Categorie
Senza categoria

HUNGARIAN GP, DOPPIETTA FERRARI, BEAU GESTE MERCEDES MA…

(31/7/2017) – Anche se col fiatone, la Ferrari ha tenuto fede ai pronostici e all’Hungarian GP ha ripreso il timone del campionato 2017: doppietta in qualifica, doppietta in gara con Vettel alla sua vittoria numero 46, la settima in rosso. Le Mercedes, più a loro agio con le soft, hanno comunque dimostrato di rimanere forti e insidiose, ma quanta differenza con il dominio incontrastato degli anni scorsi! Va dato atto che, con la SF70H, a Maranello hanno sfornato finalmente una monoposto all’altezza del blasone a dire il vero negli ultimi anni un po’ decaduto. Ed è da lodare la reattività degli uomini della Scuderia, capaci di individuare e attuare migliorìe in qualsiasi momento, come d’altronde si richiede ad un team di così tanta esperienza e mezzi a disposizione. Se a Silverstone si piangeva, a Budapest si festeggia a conferma di un mondiale assai combattuto ma siamo solo al giro di boa e già Spa e Monza si prefigurano favorevoli alle Frecce d’Argento, con Singapore invece di nuovo nelle corde della Ferrari (e Red Bull). E’ comunque un campionato che si gioca gara per gara.

RAIKKONEN SI GUADAGNA LA RICONFERMA -Peccato che, ancora una volta, alla festa rossa non ha partecipato Kimi Raikkonen, come a Montecarlo. Lo avete visto sul podio: non aveva nessuna voglia di spruzzare champagne verso il compagno e ha dichiarato che avrebbe voluto vincere. Ieri poteva farlo: quando è stato chiaro che Vettel non era al 100% per il problema allo sterzo lui ha provato a far capire al muretto che, se non passava, si rischiava la clamorosa “remontada” Mercedes. Si è invece andati avanti così e la superiorità della Ferrari ha evitato la beffa ma non la composta delusione del finlandese che ha signorilmente detto: “Il risultato di squadra è la cosa più importante”. Può consolarsi: a fine gara il Presidente Marchionne, pressato dalla stampa sul rinnovo del contratto, dopo aver ricordato che lui è l’ultimo campione del mondo ferrarista, ha detto: “Andiamo bene con loro due, mi dispiacerebbe cambiare”.

TRE PUNTI CHE POSSONO FARE LA DIFFERENZA – Alla Mercedes hanno fatto “scalpore” per la decisione di restituire la posizione a Bottas, alla fine terzo, precedentemente invitato a farsi da parte per consentire l’assalto di Hamilton alle Ferrari. Assalto, però, non riuscito. Dal muretto, l’ordine finale è partito addirittura all’ultimo giro mentre Verstappen ringhiava negli scarichi del finlandese. Hamilton ha dovuto rallentare molto ed è stato grande il rischio che l’olandese beffasse addirittura tutti e due. Toto Wolff ha esagerato? E se alla fine, quei tre punti in meno dovessero rivelarsi decisivi? “Questo è lo spirito di questa squadra” ha detto Toto ma chissà se a Stoccarda la pensano ugualmente…

VERSTAPPEN CI RICASCA – In ultimo, c’è da parlare della partenza di Verstappen. Questa volta l’imbelle olandese si è beccato dieci secondi di penalità per aver decretato la fine della gara del compagno di squadra Ricciardo dopo aver tirato (troppo) la frenata col risultato di tamponare l’incolpevole australiano. Max è forte ma, davvero, qualcuno dovrebbe dirgli che la partenza non è tutto e che l’auto-controllo aiuta a vincere di più. Ricciardo stesso ne è un esempio. Sì, d’accordo è ancora giovane ma l’ambiente della F1 è terribile e si fa presto a passare da enfant prodige a “Pierino la peste”. Per fare un paragone con il calcio, un po’ quello che è avvenuto con il talentuoso Antonio Cassano le cui gesta, a un certo punto, sono state bollate solo come “cassanate”. Max, comunque, si è scusato con Ricciardo e questa è una buona cosa conoscendo il suo carattere. A Spa lo aspettano orde di tifosi orange, non sprechi ancora l’occasione.
Categorie
Senza categoria

FLASHBACK / GP GERMANIA 1997. L’ULTIMA VITTORIA DI GERHARD BERGER (E DELLA BENETTON)

(27/7/2017) GERMAN GP 1997, LAST VICTORY GERHARD BERGER. Non ce ne fu per nessuno quel 27 luglio 1997: sulla pista a lui congeniale di Hockenheim, Gerhard Berger colse da dominatore la sua ultima vittoria in F1 nel Gran Premio di Germania, 20 anni fa esatti. Fu anche l’ultima vittoria della Benetton. Dal 1996 l’austriaco era al volante della Benetton Renault; insieme all’altro ex ferrarista Jean Alesi aveva fatto parte dello “scambio” con Maranello che a sua volta aveva puntato forte (e tutto) su Michael Schumacher, l’alfiere del Team con licenza italiana vincitore di due eccezionali titoli mondiali nel 1994 e 1995. Come forse prevedibile, alla Benetton si era chiuso un ciclo e non fu più la stessa cosa. La monoposto e Briatore erano sempre da vertice, ma vennero gli anni della Williams, della rinascita Ferrari e dell’emergente Mc Laren Mercedes.

LA GARA – Come detto, però, Berger trovò la giornata di grazia. Ad Hockenheim, pole position, vittoria e giro più veloce. Gara perfetta, dalla partenza, al pit stop alla bandiera a scacchi senza che nessuno lo abbia mai insidiato veramente. Sul podio, con lui, Schumacher e Hakkinen (bella prestazione anche di Fisichella sulla Jordan). Grande festa sul podio, ma Gerhard aveva già maturato la decisione di ritirarsi a fine anno dopo oltre 200 gran premi e 10 vittorie, sei indimenticabili anni di militanza alla Ferrari (compreso il brutto incidente nel 1989 a Imola), la coabitazione e la forte amicizia con Senna. Nel 1997 saltò tre gare per problemi di saluti e inoltre ebbe la sventura di perdere il padre, il che significò anche un maggiore coinvolgimento nell’azienda di famiglia. La sua simpatia e lealtà mancarono a tutto l’ambiente.
Categorie
Senza categoria

HUNGARIAN GP, SVOLTA DELLA STAGIONE F1

(26/7/2017) – Non è esagerato considerare il prossimo Gran Premio di Ungheria come un punto di svolta decisivo sia della stagione in corso, sia in vista del campionato 2018. Siamo a metà corsa e la battaglia Ferrari – Mercedes è al culmine mentre si agitano le acque del mercato piloti, vediamo tutto.

Vettel vincitore in Ungheria nel 2015
SCONTRO FERRARI – MERCEDES – Dopo la “batosta” di Silverstone, la Ferrari è chiamata al riscatto sulla più favorevole pista dell’Hungaroring. Rispetto ad inizio stagione, la Mercedes sembra aver riacquisito un certo vantaggio tecnico mentre l’equilibrio generale della SF70H pare più compromesso dagli step evolutivi della monoposto. A Budapest potrebbe far molto caldo o, come in passato,  anche piovere ma come sempre lì è fondamentale partire davanti perché superare è un’impresa. Mario Isola della Pirelli, infatti, prevede una gara molto tattica, decisa dalla strategia. In ogni caso, se la Ferrari risulterà nettamente battuta dalla Mercedes, a Maranello sarà inevitabile l’apertura di un “processo”. A cosa o a chi non so, ma un qualcosa in grado di incidere sul 2018 dato che, ricordo, i contratti di Vettel e Raikkonen sono entrambi in scadenza. Il primo, chissà perché, non sembra avere fretta, il secondo invece auspica una conferma. Mah. Dall’altra parte Hamilton si è legato al dito la ruotata del ferrarista a Baku e, come “solennemente” promesso  intende dargli una sonora lezione in pista che, se ripetuta, potrebbe conferirgli una carica psicologica davvero importante. Ma attenzione, dovrà guardarsi dal sempre più pimpante compagno di squadra Bottas. In più, occhio alle Red Bull certamente più a loro agio sullo stretto circuito ungherese. L’anno scorso Verstappen fu protagonista di un duello al limite con Raikkonen e si è visto a Silverstone quanto l’olandesino sia rimasto coriaceo, soprattutto quando ha una Rossa alle spalle. E’ lui l’incognita dell’Hungaroring, con il solito Ricciardo pronto a sfruttare ogni spiraglio. Vedremo, nel contempo, se gli ultimi miglioramenti della Renault si confermeranno su un circuito misto-lento.

MERCATO PILOTI, E SE GIOVINAZZI… – Detto del duo Ferrari (secondo me il rinnovo di Raikkonen  è strettamente legato a quello che farà Vettel) e della quasi scontata conferma di Bottas, che si è guadagnato sul campo la stima e la fiducia del Team, c’è molto fermento altrove. Intanto, a smuovere le acque ci ha pensato la Haas confermando gli attuali piloti Grosjean e Magnussen (in crescita). Così facendo ha dato due notizie: Grosjean non va alla Ferrari e Giovinazzi non va alla Haas. Due ipotesi molto gettonate che vengono quindi a decadere. A proposito di Giovinazzi, per il talento italiano si è parlato quindi – e sarebbe un vero peccato – di porte chiuse per il 2018 anche perché la Sauber oggi motorizzata Ferrari dovrebbe passare ai propulsori Honda. C’è caos riguardo questa fornitura ma l’annuncio del giapponese Matsushita quale test driver l’1 e 2 agosto sembrerebbe ri-accreditare tale passaggio che, con Ericsson riconfermatissimo, non lascerebbe dunque chance al pugliese. A meno che…, a meno che Marchionne – che pretende il titolo Costruttori al quale Raikkonen da un po’ di tempo  non riesce a dare quell’apporto di punti necessario – non abbia deciso (e alla Haas ne siano informati) di dare un volante da titolare proprio a Giovinazzi. Sarebbe clamoroso, ma anche naturale e…molto popolare, un investimento per il futuro. Molti degli altri movimenti dipendono da questi ora elencati ma è molto ambito il secondo sedile della Renault. Se Palmer non ingrana e se i francesi confermeranno il trend crescente, sono pronti in tanti. Su tutti, quel Robert Kubica tornato in lizza e che nei test dopo il GP dovrà fornire le ultime prove del suo pieno ristabilimento al volante di una F1 rispetto ai colleghi contemporaneamente in pista. Sull’uscio anche Sainz (ma Horner chiederà un sacco di soldi per l’impaziente spagnolo), Alonso (che a deciderà a settembre il da farsi) e anche Perez (un po’ seccato dall’arrembante compagno Ocon ma che VJ Mallya conta di trattenere alla futura Force One). Massa vuole restare ancora alla Williams, ne sta parlando con Claire. Una chance, infine, dovrebbe nei desiderata, essere fornita al prossimo campione di F2 che, salvo sorprese, dovrebbe essere Leclerc. Altro pilota FDA… Insomma è un calderone!
Categorie
Senza categoria

SCHUMACHER COME FANGIO, 15 ANNI FA L’IMPRESA

(21/7/2017)SCHUMACHER LIKE FANGIO. Uguagliare il numero di titoli mondiali – cinque – vinti dal mitico Fangio, per la serie: mission impossible… E invece Michael Schumacher “Il Cannibale” – e chi se no? – ci riuscì: vincendo il Gran Premio di Francia 2002, il 21 luglio di 15 anni fa, si assicurò matematicamente il quinto titolo mondiale di F1 – il terzo con la Ferrari –  proprio come il leggendario fuoriclasse argentino. Una cavalcata trionfale, quella di Schumi al volante della monoposto-gioiello di Maranello: la F2002. La supremazia fu schiacciante: nessuno aveva mai vinto il campionato di F1 con sei gare di anticipo. A Magny Cours, Schumi conquistò l’ottava vittoria stagionale anche con un po’ di fortuna: fino a cinque giri dal termine era in testa un giovane di grandi speranze, Kimi Raikkonen. Il finlandese della Mc Laren, però, fu autore di un dritto a causa dell’olio lasciato in pista dalla Toyota di Mc Nish con Michael lesto ad approfittarne. Non mancarono le polemiche legate, nell’occasione, allo sventolìo delle bandiere gialle e, in precedenza, anche alla leggera toccata della linea bianca di uscita dai box dopo il pit-stop che costò al tedesco un drive-throug. Nel contempo, il compagno di squadra Barrichello aveva alzato bandiera bianca col motore ammutolito e il coriaceo Montoya su Williams-Bmw fu costretto a rallentare per la minore efficienza delle sue gomme Michelin. Alla fine, Michael, sopraffatto dall’emozione e dalla gioia, disse “Non paragonatemi a Fangio. Lui non aveva alle spalle una grande squadra come la mia. Non sono io la leggenda, è questa Scuderia”.
Categorie
Senza categoria

FERRARI F40, 30 ANNI FA L’ULTIMA SUPERCAR DEL DRAKE

(21/7/2017) FERRARI F40, 30 YEARS AGO LAST SUPERCAR BY THE DRAKEL’ultima Ferrari voluta dal Drake? La “mostruosa”, magnifica F40 che venne presentata in anteprima nel Centro Civico di Maranello il 21 luglio 1987, un anno prima la scomparsa del fondatore. Il progetto intendeva celebrare i 40 anni di attività del Cavallino e, a distanza di 30 anni, nell’immaginario dei ferraristi rimane la Ferrari per eccellenza, “una vera Ferrari”, per dirla proprio come la definì l’orgoglioso Commendatore: possente, maestosa, aggressiva. La presentazione ufficiale avvenne poi a settembre, al Salone di Francoforte.
ESTREMA ED INNOVATIVA -La Ferrari F40 doveva lasciare il segno e lo ha lasciato perché, per l’epoca (e oltre), estrema ed innovativa in tutto, praticamente una F1 carrozzata, derivata dalla 308 GTB e dalla GTO Evoluzione. Disegnata da Pininfarina, sulla base del progetto dell’ingegner Nicola Materazzi che conobbe cinque Evoluzioni, esteticamente colpiva per il muso assai spiovente, le prese d’aria NACA e soprattutto per l’alettone posteriore integrato al cofano motore interamente sollevabile. Era inoltre dotata di un motore biturbo 8 cilindri a V di 90° (turbine IHI), doppio intercooler, per complessivi 478 CV. Telaio tubolare e carrozzeria si avvalsero per la prima volta di materiali compositi ormai essenziali in F1 come, rispettivamente, kevlar e fibre di vetro, nonché resine aeronautiche che assicurarono una rigidezza torsionale mai raggiunta prima nonostante un peso di soli 1100 Kg. La possibilità di effettuare regolazione di assetto e sospensioni, infine, conferiva alla vettura una grande tenuta di strada e una velocità di punta di 324 Km/h, raggiungendo i 100 Km/h in 4,1 secondi.

Il 21 luglio 1987, giorno della presentazione, erano 900 gli esemplari già ordinati: prezzo 380 milioni di lire. Tra i fortunati possessori anche l’Avvocato Gianni Agnelli che si fece allestire una versione personalizzata, dagli interni in tessuto nero anziché rosso,  denominata “F40 Valeo” dotata della frizione automatica della Mondial T che però, grazie all’elettronica, attivava i dischi in 100 millisecondi. Fu un grande successo che diede soddisfazione al Drake invece in ansia per il momento difficile in F1 (era l’epoca di Barnard, Postlethwaite): la produzione continuò fino al 1992 e furono 1337 gli esemplari realizzati, oggi di grande valore.
Categorie
Senza categoria

VANWALL, 60 ANNI FA LA PRIMA EPICA VITTORIA

VANWALL, 60 YEARS AGO FIRST EPIC VICTORY. (20/7/2017) – Che giorno epico per la Vanwall e il motorismo britannico il 20 luglio del 1957, 60 anni fa. A tre anni dal debutto in F1, la vettura e la scuderia nate dalla irrefrenabile passione di Tony Vanderwell – il nome derivava dall’accostamento con il marchio di bronzine Thinwall Bearing di sua proprietà – arrivò la prima vittoria nel gran premio, di Gran Bretagna, sul circuito di Aintree! Si trattò della prima volta per una vettura costruita Oltremanica. A firmare l’impresa, un’altra icona british come Stirling Moss che però dovette dividere punteggio, alloro e coppa con Tony Brooks. Perché? Moss quel giorno era carico come una pila, deciso a rompere l’egemonia di Maserati (Fangio) e Ferrari (Collins, Musso, Hawthorn) che stavano monopolizzando il campionato. Sulla pista di casa fece sua la pole e allo start scattò in testa come una molla. Al 22°, però, grande delusione: un problema elettrico lo costrinse al ritiro. Ma il Team non si perse d’animo e fermò l’altra vettura verde guidata da Brooks, in quel momento quinto, permettendo a Moss di rientrare in gara – allora il regolamento lo consentiva –  seppur al nono posto. Grazie ad una furibonda rimonta e, bisogna dire, ai guai tecnici capitati ai vari Fangio, Collins, Behra, fino alla foratura di Hawthorn, il grande Stirling scrisse una pagina leggendaria del motorsport vincendo davanti a Musso. La Vanwall-Davide aveva battuto le grandi Case italiane-Golia.
STORIA DELLA PICCOLA, GRANDE VANWALL – Tra l’altro, la genesi della Vanwall, secondo la “leggenda” sarebbe da ascrivere proprio da una diatriba tra Tony Vandwerwell, fornitore a Maranello delle sue speciali bronzine, ed Enzo Ferrari. Il dinamico imprenditore aveva acquistato nel 1952 una Ferrari 375 che modificò per farla gareggiare – ormai fuori regolamento per la F1 – nella F. Libera col nome Thinwall Special. Inoltre era parte attiva del progetto BRM, che sostenne fin dal primo momento. Due aspetti “sgraditi” al Drake che, in occasione di una visita a Modena dello stesso Vanderwall, fece intendere la sua avversione lasciandolo per ore in sala di attesa. Da lì, la decisione-reazione di creare una squadra e una vettura tutta sua per battere la Rossa! A dare una svolta tecnica e sportiva alla neo-compagine britannica ci pensarono un giovane esperto telaista di grande talento di nome Colin Chapman (a da fine 1955), quindi l’aerodinamico Frank Costin, il motorista Herry Weslake (sua l’iniezione diretta) e infine un vero asso del volante come Stirling Moss (dal 1957) anch’egli abbagliato dall’obiettivo glorioso di affermare la supremazia d’oltremanica nel Motorsport. In quel felice 1957, Moss vinse ancora il Gran Premio “una-tantum” di Pescara e a Monza mentre nel 1958 la Vanwall, grazie a sei vittorie, iscrisse per prima il proprio nome nell’Albo d’Oro della neonata classica Coppa Costruttori (durante le prove del GP d’Italia fu sperimentato un capolino). Furono, però, gli ultimi bagliori che si affievolirono dall’anno seguente, insieme alla salute del fondatore.
Categorie
Senza categoria

GIULIANO ALESI & FRIENDS, VOLA LA FERRARI DRIVER ACADEMY DI RIVOLA

(18/7/2017) – Un Alesi, figlio d’arte, sul gradino più alto del podio. Complimenti a lui. Con il successo in Gara 2 di GP3 a Silverstone, Giuliano, 17 anni, oltre a cogliere la sua prima vittoria nella categoria, ha dato una grande soddisfazione all’ex ferrarista Jean e, nel contempo, ha esaltato la bontà della Ferrari Driver Academy che, finalmente, sembra avviata a forgiare una nuova e molto interessante generazione di piloti. Negli anni scorsi, il paragone con il programma Junior della Red Bull aveva suscitato paragoni un po’ imbarazzanti mentre ora, a dire il vero, la “meravigliosa” scuola di Milton Keynes sembra essersi incagliata mentre da Maranello hanno levato le vele. Merito dell’ex DS Massimo Rivola che da gennaio 2016 è a capo della FDA? Di sicuro l’avvicendamento con Baldisserri, che ha seguito il percorso professionale Lance Stroll, aveva una precisa e necessaria mission e cioè RIORGANIZZARE, RINNOVARE l’Academy del Cavallino. Già Presidente di successo della Scuderia Ferrari Club, Rivola, che è stato in Minardi e Toro Rosso, altre fucine di ardimentosi giovanotti poi esplosi (Alonso, Vettel), lo ha metodicamente fatto secondo l’obiettivo assegnatogli: “Riuscire a formare i nuovi campioni della F1 spingendoli ad accettare la sfida quotidiana con entusiasmo e a fare sempre di più e meglio, a essere leali, altruisti, più impegnati e determinati a raggiungere i loro scopi tenendo sempre di vista obiettivi, scelte e aspirazioni sane”. L’impegno nelle corse come una palestra di vita. Il sogno Ferrari da rincorrere con rispetto e i piedi ben piantati per terra. I risultati stanno arrivando. 

FDA, CHI C’E’– Oltre Giuliano Alesi, della FDA fanno parte: il monegasco Charles Leclerc, attuale dominatore della F2 FIA e prossimo a scendere in pista con la Ferrari nei rookie test di F1 del 2 e 3 agosto all’Hungaroring. Antonio Fuoco, “Fuoco del Sud”. suo compagno di squadra e al primo podio domenica scorsa. Il neo-zelandese Marcus Armstrong, 16 anni, è saldamente primo nella F4 tricolore e terzo in classifica nella serie Adac F.4. Enzo Fittipaldi, nipote del grande Emerson, proprio oggi compie 16 anni ed è impegnato anche lui in F4 Italia con la Prema. Infine Guan Yu Zhou, cinese di Shanghai, 18 anni, tornato a disputare l’europeo FIA F3 con la Prema dove è settimo in classifica. Ad maiora.
Categorie
Senza categoria

BRITISH GP, SFIDA TECNICA FERRARI – MERCEDES

(17/7/2017) – E ora a Maranello sale la tensione. Dopo l’esito del Gran Premio d’Inghilterra, con le due Ferrari in grave crisi con gli pneumatici e le Mercedes apparse quasi perfette, la prossima gara in Ungheria assume già la dimensione di un esame, se non finale, di importanza cruciale. Ok, calma: Raikkonen a Silverstone era in prima fila ed è arrivato nonostante tutto terzo ed inoltre si può ricordare che anche il dominatore Hamilton in Austria, appena sette giorni fa, non era riuscito a salire sul podio. Per non dire che l’Hungaroring, per conformazione del circuito e temperature attese, si confà alle caratteristiche della SF70H. E allora? Allora, la Ferrari è una scuderia italiana, latina. E le tensioni, o se volete, le emozioni sono estreme, facili a diventare dirompenti. Avete visto e sentito Vettel? Imbronciato come ai tempi della Red Bull non più imbattibile (e con Ricciardo che gliele suonava). Raikkonen? Beh, Iceman è sempre Iceman: per vederlo sorridere in un week end di gara occorre avere la pazienza di un appassionato di birdwatching. Ma queste sono quisquiglie. La partita vera si gioca sul piano tecnico.
SFIDA TECNICA FERRARI MERCEDES – La Mercedes sembra aver riacquisito una decisiva supremazia in fatto di potenza del motore mentre gli ultimi aggiornamenti introdotti da Binotto & C. non paiono aver assicurato il progresso che si auspicava. Un po’ come gli anni scorsi, in qualifica le frecce d’argento si dimostrano capaci di tirare fuori l‘acuto che serve a partire davanti, il che continua ad essere quasi sempre determinante ai fini dell’economia di gara. Ieri Vettel, partito in seconda fila e pure sopravanzato da Verstappen si è ritrovato invischiato in una dura lotta con l’olandesino – che quando ha dietro una Ferrari trova energie supplementari… – che ha rovinato i piani costringendolo all’undercut. In gara, poi, le Mercedes, con Bottas in forsennata rimonta, hanno potuto sostenere un ritmo assai elevato senza maltrattare più del dovuto gli pneumatici mentre alla Ferrari si è evidentemente dovuto optare per assetti estremi che hanno stressato in particolare lo pneumatico anteriore sinistro fino alle conseguenze che sappiamo. Il fatto è che Vettel ha dilapidato in un gp il vantaggio di 20 punti su Hamilton e la Coppa Costruttori, pretesa dal Presidente Marchionne, sembra saldamente nelle mani dei tedeschi. C’è dunque da correre ai ripari come ha detto Arrivabene: Da qui bisogna partire e migliorare rapidamente, con umiltà e determinazione”. Detto questo, però, per la situazione non è così nera perché i piloti, nell’arco complessivo del week end inglese, hanno parlato di macchina ok, che ha fornito “ottime sensazioni”. Nello specifico, Raikkonen ha detto: Però ci mancava velocità rispetto ai nostri avversari. Abbiamo fatto del nostro meglio, ma abbiamo ancora del lavoro da fare per raggiungere le Mercedes in questo tipo di piste. Questo è senza dubbio un circuito che poco si adatta alla nostra vettura. Sono curioso di vedere come andrà la prossima gara, penso che il circuito ungherese si adatti meglio alla nostra macchina”. Dunque, si tende ad imputare le defaillances al tipo di circuito, come conferma anche Vettel: Non è stato un grande giorno, ma vedremo cosa accadrà in Ungheria, su una pista diversa”. Appunto, vedremo.
Categorie
Senza categoria

THE YELLOW TEAPOT, RENAULT CELEBRA 40 ANNI DI F1

(14/7/2017) – Quando parliamo di storia della F1, ecco: la Renault merita un posto d’onore. Sono giorni di celebrazioni per la Règie che 40 anni fa, proprio a Silverstone, dove domenica farà tappa il Circus, portò al debutto nella massima formula la propria monoposto gialla. Ma non era solo una vettura. Era una filosofia nuova, ardita, inesplorata, ricca di potenzialità ma anche di incognite. I francesi non si “accontentarono” della pura sfida agonistica a Ferrari, Brabham-Alfa, Ligier-Matra e ai “garagisti” inglesi con i loro propulsori aspirati a 12 e 8 cilindri, ma lanciarono una rivoluzionaria sfida tecnica: l’adozione, per la prima volta, del motore turbo, un V6 da 1500 cc. (a cui aggiungere anche gli pneumatici radiali Michelin!).  Ci vollero mesi di studi e riflessioni per arrivare nel 1975 a questa scelta tanto affascinante quanto foriera di difficoltà. 
Poi la realizzazione, i test nel 1976, la presentazione della RS01 il 10 maggio 1977, Jean Pierre Jabouille il pilota. L’obiettivo era di debuttare in casa, al Gran Premio di Francia a Digione. Ma era ancora presto. Così il grande evento si celebrò in Inghilterra, regno del motorsport. Non andò benissimo: la vettura scese in pista nella conformazione aerodinamica finale oserei dire “sgraziata”, senza l’originaria cupola motore e il musetto avvolgente, e Jabouille si classificò in terz’ultima fila per poi ritirarsi al 18° giro per problemi all’alimentazione. Come dire, fu un primo passo per la Renault ma un balzo in avanti per la F1. Che oggi è tutta Turbo. https://motor-chicche.blogspot.com/2015/12/terzo-debutto-per-la-renault.html

THE YELLOW TEAPOT – Tra le celebrazioni legate all’anniversario, da segnalare la simpatica iniziativa della Casa transalpina che ha realizzato un oggetto “cult” in edizione limitata: “The Yellow Teapot”. Perché una teiera gialla? Il copyright appartiene a Ken Tyrrell. L’indimenticabile team manager, avendo osservato più volte la gialla monoposto debuttante attraversare la corsia box con una scia di fumo bianco proveniente dalla zona motore – l’affidabilità fu un iniziale tallone di achille – coniò per l’appunto la definizione The Yellow Teapot che diventò familiare nei box. E ora i designer ne hanno creata una vera con i colori e i particolari che richiamano quella celebre e pionieristica monoposto. Da settembre sarà utilizzata nelle cucine del ristorante “L’Atelier Renault” sugli Champs-Elysée a Parigi ed inoltre potrà essere acquistata – disponibili solo 40 esemplari – al prezzo di 129 euro sia lì che on-line su shop.atelier.renault.com/fr
Categorie
Senza categoria

HAPPY BIRTHDAY / THIERRY BOUTSEN 60 ANNI, DALLE AUTO AGLI AEREI

(13/7/2017) – Buon compleanno a Thierry Boutsen che oggi compie 60 anni! Degno rappresentante della tradizione motoristica belga, il pilota di Bruxelles dalla capigliatura sempre ben acconciata aveva certamente ambizioni più grandi rispetto ai tre gran premi di F1 vinti e al quarto posto nel mondiale 1988, miglior risultato della carriera. Ma, nei limiti delle  monoposto guidate, è stato sempre competitivo, in particolare su pista bagnata, come lo è oggi alla guida della Boutsen Aviation, la società di compravendita aerei d’affari, con sede a Montecarlo, fondata insieme alla moglie Daniela.

Boutsen oggi
CARRIERA – Sbocciato alla scuola piloti Teddy Pilette, è sempre stato un purista delle competizioni, tanto da abbandonare la massima formula nel 1993 deluso dalla sua ultima monoposto, la Jordan, quanto dalla predominanza del mezzo meccanico rispetto alle doti di guida. Aveva debuttato nel 1983 con la non trascendentale Arrows, Team col quale rimase fino al 1986 (da segnalare il secondo posto al GP di San Marino del 1985). Piazzamenti e podi arrivarono più frequenti grazie al passaggio alla Benetton  (1988-1989) e successivamente alla Williams (1989-1990) con la quale colse le tre vittorie del suo palmares (Montreal, Australia e Budapest). Andò molto peggio nel biennio 1991-1992 con la Ligier, prima motorizzata Lamborghini e poi Renault, dove era ai ferri corti con l’altro pilota Erik Comas, e decise di non terminare la stagione 1993 con la Jordan, dove era stato chiamato a sostituire Ivan Capelli. 
Buon amico di Senna e di Nannini, aveva voglia di corse vere, di lottare per la vittoria, e si dedicò alle ruote coperte cogliendo buoni risultati, come un secondo posto alla 24 Ore di Daytona, che aveva già vinto nel 1985, o correndo la 24 Ore di Le Mans – due volte secondo nel ’93 e ’96 –  nel dove però ebbe un brutto incidente nel 1999 che decretò il classico casco al chiodo. Come detto, oggi Boutsen dirige la sua società d’Aviation. Ma come è arrivato a questa decisione? Dopo aver sapientemente acquistato e venduto il suo primo aereo, frutti dei lauti ingaggi in F1, gli chiesero una consulenza prima Frentzen, poi Guy Ligier e tanti altri piloti. E’ diventato il suo lavoro mentre la sua prole, il sangue è sangue, è impegnata nella gestione del Boutsen Ginion Racing in TCR (Aurelian Panis tra i piloti).