(30/12/2013) – Sessant’anni fa, alla vigilia di S. Silvestro, la Scuderia Ferrari emetteva il comunicato nel quale sanciva il “divorzio” da Alberto Ascari, il pilota che con la Rossa aveva appena conquistato il secondo, consecutivo titolo mondiale piloti di Formula 1. Un po’ come se oggi la Ferrari annunciasse l’addio a Fernando Alonso (con l’”aggravante” che Ascari era italiano). La notizia, naturalmente, fece scalpore e discutere a lungo tifosi e addetti ai lavori. Un binomio, quello tra il milanese e il Cavallino con la performante Ferrari 500, all’apice della competitività e della celebrità. Ma le strade si separarono: i caratteri diversi del Drake e di “Ciccio”, come veniva soprannominato il paffuto pilota, e la formidabile offerta economica della Lancia (25 milioni l’anno più i premi) risolsero d’un colpo un rapporto così foriero di successi (il Drake non ne volle sapere di ritoccare l’ingaggio). Una storia cominciata molto tempo prima: il Commendatore pensò a quel giovane di 22 anni, figlio del grande amico e rispettato pilota Antonio, quando venne il momento di affidare il volante della sua prima auto – nel 1940 Auto Avio, la 815 – al GP di Brescia della Mille Miglia. Alberto ruppe un bilanciere e sembrò finita lì. Fu richiamato da Ferrari solo nove anni più tardi, a 31 anni. Da allora si guadagnò la stima del Re di Maranello per la sua velocità e serietà (proverbiale la capacità di fare il vuoto partendo in testa) e arrivarono titoli, vittorie (13 complessivamente), record e fama. Quindi, la decisione di cedere alle lusinghe Lancia, un 1954 difficile, progressi tangibili l’anno dopo, fino all’incidente a Montecarlo (finì in mare) e a quello mortale solo qualche giorno dopo a Monza, mentre provava in giacca e cravatta la Ferrari 750 dell’amico Castellotti.
Categorie