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(29/12/2017) – F1 LIKE NASCAR? CARS ARE ALREADY ALL THE SAME! Una F1 modello Nascar? Il pericolo evocato da Sergio Marchionne, in buona parte, è già incombente! Intendo dire: le monoposto già da un po’ di tempo hanno forme praticamente tutte uguali, escludendo i sofismi tecnologici escogitati dai tecnici e che si nascondono sotto cofani e pance. Fossero verniciate tutte di nero si farebbe molta fatica a dire: ecco una Williams o una Force India. Proprio quest’ultima, per distinguersi (e distinguere lo sponsor), ha dovuto addirittura inventarsi una livrea rosa! Bei tempi, per dire, quelli delle F1 a 6 ruote (la Tyrrell P34 del 1976) o delle forme strane ma accattivanti (la March 711 del 1971, la Ensign N179 del 1979, per citarne appena un paio). Ma cosa ha detto di sacrosanto il presidente Ferrari? Sì alla libertà progettuale: “Ci dicano che gomme e che cilindrata vogliono, poi ci lascino liberi di disegnare le macchine senza dirci di che misure devono essere le alette. Magari verrà fuori un obbrobrio ma renderemmo le gare più divertenti come 20 anni fa”. Per la verità, anche 20 anni e passa fa c’erano corse noiose ma circuiti più impegnativi e affascinanti e soprattutto monoposto che, grazie alle loro particolarità, erano capaci di attrarre e, come dire, “fidelizzare” vaste fette di tifoseria che si riconoscevano in quegli sforzi progettuali estremi e a volte anche bizzarri. Ma come è cominciata l’omologazione delle forme dei bolidi della F1 moderna (che intendo dall’inizio degli anni ’70)?
LA LOTUS 78, LE SUE FOTOCOPIE E ALTRI PROGETTI – La “colpevole” è lei: la Lotus 78, la prima vera wing-car frutto del genio di Colin Chapman e dei buoni consigli di Mario Andretti. Non vinse ma convinse nel 1977 e, con il modello successivo, la Lotus 79, fu dominio assoluto. Da quel momento si scatenò l’effetto emulazione e la corsa all’effetto suolo ottenibile attraverso lunghe fiancate sigillate all’asfalto dalle famigerate minigonne. L’esempio più eclatante di omologazione fu la Tyrrell del 1980: una fotocopia della Lotus 79.
La Ferrari stessa eccelse con la fenomenale 126 C ma l’incidente di Villeneuve nel 1982 riportò indietro le lancette del tempo. I nuovi regolamenti – no minigonne – rilanciarono infatti le F1 a freccia, tipo la vincente 1983 Brabham BT52 per poi vedere la prevalenza della potenza dei motori turbo (vedi TAG Porsche e più in là Honda) con le fiancate che tornarono ad allungarsi e, nel caso di John Barnard – irritante, ma probabilmente l’ultimo vero innovatore – ad assumere la forma di bottiglia di coca-cola (presto copiata da tutti). Anche il grande Gordon Murray (già autore della BT46 del 1978) pensò di far qualcosa per distinguersi ma il fallimentare esperimento della Brabham “sogliola” trovò il suo tragico epilogo nell’incidente mortale di Elio De Angelis al Ricard nel maggio del 1986 mentre l’innovativa “papera” Ferrari 640 con cambio al volante disegnata da Barnard per il campionato 1989 non ebbe complessivamente il successo sperato.
Un altro tentativo estremo di quegli anni? La Life del 1990: mai qualificata… Arriva così il periodo, ancora una volta, delle diavolerie meccaniche ed elettroniche e nel 1992 la Williams si impone dall’alto della superiorità della sua FW14 a sospensioni elettroniche mentre la Ferrari gioca la carta della rivoluzionaria F92A firmata dal francese Migeot che si rivelerà pessima. L’aerodinamica si accinge a diventare quello che negli anni a cavallo tra il ’70 e l’80 costituiva l’effetto suolo. Cominciano infatti a manifestarsi studi estremi sulle ali, in particolare anteriori, come nel 1991 quelle a gabbiano della Tyrrell o arcuate della Jordan, e i musi rialzati della Benetton o della Brabham, fino ai deviatori di flusso anteriori e all’ala posteriore svirgolata della Williams di Senna nel 1994. Come per il dopo Zolder 1982, Imola segnò la fine di una deriva estrema. Ma non delle copie, visto che nel 1995 e 1996 – gestioni Briatore e Wallkinshaw – la Ligier mise in pista praticamente una Benetton dipinta di blu. Da ricordare ancora la Ferrari e l’imprevedibile John Barnard protagonisti nel 1996 con la goffa F310: anni dopo, Schumi la definì la peggiore mai guidata…
F1 FIGLIE DI COMPUTER (E GALLERIA DEL VENTO) – Il computer, ormai, cominciava a dettare legge nel disegno di una monoposto. Fine anni ’90, inizio anni 2000, stagioni del dominio Ferrari che lanciò i tre turni di lavoro in galleria del vento (H24!): ecco un’ondata di nuova omologazione di matrice aerodinamica: i musi si alzano all’inverosimile, ali e alette (anche esagerate) abbondano sulle fiancate sempre più sinuose. Anche qui, chi tenta di seguire strade nuove finisce male: è la volta (2004) del tricheco Williams FW26 disegnato dall’italiana ex Ferrari Antonia Terzi, poi congedata.
L’evoluzione (o la deriva, fate voi) ebbe stop con i nuovi regolamenti 2009 che per la verità produssero, almeno inizialmente, F1 sgraziate a causa delle ali anteriori esageratamente lunghe e alettoni posteriori stretti e alti. Tornano i musi alti o anche inguardabili come quello della Catheram 2014 che interpretò con una specie di inguardabile “pene” il nuovo regolamento sull’altezza minima del muso per arrivare alle forme di ultima generazione per le quali i direttori tecnici prediligono, ormai, la politica delle modifiche di dettaglio, per quanto rilevanti, concentrandosi su profili picchiati, distribuzione dei pesi e sospensioni che devono adattarsi agli pneumatici! Ridateci la bellissima Brabham BT45 o l’eleganza della Ligier di Laffite!!!
(20/12/2017) – La Good Year ha lasciato la F1 al termine della stagione 1998, incalzata dalle prestazioni degli pneumatici Bridgestone, ma resta fortemente legata al mondo racing. Nascar e The Goodyear Tire & Rubber Company hanno appena annunciato il rinnovo del contratto per la fornitura pluriennale di pneumatici per le tre principali serie nazionali della Nascar. Si tratta, tra l’altro, di uno dei programmi di sponsorizzazione più lunghi registrati nei grandi sport, iniziato nel 1954 e mai interrotto.
Per Goodyear, da sempre, un vero e proprio banco di prova per preparare e fornire gomme in grado di soddisfare le condizioni più estenuanti e impegnative, contribuendo allo sviluppo per le auto di serie. Dall’introduzione delle gomme slick racing nel 1972 al pneumatico radiale nel 1989 fino al disegno del battistrada multi-zone nel 2013, solo per fare degli esempi.
“Siamo estremamente orgogliosi del ruolo che Goodyear riveste nelle corse più belle del mondo e siamo entusiasti all’idea che i piloti Nascar continuino a tagliare il traguardo con i pneumatici Goodyear anche nei prossimi anni,” ha dichiarato Richard J. Kramer, CEO e presidente di Goodyear. “Siamo orgogliosi di festeggiare insieme a Goodyear la nostra rinnovata collaborazione, che dura da molti anni,” ha detto Brent Dewar, presidente della Nascar. “Per più di mezzo secolo, Nascar e i nostri team hanno avuto fiducia nei pneumatici Goodyear. L’impegno dei nostri partner per l’innovazione e l’eccellenza ha un ruolo chiave nella nostra ostinata ricerca dei migliori prodotti del mondo per le competizioni”.
Curiosità: Goodyear produce ogni anno più di 100.000 pneumatici per le prime tre serie della Nascar e ogni pneumatico è contrassegnato dal nome del dipendente che ha contribuito a realizzarlo! (l’organico dell’azienda è di circa 65.000 dipendenti in 47 stabilimenti in 21 paesi del mondo).
(18/12/2017) – HAMILTON INTERVIEW. Ieri Lewis Hamilton era a Milanoe ha partecipato a “Che tempo che fa”, la trasmissione serale televisiva di massimo ascolto in Italia. Da parte del pilota inglese una performance molto buona davanti al pubblico italiano, in studio e davanti alla tv nelle case. Il quattro volte campione del mondo ha esordito con un “come stai?” in perfetto italiano rivolto al conduttore Fabio Fazio e l’impressione è stata che Lewis abbia cercato (e trovato, con ammiccamenti vari) un’empatia molto forte con la platea di potenziali tifosi della Ferrari. Sì, direi che l’idea, un giorno, di diventare idolo delle ultra-passionali folle italiche lo intriga molto e prima di porre fine alla sua straordinaria carriera penso proprio che ci sarà un tentativo di approdare alla mitica Ferrari.
Ma ecco alcune sue risposte e confessioni, tra il serio e il faceto, durante la trasmissione.
HAMILTON E LA FERRARI – “Alla Mercedes hanno creduto in me e sto molto bene. Difficile immaginarmi in un altro posto. Ho un aereo rosso. Il rosso è il mio colore preferito….”.
HAMILTON E VALENTINO ROSSI – “Vivo a Montecarlo e mi piace andare in moto. Quando guido una moto penso di essere Valentino Rossi. Lui è quello che mi piace più di tutti”
HAMILTON E AYRTON SENNA – “Il mio sogno da bambino era essere Superman o Senna. Quando quest’anno mi hanno consegnato il casco di Ayrton è stato un momento molto emozionante”
HAMILTON E SUO PADRE – “Sono cresciuto con papà in un monolocale e devo dire grazie a lui che ha creduto in me e ha fatto quattro lavori contemporaneamente per guadagnare qualcosa. Ha lavorato sodo. Lui mi tagliava anche i capelli e a volte anche le orecchie!”
HAMILTON E LA REGINA ELISABETTA – “Fui invitato per una colazione con lei nel 2009. Mangiava poco e parlava molto: di cani, cibo, musica, di cosa fa nel week end. E’ la “nonna” più simpatica che ci sia”
HAMILTON E NELSON MANDELA – “L’ho incontrato. Lui era con un vestito speciale e seduto su una poltrona: è stato come arrivare davanti ad un Re. Lo ricordo sempre sorridente e adorava la musica. Al 90° compleanno ha invitato tutta la mia famiglia”
HAMILTON E IL KART – “Il mio primo kart era…di quinta mano e correvo contro kart messi molto meglio. Ma questo mi ha dato carattere e molta forza”
HAMILTON E IL TRAINING – “Per rinforzare i muscoli del collo mi alleno indossando un casco di piombo che pesa 10 chili”
HAMILTON E LA F 1 – “Il problema della F1? Abbiamo sempre un casco in testa e la gente poi fatica a riconoscerci!”
HAMILTON E BLACK AND WHITE – “La F1 è stata appannaggio di piloti bianchi per molti anni. Da bambino ricordo che alle gare solo io e mio padre eravamo di colore. Ora le cose sono cambiate e amo pensare di aver dato un contributo”
(17/12/2017) – Il titolo del post, Die Hard, ovviamente, si riferisce all’aspetto sportivo. Zanardi, Massa, Button, sono solo gli ultimi piloti che, dato l’addio alla F1 (o a categorie di livello) per un motivo o per un altro, e restano ancora protagonisti delle piste e si prendono altre soddisfazioni o, quanto meno, continuano a fare quello che gli piace più di ogni altra cosa, fin da bambini, fin dai primi chilometri sui kart: correre. Duri a morire, appunto, ma è da ammirare la loro passione che non può estinguersi così, d’un botto solo perché raggiunta una certa età oppure penalizzati da incidenti o ancora perché scalzati dai classici piloti con la valigia che esisteranno sempre.
L’ultima notizia riguarda l’indomito Alex Zanardi che a 51 anni annuncia la partecipazione alla 24 Ore di Daytona 2019 (!) su una BMW M8 GTE appositamente preparata – vedi sistema di frenata – dalla casa bavarese che per bocca del direttore del Motorsport, Jens Marquardt, si è detta entusiasta di lavorare ancora col pilota italiano. Che dire: lì ennesima sfida di Iron Alex e state sicuri che vincerà anche questa!
Massa (36 anni), che qualcuno per la verità dà ancora in corsa per restare alla Williams (!), ha già dichiarato che il suo viaggio nel motorsport continua, sulle orme – ecco un altro higlander delle corse – del connazionale, inossidabile Barrichello. Il buon Felipe sa perfettamente che la sua esperienza e la sua fama fanno gola e infatti si parla decisamente di un suo prossimo sbarco nella Formula E, dove l’anno prossimo approdano grandi Case come Mercedes e Porsche. Ma il brasiliano ha già avuto colloqui esplorativi con la Jaguar ed inoltre il palcoscenico è di quelli di prestigio con un parterre – Case e piloti – di livello: quello che l’ex ferrarista cerca e quindi è questo lo sbocco più probabile per lui a meno che decida di avere più tempo per se stesso e la famiglia e di dedicarsi alla Stock Car Brasil. Non per niente, il prossimo 10 marzo lo vedremo dividere il volante con l’idolo della categoria Caca Bueno nella gara inaugurale della stagione nella “sua” Interlagos.
Button (37 anni), invece, continua a sfruttare gli ottimi rapporti con la Honda e, dopo l’estemporaneo rientro in F1 a Montecarlo per sostituire Alonso impegnato a Indianapolis, ha annunciato la partecipazione a tempo pieno al campionato giapponese Super GT, dopo l’esperienza alla 1000 Km di Suzuka ad agosto. Certo, il Giappone continua a coinvolgerlo…
Ma sono solo gli ultimi due piloti di rilievo, l’inglese è campione del mondo 2009 mentre il brasiliano è vice campione 2008, che restano o vogliono restare alla ribalta nonostante convenzioni e opposizioni varie. Penso a Gabriele Tarquini (55 anni) ancora mattatore nel TCR International Series o a Nick Heidfeld (40 anni) protagonista con la Mahindra in Formula E o a Tony Kanaan (quasi 43 anni) sempre di scena nella Indy Series. E penso a Mario Andretti che mai avrebbe voluto lasciare la F 1 (ci ha corso fino all’età di 41 anni) e che solo una sonora sgridata della moglie dopo un pauroso volo durante un test sulla monoposto del Team Andretti (Michael) – Green nel 2003 lo costrinse, letteralmente, ad recidere definitivamente il cordone ombelicare con le corse (vedi filmato You Tube). Aveva 63 anni! https://www.youtube.com/watch?v=kMeE9NAh60IMitici.
(14/12/2017) – Domani probabilmente la Williams annuncerà il nome del secondo pilota: pare proprio che sarà il pilota russo Sergey Sirotkin (22 anni) e non, come sembrava ormai certo, Robert Kubica che a questo punto dovrebbe puntare sull’annunciato (chissà quale) “piano B”. Si tratta, in ogni caso, di qualcosa di più importante di una mossa di mercato piloti: la Russia intende investire pesantemente nella nuova F1, fino alla partecipazione di un team tutto russo. Insomma, è chiaro che per il momento in Formula 1 ci deve essere almeno un pilota russo e questo come prodromo all’arrivo, appena la FIA riaprirà il recinto delle iscrizioni, di un Team con licenza russa. Tutto con il benestare e l’appoggio “politico” di Putin in persona che è molto appassionato di motori e che non manca mai di palesarsi al Gran Premio di Sochi. Il progetto è talmente concreto che la stessa posizione border-line di Kvyat, doppiamente bocciato da Red Bull e Toro Rosso, è temporanea e infatti il pilota di Ufa viene dato per possibile seconda scelta del Team di Sir Frank o qualcuno lo dà addirittura candidato a pilota di sviluppo Ferrari! Qual è il Team deputato a tramutare in realtà quanto esposto finora? La SMP Racing di Boris Rotenberg, munifico sponsor di Sergey Sirotkin!
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Boris Rotenberg |
SMP RACING BY ROTENBERG, TEAM DA F1– Già lo scorso anno, Vitaly Petrov ingaggiato dalla SMP Racing nel WEC, affermò entusiasta: “La squadra ha molti programmi per il futuro, forse anche la F1. Quello che è certo è che vogliono essere i migliori del mondo”. Per realizzare l’intento i capitali non mancano. Per portare Sirotkin in Williams sarebbero pronti sul piatto 13 milioni di euro, per dire. L’anima della SMP Racing è Boris Rotenberg proprietario della SMP Bank. Il suo coinvolgimento nel motorsport è sempre più ampio, Solo un mese fa a Shakir è stata presentata la nuova Dallara LMP1, denominata SMP BR1 e motorizzata AER, espressamente voluta da Rotenberg e al cui sviluppo hanno contribuito tecnici russi e i piloti Mikhail Aleshin, Vitaly Petrov, Sergey Sirotkin, Viktor Shaitar e Kirill Ladygin. Altri drivers nell’orbita sono Matevos Isaakyan ed Egor Orudzhev ma di piloti, in realtà, SMP Racing ne sostiene una cinquantina in vari campionati che vanno dalla F4 (Russa, estone e finlandese), alla F. Renault 2.0, al Ferrari Challenge. E’ un pilota SMP Racing anche Robert Shwarzman 18 anni, appena entrato a far parte del Ferrari Driver Academy.
LA FAVOLA DI SIROTKIN – Per tornare a Sirotkin, lo ricordo quando a fine 2013, appena 18enne, apparve sulla scena della F1 nell’ambito dell’ennesimo salvataggio della Sauber quella volta grazie alla partnership russa niente meno che con il Fondo nazionale per la cooperazione e gli investimenti, il Fondo statale per lo sviluppo della Federazione nord-ovest e l’Istituto Nazionale delle tecnologie aeronautiche. In realtà, non se ne fece niente e Sergey si è disimpegnato tra alti e bassi in World Series by Renault, 24 Ore di Le Mans, GP2, F2 fino alla posizione di tester Renault e alla nuova, grande opportunità che si chiama Williams. Perché è su di lui, che è nato a Mosca, che si punta e questa volta i russi fanno sul serio dopo il fallimento dei progetti Midland – la squadra sorta sulle ceneri della Jordan iscritta come russa ad opera del magnate originario della madrepatria Alex Shnaider – e Marussia ex Virgin.
(12/12/2017) – La passione Ferrari si misura anche attraverso i numeri che i due musei legati alla storia della mitica Scuderia del Cavallino continuano a macinare. Arrivano i dati: già nel mese di novembre il Museo Ferrari di Maranello e il Museo Enzo Ferrari di Modena hanno toccato il record storico di oltre 500.000 visitatori, in aumento del 12% rispetto allo stesso periodo del 2016. Ancor prima del bilancio di fine anno, dunque, è stato dunque superato il precedente record registrato a fine 2016 di oltre 478.000 biglietti. Si segnala, in particolare, la crescita annua del 19% fatta registrare a novembre dal Museo Enzo Ferrari di Modena, pari a circa 150.000 visitatori, attirati dalla mostra “Driving with the Stars” che espone le Ferrari di grandi protagonisti dello sport, della cultura, dell’industria e dello spettacolo. Si conferma inoltre il successo anche per il Museo Ferrari di Maranello, in crescita dell’8% a oltre 350.000 visitatori nei primi undici mesi del 2017, che nel corso dell’anno ha presentato le mostre “Rosso infinito”, tuttora in corso, e “Under the Skin”, che dal 15 novembre si è duplicata al Design Museum di Londra, dove resterà fino al 15 aprile del 2018.
L’idea del biglietto unico per entrambi i Musei – stabili a quasi un quinto del totale – ha donato una sinergia positiva tra le due strutture e i Musei Ferrari risultano fra i poli espositivi più visitati in Italia, con tifosi e appassionati provenienti da tutto il mondo attirati dall’offerta museale costantemente rinnovata con grandi mostre tematiche, esposizioni di vetture iconiche e inediti percorsi di visita nella storia del Cavallino Rampante.
(12/12/2017) – THE NEW DRIVERS BY MARANELLO. La Ferrari Driver Academy rinnova i ranghi con nuovi piloti in erba (abbastanza sconosciuti). Dopo l’annuncio di ottobre sull’arrivo del primo russo che prende parte al programma FDA, Robert Shwartzman, di San Pietroburgo, 18 anni appena compiuti, è degli ultimi giorni la notizia dell’innesto del brasiliano di San Paolo Gianluca Petecof, nato il 14 novembre 2002. Il primo è supportato dalla SMP Racing dell’uomo d’affari Boris Rotenberg ed ha appena portato a termine il Campionato di Formula Renault 2.0; il secondo è in pista dal 2010 e viene accreditato dei seguenti “conseguimenti”: Florida Winter Tour, Vortex Rok Cup, il Campionato del Brasile, Super Kart Brazil e i titoli del Campionato Paolista. Dal 2015 è membro della Shell Drivers Academy in Brasile. Quest’anno ha corso con il team ufficiale Tony Kart ed è stato valutato dall’Academy di Rivola durante un Campus FDA a Fiorano. Della nuovelle vague ferrarista fa da poco parte anche l’inglesino Calum Illot, anche lui primo pilota britannico a far parte dei “cavallini” di Maranello, 19 anni, già campione europeo kart e quest’anno impegnato nel Campionato FIA di F3 (6 vittorie e 10 pole, più il successo nella qualification-race di Macao). Nel 2018 prenderà parte alla GP3 Series con il Team ART, impegno valutato proprio insieme ai responsabili della Ferrari Driver Academy.
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Robert Swharzman |
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Armstrong e Fittipaldi |
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Giuliano Alesi |
FUOCO E GUAN YU ZHOU AD UN BIVIO – Dunque la fucina dei baby piloti di scuola ferrista riparte da nuovi ma anche “vecchi” piloti. E’ finalmente riuscita a far approdare in F1 un suo pilota e cioè Charles Leclerc che avrà modo di farsi valere al volante dell’Alfa Romeo Sauber ma che di sicuro guarda già oltre, alla Ferrari che tra l’altro crede molto in lui. Tra quelli in ascesa c’è indubbiamente il bravo neo-zelandese Marcus Armstrong (nato il 29 luglio 2000) fresco campione italiano di F4 (secondo nel campionato tedesco) e promosso in FIA F3 nel 2018 con la Prema. Dopo aver provato la gioia del primo successo, è atteso al salto di qualità il figlio d’arte Giuliano Alesi (20/9/1999) confermato in GP3 Series sempre con la Trident. Stesso discorso per Enzo Fittipaldi il più giovane della nidiata essendo nato il 18/7/2001, nipote del grande Emmo, secondo nella classifica rookie nel campionato F4 dove riproverà a far meglio (anche in Germania). Tra i “senatori” della scuola Ferrari troviamo il ragazzo di Cariati, Antonio Fuoco, 21 anni, in FDA dal 2012 e ora ad un bivio. La Prema con la quale ha corso in F2 (compagno di Leclerc) cogliendo la prima vittoria ha virato sui capitali indonesiani e quindi sui piloti Gelael e De Vries: vedremo cosa architetterà per lui la FDA. Infine il cinese Guan Yu Zhou (30/5/1999) in FDA dal 2014 è da due anni in FIA F3 (Motopark e Prema): ha appena preso parte ai test F2 di Yas Marina per il Team Rapax che, però, non sarà della partita nel 2018. Allora? Buona fortuna a tutti!
(10/12/2017) – C’è voluto qualche giorno per metabolizzare il fatto che, al valzer-mercato piloti della F1 2018, non ha partecipato Antonio Giovinazzi. E ora la temibile domanda è ovvia: quale futuro aspetta il driver di Martina Franca che giovedì compie 24 anni? C’è amarezza perché l’enorme occasione per rivedere finalmente un italiano nella massima formula c’è stata e, tra l’altro, creata proprio da quel Sergio Marchionne, Presidente Ferrari, che l’aveva coraggiosamente chiamato a far parte, un anno fa, della famiglia di Maranello in veste di terzo pilota. “Non l’ho voluto perché è italiano, ma perchè è bravo”, disse. Ebbene, l’operazione Alfa Romeo Sauber è un suo progetto portato a termine con grande risonanza mediatica e, secondo gli accordi, con previsti ritorni tecnico-commerciali. Fin qui tutto ok, o quasi. I piloti: una settimana fa, sul palcoscenico di Arese, si sono palesati Leclerc ed Ericsson, i prescelti. Uno fresco campione di F2, anch’egli della famiglia Ferrari via FDA, l’altro legato alla Sauber da solidi vincoli con gli effettivi proprietari del Team svizzero. Per il pilota pugliese, invece, si prospetta un altro anno in panchina, condito da non meglio utili test (Steiner docet). Fin qui la cronaca dei fatti, in base ai quali interessa ora valutare l’esito che potranno avere sulla carriera di Antonio. Non è difficile capire che la sua situazione si è un tantino (eufemismo?) complicata.
PERCHE’ LECLERC HA BRUCIATO GIOVINAZZI? – Intanto va dato atto che Marchionne ha provato il colpo doppio: piazzare alla Sauber sia Leclerc, sicuro talento, sia Giovinazzi, sua personale scommessa non azzardata. Il manager FCA ha però dovuto capitolare alle esigenze della Langbow Finance che ha acquisito il team svizzero dallo storico fondatore Peter Sauber, di fatto salvandolo dal naufragio, e che ha in Ericsson l’uomo-pilota di riferimento per le proprie manovre di marketing. La domanda sorge spontanea: comprensibile la “ragion di stato” per Marcus, ma perché allora privilegiare Leclerc a scapito di Giovinazzi? Perché non prevedere per il monegasco lo stesso percorso dell’italiano che, oltre i test test Haas e simulatore Ferrari, ha anche corso due gare occasionali con la Sauber ? E qui calano i veli del mistero. Quel che è certo è che Leclerc è stato seguito molto bene dal suo manager che è Nicolas Todt, figlio del gran presidente FIA. Giovinazzi, di scena al Motor Show di Bologna, non ha fatto commenti ma ha saggiamente confermato il suo entusiasmo per la tuta rossa che comunque continuerà a rivestire nel 2018.
TUTTI I CONCORRENTI AL POSTO DI RAIKKONEN – Antonio e il suo manager “Zanna” Zanarini, a questo punto, devono continuare a puntare sul…Rosso. Stavolta, infatti, sarà ben difficile che Kimi Raikkonen venga riconfermato (anche se…mai dire mai…) ormai 38enne e quindi si libererà il posto più ambito da tutti. Il problema è proprio questo: da tutti. L’ho già scritto: sull’uscio di Maranello già stazionano fior di campioni in scadenza di contratto, da Ricciardo a Bottas, o altri che non esiterebbero a stracciarlo, da Perez a Grosjean. Ho l’impressione, inoltre, che in agguato vi siano anche altri nomi ora impensabili ma disponibili… La concorrenza, dunque, è enorme e anche portatrice di introiti. Di conseguenza, per il brav’Antonio il rischio “Valsecchi” è purtroppo grande. Ricordate? Dopo un anno da tester alla Lotus, svanita l’occasione di scendere in pista in sostituzione dell’infortunato Raikkonen (l’ex TM Bouillier preferì dare fiducia mal ripagata a Kovalainen), il pilota comasco perse tutti i treni e uscì definitivamente dal giro. La F 1 è così: brucia senza pietà benzina, olio e piloti con le loro legittime ambizioni o addirittura le loro accertate virtù; la soglia di debutto, inoltre, si è paurosamente abbassata dopo l’irruzione di baby-fenomeni come Verstappen e Ocon. Se penso alla forza politica della Ferrari, al fatto che il fornitore di pneumatici è l’italiana Pirelli (anche se di proprietà cinese) e che l’appena nominato Vice Presidente mondiale Sport FIA è Angelo Sticchi Damiani davvero mi chiedo come sia possibile che non ci sia ancora posto in F1 per un pilota italiano (tra l’altro bravissimo). Qualcuno dorme sapendo di dormire.
(5 /12/2017) – SUV URUS LAMBORGHINI: ALL NEWS. E’ stato dunque presentato il primo (super, dicono a Sant’Agata Bolognese) SUV Lamborghini, la Urus. Le consegne ai primi clienti è prevista per la primavera del 2018. Il prezzo in Italia è di €168.852, IVA esclusa. Come da tradizione, il nome viene dal mondo dei tori. I bovini di razza Urus (uri), conosciuti anche come Aurochs, sono tra i grandi antenati selvatici delle razze attuali. Il toro da corrida spagnolo, allevato negli ultimi 500 anni, ha un aspetto ancora molto simile a quello della razza Urus. Con questo modello, aggiungono dalla factory emiliana, si crea un nuovo segmento nelle auto di lusso e si stabilisce un punto di riferimento in termini di potenza, prestazioni, dinamica di guida, design, lusso e fruibilità quotidiana. Design e lusso, versatilità, prestazioni: è un vero Toro. Il motore? >>
>> E’ il nuovo V8 biturbo in alluminio da 4,0 litri alimentato a benzina e montato frontalmente. La scelta di un motore turbo, il primo su una Lamborghini, è legata al carattere versatile che si è voluto conferire alla Urus. Soprattutto in condizioni off-road, è necessario un alto livello di coppia a bassi regimi e ciò può essere garantito solo da un motore in grado di assicurare livelli ottimali di reattività ed efficienza. Erogando 650 CV (478 kW) a 6000 giri/min (6800 giri/min max) e con una coppia massima di 850 Nm a 2250-4500 giri/min, la Urus ha una potenza specifica di 162,7 CV/litro. E con un peso a vuoto inferiore a 2200 kg, è il SUV con il miglior rapporto peso/potenza: 3,38 kg/CV. La Urus, inoltre, passa da 0 a 100 km/h in 3,6 secondi (0-200 km/h in 12,8 secondi) e raggiunge una velocità massima di 305 km/h. La frenata non è da meno, grazia a una decelerazione da 100 km/h a 0 in soli 33,7 metri. Dati alla mano è il SUV più veloce attualmente sul mercato.
>> La Urus è dotata di freni carboceramici e un cambio automatico a otto marce. Il sistema a trazione integrale garantisce una dinamica di guida sicura e altamente reattiva su ogni tipo strada e superficie, in tutte le condizioni atmosferiche. Il differenziale centrale autobloccante Torsen assicura i massimi livelli di controllo e agilità in ogni situazione, soprattutto off-road. Di serie, la coppia è ripartita con un rapporto di 40/60 sugli assi anteriore/posteriore indipendenti, con una coppia dinamica massima del 70% davanti o dell’87% dietro, migliorando la trazione sull’asse con il maggiore attrito al suolo.
La Urus Lamborghini adotta il sistema sterzante posteriore introdotto con la Aventador S sull’intera gamma di velocità. L’angolo di sterzata posteriore può variare fino a +/- 3,0 gradi, a seconda della velocità della vettura e della modalità di guida selezionata: a basse velocità, l’angolo di sterzata dell’asse posteriore è opposto a quello delle ruote anteriori (sterzata in controfase), con una conseguente riduzione del passo fino a 600 mm che ottimizza l’agilità e riduce il raggio di sterzata, a tutto vantaggio della manovrabilità. Ad alte velocità, l’angolo di sterzata dell’asse posteriore è nella stessa direzione di quello delle ruote anteriori (sterzata in fase) e il passo si allunga fino a 600 mm conferendo stabilità e comfort di livello superiore e assicurando una dinamica di guida ottimale.
>> Tamburo, il selettore della modalità di guida posto sulla console centrale, controlla tutti i sistemi dinamici della vettura e consente di scegliere tra le dinamiche di guida STRADA, SPORT, CORSA e NEVE in base alle condizioni del fondo stradale o alle preferenze del conducente. Come optional, per la guida off-road sono disponibili anche altre due modalità: TERRA e SABBIA.
>> Il peso a vuoto inferiore a 2200 kg è il risultato del lavoro del team di designer e ingegneri R&S Lamborghini che si è concentrato sulla riduzione del peso a tutti i livelli del telaio dell’auto
>> I sistemi ADAS della Urus Lamborghini garantiscono un grado completo di sicurezza, protezione e assistenza alla guida di livello 2 (scala SAE). Il sistema HBA (High Beam Assistant) spegne e accende automaticamente gli abbaglianti dei fari anteriori secondo necessità e l’equipaggiamento standard prevede anche sensori di parcheggio anteriori e posteriori, cruise control e l’innovativo sistema PreCognition che previene eventuali collisioni o ne attenua gli effetti. Tra i sistemi ADAS opzionali sono inclusi quelli per la gestione del traffico, la telecamera con vista dall’alto e una modalità di accoppiamento rimorchio.
URUS LAMBORGHINI – DATI TECNICI >>
TELAIO E CARROZZERIA
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Carrozzeria e telaio
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Scocca leggera integrale in alluminio composito
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Geometria delle sospensioni
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Multi-link anteriore e posteriore
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Tipo di sospensioni
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Sospensioni pneumatiche adattative con sistema elettromeccanico attivo di stabilizzazione antirollio
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Impianto frenante
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Freni carbo ceramici anteriori e posteriori
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Pinze
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Pinze freno anteriori in alluminio a 10 pistoncini:
21″ con fissaggio radiale e pistoncini con inserto fenolico Pinze posteriori flottanti in ghisa a 6 pistoncini:
19″ con freno di stazionamento elettrico integrato |
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Dischi (anteriori-posteriori)
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Dischi carboceramici
(Ø 440 x 40 mm – Ø 370 x 30 mm) |
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Sterzo
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Sterzo con differenti impostazioni servotronic e sistema LRS (Lamborghini Rear-wheel Steering) gestito attraverso le modalità di guida disponibili sul Tamburo
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Rapporto del volante
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13,3:1
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Giri volante
per sterzata completa |
2,29
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Diametro volante
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376 mm
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Pneumatici (gamma)
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Pirelli P Zero, Anteriori: da 285/45 R21 a 285/35 R23
Posteriori: da 315/40 R21 a 325/30 R23 |
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Ruote (gamma)
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Anteriori: da 9,5Jx21″ a 10Jx23″
Posteriori: da 10,5Jx21″ a 11,5Jx23″ |
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Diametro di sterzata
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11,8 m – valore medio, variabile in base alle condizioni dinamiche grazie a Lamborghini RWS
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Airbag
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Fino a 8 airbag
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MOTORE
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Tipo
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Benzina V8, 90°
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Cilindrata
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3996 ccm
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Valvole per cilindro
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4
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Fasatura valvole
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Albero a camme di ammissione e scarico a regolazione continua
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Turbocompressore
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Twin-scroll biturbo
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Potenza massima
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650 CV (478 kW) a 6000 giri/min
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Potenza specifica
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162,7 CV/litro
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Coppia massima
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850 Nm a 2250-4500 giri/min
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Regime massimo
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6.800 giri/min
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TRASMISSIONE
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Tipo di trasmissione
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Trazione integrale 4WD con differenziale anteriore integrato,
differenziale centrale (Torsen) e differenziale posteriore con ripartizione attiva della coppia |
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Cambio
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8 marce automatiche; caratteristica di cambiata in funzione della modalità di guida
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PRESTAZIONI
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Velocità massima
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305 km/h
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Accelerazione 0–100 km/h
[0–62 mph] |
3,6 sec.
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Accelerazione 0-200 km/h
[0-124 mph] |
12,8 sec
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Frenata 100-0 km/h
[62-0 mph] |
33,7 m
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DIMENSIONI E PESO
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Passo
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3003 mm
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Lunghezza totale
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5112 mm
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Larghezza totale
(specchi esclusi) |
2016 mm
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Altezza totale
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1638 mm
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Carreggiata (anteriore-posteriore)
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1695 mm – 1710 mm
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Altezza da terra
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158 mm – 248 mm (regolabile con le sospensioni pneumatiche)
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Peso a vuoto
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< 2200 kg
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Rapporto peso/potenza
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3,38 kg/CV
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CAPACITÀ
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Serbatoio
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85 litri (75 litri per il mercato statunitense)
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Vano portabagagli
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Da 616 litri a 1.596 litri
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CONSUMO
ED EMISSIONI |
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Ciclo combinato
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12,7 l/100 km
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Emissioni CO2
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290 g/km
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* In virtù del
Reg. EU 715/2007 |
(4/12/2017) – RAUL BOESEL, THE DRIVER DJ. Oggi compie 60 anni Raul Boesel – buon compleanno! – pilota di Curitiba (il locale autodromo è dedicato a lui) che nella F1 degli anni ’80, sulla scia dei grandi connazionali Fittipaldi prima e quindi Piquet, è stato uno dei numerosi brasiliani che ha tentato di emularli. E poi un affermato DJ! Bruciante il suo arrivo nella massima formula dopo la Stock Car Brasil e, come conveniva a quei tempi, il trasferimento in Gran Bretagna per la disputa dei campionati di F. Ford e F3.
DUE ANNI IN F1 – L’esordio avvenne già nel drammatico campionato 1982 con una March-Ford, la stessa monoposto guidata anche da Jochen Mass coinvolto nell’incidente con Gilles Villeneuve in Belgio. Proprio a Zolder mise a segno il suo miglior risultato stagionale: ottavo. Pur passando nel 1983 alla Ligier motorizzata Ford, le cose non migliorarono. Il settimo posto a Long Beach fu il massimo ma non salvò Boesel che al termine del campionato dovette accomiatarsi dalla F1. Nelle cronache della sua permanenza in F1 rimane la zuffa con il connazionale Chico Serra al termine delle qualifiche del Gp del Canada 1982, quando il pilota della Fittipaldi lo redarguì per averlo intenzionalmente ostacolato per poi passare alle mani! Disse addio alla F1 ma non certo alle corse, anzi. Attraversò di nuovo l’Atlantico e corse in America, prima nella Champ car e poi nella IRL, fino al 2005, senza però mai vincere. Le soddisfazione se le prese con le ruote coperte, al volante della Jaguar: Campione mondiale Sport Prototipi nel 1987, primo alla 24 Ore di Daytona 1988 e secondo alla 24 Ore di Le Mans nel 1991. Vive stabilmente in Florida e, dieci anni fa, l’ultima svolta: Raul Boesel DJ e anche oculato uomo d’affari!