(2/4/2013) – “Nonvoleva battermi. Voleva umiliarmi, voleva dimostrare di essere più forte di me”. Webber parla del sorpasso “proibito” del compagno Vettel al Gran Premio di Malesia? No, è quanto si sente dire da Alain Prost nello splendido docu-film “Senna” a proposito della condotta del brasiliano che nel GP di Montecarlo del 1988 andò a sbattere a pochi giri dal termine nonostante comandasse la corsa con parecchi secondi di vantaggio proprio sull’allora compagno-rivale di squadra alla Mc Laren. Per la cronaca, Prost nel dvd aggiunge: “Era questo il suo punto debole”. A fine settimana il Circus comincia il trasferimento in Cina per la terza prova del campionato e lì vedremo se, come da Milton Keynes assicurano, in casa Red Bull è tornato il sereno. In questi giorni, si sono sentiti pareri di tutti i tipi: per Bernie Ecclestone ad un tre volte campione del mondo non può essere ordinato di rimanere dietro e Vettel si è semplicemente comportato da vincente qual è. Jacques Villeneuve ha sottolineato, facendo riferimento alla vicenda di papà Gilles con Pironi nel 1982, quanto può invece essere deleterio disattendere le indicazioni del box mentre per Jackie Stewart ha “sporcato la sua reputazione” e Niki Lauda parla di “grave errore contro la logica della squadra”. Come ci ha ricordato Franco Gozzi, la storia della F.1 ha proposto tanti dualismi, anche acerrimi, tali da far passare in secondo piano quanto concordato nei caravan o ordinato dal muretto. Un pilota vive per il sorpasso. Una volta Mauro Forghieri, al proposito, mi disse: “Quando abbassano la visiera quelli digrignano i denti”. Lo conferma Patrick Tambay che ha definito Vettel “persona cordiale” senza casco e “un guerriero, un orco” con il casco.
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