(6/5/2013) – Da Valentino Rossi molti si aspettavano una grande prova a Jerez. Era la sua pista: lì The Doctor ha trionfato otto volte. E lui era ottimista (nonostante una caduta in qualifica, cosa capitata anche a Pedrosa e Crutchlow d’altronde): “Punto al podio”. Dopo il secondo posto in gran rimonta in Qatar e il cartellino timbrato e nulla di più in America, “Jerez svelerà davvero chi è il trentaquattrenne pescarese” scriveva per esempio il corrispondente di Repubblica. Ebbene, Vale si è classificato quarto e, sostanzialmente, si è limitato (ha dovuto? ha potuto?) ad osservare la fuga e la lotta del trio meraviglia Pedrosa-Marques-Lorenzo. E’ partito bene, ha anche superato il folletto Marquez che però lo ha presto risverniciato e salutato. Poi ha resistito bene agli attacchi di Crutchlow e di Bautista. Ma tutto qua, è rimasto dietro. Staccato. Oh, la Yamaha è stata inferiore alla Honda (in particolare problema di trazione in uscita dalle curve, hanno spiegato) ma certo il confronto con Lorenzo, che pure ha sofferto, è impietoso. E, nel dopo gara, si sono sentite frasi simili ad un recente passato che Rossi con tutta probabilità non pensava proprio di rivivere. Quel “dobbiamo lavorare” ricorda il mantra che per due anni ha proferito, cupo, dopo il mesto ritorno ai box Ducati. Quel “dobbiamo avere anche noi una moto bilanciata come quella di Lorenzo”, ricorda i tempi della difficile coabitazione del 2010 con il rampante spagnolo compagno di squadra sancita dall’inguardabile muro divisorio ai box. Già incombe una nuova prova di appello, il 19 maggio a Le Mans, perché quegli altri vanno forte – fanno anche divertire – e non hanno nessuna voglia di dividere la torta. Ieri in TV Danilo Petrucci ha detto che nel seguire Valentino gli ha visto disegnare sempre traiettorie pulite. Forse Rossi dovrebbe maltrattare un po’ di più la sua M1. Ne avrà la forza?
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