

Non c’è che dire,
Finora avevamo assaporato sfide automobilistiche di lunga durata di ogni tipo: 24 Ore (Le Mans, Daytona, Spa), 12 Ore (Sebring, Abu Dahbi), fino alle varie 6 Ore e quant’altro che assecondasse la vena epica e di durata di piloti e auto. I maggiolini VW della Fun Cup provarono a distinguersi varando la 25 Ore di Spa (senza contare la 25 Ore di Magione, gara di durata e risparmio energetico, o perfino le gare endurance di kart). I patiti dell’endurance avranno a breve di che provare a sfamarsi con una prova unica, limite: dal 14 al 17 marzo 2013, sul circuito spagnolo della Navarra sarà la volta della Maxi Endurance 48 Ore, presentata come la nuova sfida, la gara di durata più lunga del mondo! Sotto la supervisione della Federazione Spagnola dell’Auto, la gara (Hankook fornitore esclusivo delle gomme) si annuncia effettivamente appetibile quanto insidiosa per piloti, i team e i meccanici. Vi potranno prendere parte 80 modelli appartenenti a 28 differenti marche, ad un prezzo che gli organizzatori presentano come assolutamente abbordabile. Per avere maggiori informazioni: info@maxiendurance48.com
Io sono un ferrarista. E in quanto ferrarista sono sempre, costantemente incazzato come una bestia. Prendo a prestito, con una variazione, il tormentone di Gioele Dix a Zelig per esemplificare lo stato d’animo di uno che ha visto svanire per il Cavallino un altro mondiale piloti e costruttori. E sono, rispettivamente, cinque e quattro anni che questi allori non vengono riportati a Maranello. Con un Alonso universalmente riconosciuto come il campionissimo del Circus! Schumacher ci mise cinque anni per conquistare l’iride con la Rossa che a sua volta veniva da un digiuno di quattro lustri più uno. Numeri indigeribili e assolutamente irripetibili! Ma per l’asturiano è il terzo anno che il titolo sfuma e, ahimè, quei diavolastri della Red Bull di energia, è proprio il caso di dire, ne hanno ancora. La vedo male, ho bisogno di conforto. Provo a sentire cosa dice Arturo Merzario, che ferrarista è pure lui, vede più avanti di me (nel 1977 fu il primo a capire che Carlos Pace sulla Brabham Alfa perse il GP di Argentina per un calo fisico mentre era in testa) e sicuramente avrà parole di speranza e fiducia. L’avessi mai fatto. “E’ andata come doveva andare – comincia serafico – e Vettel non ha rubato nulla, bisogna essere realisti”. Ma come, Arturo: Fernando è stato spedito fuori pista in due gare! “E allora? Anche Vettel ha rotto in due Gran Premi ma la sostanziale differenza è che si trovava in testa. A Spa e in Giappone nessuno può dire come sarebbe andata a finire per Alonso se fosse rimasto in pista dopo la prima curva”. Già barcollante, tento un’ulteriore sortita: certo che però la F2012 è nata male e abbiamo dovuto rincorrere. Anche qui vengo immediatamente placcato senza pietà: “Macchè, la macchina era ok. Piuttosto: siamo certi che Alonso abbia fatto tutto quello che poteva? Secondo me non sempre si è dimostrato all’altezza e non è stata affatto la sua miglior stagione, come si sta dicendo. Non lo so, può essere che sia appagato. Pensate alla storia di Rossi alla Ducati e meditate, gente, meditate”. Ormai cianotico, riesco solo a balbettare. E Arturo infierisce: “Nelle ultime gare decisive, per esempio, l’impegno non è stato pari a quello di Massa che infatti gli è stato sovente davanti”. Il mio ultimo rantolo: e la nostra galleria del vento non adeguata? “Non c’entra niente, quando va male ci si arrampica su tutto. Anche ai tempi di Ferrari si andava alla galleria della Matra in Francia perché si diceva era specializzata nel settore aero-spaziale”. Ma allora, come finisce qui? “Oggi la F.1 è molto complessa e necessita di cambiamenti costanti. Il fatto è che quelli della Red Bull hanno Newey. Non c’è che dire, è il suo momento. Tocca accontentarsi”. Per carità, qualcuno gli faccia un’offertona.
L’UNRAE (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri), in aperta polemica con l’Esecutivo e le sue politiche fiscali nei confronti del mondo dell’auto, aveva annullato la tradizionale conferenza stampa di fine anno. Per loro, come messo nero su bianco nel comunicato stampa, non resta che attendere nuovi “interlocutori in grado di comprendere le difficoltà di un settore trainante dell’economia italiana”. Il 12 dicembre prossimo, ci prova invece l’ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) a tenere vivo almeno il dialogo attraverso l’Assemblea Pubblica dal titolo “Industria automotive in Italia. Proposte per un futuro sostenibile” (Teatro Capranica, Roma, ore 10-13). All’assise interverranno, tra gli altri, il Presidente del Consiglio, Mario Monti, e il Vice Presidente della Commissione Europea nonchè responsabile Industria e Imprenditoria, Antonio Tajani. Il momento è difficile, si sa, ma è bene che proposte fondate e innovative vengano rimesse al diretto ascolto delle alte cariche. Almeno, poi, non si potrà dire “non sapevo”.
Eh, Michael. E’ finita, stavolta. Un nuovo addio alla F.1, sempre a Interlagos (un po’ triste quel giro di saluto con tanto di bandiera), come nel 2006. Quella volta si scomodarono, tra gli altri, Pelè e Hakkinen. Forse stavolta l’annuncio è stato preso con le pinze: ma si ritira davvero? Chi lo sa. Intanto lo rivedremo a dicembre alla Race of the Campions in Thailandia, per dire. Ma insomma, l’anagrafe incombe, i figli crescono, la legge del cronometro è spietata anche con le leggende. I ricordi non si cancellano e soprattutto a Modena la resa del Cannibale merita l’onore delle armi. Schumi, da quelle parti, era ovviamente di casa. Anzi cittadino onorario. Io c’ero, il 6 febbraio del 2001, quando il Sindaco della città di Enzo Ferrari, l’attuale senatore Barbolini, gli conferì l’onorificenza. Aveva appena riportato a casa il titolo piloti dopo 21 anni di astinenza. Nessuna dichiarazione, su mia richiesta, al nuovo addio. Il 5 dicembre del 2006 fu invece l’amministrazione comunale di Maranello a ripetere il beau geste. E il sindaco Lucia Bursi, tuttora in carica, da me sollecitata dice oggi: “L’addio alle corse di Schumacher è un passaggio naturale, si è chiusa una fase della sua vita e della sua carriera professionale. Certo, questa parte finale non ha prodotto risultati all’altezza dei traguardi raggiunti in passato ma credo che sia giusto ricordare che detiene la gran parte dei record della F.1. Molti valutano il suo ritorno alle gare una scelta sbagliata, il voler andare oltre le proprie reali possibilità ma credo che sia proprio questo tentativo di superare i propri limiti che ne ha fatto il campione che tutti abbiamo amato”. Un grande abbraccio parte anche da Spezzano di Fiorano. Dalla pista? Dal Comune? No, dal ristorante Montana, dove sovente concludeva la giornata dopo giri e giri di prova in pista. La mitica signora Rossella, con il marito Maurizio e il figlio Alberto e mamma Dina, lo rifocillava a dovere e magari raccoglieva le sue confidenze. “Il fatto è che non avrebbe dovuto ritirarsi nel 2006, poteva ancora dare molto!”, mi dice subito. “Era una buona forchetta: mangiava di tutto, dall’antipasto al dolce e non ingrassava mai! I figli erano la sua passione. E’ una persona che molti non conoscono sotto certi aspetti. Non è stato amato perché parlava solo inglese. Ma era solo timidezza e desiderio di esprimersi a dovere”. Il contatto è comunque vivo: lo hanno incontrato a settembre nel dopo Monza (“è in forma come sempre, meglio di tanti suoi colleghi”) e si sentono telefonicamente per i vari auguri. “Però non l’ho ancora chiamato dopo il ritiro. Voglio trovare le parole giuste, solo per lui”.