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FITTIPALDI RICORDA SENNA: “IL MIGLIORE”

(1/4/2014) Tra un mese esatto cade il ventesimo anniversario della morte di Ayrton Senna. Molti sono ancora i piloti, gli amici e i fans che nutrono per lui immutata ammirazione. E affetto. Tra questi, Emerson Fittipaldi, il due volte campione del mondo, brasiliano di San Paolo come lui, che nel blog all’interno del sito internet della McLaren, ha postato un bellissimo ricordo personale. “Emmo” conobbe Senna nel 1976 a Interlagos, pista magica dei brasiliani, con annesso circuito di go-kart dove il futuro Magic cominciava a martellare tutti gli avversari. Papà Milton chiese un consiglio sullo sviluppo della carriera del talentuoso figliolo. “Contatta Ralph Firman”, fu l’indicazione di Emerson. Firman era il fondatore della Van Diemen, le monoposto che animavano il campionato di Formula Ford. Detto-fatto: Ayrton si trasferì in Europa e nel 1981 vinse il titolo britannico di Formula Ford 1600 con una Van Diemen RF81. Ma Fittipaldi, occhio lungo, si era già convinto di avere a che fare con un fenomeno e durante il suo ultimo anno in F1, il 1980, perorò le sue doti presso tutti i team manager. “Questo giovane sarà campione del mondo, forse molte volte”, diceva. Non si sbaglierà. La stima nei suoi confronti è infinita e intatta. ”A mio parere è il migliore di tutti i tempi”, afferma. E poi: “Era incredibilmente buono”. Ma evidenzia alcuni aspetti importanti della sua professionalità: “Si allenava assiduamente, era quindi estremamente in forma, studiava i dati con i suoi ingegneri con cura infinitesimale. Non lasciava nulla di intentato nei suoi sforzi per essere il migliore e ha sofferto per guadagnare i suoi successi. Sì, era stato dotato da Dio con una capacità sublime, ma sapeva che questo da solo non sarebbe stato sufficiente, così ha lavorato su quel talento, perfezionandolo”.

1 MAGGIO 1994 – Emerson, quel giorno maledetto, era impegnato in un test IndyCar in Michigan sulla Penske Mercedes. Improvvisamente, da parte del suo capo-meccanico, un invito perentorio…..


e senza ulteriori spiegazioni: “Rientra”. Sconcertato, Emmo eseguì. Al box, gli fu porto il telefono. In testa cupi pensieri sui propri figli. All’altro capo, la moglie che lo informò della ferale notizia: “Ayrton è morto a Imola”. Per molto tempo, Emerson rimase senza parole. Muto. Venti anni dopo riesce quasi a fatica ad esprimersi: “Quella volta ho sentito il dolore più profondo, la tristezza più intensa”. Poi il ricordo – “che rimarrà con me per sempre” – del funerale – “Mi è stato concesso l’onore di essere uno dei bara di Ayrton insieme a Jackie Stewart, Alain Prost, Gerhard Berger, Damon Hill e Rubens Barrichello” – e una confessione: “Da quel giorno non sono mai stato capace di visitare la sua tomba”. Ma Ayrton va oltre il luogo del riposo nel cimitero Morumbi di San Paolo. “Ho amato Ayrton– conclude Emmo – io lo ammiravo, ed ero orgoglioso di lui, troppo: orgoglioso che il Brasile avesse prodotto un tale campione. Sento la presenza di Ayrton ogni giorno. Prego per lui spesso. Un giorno so che ci incontreremo di nuovo”.