(22/6/2017) – La Formula 1, a volte, è davvero strana. C’è un campione sulla breccia come Lewis Hamilton che parla di possibile ritiro e c’è invece chi, come Robert Kubica, pensa ardentemente al ritorno. L’inglese ha già in paniere tre titoli mondiali e vari record, corre per un top team, detiene un conto in banca in continua espansione. Il polacco ha dovuto abbandonare il sogno accarezzato da bambino e una carriera promettente (compreso il più che possibile approdo alla Ferrari) a seguito del noto e grave incidente rally del 6 febbraio 2011 che lo ha costretto a molte sofferenze e a diventare mancino. E allora? Perché questi pensieri?
HAMILTON, potrebbe non sembrare, è un tipo profondo. Corre da una vita. La corrosiva F1 la vive dal 2007, dieci anni. Successi e tensioni enormi. Giusto quando dice: “La mia eredità sarebbe minore se continuassi per altri cinque anni? Chi lo decide?”. Poi però prevale la sua indole competitiva e dice: “Guardo la macchina e mi dico: penso che resterò qui. Sono ancora affamato di vittorie e sto ancora guidando al massimo delle mie possibilità”. E’ combattuto e infatti aggiunge: “Posso capire perfettamente il desiderio di fermarsi, di fare altre cose”. Il riferimento è all’ex compagno di squadra Nico Rosberg, la cui decisione è stata probabilmente un colpo forte e destabilizzante, anche se ben dissimulato. Ad un tratto viene meno il tuo obiettivo, il rivale di sempre (si conoscono fin da ragazzini), il principale stimolo. L’approccio mentale stenta a rifocalizzarsi. Un po’ quello che successe a Senna ad inizio 1994 che lo portò addirittura a gridare via radio “Alain I miss you!” al grande “nemico” Prost appena ritiratosi. Allora c’era Schumacher ma il duello rivitalizzante si interruppe il 1 maggio, oggi c’è Vettel e la Ferrari a insidiare il suo predominio. Battere la Rossa e magari un giorno passare al Cavallino. “In tutto quello che faccio ricerco la grandezza”. Appunto.
KUBICA, curiosamente, ha ritrovato la prepotente voglia di tornare in F1 a dieci anni esatti di distanza dal terribile incidente del quale fu protagonista al Gran premio del Canada 2007. Ne sono trascorsi invece 6 dall’incidente che a momenti gli recise il braccio destro. Era tra i top driver del momento. Dolore. Sofferenza. Ripetute operazioni. La triste consapevolezza che non poteva essere più proprio come prima. Fisicamente e forse ancor più psicologicamente, una mazzata. Il tempo ha lenito queste ferite. La passione ha ripreso quota. Sedute al simulatore, ha testato auto DTM, è coraggiosamente tornato ai rallies, ha guidato kart e auto Turismo. Non sempre il cronometro ha dato responsi entusiasmanti ma evidentemente Robert deve essersi progressivamente reso conto che la testa era in grado di trasferire al piede i giusti impulsi. E’ quel che serve. Il segnale che attendeva. Il test a Valencia con la Renault E20 del 2012 – la stessa che guiderà al prossimo Festival of Speed di Goodwood – è da considerarsi un rientro ufficiale sulla scena. “L’ho fatto per me stesso, per essere pronto in caso arrivi un’opportunità per guidare ancora una F1. Ora ho nuovi obiettivi”. Il suo ex DT Alan Permane: “E’ un pilota di F1”. Come prima, in attesa che qualcuno si faccia avanti (Liberty Media contentissima…)