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FLASHBACK / GP AUSTRALIA 1987. CON MORENO IL PRIMO PUNTO DELLA AGS F1

(15/11/2017)1987 AUSTRALIAN GP, FIRST POINT FOR AGS F1. Fu un bel giorno, il 15 novembre 1987, 30 anni fa, per la AGS F1 (Automobiles Gonfaronnaises Sportives). Al Gran Premio di Australia, la piccola scuderia francese riuscì a conquistare il primo punto della sua storia grazie al sesto posto di Roberto Moreno. Sulle strade di Adelaide, all’ultimo appuntamento della stagione, il brasiliano, che aveva sostituito Pascal Fabre, rese felice il fondatore Henri Julien che da meccanico appassionato ed esperto era riuscito, tra mille difficoltà e con  le idee progettuali di Christian Vanderplayn, a varare un progetto di sbarco nella massima formula dopo aver combattuto con onore in F. Renault, F3, F2 e F.3000. Il debutto in F1 solo l’anno prima con Ivan Capelli. 


LA GARA – In Australia fu il giorno del riscatto Ferrari che piazzò i suoi due piloti, Berger e Alboreto, ai primi due posti. L’ultima vittoria con il Drake ancora in vita. Moreno qualificò la AGS-Cosworth JH22 al 25° posto in griglia davanti solo ad Adrian Campos su Minardi-Motori Moderni. Ma, in gara, l’affidabilità della monoposto e una condotta accorta tornarono utili. Le stradine di Adelaide, infatti, fecero molte vittime tra uscite di piste e guasti meccanici con una serie impressionante di ritiri, 16 su 26 partenti. Non finirono la gara, tra gli altri, Nelson Piquet, Alain Prost, Stefan Johansson, Riccardo Patrese, Rene Arnoux. Bastò, in sostanza, rimanere in pista e non spremere troppo la meccanica. Moreno, inoltre, “approfittò” anche della squalifica per irregolarità tecniche di Ayrton Senna che su Lotus-Honda si era classificato terzo. L’avventura della AGS in F1 proseguì fino al 1991, minata però da problemi economici temporaneamente ovviati dal passaggio di proprietà del team a favore di Cyril De Rouvre (Con Julien DG) e anche dall’incidente occorso durante un test nel 1989 a Philippe Streiff che rimase paralizzato. quell’anno, Gabriele Tarquini regalò il secondo punto della storia AGS (6° in Messico) ma fu un raggio di sole tra le nubi. Il tentativo fallito di unione con il team di Gerard Larrousse pose praticamente la parola fine nonostante il tentativo estremo da parte degli italiani Patrizio Cantù e Gabriele Raffanelli che affidarono la vettura a Fabrizio Barbazza. Oggi l’insegna AGS sventola ancora a Gonfaron dove è attiva nel fornire a chi lo desidera l’ebrezza di provare una F1 sui circuiti di Le Castellet e du Var. 
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FERRARI ALLA RESA DEI CONTI DOPO ABU DHABI

(14/11/2017)FERRARI: COMPLICATED POINT AFTER ABU DHABI. La Ferrari è la Nazionale Rossa e quindi i suoi risultati e il suo futuro stanno a cuore a una moltitudine di appassionati. Il Gran Premio del Brasile, a titolo 2017 già assegnato, ha rinfrancato – mettiamola così – l’ambiente grazie alla bella vittoria di Vettel (la quinta stagionale) e al podio di Raikkonen. Detto questo, vediamo di essere realisti e quindi va detto che per le Rosse si tratta della classica aspirina utile a sentirsi meglio ma che non risolve. La delusione per non aver conquistato un possibile mondiale – l’ha confermato sinceramente proprio Vettel – è troppo forte. Sono stati fatti degli errori, anche gravi (Marchionne dixit), da non ripetere. E questo è quanto. Tutti hanno inoltre sottolineato che, senza il botto nelle prove e la conseguente partenza dai box, Hamilton avrebbe senz’altro vinto anche a Interlagos, visto il passo-monstre che ha dimostrato di poter sostenere.  Per quanto riguarda Raikkonen, saluto il suo ritorno sul podio ma non si può dimenticare che non vince dal GP di Australia 2013 (era alla Lotus) e l’ultimo successo in tuta rossa risale al GP del Belgio 2009 (sono sei le annate in sella al Cavallino per il pilota di Espoo). Flavio Briatore, sempre caustico ma con elementi di verità, ha dichiarato che con il finlandese la Ferrari non vincerà mai il titolo Costruttori e, tanto per mettere ulteriore pepe nel piatto, ha rilevato errori di gestione dal muretto (vedi Singapore ma non solo). 

LA FERRARI DOPO ABU DHABI – Ora c’è Abu Dhabi, poi gli ultimi test sempre a Yas Marina e quindi anche Maurizio Arrivabene conoscerà il suo destino. Sì, perché c’è anche lui sul banco degli accusati e sappiamo bene che il Presidente Marchionne, rimasto alquanto contrariato (eufemismo) dall’inspiegabile calo delle prestazioni nella seconda e decisiva parte della stagione – mentre la Mercedes cresceva paurosamente – è abituato a porre immediati e radicali rimedi alle falle. Non per niente si valuta un rapporto più stretto con la Sauber (tipo Red Bull e Toro Rosso, sotto le insegne dell’Alfa Romeo!) e si vocifera della promozione di Binotto o addirittura dell’arrivo di Lucia Pennesi attuale direttore commerciale e marketing della Gestione Sportiva. E’ evidente che alcuni cambiamenti debbano essere apportati dopo quelli, non dimentichiamolo, che hanno già coinvolto il capo progettista dei motori Lorenzo Sassi (andato via) e la struttura di controllo qualità delle componenti affidata alla spagnola Maria Mendoza (42 anni) proveniente da FCA. Forse è il caso di non esagerare: ricordiamoci dell’esito dell’operazione Marco Mattiacci che fino al giorno prima si occupava (lì proficuamente) delle vendite in Nord America delle supercar di Maranello ed è finita malamente.
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PILOTI BRASILIANI ESTINTI COME I DINOSAURI?

(10/11/2017)BRASILIAN DRIVERS LIKE DINOSAURS? Si corre il Gran Premio del  Brasile, sulla pista storica di Interlagos. Quanti ricordi. Ma per i piloti brasiliani, un tempo idoli della Torcida, siamo all’anno zero: Felipe Massa si ritira e l’anno prossimo, a meno di sorprese, non ci saranno piloti brasiliani in Formula 1. L’eredità dei vari Fittipaldi, Piquet, Senna non ha più assegnatari. Nasr era stato estromesso a fine 2016 e i tentativi per rientrare nella massima formula non hanno avuto esito positivo. Onore dunque al buon Felipe che avrebbe voluto continuare ma che non ha trovato corrispondenza d’intenti nel Team Williams. Come ha detto lui, è stata una buona carriera con il 2008 quasi mondiale e tanti anni a Maranello che lo hanno fatto amare da dirigenti, meccanici e tifosi per il suo buon carattere e le sue qualità e, in qualche modo, rimanere nella grande famiglia Ferrari.

Pietro Fitipaldi
PILOTI BRASILIANI COME I PILOTI ITALIANI? E ora? Piloti brasiliani come gli italiani? Una volta esaurita la vena tricolore (vedi Liuzzi, Trulli e Fisichella) non si è più ripristinata la tradizionale presenza in F1 che aveva toccato quote altissime negli anni ’80 e ora l’unica speranza è Giovinazzi. Andrà così anche per i “cugini” latini sudamericani? Forse ci sono più speranze. Nelle formule inferiori lottano i vari Pietro Fittipaldi, Pedro Piquet, Sergio Sette Camara. Enzo Fittipaldi è entrato nella Ferrari Driver Academy. Come si vede, si tratta per lo più di figli e nipoti d’arte ma evidentemente qualcosa si è inceppato nel meccanismo che costruiva e proiettava verso la gloria grandi talenti di quella terra. In qualche modo lo spiega Guilherme Samaia, ultimo dei paulisti in cerca del sogno F1. Impegnato con successo  nella F3 Brasil (Team Cesario) e con meno successo in F3 British – il vecchio percorso di tanti campioni del passato – è alla spasmodica ricerca di sponsor per continuare a correre in Europa. Ma l’impresa appare ardua. Finora a sostenere la sua carriera, come ammette lui, è stato il padre, visto che praticamente non ci sono più incentivi di grandi sponsor a favore dei piloti del Paese di Senna. Un andazzo che non porta a niente di proficuo, vedi Italia.
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SENNA, ULTIME RIVELAZIONI

(9/11/2017) SENNA, LAST REVELATIONS. Ayrton Senna è grande parte della storia della F1 e, a distanza di 23 anni dalla sua morte, tutte le news che lo riguardano destano sempre attenzione ed interesse. Negli ultimi giorni sono ritornate a galla due momenti della carriera del pilota brasiliano che riguardano il 1993 (Lamborghini) e il difficile approccio con la Williams FW16.
SENNA – LAMBORGHINI 1993 – A tirare fuori, o meglio a svelare il primo mistero, è il noto giornalista dei motori Renato Ronco sul blog Autologia. Cosa successe dunque in quel fine stagione decisivo per Senna, ormai sempre più propenso a lasciare la Mc Laren e a strappare l’invincibile Williams al nemico giurato Prost? Riassumo lo scoop: sulla strada del destino si mise il motore Lamborghini che il tre volte campione del mondo ebbe modo di provare nel corso di un test sul circuito dell’Estoril. L’esito fu talmente positivo che si pensò di passare subito al propulsore progettato da Mauro Forghieri a scapito del deludente Ford, almeno al cospetto dell’innovativo motore Renault. Alla fine, tra Ron Dennis e i vertici della Chrysler venne concordata verbalmente l’adozione del motore emiliano per il 1994: costo dell’operazione 20 milioni di dollari. Tra il dire e il fare, però, ci mise lo zampino niente meno che l’allora neo presidente Ferrari Luca Cordero di Montezemolo alle prese con il momento più nero della Ferrari, sia industrialmente (per la prima volta si dovette ricorrere alla cassa integrazione) che sportivamente. Come? Secondo la ricostruzione, Montezemolo avrebbe dato mandato al DS Jean Todt di prodigarsi affinché fosse la Peugeot, la Casa francese dove Todt era di casa per i gloriosi trascorsi sportivi, a fornire un motore alla Mc Laren. Pare che la Ferrari temesse che il concorrente, già sugli scudi per il successo della Diablo, potesse darle il colpo di grazia con l’abbinata vincente, sportiva e d’immagine, Mc Laren/Senna. Ebbene, l’accordo non ebbe seguito: Dennis puntò sui Peugeot (tra l’altro la fornitura era gratuita) e Senna virò decisamente verso la fatale Williams…
SENNA – NEWEY 1994 – Senna, come noto, non era soddisfatto della sua Williams. Prima di Imola non aveva marcato punti ma, soprattutto, non sentiva la macchina cucita addosso e, anzi, l’abitacolo così angusto rappresentava per lui una vera tortura fisica. Tra le varie migliorìe richieste dal pilota di San Paolo – nel libro di Franco Panariti “Senna, cronaca di una tragedia”, però, emerge che le sue indicazioni non venivano granchè prese in considerazione – anche l’adozione di un volante dal diametro maggiore. Nel libro “How to build a car” (Harper Collins), l’allora progettista Adrian Newey ritorna a quel periodo nero e, ebbene sì, ammette  la responsabilità di un progetto sbagliato ma non dell’incidente che ferì mortalmente Ayrton. Per permettere l’innesto del volante più grande preferito da Senna, Newey ricevette l’ok dal DT Patrick Head per studiare una soluzione che consentisse l’abbassamento della colonna dello sterzo. Per raggiungere questo risultato furono utilizzati due pezzi non adatti, ammette Newey. Detto questo, però, il genio oggi alla Red Bull ancora non dà credito al cedimento del piantone dello sterzo quale causa del terribile incidente anche se si assume la piena responsabilità di un progetto sbagliato a livello aerodinamico – prima di Imola ci fu un test segreto a Nogaro – che costringeva Senna a vere acrobazie per tenere in pista una monoposto altamente instabile, nervosa. Pericolosa.
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SORPASSI E HALO IN F1, DAL WEB DUE SPUNTI PER RIFLETTERE

(3/11/2017) – Il web, nella sua immensa permeabilità all’oblio, offre due “flashback” sulla F1 in grado di proiettarci nel passato e…nel futuro dandoci modo di riflettere, a freddo, su situazioni accadute e decisioni prese. In questi due casi, mi riferisco al sorpasso sanzionato di Max Verstappen ai danni di Kimi Raikkonen all’ultimo giro del Gp USA a Austin e alla prossima adozione dell’Halo, la struttura pensata per offrire riparo alla testa dei piloti, obbligatoria a partire dal campionato 2018.


SORPASSI, CROCE E DELIZIA –  Ebbene, nella foto SOPRA che risale al 1974 si vede il grande Ronnie Peterson su Lotus impegnato in un sorpasso molto deciso ai danni del pur coriaceo Clay Regazzoni su Ferrari (quell’anno in lizza per il titolo mondiale). Il circuito mi pare proprio quello cittadino del Montjuic, in Spagna. Spazi angusti, guard-rail a fil di pista, asfalto sconnesso: insomma la F1 dei tempi eroici (e del coraggio estremo). Come si vede dall’istantanea, lo svedese compie la sua azione di sorpasso salendo con tre ruote sul cordolo e molto probabilmente, nel prosieguo, ci sale con tutte e quattro. Credo proprio di poter dire che nessuna sanzione venne comminata: era la normalità quando i piloti contavano molto alla guida di quelle rudi monoposto e non potevano certo avvalersi, che so, dell’apertura dell’ala mobile posteriore. Ora, tornando al terzo posto mancato di Verstappen va ribadito che la decisione degli steward è stata formalmente ineccepibile, regolamento alla mano, ma quanta nostalgia per tempi così ardimentosi!

HALO Sì HALO NO – Le altre foto riguardano uno studio molto ben fatto da parte dell’olandese Andries van Overbeeke che, già qualche anno fa, si era cimentato nella realizzazione grafica di concepts car di F1 –nelle due foto con livrea Mc Laren – che prevedevano l’integrale copertura del cockpit. Mi sembra un lavoro davvero molto ben riuscito, dal punto di vista estetico ed aerodinamico. Il cupolino è stato effettivamente preso in considerazione dai vertici della F1 ma l’idea è stata accantonata per il solito problema della uscita rapida del pilota in caso di incidenti o altro.  Come noto, alla fine la FIA ha imposto l’Halo anche se questa struttura obiettivamente non garantisce la protezione del capo del pilota in caso di oggetti volanti di piccole e medie dimensioni (vedi molla della Brown di Barrichello sulla testa di Massa in Ungheria). Di contro, è indubbio (o quasi) che pneumatici o pezzi di grosse dimensioni volanti non potrebbero avere l’esito nefasto che è toccato ai poveri Justin Wilson e il figlio di John Surtees. Sulla sicurezza non si può lesinare. E’ un accettabile primo passo che riguarda quella specifica parte della monoposto e il 7 novembre prossimo, in occasione del previsto Strategy Group, probabilmente verrà decisa una nuova denominazione dell’Halo.