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E ORA, ALEXANDER? ROSSI RIPENSA ALLA F1

(31/5/2016) – Già, e ora Alexander? Appena Rossi si riprenderà dalla legittima “sbornia” da euforia per aver vinto l’edizione numero 100 della leggendaria 500 Miglia di Indianapolis dovrà porsi qualche interrogativo sulla F1. Con questo incredibile successo sotto le insegne della Andretti Autosport, il ragazzone americano – 25 anni a settembre –  vede infatti cambiare l’orizzonte. E’ stata la sua prima vittoria in Indy car e la prima di un rookie da 15 anni a questa parte (prima di lui ci erano riusciti solo Helio Castroneves nel 2001, Juan Pablo Montoya nel 2000 e Graham Hill nel 1966): la risonanza di quanto è successo è mondiale e ovviamente le sue azioni (oltre al conto in banca…) sono in imperiosa risalita. E’ noto come il pilota sia molto attento a gestire la sua immagine e la sua carriera  (http://motor-chicche.blogspot.it/2015/10/alexander-rossi-passione-e-affari-da-f1.html) quindi: come capitalizzerà il nuovo successo? Diventare una star della categoria americana, sempre più seguita, o puntare di nuovo alla Formula 1, il suo sogno da bambino? Come noto, l’anno scorso l’avventura con la Manor fu breve e avara di soddisfazioni ma in poche gare si rivelò più performante del compagno di squadra Will Stevens, al volante della monoposto già da inizio stagione. Ora potrebbe trattare un ingaggio da una posizione di forza. Per lui ci vorrebbe un pacchetto competitivo e inoltre la F1 ha sempre bisogno di un  pilota americano: la Haas la soluzione? Macchina americana, pilota americano, motore della Ferrari, che in America, neanche a dirlo, è un cult. Chissà…


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RICCIARDO COME IRVINE? Mistakes and suspicions

(30/5/2016) – A Montecarlo Daniel Ricciardo non ha potuto sfoggiare il suo proverbiale sorriso. La squadra, la perfetta Red Bull, ha fatto un errore enorme: chiamare il pit stop senza essere pronti. Perdere in quel modo una gara, e che gara, già al 99% vinta sabato “fa male”, come dice giustamente l’australiano. Ok, nello sport può succedere: ricordate la Ferrari di Irvine ferma al box del GP d’Europa 1999 in attesa infinita (30”!) che i meccanici trovassero lo pneumatico posteriore sinistro? Il problema è che ieri come 17 anni fa, c’è anche il sospetto. Come altro interpretare la frase a caldo di Ricciardo: “Sono due week end consecutivi che vengo fregato”, “Two weekends in a row I’ve been screwed now”. 
Il doppio riferimento è al GP precedente in Spagna dove il team deliberò per lui una strategia a tre soste, chiaramente penalizzante rispetto a quella confezionata per il nuovo compagno Verstappen che infatti andò a vincere. La domanda è: Marko e Horner hanno deciso di puntare sull’olandese? La domanda che ci si pose nel 1999 era: “Alla Ferrari vogliono che a vincere sia solo Schumacher”? Per la cronaca, all’epoca il tedesco era fermo con una gamba ingessata per il crash alla Stowe di Silverstone dopo che Irvine gli aveva tirato all’inverosimile la staccata. Verstappen è il nuovo fenomeno della F1, anche se a Montecarlo con due uscite di pista non l’ha dimostrato. E’ giovanissimo, sfrontato, determinato.  Tra qualche giorno una nota marca birraiola olandese dovrebbe inoltre annunciare la decisione di sponsorizzare il Circus della F1, notizia meravigliosa per Ecclestone & C. Insomma, ci sono grossi interessi sportivi e commerciali in ballo. A Milton Keynes si scusano e parlano di “frustration and pain”, ma Ricciardo per il momento non perdona: “Nulla di quello che potreste dirmi riuscirebbe a farmi stare meglio”. Senza voler fare il complottista, dico solo che l’ultima parola dovrebbe darla sempre la prestazione del pilota in pista e invece le decisioni del muretto stanno snaturando  l’essenza di questo sport che, semplicemente, è velocità, rischio e coraggio. 
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CRISI FERRARI, 25 ANNI FA IL LICENZIAMENTO DI CESARE FIORIO

(30/5/2016) Montecarlo: Vettel quarto, Raikkonen uscito di pista, Mercedes e Red Bull prima e seconda forza del campionato.  Insomma, si deve parlare di crisi Ferrari? Il campionato è andato? La SF16-H non decolla – progetto sbagliato? – e i piloti sembrano nervosi e depressi. Lo stesso Vettel, sportivamente e caratterialmente, appare un altro rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. I corsi e ricorsi storici, purtroppo, non aiutano a sperare: anche 25 anni fa, nel 1991, la Ferrari 642 stentava e l’ambiente del Cavallino non era sereno. Guarda caso, proprio dopo il Gran Premio di Monaco – allora non bastò il terzo posto di Alesi – e prima del Gran Premio del Canada scattò il licenziamento in tronco del Direttore Sportivo dell’epoca, Cesare Fiorio. 
Dopo due anni e mezzo – praticamente dalla morte del Drake – il Consiglio di Amministrazione della Ferrari, presieduto da Piero Fusaro, ritirò repentinamente la fiducia all’abbronzato responsabile della Gestione Sportiva che venne sostituito niente meno che da Piero Ferrari; sul ponte di comando salirono anche Claudio Lombardi, un tecnico,  e Marco Piccinini, per i rapporti con le Autorità e i media. La pervicace autonomia, il rapporto ormai deteriorato con Alain Prost, la spasmodica ricerca della firma con Senna e nel contempo l’inscalfibile superiorità di Mc Laren e Williams, ma chissà quant’altro, costarono il posto a Fiorio, al quale non bastarono 9 vittorie e un titolo mondiale sfiorato l’anno prima (sfumato per il noto scontro Prost-Senna alla prima curva di Suzuka) per continuare l’attività a Maranello. Oggi la monoposto di James Allison e Simone Resta stenta a mantenere il passo dei rivali, il presidente Marchionne, al di là delle dichiarazioni di facciata, mostra segni di insofferenza, Kimi Raikkonen delude e Maurizio Arrivabene è sulla graticola. Una miscela molto simile a quella del 1991, non vi pare?
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ANNIVERSARY / MAGGIO 2006. UMBERTO MASETTI, 10 ANNI FA ADDIO AL “PRIMO DIVO” DEL MOTOCICLISMO

(30/5/2016) – Spavaldo, brillante, esilarante, campione di talento: così viene ricordato Umberto Masetti, il “primo divo” del motociclismo, del quale ricorre il decimo anniversario della morte avvenuta nella notte tra il 27 e il 28 maggio del 2006 per una crisi respiratoria. Si trovava nella sua casa di Maranello dove si era stabilito, lui nativo di Parma (il padre aveva una concessionaria Gilera), dopo tante peripezie in pista e in giro per il mondo. Tanto per inquadrare meglio il personaggio, uno degli sportivi più amati del Dopoguerra: Masetti è stato il primo italiano, a soli 24 anni, a vincere il moto mondiale nella classe regina, la 500, con la Gilera (aveva esordito appena l’anno prima nella classe 125), titolo poi bissato nel 1952. Da antologia la sua rivalità e gli infiniti duelli con l’inglese Geoffrey Duke, alfiere della Norton. Vittorie e successi – compresi i sei campionati italiani velocità – che gli valsero tanta notorietà che lui sfruttò a dovere. 
Giovane e bello pensò infatti anche divertirsi: leggendarie le sue scappatelle e il flirt con Moira Orfei.  Non fu immune da incidenti, anche spettacolari (come a Imola quando finì nel fiume Santerno o a Recanati) ma ne uscì sostanzialmente indenne. Dal 1955 al 1958 corse con la MV Augusta con tanti piazzamenti, poi il ritiro e il trasferimento in Cile per lavoro, anche se continuò a dilettarsi ancora sulle due ruote. La passione era ancora forte quando nel 1972 tornò in Italia ma dovette arrendersi all’età ormai troppo avanzata per un centauro e alle esigenze della vita: trovò occupazione presso una stazione di servizio Agip Modena sull’Autosole (in seguito anche all’Aprilia). Sul casco, aveva raffigurata l’effigie di Topolino: era il suo personaggio preferito.
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MONTECARLO, STORIA, BRIVIDO E GLAMOUR

(27/5/2016)Montecarlo, storia, brivido e glamour. Il Gran Premio più atipico e per questo più intrigante continua ad esercitare il suo fascino e a rappresentare la sfida sportiva d’eccezione dell’intero campionato. Può salvare una stagione, lanciare un nuovo protagonista, essere punto di snodo decisivo di tante trattative in ottica mercato 2017. E poi quanti ricordi, personaggi, aneddoti. Ecco alcuni esempi:
MC LAREN 50 ANNI DI GRAN PREMI – Proprio a Montecarlo, quale migliore palcoscenico per festeggiare,  la Mc Laren celebra 50 anni di gran premi in Formula 1. Nel 1966 il fondatore neo-zelandese Bruce Mc Laren, giovanissimo pilota, decise di diventare costruttore e di scendere in pista con una vettura propria, la M2B, per l’occasione dipinta di bianco (venne “utilizzata” per le riprese del film Grand Prix come una vettura nipponica). In seguito divenne arancione e quindi bianco rossa, per ragioni di sponsor. Per due anni non prese punti e solo dal 1968 divenne competitiva e quindi monoposto ambita, con il connazionale Hulme che si classificò in scia all’iridato Graham Hill. Una lunga ed affascinante storia che oggi tenta di tornare ai fasti di una volta.
SCHUMACHER 2006 FERMO ALLA RASCASSE – Sono passati 10 anni dall’imbarazzante episodio che vide protagonista Michael Schumacher nel corso delle qualifiche del sabato. Campionato 2006: il ferrarista già cullava l’idea del ritiro a fine stagione ed era in piena lotta per il titolo con l’astro nascente Alonso della Renault. Montecarlo poteva dare un indirizzo ben preciso alle sorti del campionato e, come sempre, la pole position appariva decisiva. Michael deteneva il miglior tempo (1’13”898) ma a pochi minuti dalla bandiera a scacchi piantò la sua 248 F1 nel bel mezzo della penultima curva, la Rascasse, causando l’esposizione delle bandiere gialle e, di fatto, la fine delle prove. Fu il finimondo: immediate e durissime le accuse (Ecclestone compreso), umilianti per un campione come lui, di averlo fatto apposta per conservare la pole. Nonostante non abbia mai ammesso la presunta “malizia”, Schumacher fu retrocesso in ultima fila ai sensi degli articoli 112 e 116 del regolamento sportivo, per aver ostacolato la qualifica degli avversari. Morale: Schumi solo quinto e in pole Alonso che vinse gara e campionato.
VILLENEUVE DA URLO NEL 1981 – Una delle grandi vittorie di Gilles Villeneuve, il GP di Monaco del 1981, tra l’altro la prima di una monoposto a motore turbo sulle stradine del principato. La Ferrari, all’epoca, aveva un buon motore ma lamentava i soliti problemi di telaio. La lotta, quella domenica 31 maggio, sembrava ristretta al brasiliano Piquet su Brabham e all’australiano Jones, campione del mondo in carica, su Williams. Il primo, scattato dalla pole, inizialmente seguito da Gilles autore di uno start al fulmicotone, dovette ritirarsi per un’uscita di pista mentre Jones che sembrava sicuro e tranquillo cominciò ad accusare problemi alla pressione della benzina. Fu necessario un pit stop che però riavvicinò il ferrarista da quel momento irresistibile. In pochi giri Villeneuve era negli scarichi dell’australiano e lo infilzò a St. Devote per involarsi alla vittoria. Una delle sue più belle perché guadagnata con determinazione nonostante il gap tecnico che divideva la 126 K dalle monoposto inglesi al top.
BUON COMPLEANNO A BERND MAYLANDER, THE SAFETY CAR DRIVER – Non guida una monoposto e non è in lizza per la vittoria, ma tra i protagonisti di ogni Gran Premio di Formula 1 c’è anche lui: Bernd Maylander, il pilota della safety car che proprio domenica compie 45 anni, quindi tanti auguri! Direi però che lo aspetta un compleanno piuttosto complesso. Come noto, il Gran Premio di Montecarlo, per ovvi motivi, è quello nel quale la Safety Car è in servizio permanente effettivo. L’anno scorso entrò a pochi giri dalla fine a seguito dell’incidente di Verstappen e causò il “corto-circuito” di Lewis Hamilton che, fino ad allora sempre in testa, rientrò inutilmente ai box per un ultimo cambio gomme e venne sopravanzato inesorabilmente da Rosberge e Vettel con conseguente cocente delusione.  Maylander, per la cronaca, è stato pilota in F. Ford, Porsche Carrera Cup e DTM, ha partecipato alla 24 Ore di Le Mans 1999 nonché vincitore nel 2000 della 24 Ore del Nurburgring.
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BUON COMPLEANNO / MARCEL FASSLER 40 ANNI, A LE MANS PER LA QUARTA VITTORIA

(27/5/2016)– Il regalo di buon compleanno per Marcel Fassler? Vincere la quarta 24 Ore di Le Mans!  Il pilota svizzero di Einsieden oggi compie 40 anni e tra poco meno di un mese (18-19 giugno) sarà impegnato nella maratona endurance francese (a proposito lo starter dell’edizione 2016 è l’attore americano Brad Pitt) che ha già vinto negli anni 2011, 2012 e 2014. Naturale, dunque il desiderio di allungare a striscia e, perché no, cominciare a pensare di insidiare i record di Tom Kristensen (9 vittorie), Jacky Ickx (6) o di Bell, Biela e Pirro (5). L’esperienza non gli manca, tanto da essere ormai tra i piloti di riferimento dell’Audi: insieme a Lotterer e Tréluyer compone uno dei due equipaggi di punta della casa degli anelli (l’altro è quello con da Di Grassi – Duval – Jarvis) chiamati a rispondere alla sfida lanciata dai cugini della Porsche. Fassler, trascorsi in DTM, ha già vinto in passato la 24 Ore e di Spa (2007), il titolo piloti del mondiale FIA Endurance (2012) ed è ora impegnato nel WEC, dove l’altra domenica si è classificato quinto a Spa per problemi al fondo della biposto tedesca. Ma, come detto, l’obiettivo è la 24 Ore di Le Mans che affronterà sempre con la R18 del Team Joest. Vinse sulla R18 TDI nel 2011 con soli 13 secondi di vantaggio sulla Peugeot, nel 2012 sulla R18 e-tron quattro, prima volta per un’ibrido (diesel-elettrico) e nel 2014 battendo le agguerrite Porsche e Toyota. Provaci ancora, Marcel.
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ANNIVERSARY / 26 MAGGIO 2001. ADDIO A VITTORIO BRAMBILLA, PILOTA VERO

(26/5/2016) – Ricordiamo Vittorio Brambilla, a 15 anni dalla sua morte, avvenuta per un infarto nella sua Lesmo, a due passi dal circuito di Monza, la città dove eranato l’11 novembre del 1937. Vittorio ha corso in Formula 1 solo 7 anni – certo ci era arrivato tardi, a 37 anni!, dopo aver vinto il tricolore F3 e in F2 – ma ha lasciato un segno ed è da annoverare tra i piloti italiani più efficaci. Enzo Ferrari, che già faceva correre il fratello Tino, lo apprezzava. Era veloce, un fenomeno sull’acqua e un ottimo collaudatore. Come dimenticare la sua unica vittoria sotto il diluvio al Gp d’Austria 1975! Ma quell’anno partì in pole position nel Gp di Svezia ad Anderstorp: di nuovo un italiano davanti a tutti in qualifica, nove anni dopo l’ultima impresa del genere ad opera addirittura Bandini al Gp di Francia 1966. 
Brambilla in pole al GP Svezia 1975
La March è stata la monoposto con la quale ha fatto vedere i numeri migliori (che show anche al Fuji ’76), poi ha guidato la Surtees e infine l’Alfa Romeo. Con la vettura dell’ex iridato inglese, con il quale aveva in comune trascorsi sulle due ruote, le cose non andarono bene, fino all’incidente di Monza che costò la vita a Ronnie Peterson quando Vittorio fu coinvolto nella mega carambola e finì in coma per un pneumatico che lo colpì alla testa. “Non avrei dovuto correre per John, non aveva i mezzi sufficienti per assistere a dovere la monoposto”, rifletterà in seguito. 
Brambilla vittorioso al GP Austria 1975
Deludente anche l’agognato debutto con l’Alfa Romeo della quale aveva condotto i lunghi collaudi sotto la supervisione di Carlo Chiti (fu anche campione Sport nel 1977): alla fine lo storico rientro in F1 fu affidato a Giacomelli (GP Belgio 1979) e lui potè guidarla solo a Monza(12° a un giro), in Canada (ritirato) e al GP Usa Est (non qualificato!). Le cose non migliorarono nel 1980 (l’anno dell’incidente di Depailler) e decise di ritirarsi, per dedicarsi all’attività di preparatore e  alla sua amata bicicletta (era possibile incontrarlo nel Parco di Monza). Fin qui il Brambilla pilota, ma mi piace ricordarlo nella sfera che preferiva: quella della famiglia, con la moglie Daria e i tre figli Carlo, Roberto e Donatella (Lella). Quella dell’officina dove si era formato da ragazzo vicino al padre Carlo e al fratello Tino. Quella del motociclismo, che lo vide vincere il titolo Juniores con una 250 Aermacchi. “Mi piace di più la moto, soprattutto  – disse una volta  –per l’ambiente che trovo più pulito, più vero”. Questo era il vero Vittorio Brambilla.


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REID BIGLAND, ECCO L’UOMO CHE DOVRA’ RIPORTARE IN F1 L’ALFA ROMEO

(24/5/2016) Reid Bigland è stato designato da Sergio Marchionne ad assumere il ruolo di nuovo Chief Executive Officer dei marchi Alfa Romeo e Maserati. Se quest’uomo riuscirà a vendere tante Alfa Romeo, lo storico marchio del Biscione tornerà alle corse, magari in F.1: “Fateci fare un po’ di soldi con la Giulia e poi….”, ha infatti ribadito recentemente il CEO FCA che vede il Biscione nello stesso campionato della Ferrari. Intanto saluta ma non se ne va il tedesco Harald Wester, che diventa Chief Technology Officer di FCA. Motivo dell’avvicendamento? “E’ ora giunto il momento di indirizzare i nostri sforzi verso l’espansione commerciale a livello globale di questi due marchi e sono convinto che Reid sia la persona migliore per portare a termine questa missione. Negli ultimi sette anni, Reid è riuscito ad ottenere risultati straordinari a livello di crescita delle vendite e della quota di mercato negli Stati Uniti e in Canada, gestendo allo stesso tempo la crescita e il posizionamento dei marchi Ram e Dodge”, dice sempre Marchionne. 
Wester al recente Salone di Pechino
Bigland e Wester, comunque, continueranno a far parte del Group Executive Council (GEC), il più elevato organo decisionale a livello di management di FCA, è guidato dall’Amministratore Delegato ed è costituito dai responsabili dei settori operativi e funzionali dell’intera organizzazione. Ma chi è Reid Bigland, viso e corpo scolpito da Big Jim?  Vediamo il CV: 58 anni, è canadese come il grande capo ma ha cittadinanza anche americana. Studi? Ha un Bachelor of Arts conseguito presso l’Università della British Columbia. Ad ottobre 2015 è stato nominato Head of NAFTA Fleet  mantenendo la carica di  Head of Alfa Romeo brand per la Region NAFTA e di Chairman, President and Chief Executive Officer, FCA Canada, Inc. da giugno 2011 è inoltre Head of U.S. Sales con responsabilità per le strategie commerciali, le relazioni con i concessionari e connesse attività gestionali, la gestione ordini, incentivi ed attività sul campo negli Stati Uniti. In precedenza, Bigland è stato President and CEO – Ram Truck brand e President and CEO – Dodge brand. Ha inoltre ricoperto il ruolo di President di Freightliner Custom Chassis Corporation, un’azienda della Carolina del Sud. É membro del CDA dell’Università di Windsor dal 2006.
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MAX VERSTAPPEN FAMILY, UNA STORIA VERSO MONTECARLO

Max Verstappen e sua madre Sophie Marie Kumpen
(24/5/2016) Max Verstappen può vincere anche a Montecarlo? Inutile dire che l’olandese è il pilota più atteso del week-end nel principato di Monaco. La vittoria a Barcellona – il più giovane di sempre, con i suoi 18 anni e 227 giorni – ed inoltre l’adattabilità della sua Red Bull negli stretti tornanti monegaschi, oltre ovviamente al suo rinvigorito entusiasmo, ne fanno un pretendente al successo finale. Nonostante la complessiva superiorità delle Mercedes, nonostante il motore evoluto Renault, più potente e più guidabile, sia stato assegnato al compagno di squadra Ricciardo e nonostante sia il gran premio dove Max, l’anno scorso, ha compiuto l’errore più eclatante della sua ancor verde carriera in F1 e cioè il soprasso azzardato a Grosjean a St. Devote e l’uscita di pista. 
Zio Anthony Kumpen
Ma i circuiti cittadini gli piacciono: “Sì, perché si spinge al limite e si è davvero vicini ai muri ma questo dà una grande sensazione di essere al top e di ottenere il massimo dall’auto. Certo, è difficile superare: l’anno scorso ci ho provato e sono finito a muro, quindi la cosa più importante è avere una buona qualifica, partire bene e restare in pista!”. La parte preferita del tracciato di Montecarlo (dove tra l’altro risiede)? Non ha dubbi: “Quella verso le Piscine ma è bello anche sui cordoli delle curve 15 e 16”. Pensare che solo tre anni fa, nel 2013, Verstappen era ancora sui kart nel CIK Fia. Ma la sua storia è ormai ben nota. Il rombo dei motori è stata la colonna sonora della sua adolescenza; papà Jos ex pilota di F1, mamma Sophie Marie Kumpen brillante kartista vincitrice del Trofeo Margutti 1995 in Formula A su CRG-Rotax. Piloti anche zio Anthony Kumpen, impegnato con le GT e campione 2014 della Nascar Whelen Euro Series, e perfino nonno Paul Kumpen oggi presidente della Camera di Commercio delle Fiandre. Quando si dice predestinato…
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BUON COMPLEANNO / ANTONIO FUOCO 20 ANNI, VERSTAPPEN L’ESEMPIO

(20/5/2016) – Riuscirà Antonio Fuoco a proporsi come il Verstappen italiano? Oggi il pilota di sviluppo della Scuderia Ferrari compie 20 anni – è nato nell’anno in cui Schumacher arrivò a Maranello – ed è importante che la domanda trovi al più presto una risposta. Sì, perché l’età media di arrivo in Formula 1 si sta repentinamente abbassando e i posti a disposizione, quelli buoni, scarseggiano. Il ragazzo di Cariati gode della fiducia dei vertici del Cavallino: è stato confermato nel programma Ferrari Driver Academy – Marciello invece ne è uscito – insieme a Leclerc e Giuliano Alesi, ed è lui ad aver guidato la Ferrari negli ultimi due test post Gp, in Austria, nel 2015, e mercoledì scorso a Barcellona. “La cosa più complicata di una F1 rispetto alla GP3 che guido in campionato è gestire le varie procedure, poi c’è il maggior carico che la rende più impegnativa, serve un po’ di allenamento”, ha detto alla fine. 
Il lavoro lo ha comunque svolto bene (118 giri mentre al Red Bull Ring, causa pioggia, andò a sbattere) secondo un programma focalizzato su mappature aerodinamiche, prove di assetto e simulazione di qualifica. vedremo se sarà chiamato anche in occasione dei prossimi test, dopo il GP di Gran Bretagna a Silverstone, in luglio. Lui non si sbilancia e dice: “Per ora devo pensare a far bene in GP3”. Fuoco è al secondo anno nella serie – è con la Trident – e una vittoria darebbe qualche pensiero in più a “decisori” di Maranello che comunque potrebbero piazzarlo in una delle scuderie motorizzate Ferrari, colmando così il fastidioso buco di piloti italiani nella massima formula. Domenica scorsa, al primo appuntamento stagionale, si è classificato quarto in gara 1 e terzo in gara 2, dopo una bruciante partenza. In classifica generale è 4° dopo Leclerc, Albon e Hughes. Che dire: forse Verstappen è un caso più unico che raro ma Antonio, giocati tutte le tue carte! Ora!