(25/5/2015) – A distanza di 24 ore resta inspiegabile, in attesa del chiarimento promesso dai capi Mercedes, la “chiamata” al box di Lewis Hamilton in regime di Safety car, che ha avuto un unico risultato: fargli buttare a mare la vittoria sicura e meritata del Gran Premio di Monaco. Arroganza, come ha detto Maurizio Arrivabene? Senso di onnipotenza, direi. Anche Senna, nel 1988, era in testa con un vantaggio incolmabile su Prost ma a pochi giri dalla fine continuava a spingere come un ossesso. E infatti finì per sbattere al Portier. Ma quello che infastidisce è l’ormai eccessiva invadenza del box rispetto alla sensibilità e alle qualità dei piloti. In conferenza stampa Lewis non ha voluto spiegare la genesi della decisione – “non ricordo bene, è stato tutto così veloce”, ma dai… – ma ha detto che quando il box comunica una decisione ci si fida e basta. Probabilmente lui avrà chiesto se fossero sicuri di quanto gli chiedevano ed ottenuto il sì, ha eseguito il consiglio (o va inteso come un ordine?). Nelle qualifiche di sabato anche Ricciardo è stato vittima di una “cantonata” del proprio box: era – ha raccontato l’australiano – sulla giusta modalità di gestione del motore ma i tecnici pensavano di no e gli hanno imposto di cambiarla, inficiando così la sua prestazione. Lo sport, in questo modo, ci perde? Certo, viene da pensare che spesso anche in altre discipline, dalla panchina, è l’allenatore, con le sue decisioni tecnico-tattiche, a condannare alla sconfitta la squadra.
Ma le teste pensanti del muretto stellato conoscevano tramite GPS la posizione delle altre monoposto sul circuito, quanto si impiega per un pit-stop, i giri mancanti, le condizioni degli pneumatici di Hamilton, lo stato di grazia di macchina e pilota. Eppure, presente il gran capo Zeitsche, si è tentato un inutile, grosso azzardo. La vittoria di Rosberg, sull’altra Mercedes, ha mitigato il duro colpo alla efficienza anglo-teutonica, ma pensate che sconquasso se avesse vinto Vettel. Forse fu arroganza anche quella di Baldisserri e Schumacher che, nel 2004, a Magny Cours, inventarono una quarta sosta del tutto inaspettata e, chissà, non del tutto necessaria ma a Michelone e all’eccentrico tecnico ravvenate andò tutto bene!