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Il dott. Misley recentemente al Panathlon di Modena |
(24/4/2014) – La morte di Ayrton Senna, 20 anni fa, non si dimentica. Per la notorietà dello sportivo, per lo spessore della sua personalità, per le modalità cruente e fatalistiche dell’incidente. Quel 1 maggio 1994, tra i primi ad intervenire per soccorrere l’asso brasiliano c’era il dottor Alessandro Misley di Castelvetro, in provincia di Modena, che ebbi modo di avvicinare nel 2005 per raccogliere i suoi ricordi. Misley, responsabile del Reparto anestesia e rianimazione all’Ospedale di Pavullo nonché direttore sanitario dell’elisoccorso, all’epoca faceva parte del gruppo di medici e infermieri volontari dell’Autodromo di Imola. Gli eventi di quei giorni restano spaventosamente impressi nella sua memoria. “Facevo parte dell’equipe di destricazione– mi disse – che comprendeva un anestesista, un ortopedico, un infermiere e tre commissari. La zona di nostra competenza era quella della curva del Tamburello. Quando ricevemmo l’allarme incidente via radio non sapevamo chi ne fosse coinvolto. In tre minuti fummo sul posto e, con grande stupore, scoprimmo che si trattava di Senna”.
Ancora molto commosso, continuò: “L’impatto emotivo fu forte ma cercammo subito di intervenire. Le sue condizioni, però, apparvero subito disperate: riscontrammo la frattura della base cranica e un’imponente emorragia anche se sussisteva ancora un’attività respiratoria e cardiaca. Lo stabilizzammo e poi arrivò l’elicottero. Io lo seguii fino all’ospedale Maggiore di Bologna e durante il volo procedemmo alla tracheotomia perché la perdita di sangue era gravissima e non ci consentiva di intubarlo correttamente per dargli ventilazione. A Bologna era stata allertata l’equipe di rianimazione e furono subito eseguite lastre e