(1/10/2013) – Grazie al film Rush di Ron Howard (secondo più visto nei cinema italiani), Niki Lauda – insieme a James Hunt – viene consegnato definitivamente alla storia oltre che sportiva anche cinematografica. Momento cruciale di quella stagione 1976, e parte finale del vivido film, fu l’ultimo Gran Premio, al Fuji, in Giappone. Come noto, l’austriaco avanti di tre punti rispetto al rivale inglese, dopo il primo giro – transitò in nona posizione, era partito col terzo tempo in seconda fila – riportò lentamente la sua Ferrari T2 al box. Breve conciliabolo con Forghieri e poi la clamorosa decisione: ritiro volontario. “Per me era impossibile continuare, troppa acqua in pista, non si vedeva niente. Io so qual è il mio limite e non intendo superarlo”. Per poi aggiungere: “C’è qualcosa di più importante di un campionato del mondo”. Il coraggio della paura? Scelta professionalmente deplorevole? Tradimento da parte degli altri piloti che avevano assicurato di fermarsi anche loro? Se ne parlò molto e se ne parla ancora, con due partiti opposti. Forse non molti ricordano o sanno che Lauda non fu l’unico a prendere quella decisione. All’ottavo e al decimo giro, rispettivamente, Carlos Pace su Brabham (partito in terza fila) ed Emerson Fittipaldi su Copersucar (start dalla penultima fila) presero la stessa decisione: troppo pericoloso, meglio ritirarsi. Certo, si potrà dire, non erano in lotta per il mondiale, ma non erano due novellini ed è la conferma che le condizioni erano davvero proibitive, cosa che ammise lo stesso Hunt. Non aveva guai tecnici nemmeno Larry Perkins, anch’egli su Brabham, ma rientrò al box per sicurezza dato che la sua monoposto era incidentata dopo il warm up della mattina e la tenuta di strada si dimostrò assai precaria. Quanto ci sarebbe ancora da dire su quella pazza gara finale!
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