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F1 COME NASCAR? SONO GIA’ TUTTE UGUALI!

(29/12/2017)F1 LIKE NASCAR? CARS ARE ALREADY ALL THE SAME! Una F1 modello Nascar? Il pericolo evocato da Sergio Marchionne, in buona parte, è già incombente! Intendo dire: le monoposto già da un po’ di tempo hanno forme praticamente tutte uguali, escludendo i sofismi tecnologici escogitati dai tecnici e che si nascondono sotto cofani e pance. Fossero verniciate tutte di nero si farebbe molta fatica a dire: ecco una Williams o una Force India. Proprio quest’ultima, per distinguersi (e distinguere lo sponsor), ha dovuto addirittura inventarsi una livrea rosa! Bei tempi, per dire, quelli delle F1 a 6 ruote (la Tyrrell P34 del 1976) o delle forme strane ma accattivanti (la March 711 del 1971, la Ensign N179 del 1979, per citarne appena un paio). Ma cosa ha detto di sacrosanto il presidente Ferrari? Sì alla libertà progettuale: Ci dicano che gomme e che cilindrata vogliono, poi ci lascino liberi di disegnare le macchine senza dirci di che misure devono essere le alette. Magari verrà fuori un obbrobrio ma renderemmo le gare più divertenti come 20 anni fa”. Per la verità, anche 20 anni e passa fa c’erano corse noiose ma circuiti più impegnativi e affascinanti e soprattutto monoposto che, grazie alle loro particolarità, erano capaci di attrarre e, come dire, “fidelizzare” vaste fette di tifoseria che si riconoscevano in quegli sforzi progettuali estremi e a volte anche bizzarri. Ma come è cominciata l’omologazione delle forme dei bolidi della F1 moderna (che intendo dall’inizio degli anni ’70)? 

LA LOTUS 78, LE SUE FOTOCOPIE E ALTRI PROGETTI – La “colpevole” è lei: la Lotus 78, la prima vera wing-car frutto del genio di Colin Chapman e dei buoni consigli di Mario Andretti. Non vinse ma convinse nel 1977 e, con il modello successivo, la Lotus 79, fu dominio assoluto. Da quel momento si scatenò l’effetto emulazione e la corsa all’effetto suolo ottenibile attraverso lunghe fiancate sigillate all’asfalto dalle famigerate minigonne. L’esempio più eclatante di omologazione fu la Tyrrell del 1980: una fotocopia della Lotus 79. 

La Ferrari stessa eccelse con la fenomenale 126 C ma l’incidente di Villeneuve nel 1982 riportò indietro le lancette del tempo. I nuovi regolamenti – no minigonne – rilanciarono infatti le F1 a freccia, tipo la vincente 1983 Brabham BT52 per poi vedere la prevalenza della potenza dei motori turbo (vedi TAG Porsche e più in là Honda) con le fiancate che tornarono ad allungarsi e, nel caso di John Barnard – irritante, ma probabilmente l’ultimo vero innovatore – ad assumere la forma di bottiglia di coca-cola (presto copiata da tutti). Anche il grande Gordon Murray (già autore della BT46 del 1978) pensò di far qualcosa per distinguersi ma il fallimentare esperimento della Brabham “sogliola” trovò il suo tragico epilogo nell’incidente mortale di Elio De Angelis al Ricard nel maggio del 1986 mentre l’innovativa “papera” Ferrari 640 con cambio al volante disegnata da Barnard per il campionato 1989 non ebbe complessivamente il successo sperato. 

Un altro tentativo estremo di quegli anni? La Life del 1990: mai qualificata… Arriva così il periodo, ancora una volta, delle diavolerie meccaniche ed elettroniche e nel 1992 la Williams si impone dall’alto della superiorità della sua FW14 a sospensioni elettroniche mentre la Ferrari gioca la carta della rivoluzionaria F92A firmata dal francese Migeot che si rivelerà pessima. L’aerodinamica si accinge a diventare quello che negli anni a cavallo tra il ’70 e l’80 costituiva l’effetto suolo. Cominciano infatti a manifestarsi studi estremi sulle ali, in particolare anteriori, come nel 1991 quelle a gabbiano della Tyrrell o arcuate della Jordan, e i musi rialzati della Benetton o della Brabham, fino ai deviatori di flusso anteriori e all’ala posteriore svirgolata della Williams di Senna nel 1994. Come per il dopo Zolder 1982, Imola segnò la fine di una deriva estrema. Ma non delle copie, visto che nel 1995 e 1996 – gestioni Briatore e Wallkinshaw – la Ligier mise in pista praticamente una Benetton dipinta di blu. Da ricordare ancora la Ferrari e l’imprevedibile John Barnard protagonisti nel 1996 con la goffa F310: anni dopo, Schumi la definì la peggiore mai guidata…


F1 FIGLIE DI COMPUTER (E GALLERIA DEL VENTO) – Il computer, ormai, cominciava a dettare legge nel disegno di una monoposto. Fine anni ’90, inizio anni 2000, stagioni del dominio Ferrari che lanciò i tre turni di lavoro in galleria del vento (H24!): ecco un’ondata di nuova omologazione di matrice aerodinamica: i musi si alzano all’inverosimile, ali e alette (anche esagerate) abbondano sulle fiancate sempre più sinuose. Anche qui, chi tenta di seguire strade nuove finisce male: è la volta (2004) del tricheco Williams FW26 disegnato dall’italiana ex Ferrari Antonia Terzi, poi congedata. 

L’evoluzione (o la deriva, fate voi) ebbe stop con i nuovi regolamenti 2009 che per la verità produssero, almeno inizialmente, F1 sgraziate a causa delle ali anteriori esageratamente lunghe e alettoni posteriori stretti e alti. Tornano i musi alti o anche inguardabili come quello della Catheram 2014 che interpretò con una specie di inguardabile “pene” il nuovo regolamento sull’altezza minima del muso per arrivare alle forme di ultima generazione per le quali i direttori tecnici prediligono, ormai, la politica delle modifiche di dettaglio, per quanto rilevanti, concentrandosi su profili picchiati, distribuzione dei pesi e sospensioni che devono adattarsi agli pneumatici! Ridateci la bellissima Brabham BT45 o l’eleganza della Ligier di Laffite!!!

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