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AND… HAPPY NEW YEAR!!!

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HAPPY BIRTHDAY / FRANCOIS HESNAULT 60 ANNI, METEORA DELLA F1

(30/12/2016) – Quando Guy Ligier annunciò, per la stagione 1984, Francois Hesnault, proveniente dalla F3, quale pilota che avrebbe affiancato l’esperto Andrea De Cesaris molti si chiesero chi era e cosa aveva fatto fino ad allora. Oggi Hesnault compie 60 anni e allora faceva parte della nidiata di drivers transalpini che la ELF accompagnò verso la F.1. Certamente il suo status di famiglia benestante ha aiutato ulteriormente ma i trascorsi nelle formule propedeutiche non erano stati malvagi mentre nella massima formula resta negli annali come una misteriosa meteora. Mai a punti e ritirato dopo appena due anni. 

LA SUA STORIA – Prima dei motori era stato ufficiale in un prestigioso reggimento paracadutisti, attivo in Africa Occidentale. 

Un corso alla Scuola Piloti Winfield di Magny Cours lo convinse a dedicarsi all’automobilismo: F. Renault nel 1980, F3 francese nel 1982 (terzo) e nel 1983 quando diede filo da torcere – 5 vittorie all’attivo – al vincitore Michael Fertè. Poi il grande salto in F1, con la Ligier-Renault,  ma troppe difficoltà legate anche alla scarsa conoscenza dei circuiti. Nel 1985, dopo una trattativa con la Toleman ex Senna, ancora a sorpresa passò alla Brabham con Nelson Piquet. Non solo non riuscì a qualificarsi a Montecarlo ma subito dopo, durante dei test al Paul Ricard, fu vittima di uno spaventoso incidente dal quale non si riprese più. Lo si rivide solo in occasione del Gp di Germania, al volante della terza Renault iscritta per saggiare la novità della camera-car. Poi è sparito da quel mondo che aveva gustato poco per dedicarsi agli affari e alla famiglia (tre figlie), parente dei Reali di Monaco.

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MICHAEL SCHUMACHER, TRE ANNI DOPO

(29/12/2016)Il sito michael-schumacher.de è un puzzle di messaggi. Circa 128.000 tweet, al momento, testimoniano l’attaccamento che non diminuisce per Michael Schumacher,a tre anni esatti dal tragico incidente di sci che lo ha messo in pericolo di vita e ora in lotta per ritrovare una vita normale (il 3 gennaio compie 48 anni). Sono quindi tantissimi i fan e gli appassionati in genere che stanno aderendo all’iniziativa no-profit della famiglia che intende far arrivare messaggi di sostegno e di affetto per il campione tedesco convalescente nella sua casa di Gland, in Svizzera. Attraverso l’hashtag #KeepFightingMichael aggiunto ai propri tweet è infatti possibile farsi “sentire” e trasmettere calore. “Vogliamo cercare di trasformare questa tragedia che ha colpito la famiglia Schumacher in qualcosa di positivo, mandando un incoraggiamento a tutte quelle persone che sono disposte ad accoglierlo. – spiega Sabine Khem, storica portavoce di Michael – Keep Fighting è un messaggio di speranza. Vogliamo trasmettere l’energia positiva che i tifosi di tutto il mondo hanno dato a noi in questi ultimi anni. Questo è solo il primo passo di una comunità che speriamo possa realizzare qualcosa di buono in futuro”. Altri passi sono per esempio la mostra sull’ex cinque volte campione del mondo con la Ferrari a Marburg, la partita di calcio “Champions for Charity “e la Michael Schumacher Private Collection al Motoworld di Colonia.
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FRANGIVENTO ASFANE’, FULL ELECTRIC ESTREMA. TUTTA ITALIANA

(28/12/2016) – A proposito di supercar: resta nella memoria la Frangivento Asfanè HyperSportItalia  vista al recente Motor Show di Bologna in anteprima mondiale. Oltre alle linee davvero accattivanti, la particolarità sta nel fatto che si tratta della prima supercar elettrica made in Italy.  Certo, è un prototipo ma a giugno 2017, in occasione del Salone dell’Auto di Torino – Parco Valentino, si dovrebbe parlare già di produzione e vendita, ovviamente per un ristretto numero di orgogliosi “pionieri”. 

Chi sono i “capitani” di questa impresa tricolore? HyperSportItalia e la FV-Frangivento sono frutto della determinazione dell’imprenditore torinese Paolo Mancini e la Asfanè, che in dialetto piemontese significa “non si può fare” ed è stata disegnata da Giorgio Pirolo, è stata realizzata nello stabilimento Protopaint di Moncalieri. Il progetto si avvale della fattiva partecipazione di 15 aziende tutte italiane e l’attraente risultato lo vedete: carrozzeria in alluminio battuta a mano, propulsore elettrico potenza ipotizzata di 660 kW con 4 motori flusso assiale ripartiti in 260 kW all’avantreno (2 x 130 kW) e 400 kW al retrotreno (2 x 200 kW), lunga 4,60 mtm larga 2,05 mt e alta 1,15 mt. 

Una sfida pazzesca in un mondo difficile dove autentici colossi stanno investendo enormità. La ciliegina sulla torta? Grazie ad appositi sensori, le prestazioni della Frangivento Asfanè HyperSportItalia vengono monitorate e sottoposte al conducente attraverso relazioni e selfie su smartphone o PC!

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LA NUOVA FERRARI POTREBBE CHIAMARSI SF70, ECCO PERCHE’

(27/12/2016)La nuova Ferrari per il campionato 2017 verrà presentata il 24 febbraio: come si chiamerà la monoposto chiamata a far dimenticare un anno fallimentare? Il Presidente Marchionne non ha voluto altre rivoluzioni dopo quella dell’addio a James Allison e ha confermato piena fiducia al Team ingegneristico capitanato da Mattia Binotto: “Se va male prendetevela con me”, ha aggiunto. I nuovi regolamenti daranno vita a vetture dall’aspetto decisamente diverso dalle attuali, come confermato da chi ha già visto i disegni. Pneumatici più larghi, ali più lunghe e basse, aerodinamica speciale: i tecnici sono al lavoro per definire gli ultimi dettagli e dare il via alla realizzazione dell’anti-Mercedes. Dicevo: quale sigla caratterizzerà l’ultima Rossa? Nel 2015, anno dell’avvento di Marchionne alla testa del Cavallino, dopo aver disarcionato Montezemolo, alla tradizionale F seguita da cifre (anno/cilindri/ecc) fu aggiunta la S di Scuderia per arrivare infine a SF15-T, dove T stava per Turbo. Questa monoposto regalò tre vittorie. L’anno scorso, la sigla fu simile: SF16-H, dove H questa volta stava a rimarcare l’Hybrid. Soddisfazioni zero, o quasi. Nel 2017? Facciamo qualche ipotesi. Potrebbe essere un compendio delle due sigle già citate e cioè: SF17-TH o HT. Ma forse qui si avrà voglia di cambiare (anche per evitare italicamente il 17) e allora scommetterei sull’anniversario dei 70 anni di corse Ferrari – debutto nel maggio 1947 a Piacenza – che cade proprio l’anno prossimo. Quindi un SF70 ci sta, magari con l’aggiunta di H o HT, se non proprio A come Anniversary o Y come Years. Non resta che attendere un paio di mesi e l’arcano sarà svelato.
Ferrari J50
L’ULTIMA NATA: FERRARI J50 – Nell’attesa gustiamoci l’ultima opera di Maranello, la Ferrari J50, svelata a Tokyo. E’ una roadster due posti secca con motore posteriore-centrale che segna il ritorno al concetto di tetto asportabile tipo targa, caratteristico di alcune vetture stradali del Cavallino Rampante degli anni ’70 e ’80. Disegnata dal Centro Stile a Maranello, verrà prodotta in soli 10 esemplari, tutti personalizzati secondo le richieste specifiche di ciascun cliente a livello di colori e finiture, nel pieno spirito delle realizzazioni “su misura” della Casa. Realizzata sulla base dell’attuale 488 Spider, la Ferrari J50 è equipaggiata con una versione specifica del V8 da 3,9 litri, vincitore dell’International Engine of the Year Award di quest’anno, con una potenza di 690 cv, visibile attraverso una cover trasparente che fornisce un estensione visiva ai due roll hoop separati che proteggono la testa di guidatore e passeggero.

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GIOVINAZZI, UNA CARRIERA DA FERRARI

(20/12/2016) – Finalmente  torna un pilota italiano, terzo pilota della Ferrari: dopo Badoer e Fisichella è il turno di Antonio Giovinazzi, pugliese di Martina Franca, 23 anni compiuti lo scorso 14 dicembre. Inutile dire, a questo punto, che l’aspettativa è quella di una promozione a titolare, a maggior ragione tenendo presente che nel 2017 sono in scadenza i contratti di Vettel (Marchionne: “Vedremo, intanto sta a noi dargli una macchina vincente) e di Raikkonen (Marchionne: “Non so se avrà voglia di continuare”). Molto dipende, comunque, da Antonio, talento puro e ragazzo educato. Al simulatore e nelle free practice del venerdì, durante le quali sarà chiamato in pista, dovrà dimostrare di “meritare la Ferrari”, come pretende Maurizio Arrivabene. I risultati per arrivarci sono però tutto merito suo e di chi ha creduto in lui finora, supportandone sogni e sacrifici: dalla famiglia, papà Vito in primis,  dal lungimirante sponsor indonesiano Yagonya Ayam, fino ai Team Carlin (F3) e Prema (GP2), al Team Aci Italia voluto dal Presidente Sticchi Damiani e al “consigliere” Cesare Fiorio

Giovinazzi e il Presidente ACI Sticchi Damiani
Giovinazzi e Mario Andretti
Giovinazzi sul podio con Max Verstappen
CARRIERA – Sì, ne ha fatta di strada Giovinazzi, cresciuto nel mito di Michael Schumacher e fino al 2012 valente kartista (galeotto fu il kartodromo di casa sua, a Martina Franca!). Poi il primo, vero distacco dalla famiglia per andare a vincere la F. Pilota China e quindi il trasferimento a Londra per disputare la British F3 (secondo per un soffio!).Tre anni in F3 Europe – con una puntata in DTM con l’Audi – con 8 vittorie, 27 podi, 6 pole, 7 giri più veloci e indimenticabili vittorie come quella di Pau o al Masters di Zandvoort. Infine, compresa l’esperienza in Asian Le Mans Series, la splendente stagione 2016: GP2 con la Prema e il titolo sfumato solo all’ultima gara. Abbastanza per convincere Sergio Marchionne: “L’ho preso perché è forte e poi fa piacere che sia italiano”. Auguri, Antonio.
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DOPO LE CASTELLET TORNA ANCHE ZANDVOORT?

(19/12/2016) – Non c’è dubbio: Max Verstappen è il personaggio dell’anno in F1. Il poco più che maggiorenne pilota della Red Bull ha vinto (Gran Premio di Spagna) e convinto (Gran Premio del Brasile) giustificando così Helmut Marko che lo ha promosso con un ruvido blitz dalla Toro Rosso, con tanti saluti alle aspirazioni di Kvyat.  A questo punto, dopo la notizia del ritorno in calendario, dal 2018, del Gran Premio di Francia, sul mitico circuito di Le Castellet, mi chiedo;  tornerà presto a galla anche il Gran Premio di Olanda? Il sold out sarebbe assicurato: su tutti i circuiti la Verstappen-mania è ormai ben visibile grazie ai vessilli arancione che i sempre più tifosi e fans del ragazzino terribile dispiegano a favore di TV. 
Max è il tipo di pilota sbarazzino che gli appassionati vogliono vedere in pista e la sua verve ha sconvolto certi standard stucchevoli del Circus (tranne gli eccessi regolamentari, si intende) e attratto nuovi attori e simpatizzanti. 
Una grande multinazionale della birra dello stesso Paese del campioncino ha deciso di sponsorizzare l’intero pacchetto F1! Gran Premio d’Olanda, dunque, ma dove? Viene da pensare ovviamente allo storico circuito di Zandvoort, teatro in passato di epici duelli (Hunt-Lauda nel 1975) quanto purtroppo di drammatici incidenti (Williamson nel 1973). La pista, che sorge lungo il litorale sabbioso, non lontano da Haarlem, ha subito un drastico restyling rispetto al design originale del 1948 e, per la verità, ha perso molto fascino. Pare inoltre che i sorpassi siano diventati molto difficili. In Olanda c’è anche l’altrettanto storica pista di Assen ma è dedicata alle due ruote e non si può fare quello che si fa a Le Mans, dove corrono auto e moto. Non mi meraviglierei, però, che qualcuno proponga un circuito cittadino: il problema è che lì gli spazi sono davvero angusti!
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ANNIVERSARY / 15 DICEMBRE 2006. CLAY REGAZZONI VERO, 10 ANNI DOPO. Le ultime foto

(15/12/2016) – Il 17 novembre 2006 Clay Regazzoni fu tra gli ospiti d’onore alla presentazione, alla quale c’ero anche io, del libro “Tecno. La storia”, presso il Club La Meridiana di Casinalbodi Modena. Solo 28 giorni dopo, il 15 dicembre, rimase vittima di un incidente stradale sulla A1 in corrispondenza del Comune di Fontevivo, nei pressi di Parma. Quelle che vedete sono le forse le ultime foto pubbliche del grande pilota svizzero di Lugano che non volle mancare all’invito dei fratelli Pederzani, Luciano e Gianfranco, ai quali nel 1970 diede la grande gioia della vittoria del campionato europeo di F2. “Clay era il più veloce su qualsiasi mezzo”, ricorda Gianfranco. 

Proprio in quel 1970, il ticinese divenne l’idolo dei ferraristi grazie alla vittoria, il giorno dopo la tragedia Rindt, nel Gran Premio d’Italia di F1 a Monza (il debutto avvenne al GP di Olanda, 4°) davanti a Stewart e Beltoise. Per Enzo Ferrari corse fino al 1976, con la parentesi 1973 alla BRM, centrando altri tre successi ma senza riuscire a coronare il sogno possibile del titolo mondiale nel 1974, perso misteriosamente all’ultima gara al Glen. Quel giorno cominciarono a incrinarsi i rapporti, con Lauda eletto a prima guida. “Come collaudatore, per me Clay era migliore di Niki”, dice spesso l’ingegner Forghieri. Fu lui, nel 1979, a regalare la prima vittoria a Frank Williams. Nel 1980, a Long Beach, l’incidente che lo rese paraplegico.

Gianclaudio “Clay” Ragazzoni, famiglia di origini bergamasche, era figlio di Bruna e Pio, proprietario di una carrozzeria a Mendrisio. Il padre lo avrebbe voluto con lui ma, dopo l’amore per il calcio (era ala sinistra nei Lugano Boys), l’incontro con il pilota svizzero Silvio Moser lo proiettò verso le corse. Prime auto: una Austin Sprite per la Salitae una De Tomaso F3. “Ho iniziato per divertirmi, ho finito per farlo come professione”.  Già, ma il vero Clay che manca tanto, “baffo” sornione e profondo, quello che è “Una questione di cuore” (il libro Premio bancarella), il ruba cuori femminili, quello che non sapeva vivere senza le corse ma che voleva vivere la vita (con i primi soldi guadagnati aprì un locale notturno) sta tutto in queste frasi del periodo metà anni ’70. 

Pensieri e concetti ai quali è rimasto coerente fino all’ultimo.
“Avere un volante tra le mani mi esaltava ma non era la solita manìa di un ragazzino, il bisogno di sentirsi grandi, bensì qualcosa di più. Una predestinazione direi”.
“Non ho mai cercato con accanimento la vittoria, mi bastava correre. Io sono uno che si accontenta”.
“Lauda sembra che provi grande piacere a vivere nel modo rigoroso confacente ad un corridore di oggi. Una vita che a me, francamente, sembra arida”.
“Voglio essere un uomo che guida felice, non una macchina o un robot che cerca vittorie”.
“Mi addolora l’indifferenza che si è stabilita tra noi piloti. Dopo aver tagliato il traguardo scappano tutti, non nascono amicizie. Io, dopo Silvio Moser, non sono più riuscito a farmi un amico nell’ambiente automobilistico”.
“Oggi molti piloti vogliono essere vedettes e gareggiare come se fossero in salotto, ma la gente ci ammira per il coraggio di correre a 300 all’ora”.
“Le ragazze dei box non sono più come una volta: ci sono le 20enni fanatiche e signore con la puzza sotto al naso”.
“La nostra è una professione che lascia poco spazio a tutto il resto, anche al pensiero. Non bruciamo solo chilometri ma istanti”.
“Oggi non è importante l’uomo, la sua anima, il suo coraggio, ma la macchina. E’ lei che decide. Noi come protagonisti, siamo già in pensione da un pezzo”.
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HAPPY BIRTHDAY / “PIEDONE” FABRIZIO GIOVANARDI OGGI 50 ANNI

(14/12/2016) “Piedone” Fabrizio Giovanardi da Sassuolo taglia oggi il traguardo dei 50 anni, buon compleanno! Per essere brevi: uno dei piloti italiani più veloci e vincenti, Signore della categoria Turismo. Quanti successi dal 1995, tra Superturismo italiano  ed European Touring Car, grazie al binomio con l’Alfa Romeo by Nordauto poi interrotto nel 2002 col “clamoroso”, ma non fecondo, passaggio alla BMW. Poco male: altre soddisfazioni sono arrivate in seguito nel BTCC, dove il Nostro ha messo in riga tutti i vecchi marpioni della categoria d’Oltre Manica nel 2007 e 2008. Altri successi indiscutibili nel Superstars con la Porsche Panamera. 


SFORTUNATO CON LE MONOPOSTO – Ma Fabrizio era destinato ad essere pilota di monoposto, sbocco più che naturale dopo la conquista del campionato del mondo e italiano karting nel 1986, lo sbarco in F3 e poi in F.3000 con una vittoria a Vallelunga nel 1989. Due gli eventi che hanno segnato la “fine” di questa legittima aspirazione: uno, la scelta di diventare pilota Camel proprio alla vigilia del disimpegno della grande casa di tabacchi dal mondo delle corse automobilistiche. Due, il test che la Ferrari gli chiese di compiere sul circuito di Vairano nel febbraio 2001 in sostituzione dell’infortunato Badoer. Erano gli anni della Ferrari monstre di Schumacher e poteva essere, nonostante l’età non più verdissima, un’occasione. Invece, finì lì. Giovanardi, schietto e genuino, ne prese atto senza rancore e ha continuato a correre dappertutto, dalla 24 Ore del Nurburgring alla classica australiana di Bathurst, perché quello era ed è ancora il suo piacere. Rimane, però, un retrogusto amaro perché sono sicuro che anche al volante di una monoposto avrebbe fatto sfracelli!
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HAPPY BIRTHDAY / EMERSON FITTIPALDI, EL RATO COMPIE 70 ANNI

(12/12/2016) – Auguri di buon compleanno al grande, grandissimo Emerson Fittipaldi che oggi compie 70 anni. E’ uno dei piloti più popolari della storia della F1, nato per essere veloce su una monoposto, semplicemente. Di origine, da parte di padre, della Basilicata (Italia) è stato il primo pilota brasiliano a vincere un gran premio (Gp Usa a Watkins Glen nel 1970) e poi un mondiale della massima formula (nel 1972 con la Lotus), tra l’altro assai precocemente  all’età di 25 anni. 

SVOLTA COPERSUCAR – Intelligente e accorto (si diceva “vittoria alla Fittipaldi”), considerato un gran collaudatore, molto simpatico e affabile, avrebbe potuto andare ben oltre i due allori – il secondo conquistato nel 1974 con la Mc Laren beffando all’ultima gara il ferrarista Regazzoni – ma un punto chiave della carriera di Emmo oppure El Rato, come volete, fu la clamorosa decisione dell’inverno 1975 di lasciare il team inglese per…un sogno: correre e evincere con una macchina brasiliana, la Copersucar. Dal 1976 al 1980 (nel 1981 solo come team manager), Emerson pilotò questa monoposto presentata a Brasilia senza mai raggiungere il top (migliore stagione nel 1978, 10° e 7° nella classifica Costruttori davanti a Mc Laren, Williams e Renault) fino al triste epilogo per mancanza di risultati e di finanziamenti. 
A nulla valsero, nel 1979, l’acquisizione del materiale Wolf dopo il ritiro di Hunt, né l’ingaggio di un forte pilota emergente come Keke Rosberg. La storia di questa “avventura” la si potrà rivivere nel corso del 2017 grazie al film documentario “Icarus’s wings. The true story of Fittipaldi F1 Team” prodotto da Itoby Films: https://www.youtube.com/watch?v=luFZkgUit2s

L’ULTIMO FITTIPALDI – Le ultime, grandi soddisfazioni, Fittipaldi – almeno due volte vicinissimo a firmare per la Ferrari – se le prese in America dove si trasferì dal 1984, consacrandosi campione dei due mondi vincendo nel 1989 e nel 1993 la 500 Miglia di Indianapolis con la vettura di Roger Penske (nell’89 anche il campionato CART) col quale formò un potente connubio. 
Nel 1996 un brutto incidente https://www.youtube.com/watch?v=luFZkgUit2spose definitivamente fine alla sua brillante carriera piena di successi a cominciare da quello in Formula Vee brasiliana nel 1967, ormai 50 anni fa. Fitti: 144 Gp disputati, 14 vittorie, 8 pole; ricordo anche la sua intransigenza in fatto di sicurezza per cui non prese parte al GP di Spagna 1975 sul pericolosissimo circuito di Montjuic  e si ritirò subito, come Lauda, al Fuji 1976. Lo ricordo inoltre tra i soccorritori di Lauda al Nurburgring e involontario autore della pietra “sparata” contro il casco di Helmut Marko che perse un occhio. Ma la storia continua: i tanti nipoti lo adorano e stanno cercando di imitarlo!