(12/1/2018) – Venti anni fa, il 12 gennaio 1998, veniva a mancare Piero Taruffi, la Volpe argentata, gloria italica del mondo dei motori. Nato ad Albano Laziale nel 1906, con lo sport nel DNA (ha praticato sci e canottaggio) è stato grande protagonista sia con le moto, sia con le auto. L’ultimo nome nell’albo d’oro della mitica Mille Miglia, nel 1957 (anno dell’incidente di De Portago), è il suo. Teneva tantissimo a quella maratona internazionale così popolare e ci aveva provato 13 volte: quell’anno, a 50 anni, la sua carriera trovò degno compimento e, mantenendo la promessa fatta alla moglie Isabella e confermata all’ingegner Ferrari, si ritirò. Ma questa fu la ciliegina sulla torta perché nel suo palmares figurano grandi classiche del tempo come la Carrera Panamericana (1951), la Targa Florio (1952), oltre ad un secondo posto nella Coppa d’Oro delle Dolomiti.
Ma la grandezza di Taruffi risiede anche nelle sue enormi capacità ingegneristiche e creative, nel suo costante e insopprimibile anelito di futuro, di sempre nuove mete da raggiungere. Ha scritto anche un libro (“Tecnica e pratica della guida automobilistica da corsa”), tester-giornalista per la rivista “L’Automobile”. Suo il progetto del Turf, l’innovativo veicolo col quale nel 1954 sul circuito francese di Monthery si lanciò fino alla velocità di 200 Km/h. Il motore Gilera derivava da quello della Rondine, il mezzo considerato antenato delle future motociclette al cui sviluppo Taruffi aveva fattivamente collaborato. Era un perfezionista, “uomo pignolissimo sia nelle sperimentazioni tecniche che nella preparazione atletica prima di una gara”, come scrive Enzo Ferrari nel libro “Piloti, che gente”. Il Drake, nel libro dedicato ai piloti che hanno corso per lui – Taruffi debuttò vincendo con l’Alfa Romeo della Scuderia Ferrari al circuito di Bolsena – si dilunga sull’affermazione alla Mille Miglia del 1957 che Taruffi inseguiva “con accanimento commovente”. Come sempre, attendeva i suoi piloti a Bologna e all’arrivo di Taruffi, sotto la pioggia, lo incitò nonostante problemi fisici e meccanici lamentati dal pilota laziale: “Lei deve continuare perché può vincere!”, gli intimò. Ritirato Collins, solo Von Trips poteva insidiare la sua rincorsa alla vittoria. Il Drake parlò “a questo nobilissimo signore” tedesco e Taruffi “coronò il suo sogno di pilota completo”.
A lui è intitolato l’Autodromo di Vallelunga e l’Associazione Storico Culturale che gestisce anche il Museo in quel di Bagnoregio, in provincia di Viterbo. La figlia Prisca, pilota, tester, giornalista, custodisce e celebra tanta gloria, la preziosa memoria di Silver Fox.