per quella della Ferrari”, disse un commosso Montezemolo in sede di presentazione a Maranello, il 27 febbraio 2003.
COM’ERA LA F2003 GA – La monoposto 2003, esordì solo al quinto Gp, in Austria – era previsto a Imola – e aveva l’arduo compito di succedere alla fenomenale e invincibile F2002 ma il trio Rory Byrne, Ross Brown e Paolo Martinelli riuscì nell’impresa di assicurare un’altra arma assoluta, frutto di ricerche esasperate, nelle mani dei piloti Schumi e Barrichello (Massa era il terzo pilota). Ci furono problemi con le gomme Bridgestone – Schumacher fini addirittura doppiato in Ungheria – ma alla fine grazie a 5 vittorie (altre due le centrò Barrichello) il tedesco conquistò il quarto titolo da ferrarista. La monoposto, compatta, leggera e filante, era caratterizzata dalla estrema miniaturizzazione del cambio – tempo di cambiata inferiore ai 10 millisecondi – longitudinale in fusione di titanio a sette marce e dal braccio interno del triangolo inferiore della sospensione posteriore fissato al motore V10 a 90 ° progetto 052 da circa 900 cavalli. Due autentiche innovazioni. Da sottolineare inoltre l’accuratezza del disegno delle pance (radiatori più inclinati) e il nuovo bilanciamento dei pesi (abitacolo arretrato) nonché sistema di ammortizzazione. Prolungati e proficui furono anche gli studi di fluidodinamica per ottenere un’efficienza aerodinamica eccellente.