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HA VINTO ROSSI, EVVIVA ROSSI MA…


(1/7/2013) – Salutiamo il ritorno al successo, dopo quasi tre anni di digiuno, di Valentino Rossi. Ad Assen è tornato veramente lui, The Doctor che conoscevamo: veloce, spietato e imprendibile. Risultava disperso tra amori difficili (vedi Ducati) ed, evidentemente, forcelle non consone al suo stile. La vittoria “all’università di Assen” sicuramente gli garantirà quella iniezione di entusiasmo e di fiducia in se stesso che inevitabilmente risultava annacquata ma invitiamo tutti a calmierare gli ardori tipicamente italici che oggi portano sul trono e domani scaricano all’ospizio. Non era finito prima ma non è l’uomo da battere adesso. Lo riconosce lui per primo: a caldo ha detto di essere “incredulo” e comunque – qui gli va riconosciuta onestà sportiva – di essere stato favorito dalla menomazione fisica di Lorenzo (a proposito: eroico!). L’obiettivo, ha aggiunto, è di “dare battaglia, sempre”. Esserci e divertirsi, aggiungo io. Uno come lui, come dargli torto, non può assistere inerme, da buon quarto e nulla di più, alle lotte di “quei tre” certo più giovani: Lorenzo, Pedrosa e Marquez. Ma ora c’è di nuovo e può sicuramente vincere altre gare ma per favore non si esageri. Gustiamoci semplicemente quanto potrà fare di bello e i conti si facciano alla fine. Solo lo scorso 16 giugno, sul Corriere della Sera, Aldo Grasso nel suo editoriale intitolato “Il mito ammaccato di Valentino, Il “re” che non sa ritirarsi” concludeva scrivendo: “I successi ci esaltano, le sconfitte invece si vendicano, nascondendoci il traguardo della saggezza”.

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